Alle 13.47 GMT del 27 marzo 2021 un evento sismico di M ancora incerta (tra 5.2 e 5.5, abbastanza intenso per i parametri italiani) ha colpito la crosta sotto al mar Adriatico lungo il transetto Vieste – Spalato, ed è stato risentito non solo lungo tutte le coste prospicienti, ma anche più all’interno nella nostra penisola. Al primo evento sono seguite diverse repliche fra cui almeno un paio di M superiore a 4.
CONTESTO GEOLOGICO. L’Adriatico, la pianura padano - veneta, l'Istria e la Puglia fanno parte di un blocco continentale considerato l’ultimo relitto della microplacca adriatica, uno dei vari piccoli blocchi tipo Iberia, Atlante, Anatolia, Egeo etc etc che contraddistinguono i limite fra le due placche principali (Eurasia e Africa) e che tanto alimentano discussioni e problemi sulle ricostruzioni paleogeografiche. Sui margini della placca adriatica si sono verificate nel mesozoico le condizioni ideali per la deposizione di imponenti serie sedimentarie lungo un margine continentale, come la Serie Toscana, la serie Umbro – Marchigiana e quelle sotto la pianura padana; all'interno di Adria invece la subsidenza è stata bassa, il mare molto basso si alternava ad isole e le serie sedimentarie dell’Adriatico e della Puglia che ne sono risultate non sono particolarmente spesse, anche se di idrocarburi ne contengono eccome (basti vedere i pozzi nell’Adriatico e in Basilicata). Nell’Adriatico però questi calcari sono coperti da un forte spessore di sedimenti recenti pliopleistocenici, legati al disfacimento delle rocce coinvolte nella formazione della catena appenninica.
LA DORSALE MEDIO-ADRIATICA. Iniziamo con l’ovvio: “le trivelle” non c’entrano assolutamente niente. E non voglio più rientrare in questo assurdo argomento: il terremoto di oggi nell’Adriatico non è un fenomeno strano… quella è una zona ad elevata sismicità, dove ad esempio sono avvenuti 3 terremoti a M tra 5 e 5.5 nel 2003 e nel 2004. Questo succede a causa della attività di una serie di strutture compressive orientate NW-SE che risulta piuttosto interessante per una serie di motivi.
Una sezione fra l'Appennino centrale e la dorsale medio - adriatica (Schisciani e Calamita 2009) |
Innanzitutto una caratteristica di questo sistema è la doppia orientazione delle strutture: nel lato settentrionale la vergenza delle pieghe e delle faglie è SW, (più o meno come nelle Dinaridi) mentre verso l’Italia la vergenza è verso NE. Si vede bene in questo sketch preso da Kastelic et al (2013), affiancato da una carta di Sani et al (2016) in cui sono evidenti le strutture e la loro orientazione.
Nella parte centrale della fascia sismica, proprio nella zona del terremoto di oggi, troviamo la “dorsale medio – adriatica”: Scisciani e Calamita (2009) per capire la complicata evoluzione strutturale dell'Adriatico Centrale hanno utilizzato profili sismici di varia origine (industriali, in genere per le esplorazioni petrolifere) e scientifici, unendoli alla analisi della sismicità recente. E hanno scoperto una fascia in cui lo spessore dei sedimenti plio-pleistocenici è molto minore perché il basamento con i calcari mesozoici e quello che sta loro sotto risulta piuttosto sollevato: togliendo questi sedimenti vedremmo una dorsale che si staglierebbe a una quota superiore rispetto a quello che la circonda.
Una seconda caratteristica peculiare è che in questo caso non siamo al bordo della placca, ma al suo interno (Sani et al, 2016). In genere le placche presentano ampi fenomeni tettonici ai margini, ma restano indisturbate e antisismiche all’interno, sia pur con significative eccezioni (ad esempio la placca indoaustraliana sia nell’oceano indiano che in Australia o l’Eurasia a nord del Tibet). Anche i margini di Adria (Alpi orientali, Appennini e Balcani) sono notoriamente piuttosto instabili. Al suo interno invece è stabile tranne – appunto – lungo la dorsale medio – adriatica, che costituisce una importante zona di deformazione al suo interno, nella quale la deformazione si sviluppa grazie ad una debolezza preesistente e dove la sismicità con meccanismi focali compressivi è ben documentata.
LA FORMAZIONE DELLA DORSALE MEDIO-ADRIATICA. Ma perché si è formata questa dorsale, lunga 300 e larga fra 30 e 60 kilometri? Probabilmente proprio per il fatto che è la zona di cerniera fra due diverse aree in compressione, come si vede nella della sismicità di Sani et al (2016) e quella delle fasce tettoniche di Sciciani e Calamita (2009) dove si evidenzia una sorta di collegamento tra i settori attivi del fronte dell'Appennino settentrionale e delle Dinaridi.
Nella fascia della dorsale troviamo diversi sovrascorrimenti, faglie transpressive ad alto angolo e faglie inverse cieche; talvolta queste strutture riprendono vecchie faglie distensive mesozoiche. Le faglie mostrano il massimo rigetto a livelli stratigrafici più profondi (cioè all'interno della successione carbonatica mesozoica) e solo in pochi casi la deformazione arriva alla successione silicoclastica Pliocene-Quaternario.
Ora qualcuno dirà: “ma come… i sedimenti recenti sono stati interessati pochissimio dalla tettonica della dorsale medio-adriatica? Ma se è attiva ancora adesso…”. In effetti questa apparentemente sarebbe una contraddizione, ed è vero: la maggior parte dei piegamenti sono avvenuti nel Miocene, e dopo è seguito un periodo di stasi tettonica.. Ma non è una contraddizione: la fase di quiete si è infatti interrotta nel pleistocene quando i processi di compressione sono iniziati di nuovo. E la sismicità attuale ne è una conseguenza. È possibile che la ripresa dell’attività sia connessa a quel grande cambiamento nel campo di sforzi che è avvenuto nell’area italiana circa 700.000 anni fa e che ha coinciso con l’inizio del sollevamento nell’Appennino centrale e meridionale.
Nella fascia della dorsale troviamo diversi sovrascorrimenti, faglie transpressive ad alto angolo e faglie inverse cieche; talvolta queste strutture riprendono vecchie faglie distensive mesozoiche. Le faglie mostrano il massimo rigetto a livelli stratigrafici più profondi (cioè all'interno della successione carbonatica mesozoica) e solo in pochi casi la deformazione arriva alla successione silicoclastica Pliocene-Quaternario.
Ora qualcuno dirà: “ma come… i sedimenti recenti sono stati interessati pochissimio dalla tettonica della dorsale medio-adriatica? Ma se è attiva ancora adesso…”. In effetti questa apparentemente sarebbe una contraddizione, ed è vero: la maggior parte dei piegamenti sono avvenuti nel Miocene, e dopo è seguito un periodo di stasi tettonica.. Ma non è una contraddizione: la fase di quiete si è infatti interrotta nel pleistocene quando i processi di compressione sono iniziati di nuovo. E la sismicità attuale ne è una conseguenza. È possibile che la ripresa dell’attività sia connessa a quel grande cambiamento nel campo di sforzi che è avvenuto nell’area italiana circa 700.000 anni fa e che ha coinciso con l’inizio del sollevamento nell’Appennino centrale e meridionale.
Kastelic et al 2013 Seismogenic sources in the Adriatic Domain Mar. Petrol. Geol. 42, 191–213 Scisciani e Calamita 2009.
Sani et al 2016 Insights into the fragmentation of the Adria Plate Journal of Geodynamics 102, 121–138
Scisciani e Calamita 2009 Active intraplate deformation within Adria: examples from the Adriatic region. Tectonophysics 476, 57–72,