Il 9 ottobre ricorrerà
il 50° anniversario della tragedia del Vajont. Per celebrare questo
tristissimo anniversario, domenica 6 e lunedì 7 ottobre prossimi a
Longarone, si terrà il Convegno Internazionale di Geologia "Vajont
2013" .
Avevo scritto a giugno
una breve cronistoria della tragedia del Vajont. Ora prendo spunto
dai fatti di Longarone per una riflessione su “Catastrofi
naturali e catastrofi antropiche”; in particolare
l'interrogativo, davanti ad una catastrofe naturale, se e quanto
l'attività antropica abbia inciso sulla gravità degli eventi.
L'ITALIA, UN TERRITORIO PRONO AGLI ECCESSI DELLA NATURA
Ho spesso ribadito il
concetto che nel cervello degli italiani e specialmente in quelli
della classe dirigente, l'assetto del territorio è posizionato in
una zona abbastanza defilata: sistemare un versante non porta voti,
tranne (forse) in caso di evento atmosferico estremo. Dico forse
perchè alla fine “non tutti” si renderebbero conto che con tutta
l'acqua che è piovuta non è successo niente grazie ad opere di
consolidamento e regimazione, magari resesi necessarie per una
precedente scellerata gestione del suolo. Eppure siamo un territorio
a rischio, probabilmente quello più a rischio fra quelli dei
cosiddetti paesi avanzati. E dovremmo tenerne conto.
Invece porta voti
dichiarare edificabili zone a rischio, tanto nessuno se ne rende
conto (fino al prossimo evento, per il quale al limite si può porre
l'accento sui cambiamenti climatici che provocano alluvioni dove
prima non c'erano).
Nella carta qui accanto vediamo le aree in cui in Italia catastrofi naturali hanno provocato degli spostamenti di popolazione negli ultimi 1500 anni
Nella carta qui accanto vediamo le aree in cui in Italia catastrofi naturali hanno provocato degli spostamenti di popolazione negli ultimi 1500 anni
Il Geologo viene visto
spesso come quell'emerito rompiscatole che pretendo di non costruire
in certi posti o di farlo adottando criteri più stretti e quindi
rendendo quindi più costose le costruzioni... insomma, uno di quelli
che, per dirla come andava di gran moda qualche anno fa, si
distinguevano per mettere “lacci e lacciuoli” allo
sviluppo.
Siccome l'unico modo per
interessare gli italiani, oltre a parlare di qualche VIP, sono i
soldi e le tasse, continuo a pensare che l'unico sistema per mettere
in posizione decente questo scottante tema sia quello
dell'assicurazione obbligatoria contro le calamità naturali. Una
assicurazione sul tipo della RCAuto, ovviamente, e quindi con classi
di rischio progressive in base alla pericolosità dell'immobile in
oggetto. Per cui la regimazione del territorio potrebbe voler dire
“abbassare le tasse”.
CATASTROFI NATURALI
Di possibili catastrofi
naturali “normali” se ne possono configurare tante: vulcani,
terremoti, tsunami, inondazioni, frane, uragani, epidemie, fasi
climatiche anomale... (dimentico qualcosa?) Alcuni di questi eventi
hanno lasciato evidenti tracce nei sedimenti. Ce ne sono state anche
di dimensioni pazzesche, come le alluvioni del Columbia River, o
alcune eruzioni vulcaniche come quella del Toba di 70.000 anni fa. Ci
sono poi catastrofi straordinarie, che so... un meteorite che cade
(anche se quello dello Yucatan non ha provocato l'estinzione dei
dinosauri, come invece sostengono ancora molti Autori).
In certi casi le
catastrofi possono essere correlate fra loro in rapporto di causa /
effetto: quasi tutti gli tsunami sono associati ai terremoti, in
corrispondenza dei quali spesso si verificano frane anche vaste (ne
parlai ad esempio al seguito del grande terremoto del Sichuan del 2007). Un esempio abbastanza complesso di interazione fra catastrofi
potrebbe essere Messina 1908, quando secondo alcuni Autori il terremoto ha provocato una frana sottomarina nella scarpata a largo
di Taormina, la quale a sua volta avrebbe innescato lo Tsunami (vedi
questo altro mio post). Altro esempio è la “regolare” coppia
uragani – alluvioni: prima il vento e poi l'acqua.
IL RUOLO DELL'UMANITÀ NELLA AMPLIFICAZIONE DEGLI EFFETTI DELLE CATASTROFI NATURALI
Ci si può porre la
domande se cause antropiche abbiano aumentato le
dimensioni “naturali” di un disastro, se i
danni subiti dall'umanità potessero essere
stati minori e se la causa di alcune catastrofi risieda soprattutto
in cause antropiche.
E se ci sono casi in cui
le forze della Natura sono state innescate esclusivamente o quasi da
cause antropiche.
Queste valutazioni
ovviamente vanno fatte caso per caso.
La relazione Terra –
Uomo sulla questione catastrofi è abbastanza complessa. Di sicuro il
problema della quantità e della qualità dei danni può essere
considerata in termini di prevenzione: costruire in terreni non
sicuri aggrava sicuramente i danni in caso di alluvioni (per esempio
se lo si fa in zone golenali o facilmente allagabili); è evidente
che i danni di un evento sismico siano conseguenza anche delle
condizioni edilizie (come purtroppo dimostrano i terribili
avvenimenti abruzzesi del 2009); ma anche in quel caso oltre ad
adottare tecniche di costruzione opportune va considerata anche una
posizione geologicamente adegua (la scuola di San Giuliano di Puglia
è un terribile monito al riguardo). In Italia i toponimi darebbero
una mano: una località che si chiama “Stagnacci” tradisce la sua
natura di area un po' a rischio allagamento e nell'ultimo inverno una
frana ha provocato gravi danni in un luogo che, guarda caso, si
chiama “La Frana”.
Naturalmente terremoti ed
eruzioni vulcaniche sono fenomeni inevitabili, ma oggi sta uscendo
l'evidenza dei terremoti “antropici” da reiniezione di liquidi
nel sottosuolo per il loro stoccaggio in profondità (ne ho parlato
qui): questi eventi hanno provocato negli USA alcuni danni
significativi.
Quanto agli tsunami, di
zone a rischio altamente costruite ce ne sono fin troppe... quasi
tutte le coste al mondo (hai detto poco...). E c'è almeno un caso,
lo tsunami di Nizza del 1979, per il quale ci sono forti sospetti di
un innesco riferibile ad attività umana.
Parlando delle coste la
prima cosa che viene in mente è l'innalzamento del livello marino.
Come si vede da questa figura è dalla fine dell'ultimo massimo
glaciale, 20.000 anni fa, che i mari si stanno innalzando, anche se
circa 6000 anni fa la velocità dell'aumento è diminuita
bruscamente. Oggi questa velocità è tornata a crescere, per due
trend di riscaldamento, uno naturale per la maggiore attività solare
ed uno antropico a causa delle massicce emissioni dei gas – serra
(il “Piombino – pensiero” al proposito è qui). Sta ai
governi cercare di minimizzare gli effetti del problema con misure
idonee nell'uso del territorio e anche sugli altri vari aspetti che
incidono sulla questione “cambiamenti climatici”.
Continuo a sgolarmi sul fatto che l'unica cosa costante del clima terrestre è che … varia di continuo ed che variazioni climatiche più o meno improvvise hanno guidato molta parte della storia umana, e soprattutto hanno inciso su società che per la loro struttura erano più predisposte a soffrirne: ad esempio alla fine dell'età del bronzo, fra gli altri sconquassi scompare l'impero ittita, ma in questo caso la decadenza dell'area è minore che in Grecia o in Egitto: per le sue caratteristiche la società Ittita era maggiormente a rischio in caso di siccità (le principali città erano in zone lontane da dove i generi alimentari erano prodotti) sia perchè gli Assiri, che assurgono al ruolo di nuova potenza dominante, erano più attrezzati alle nuove condizioni climatiche.
Continuo a sgolarmi sul fatto che l'unica cosa costante del clima terrestre è che … varia di continuo ed che variazioni climatiche più o meno improvvise hanno guidato molta parte della storia umana, e soprattutto hanno inciso su società che per la loro struttura erano più predisposte a soffrirne: ad esempio alla fine dell'età del bronzo, fra gli altri sconquassi scompare l'impero ittita, ma in questo caso la decadenza dell'area è minore che in Grecia o in Egitto: per le sue caratteristiche la società Ittita era maggiormente a rischio in caso di siccità (le principali città erano in zone lontane da dove i generi alimentari erano prodotti) sia perchè gli Assiri, che assurgono al ruolo di nuova potenza dominante, erano più attrezzati alle nuove condizioni climatiche.
Ora, i cambiamenti
odierni hanno anche radici naturali, ma la presenza umana, le sue
trasformazioni del paesaggio e le modificazioni dettate
dall'immissione di gas – serra nell'atmosfera costituiscono una
componente molto importante in quello che succede oggi
C'è una categoria di
disastri naturali nella quale la componente geologica è quasi
assente: le malattie, per le quali comunque esistono fattori
antropici capaci di provocarne una maggiore virulenza: è evidente
l'influenza del trasporto di uomini e merci sulla diffusione di certe
patologie, anche molto gravi. Come particolari situazioni di
sovraffollamento, carenze igieniche e contatto con varie specie
animali creino condizioni ideali per salti di specie e diffusione
veloce di mutazioni che fanno perdere efficacia ai medicinali. Per
non parlare dei cambiamenti climatici e della loro influenza sulla
distribuzione di patogeni e portatori di patogeni.
MA LA SOLA ATTIVITÀ ANTROPICA PUÒ INNESCARE CALAMITÀ NATURALI O AMPLIFICARLE?
Con la prevenzione si può
diminuire le sofferenze in perdite umane ed economiche dei disastri
naturali, ma la domanda successiva è “i disastri naturali
possono essere amplificati da una componente
antropica?”
Alle volte sì. Facciamo
un esempio.
La grande quantità di
sedimenti è indice di un maggiore trasporto di sedimenti da parte
dei fiumi. Questo teoricamente succede durante i periodi più
piovosi. Eppure non sempre è così: ad esempio il delta dell'Arno
iniziò ad avanzare nell'XI secolo a.C. durante una fase siccitosa,
così come nello stesso periodo iniziò a Cipro a colmarsi la laguna
di Larnaka.
Questa apparente
contraddizione è dovuta proprio a fattori antropici: le estese
deforestazioni durante la fine dell'età del bronzo.
In un versante deforestato non solo aumentano le frane ma siccome non ci sono più le radici delle piante a trattenerne una certa quantità, l'acqua piovana si scarica a valle in un tempo molto più breve rispetto a quello che le sarebbe occorso in un versante coperto da alberi: quindi la stessa quantità di acqua transita nel fiume in un lasso di tempo più stretto, aumentando la portata del corso d'acqua a valle. A questo si somma la drastica diminuzione della portata potenziale degli alvei, riempiti di sedimenti.
In un versante deforestato non solo aumentano le frane ma siccome non ci sono più le radici delle piante a trattenerne una certa quantità, l'acqua piovana si scarica a valle in un tempo molto più breve rispetto a quello che le sarebbe occorso in un versante coperto da alberi: quindi la stessa quantità di acqua transita nel fiume in un lasso di tempo più stretto, aumentando la portata del corso d'acqua a valle. A questo si somma la drastica diminuzione della portata potenziale degli alvei, riempiti di sedimenti.
Quindi la deforestazione
è sinonimo di aumento del rischio alluvioni ed è addirittura
possibile che con piante a rallentare il ruscellamento sui pendii e
con alvei meno colmati da sedimenti alcuni eventi possano
semplicemente non verificarsi. Vediamo in questa immagine la deforestazione sul versane mugellano dell'Appennino ai primi del XX secolo
Venendo agli ultimi
decenni, mi chiedo quanto possa avere inciso la pessima gestione dei
versanti e del territorio nelle conseguenze delle alluvioni recenti,
da Sarno, a Genova, alle Cinqueterre (in quest'ultimo caso una
simulazione di qualche anno precedente aveva evidenziato esattamente
le aree dove si sono realmente messe in moto le frane durante
l'alluvione!).
Certamente la
questione è complessa riguardo alle frane: indubbiamente fanno parte della evoluzione
naturale del paesaggio, ma quante volte un nuovo movimento franoso è
stato messo in movimento o si è rimessa in moto una paleofrana per
un errato uso del territorio? E in quanti casi, dal lato dei danni,
si è costruito dove non si poteva?
IL VAJONT: UNA CATASTROFE UNICAMENTE ANTROPICA
E da ultimo, ecco la questione del Vajont. Il maldestro tentativo di pilotare i franamenti del monte Toc per evitare una frana colossale è un fatto perfettamente conosciuto dagli addetti ai lavori ma che oggi desta scalpore in una opinione pubblica che non conosce ancora i fatti.
Per la cronistoria della
tragedia, rimando al mio post citato in precedenza in cui ho
tratteggiato come è stato possibile arrivare a tanto.
Questa purtroppo è stata una tragedia totalmente dovuta all'uomo, frutto di una serie di errori, anzi di orrori dal punto di vista geologico, con tanta gente dalla coscienza sudicia (sporca sarebbe poco) e altri che hanno commesso errori importanti.
Questa purtroppo è stata una tragedia totalmente dovuta all'uomo, frutto di una serie di errori, anzi di orrori dal punto di vista geologico, con tanta gente dalla coscienza sudicia (sporca sarebbe poco) e altri che hanno commesso errori importanti.
Leopold Muller ed Edoardo
Semenza avevano già visto che quel versante era per sua natura
oggetto di fenomeni franosi.
Vediamo la stroria geologica nello schizzo originale di Edoardo Semenza tratto dal suo quaderno di campagna:
Vediamo la stroria geologica nello schizzo originale di Edoardo Semenza tratto dal suo quaderno di campagna:
- nella fase I il
torrente Vajont incide il basamento formato dai calcari
- nella fase II una frana
cade dal Monte Toc e invade la valle
- nella fase III il
torrente incide i depositi di questa paleofrana
Purtoppo ci sarà una fase IV: una nuova frana ricoprirà per una seconda volta la vallata
Il tutto è semplice e chiaro. Sarebbero dovute bastare quelle osservazioni per imporre di soprassedere alla conclusione dei lavori della diga.
Il tutto è semplice e chiaro. Sarebbero dovute bastare quelle osservazioni per imporre di soprassedere alla conclusione dei lavori della diga.
Invece ci fu una perizia
che smentiva il tutto (incredibile errore di uno dei più famosi
geologi italiani!) e come risposta ai primi accenni di movimenti
franosi durante la prima prova di invaso fu semplicemente costruito
un bypass per diminuire il volume di acqua.
Il tutto tacitando in
qualsiasi modo (soprattutto scorretto) chi si opponeva al progetto.
Una tragedia frutto di
irresponsabilità e cupidigia. Che si poteva benissimo evitare.
1 commento:
Toc, toponimo che significa tocco, marcio ed è comune in tutti i dialetti del nord e ben compreso in tutta Italia.
Quando accadde la tragedia del Vajont ero un ragazzino. Già allora, colpito dall'entità del lutto e dal rischio maggiore in caso di collasso della diga, mi posi delle domande e capii che era stupido costruire una diga nel posto sbagliato destinata ad essere resa inservibile.
L'impresa (SADE) sbagliò, ma sbagliò anche lo Stato prima perché autorizzò la costruzione senza comprendere la natura del bacino, poi quando, dopo la nazionalizzazione delle società elettriche nell'Enel, terminò i lavori e diede il via al riempimento dell'invaso ignorando le relazioni dei geologi.
Se l'Italia allora era in mano a persone imprevidenti (siamo buoni), oggi è ancora in mano a persone dalla vista ancora più corta.
P.S.
Di tutti i toponimi il più significativo é sicuramente Alluvioni Cambiò, paese di meno mille anime in provincia di Alessandria. E' sito alla confluenza con il Po del Tanaro, che ha ricevuto da pochissimi Km le acque del Bormida.
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