Le applicazioni del radar interferometrico satellitare (InSAR) sono numerose. In questa occasione i dati del satellite tedesco TerraSAR-X hanno determinato le deformazioni seguite all'ultimo esperimento nucleare in Corea del Nord, dimostrando come questa esplosione abbia pesantemente modificato la topografia del sito, rendendolo inutiilizzabile per attività future e costringendo il regime nordcoreano a cambiare la sua strategia. È stato inoltre possibile determinare con ls deformazioned ella superficie topografica un valore di Mw che oltre all'energia inziale comprende anche le deformazion post-evento e che sostanzialmente è in accordo con quello determinato esclusivamente con metodi geofisici.
Il 3 Settembre 2017 i sismografi di tutto il mondo hanno registrato un evento sismico localizzato nel poligono nucleare di Punggye-ri nella Corea del Nord, indicando che nel sito era stato appena eseguito un altro esperimento nucleare, e, soprattutto, che questo ultimo esperimento è stato ben più potente dei precedenti. Poco dopo l’agenzia ufficiale dello Stato ha confermato quello che molti esperti temevano: il Paese asiatico aveva fatto esplodere una bomba termonucleare a due stadi (una normale bomba a fissione ha innescato una bomba a fusione, la classica trafila di una bomba H). Già a novembre in questo post ho descritto la geologia del sito nucleare e fatto notare che a seguito dell’esperimento di settembre qualcosa non aveva funzionato a dovere: il primo allarme è stato costituito da una replica M 4.1 registrata appena 8 minuti e mezzo dopo l’esperimento. A questa prima replica ne sono seguite altre due, il 23 settembre e il 12 ottobre; secondo fonti solitamente ben informate in questa ultima occasione numerosi addetti ai lavori sarebbero morti per il crollo di un tunnel che stavano scavando. Insomma, già ai primi di novembre iniziavano i sospetti che la nuova strategia del regime coreano sulle armi nucleari fosse dovuta aulla impossibilità di proseguire l’attività a Punggye-ri, ipotesi che è diventata certezza qualche tempo dopo che ho scritto quel post. Oggi i radar montati su satellite consentono grazie alla tecnica InSAR di vedere chiaramente le componenti verticale ed E-W della deformazione associata all’evento e dare un’altra valutazione indipendente da quella geofisica sull’energia rilasciata nell’esperimento.
Le deformazioni dopo gli esperimenti del 1992 da Vincent et al (2003) |
LE DEFORMAZIONI RILEVATE DA InSAR A SEGUITO DEGLI ULTIMI ESPERIMENTI NUCLEARI IN USA NEGLI ANNI '90. Vincent et al (2003) dimostrarono 15 anni fa che con la tecnica InSAR un radar satellitare riesce a determinare le deformazioni superficiali causate da test nucleari sotterranei anche nei casi in cui l’esplosione non abbia provocato effetti visibili, per esempio la formazione di un cratere o delle fratturazioni. È evidente invece che una leggera subsidenza del terreno non sia invece facilmente rilevabile (o, quantomeno, quantificabile), con mezzi tradizionali.
La ricerca è stata effettuata nei mesi che seguirono gli ultimi esperimenti nucleari nel poligono del Nevada, alla fine del 1992. Le serie di dati InSAR hanno evidenziato la subsidenza dell’area sovrastante i siti degli esperimenti e che dopo una forte componente immediata (subsidenza cosismica), il movimento proseguiva in un’area di circa 1 km di raggio per giorni, se non per mesi o addirittura anni, dopo l’evento. La subsidenza avviene sia nel caso di formazione di un cratere sia nel caso in cui questo cratere non si formava. Il valore finale dell’abbassamento della superficie topografica va da uno a qualche centimetro.
In questa immagine, tratta da quel lavoro, si osservano i segnali della deformazione cosismica catturati in 14 mesi di osservazione di tre test sotterranei del 1992. I punti rossi rappresentano crateri di test precedenti.
La deformazione della superficie topografica secondo Wang et al (2018) |
LE DEFORMAZIONI A PUNGGYE-RI DOPO IL 3 SETTEMBRE 2017. Su Science è uscito in questi giorni (Wang et al, 2018) un articolo di un gruppo di ricerca internazionale che applica la stessa tecnica al poligono di Punggye-ri: usando i dati provenienti dal satellite tedesco TerraSAR-X, è stata misurata la deformazione causata dall’esperimento del 3 settembre, visibile nella figura qui accanto: il movimento è stato scomposto nella componente orizzontale e in quella verticale. La componente orizzontale è rappresentata dalle frecce, che mostrano una evidente dislocazione orizzontale che diverge a raggiera dal punto dell’esplosione, il cui valore arriva addirittura a 3.5 m.
La componente verticale invece è rappresentata dai colori sulla carta.
La deformazione indica che la sorgente dell’esplosione è localizzata dalle coordinate 129.078°E e 41.300°N±50 m, ed è avvenuta a 1750 ± 100 m di quota sopra il livello medio del mare, cioè 450 ± 100 m sotto la cima del monte Mantap.
Si osserva molto bene che un buona parte della superficie del monte Mantap si è abbassata in un’area di qualche centinaio di metri dal punto dell’esplosione, mentre un movimento orizzontale ha innalzato quelle intorno; inoltre lo spostamento orizzontale è maggiore nei fianchi meridionale e occidentale della montagna, il che evidenzia uno stretto controllo della sua entità da parte della topografia: più elevata è la pendenza, maggiore è lo spostamento centrifugo. Anche l’abbassamento è legato alla pendenza, in particolare l’area a massima subsidenza si prolunga a distanza maggiore dal sito dell’esplosione nei versanti più scoscesi a W e a S. É invece curioso vedere che i valori di innalzamento siano molto superiori nella parte nord che in quella a sud.
Un aspetto interessante è che se la topografia esercita un controllo sulla entità del movimento, non lo esercita invece sulla sua direzione, per cui non si tratta di movimenti franosi, che, ovviamente, si sarebbero dovuti muovere nella direzione del pendio. Sono comunque distinguibili anche i segnali di alcune frane innescate dallo scuotimento, che sono completamente diversi e localizzati: dei debris flows localizzati in avvallamenti preestenti non in grado si produrre i moviklenti orizzontali a larga scala evidenziati dal satellite.
Quindi la maggior parte della deformazione della superficie topografica non è il risultato delle frane ma è proprio dettato dall’esplosione e tale quadro deformativo è connesso all’espansione di una cavità dovuta all’esplosione e al suo successivo collasso: l’espansione ha provocato il rapido allontanamento dal centro delle rocce intorno all’ordigno, le quali hanno spinto le zone adiacenti che hanno reagito sollevandosi. Successivamente il collasso di quanto stava sopra alla cavità ha provocato l’abbassamento. Il raggio della cavità è calcolato sui 300 metri. Nella figura qui sotto la serie degli eventi come descritta da Wang et al (2018)
I movimenti secondo Wang et al 2018 |
Il cerchio bianco a sud del punto dell'esplosione indica la posizione della replica M. 4.1 avvenuta 8 minuti e mezzo dopo, localizzata circa 700 m verso sud; non a caso questo secondo evento si colloca precisamente sotto una delle zone a massima subsidenza e di movimento centrifugo nel più scosceso fianco meridionale del monte Mantap, tra il sito dell’esplosione e il portale di accesso al poligono.
In questo lavoro non viene preso in considerazione l’evento del 23 ottobre, che poi è quello che ha confermato i dubbi sulle condizioni del poligono dopo il test, che la replica M 4.1 aveva innescato. Penso che la sua posizione possa coincidere con quell’area di leggera subsidenza a NE della carta.
LA DETERMINAZIONE DELLA MAGNITUDO DELL'EVENTO CON METODO GEODETICO. Oltre alla precisa collocazione dell’evento, l’interferometria radar è capace di definire anche una Magnitudo Momento (non quella locale) dell’esperimento, combinando la profondità ricavata dalla geodesia e l’energia ricavata dai sismogrammi: il risultato è Mw = 5.5, un po' più alto di quello ricavato dai soli dati sismici (Mw = 5.24), perché include la deformazione lenta successiva all’evento che non ha prodotto onde sismiche; il cambiamento di volume è stato stimato in 0.01 km3.
DEFORMAZIONI ED ABBANDONO DEL POLIGONO. Questo lavoro è interessante perché dimostra come ci sia un altro metodo – satellitare – che si affianca a quello geofisico per determinare sito e potenza di un esperimento nucleare.
Le deformazioni del sito di Punggye-ri rilevate con l’interferometria radar da un lato confermano l’energia e la posizione dell’esperimento del 3 settembre ricavate dai dati geofisici, ma vanno ben oltre, perché ci danno un quadro completo della deformazione che ne è seguita, dimostrando che la chiusura del poligono non è stata volontaria ma, come già si paventava, è una conseguenza di una esplosione troppo potente per quanto potevano resistere le rocce al suo intorno. Per fortuna, trattandosi di una esplosione termonucleare a due stadi, l’ordigno a fissione capace di produrre alte ricadute radioattive era molto piccolo; mi chiedo comunque come sia possibile che in tutto questo macello non ci sia stata una fuga di radioattività.
Vincent et al (2003) New signatures of underground nuclear tests revealed by satellite radar interferometry Geophysical Research Letters, 30 / 22, 2141
Wang et al. (2018), Science 10.1126/science.aar7230 (2018)