Nel territorio italiano, circondato da mari piuttosto caldi e dal rilievo giovane, colli e monti costituiscono quel sistema tanto paesaggisticamente ineccepibile per cui andiamo famosi, quanto di difficile gestione, e non solo a causa dei tanti sedimenti "vagamente consolidati" che lo compongono. Non può quindi stupire che i processi dominanti nell’evoluzione naturale del paesaggio siano frane e alluvioni. Potrebbe invece stupire la ricchezza dei termini con cui questi processi possono essere chiamati nella nostra lingua, che invece è una conseguenza diretta di questa situazione.
La quantità di nomi con i quali un fenomeno naturale viene descritto in una lingua è un indice della sua frequenza. Ad esempio gli esquimesi usano una serie di parole diverse per distinguere vari tipi di ghiaccio che probabilmente per l'italiano medio sarebbero tutti uguali, mentre la parola “neve” è praticamente sconosciuta in tutta l'Africa a sud del Sahariana tranne che per le tribù che vivono nella zona del Kilimangiaro.
L'inglese, che ci ha abituato alla semplicità̀ dei termini che indicano qualcosa di essenziale (a partire proprio con “start”, ben più veloce dell'italiano “partenza”), non ha una parola semplice per descrivere un fenomeno naturale (e per l'Italia naturalissimo...) come le frane: le chiama infatti con la parola composta “landslide”, letteralmente “scivolamento di terra” (in pratica quello che in un vocabolario italiano è messo proprio come significato del termine frana).
Questo perché il fenomeno “frane” nelle isole britanniche è un qualcosa che non avviene frequentemente ed è soprattutto circoscritto alle scogliere che contrassegnano molte delle loro coste. Ingenti fenomeni franosi accadono negli USA e nel Canada, ma per lo più nella parte occidentale e quindi hanno scarsamente inciso nella storia della lingua.
La dimostrazione che in Italia eventi del genere hanno una particolare importanza ce lo dicono diverse cose da un punto di vista lessicale.
Innanzitutto il termine stesso, “frana”, una parola corta come poche, che fa pari con un altro termine decisamente semplice e corto come “crollo”. E, tanto per tornare all'inglese, anche in questo caso se per noi c'è stato un “crollo” in una parete di roccia per gli inglesi c'è stato invece un “rockfall”. In genere le parole inglesi sono più corte di quelle italiane. Le frane costituiscono una rilevante eccezione a questa regola, indovinate perché...
Ma c'è di più. Nella letteratura scientifica la classificazione delle frane è ovviamente in lingua inglese ed è formata da nomi doppi e lunghi.
Invece, come mi ha notare il prof. Nicola Casagli, frane e alluvioni in italiano sono identificate con tantissimi termini diversi singoli.
Elenchiamone qualcuno, senza considerare le decine di nomi e varianti dialettali. Alcuni hanno un contenuto veramente poco scientifico, e spesso, se usati impropriamente, rischiano di ingenerare una gran confusione, ma ce ne sono altri che descrivono fedelmente il tipo di “landslide” in oggetto: fenomeno franoso, franamento, smottamento, scoscendimento, scivolamento, sprofondamento, sfaldamento, slittamento, colata, flusso, valanga, cedimento, crollo, caduta, tracollo, dissesto, rovina, ruina, rovinata, lavina, slavina, sfacelo, sfascio, schianto, rottura, frattura. Mi pare di averne nominati 26 oltre a quello originario. Scusate se è poco.
La stessa cosa succede per quanto riguarda le alluvioni. In inglese sono tutte dei “flood”, la cui conseguenza è un “flooding” (di solito in una floodplain). E invece noi in Italia oltre all'alluvione abbiamo piena, allagamento, inondazione, esondazione, straripamento, tracimazione, diluvio, invasione d’acqua, sommersione, fiumana, trabocco, sormonto, dissesto, lama (15 nomi in tutto). Da notare come anche questi termini, più ancora che nel caso delle frane, precisano bene il tipo di flooding: un allagamento è sicuramente un flooding leggero, mentre una inondazione è pur sempre un flooding, benchè più severo.
A questi 15 termini se ne potrebbe aggiungere un sedicesimo: diluvio; un termine un po' arcaico se inteso come alluvione (il Diluvio universale, ad esempio, conosciuto in inglese come il Noah Flood o il Biblical Flood) che per noi oggi è più una pioggia incessante di lunga durata.
Forse di termini per definire le alluvioni ce n'erano troppi e darwinianamente la pressione selettiva ne ha eliminati una buona parte, tranne che per ambienti come quello religioso, molto tradizionalisti e spesso restii alle novità: d'altro canto se in inglese una heavy and prolonged rainfall può portare ad un flood, stavolta siamo noi italiani a semplificare, raccogliendo in un termine unico una lunga serie di piogge forti e l'alluvione che ne è seguita.
Un altra dimostrazione che questi eventi naturali fanno parte del nostro inconscio è l'uso di questi termini in senso figurato: ammetto di essere “una frana” giocando a calcio (proprio non mi è mai riuscito...) mentre per qualcuno Mozart quando ci si metteva produceva delle “alluvioni di note”.
Quindi le stesse parole – frana e alluvione – vengono utilizzate anche per identificare cose che con l’argomento qui trattato non c’entrano proprio nulla, come per esempio: tracolli finanziari, prestazioni scadenti, scarsa destrezza nel primo caso, profusione, sovrabbondanza, grande quantità nel secondo.
Quindi se in Inglese bisogna indicare chiaramente che lo sliding lo ha fatto il terreno (altrimenti niente frana), in Italia chiunque (o qualsiasi cosa) può franare.
Una alluvione di significati in un Paese che sta franando, in tutti i sensi....