Come ho fatto vedere in alcuni post precedenti, ragioni climatiche sono alla base dell'adozione dell'agricoltura. Ma il clima ha guidato anche in seguito la storia umana. In questo post mi occupo della crisi della fine dell'Età del Bronzo nel Mediterraneo, facendo notare la forte radice climatica del problema, una siccità che perdurò per 3 secoli, causa del periodo di decadenza successivo (rappresentato bene dal cosiddetto "Medioevo greco"); solo la ripresa delle piogge consentì la ripresa della civiltà nel IX secolo a.C. Le variazioni climatiche sono state finora un pò snobbate da storici e archeologi ed è bene che in futuro ci sia una più stretta collaborazione fra questi ed i geologi
Le
civiltà dell'età del bronzo cessarono la loro esistenza o
quantomeno andarono in forte difficoltà più o meno
contemporaneamente verso il 1200 a.C.: in Grecia scompare la civiltà
micenea, in Egitto entra in crisi il Nuovo Regno, nelle coste
orientali del Mediterraneo vanno in decadenza la cultura cananea e
quella cipriota e crolla l'impero Ittita. Alcuni documenti riportano
notizie su popolazioni che avrebbero effettuato scorrerie in tutta
l'area (sui “popoli del mare” ci sono opinioni molto discordanti
fra gli storici).
Anche l'Italia è coinvolta nel problema: scompare la cultura delle Terremare.
I 3 secoli successivi
saranno caratterizzati da una notevole turbolenza, da cui emergeranno
forti cambiamenti nell’assetto etnico e politico in tutto il
Mediterraneo.
In
particolare la decadenza è forte in Grecia (il cosiddetto
Medioevo Ellenico): oggi si tende a ritenere che gli storici greci classici abbiano un po' esagerato le
cose, ma è accertato che in quel momento i centri principali micenei e le loro strutture
palaziali siano stati abbandonati in un quadro di diminuzione demografica
e di ritorno a un’agricoltura di sussistenza e pastorizia. Anche
dal punto di vista industriale e culturale si registra un forte
arretramento: scompare l’uso della scrittura (la “Lineare B”) e
diminuisce la produzione di oggetti in bronzo. Tutto lascia pensare
ad un impoverimento generalizzato.
Un
particolare di non trascurabile importanza è che le rovine dei
palazzi micenei risultano sottoposte ad incendi e che spesso sembra
siano state difese fino all'ultimo. Resta il dubbio se si tratta di
problemi dovuti a fattori esterni (guerre) o fattori interni
(tumulti).
In Egitto c'è una forte
instabilità politica e la divisione del territorio in più entità
statuali. Qui le testimonianze delle incursioni dei Popoli del Mare
sono abbondanti ma forse non del tutto veritiere, se qualche storico
sminuisce l'importanza di queste popolazioni (ovviamente non essendo
uno storico, tantomeno specializzato nel periodo, non mi sento di
esprimere giudizi in materia e mi limito a registrare che ci sono
posizioni diverse sull'argomento).
Nell'area anatolica e siro –
mesopotamica la forte espansione assira va a innestarsi
sulla disgregazione dei sistemi statuali precedenti. In Italia
peninsulare si diffonde il cosiddetto Protovillanoviano, denotante
forse arrivi dall’Europa Centrale
Qualche
secolo dopo (siamo nel IX secolo) le cose cambiano nuovamente: gli
scambi
commerciali, che non erano del tutto cessati, aumentano di nuovo, c'è
una ripresa
demografica, emergono
civiltà complesse, non
solo nelle aree che erano “decadute” e si diffonde
della scrittura
- la
Grecia esce dal “medioevo” e
la rioccupazione di molti siti urbani getta le basi della
civiltà classica e del fenomeno della colonizzazione
- l'Egitto si riunifica e si
pacifica
- in Italia emerge un quadro
regionalizzato: fiorisce la civiltà etrusca, nasce la Roma arcaica e
si diffondono le popolazioni osco – umbre
- In Gallia si registra una
forte crescita demografica
Per
spiegare la decadenza alla
fine dell'età del bronzo
sono state avanzate le più varie ipotesi: disastri naturali come
terremoti, tsunami o eruzioni
vulcaniche, innovazioni tecnologiche destabilizzanti, tumulti
popolari e altre cause politiche e antropologiche.
Sicuramente
non è stata una eruzione vulcanica devastante: negli ultimi 10.000
anni le maggiori eruzioni che hanno provocato problemi nell'area
dell'Europa e del Mediterraneo sono la formazione della caldera
dell'Hasan Dan in Turchia circa 8000 anni fa, un forte evento ancora
non localizzato data circa 800 anni prima della fine dell'Età del
Bronzo e, Santorini esplose 400 anni prima. Il successivo evento del
genere potrebbe essere nel 535 d.C.
Un
forte cluster di terremoti sarebbe una causa teoricamente possibile
(il Mediterraneo orientale attraversa periodi di forte sismicità che
si alternano a lunghi periodi di calma o quasi) ma non pare la causa
dell'abbandono delle città micenee, per esempio, né lo può
spiegare una serie di tsunami quando si parla di zone interne.
Sui
Popoli del Mare è incerto se, ove esistiti, siano una causa o piuttosto un
effetto degli accadimenti.
Chiaramente
non entro nel dibattito su cause più propriamente politiche,
economiche o antropologiche, non essendo il mio ramo.
Però
parlo di questa crisi perchè questi
eventi
sono praticamente
tanto improvvisi quanto più o meno contemporanei
e la causa comune per tutto questa improvvisa instabilità è
stato l'instaurarsi di un lungo periodo di siccità. I primi scritti
al proposito datano dal 1996.
Per
capire meglio quello che è successo l'esame dei sedimenti deposti
all'epoca è essenziale: è il caso di Cipro in un lavoro recente di David Kaniewski: Environmental Roots of the Late Bronze Age Crisis, pubblicato su PlosOne nel 2013.
Gli
Autori mettono in evidenza il periodo siccitoso fra il XIII e il IX
sec. a.C. Nella laguna di Larnaka, il cui inizio corrisponde alla
fase di decadenza economica, culturale e della produzione agricola e
la cui fine corrisponde alla ripresa delle precipitazioni. In questo grafico è particolarmente significativa la prima parte dove si vede la drastica diminuzione delle specie coltivate.
In
pratica l'improvvisa scarsità della produzione agricola porta a
rivolte e crisi politiche e sociali.
Una
traccia interessante è quella dell'Impero Ittita: la sua capitale,
Hattusas, era in mezzo alle montagne e lontana dalle zone di
produzione del grano. Quindi era vulnerabile dato che il cibo vi
arrivava da territori assoggettati con la forza e che si ribellarono,
probabilmente all'inizio della carestia. Inoltre in Asia Occidentale
fiumi come Eufrate e Tigri mostrano una diminuzione della portata.
Anche
i “popoli del Mare” potrebbero essere un effetto della siccità:
se provenivano anch'essi da Anatolia o Mar Nero, è possibile che la
diminuzione delle piogge avesse provocato gravi problemi alimentari in
una zona che in situazione “normale” ha un livello di
precipitazioni al limite della sussistenza di un'economia pastorale:
basta una diminuzione anche piccola delle precipitazioni per provocare guai.
Lo
stesso quadro siccitoso
è evidente in
Europa e Atlantico settentrionale. In
Italia Mauro Cremaschi, Chiara Pizzi e Veruska Valsecchi pubblicano
un interessante e abbastanza “conclusivo” articolo nel 2006 su
“Quaternary International”, studiando il villaggio terramaricolo
di Poviglio (nella
pianura tra Parma e Reggio Emilia): vedono una decadenza rapida del
sito e soprattutto che gli ultimi pozzi per l'acqua sono stati scavati nel
fossato che circondava il sito, dove evidentemente in tempi
precedenti c'era acqua.
Quindi
è possibile mettere in relazione la fine del villaggio con un forte
abbassamento del livello della falda acquifera del Po.
In quel periodo laghi e fiumi si abbassano di livello in tutta
l'Europa mentre si ritirano i ghiacci alpini. Dall'altra parte
dell'Atlantico la calotta groenlandese mostra
una accelerazione dello scioglimento.
L'aumento delle temperature è accertato
anche grazie al δ18O,
il rapporto fra gli isotopi 16 e 18 dell'Ossigeno, il cui valore in
qualche modo segnala la temperatura del momento.
Quali
possono essere le cause di questa improvvisa e lunga siccità?
Innanzitutto ci fu un
riscaldamento in cui il confine fra la zona a clima mediterraneo e
quella a clima atlantico si spostò nella Francia settentrionale, se
non addirittura
nell'Inghilterra
meridionale.
È
un fenomeno comune negli ultimi millenni, caratterizzati da
un'alternanza fra fasi in cui con un Sole più attivo, l'anticiclone
delle Azzorre rimane più a lungo a latitudini più elevate, per cui
la zona in cui prevalgono le estati secche tipiche del clima
mediterraneo è più vasta e le condizioni estive permangono per un
periodo più lungo.
Le
fasi di attività solare più bassa sono contraddistinte dalle “piccole ere
glaciali” come quella che si è protratta dal XIV all'inizio del
XIX secolo: l'anticiclone delle Azzorre rimane più a sud e la zona a
clima atlantico, con piogge più o meno egualmente distribuite lungo
tutto l'anno, oggi tipica dalla Francia centrale in su, si abbassa
fino alla Spagna.
Di
fatto solo la ripresa delle precipitazioni, tre secoli dopo, dettata
da una diminuzione dell'attività solare, coincide con la fine del
medioevo greco, il riaffermarsi dell'unità in Egitto ed in Italia
l'emergere della cultura etrusca, di Roma e delle popolazioni osco –
umbre e quindi con una ripresa generalizzata della civiltà.
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