Purtroppo le repliche dei terremoti del 6 febbraio dureranno mesi se non anni. Non solo, ma il rischio di un altro evento importante da quelle parti nei prossimi mesi / anni è purtroppo elevato.
Vediamo la distribuzione da sismicità aggiornata alle ore 17.17 UTC dell’8 febbraio, a 65 ore dal terremoto. Gli orari sono quelli del tempo internazionale (UTC corrisponde praticamente a GMT, l'ora di Greenwich); quindi l’Italia è avanti di un’ora e la Turchia di 3 rispetto al tempo indicato. Ho preso i dati dal database del Geofon del GFZ di Posdam: la precisione può essere minore rispetto ai dati dell’osservatorio Kandilli di Istambul, ma ho usato questo dataset perché con quello turco non sono riuscito a costruire un file CSV da inserire in un progetto QGis, e anche con questo ho tirato diversi accidenti per andare avanti. Sono rappresentati gli evento con M 4 o superiore e anche se manca tutta la sismicità meno intensa, si riescono a vedere diverse cose.
DISTRIBUZIONE GENERALE DELLA SISMICITÀ: Il diamante rosso corrisponde al primo terremoto, quello delle 1.17 del 6 febbraio. I pallini rossi indicano le scosse avvenute nel periodo intercorso tra il primo e il secondo terremoto principale. Quello che balza agli occhi è la distribuzione molto vasta delle repliche del primo terremoto.
Dopo l'evento delle 10.24 GMT (le 13.24 locali – diamante verde) le repliche sono indicate con i pallini verdi. Si nota un addensamento in una fascia dove di repliche dopo il primo evento ce ne erano state poche, mentre naturalmente è continuata, sia pure con una intensità minore, l’attività nella parte meridionale.
Nelle seconde 24 ore (pallini blu) l’attività è stata sempre intensa e ha continuato a coprire tutta l’area. Come anche dalle 1.17 GMT alle 18.17 di oggi, 8 febbraio (pallini rosa)
La distribuzione della sismicità evidenzia anche un limite piuttosto netto a NE, che corrisponde più o meno al limite SW della fascia interessata dal terremoto M 6.7 del 24 gennaio 2020 (stella e pallini marroni, dati ricavati non da Geofon ma dall’Iris Earthquake Browser). Questo limite, oltre il quale non è segnalato nessun evento con M 4 o superiore è visibile già dopo il terremoto della notte e corrisponde alla terminazione SW del segmento della faglia dell’Anatolia orientale interessato dalla sequenza attivatasi con il terremoto M 6.7 del 24 gennaio 2020 (indicato da una stella marrone, mentre le repliche sono indicate dai pallini dello stesso colore). Tale segmento è più corto, meno di 90 km rispetto agli oltre 350 complessivi del 2023, circostanza logica visto che quel terremoto ha liberato una energia – spannometricamente – di una trentina di volte inferiore a quella liberata da ciascuno dei terremoti principali del 2023. Le due fasce si sovrappongono per circa 20 km, ma è possibile che sia, almeno in parte, una circostanza dovuta ad un margine di errore delle coordinate epicentrali, calcolate a grande distanza e quindi forzatamente meno precise.
C'È FORSE IN GIOCO UNA TERZA FAGLIA? Sicuramente ci saranno diverse faglie di splay, cioè faglie connesse a quella principale che si muovono in conseguenza del movimento sulla faglia principale e che spesso, con una Magnitudo così elevata, possono anche esse evidenziare una fagliazione superficiale. Le ho viste bene a Castelluccio dopo il terremoto M 6.5 del 30 ottobre 2016, e ne ho parlato qui).
Però si può notare una stretta fascia interessata dagli eventi a NNW del lago artificiale di Menzelet. Questa serie di eventi, iniziata dopo il secondo terremoto, potrebbero indicare appunto l’attivazione di una terza faglia. Il sospetto che si tratti di una struttura distinta è avvalorato da due circostanze:
- l’evento più importante lungo questa fascia è stato anche quello più a nord (M. 5.7 delle 12.02) ed è stato anche il primo ad interessarla, a parte quello delle 11.39, peraltro annidato alla sua terminazione sud
- prolungandola verso sud questa fascia bene o male si innesta sulla faglia est anatolica all’incirca dove questa presenta l’angolo che ne cambia la direzione
Le carte qui sotto evidenziano le due soluzioni.
LA DISTRIBUZIONE TEMPORALE DELLA SISMICITÀ PRINCIPALE LUNGO LA FAGLIA EST ANATOLICA. Questa figura evidenzia una progressione verso sud dell’attività lungo la faglia dell’Anatolia orientale. In pratica andando da NE a SW lungo la faglia, notiamo in un rigido ordine spazio-temporale gli eventi M 6.4 del 2003, M 6.1 del 2010, M 6.7 del 2020 e quelli degli ultimi giorni. Non ho trovato i dati sulle repliche dei terremoti del 2003 e del 2010, ma data la magnitudo simile è ipotizzabile che i segmenti interessati siano di dimensioni simili a quello del 2020. Insomma dal 2003 si nota un chiaro spostamento verso SW della sismicità principale.
Terremoti con M 6.0 o superiore lungo la faglia est-anatolica dal 2000. In rosso quelli appartenenti alla sequenza attualmente in corso |
A questo punto è curioso notare come anche la più nota faglia dell’Anatolia settentrionale ha mostrato un trend simile tra il 1939 e il 1967 quando sei grandi rotture della faglia, i terremoti di Erzincan (1939), Niksar-Erbaa (1942), Tosya (1943), Bolu-Gerede (1944), Abant (1957) e Mudurnu Valley (1967), hanno formato una sequenza di eventi con una migrazione degli stessi verso ovest lungo una porzione quasi continua lunga 900 km (Stein et al, 1997). Il trend è proseguito anche in seguito con i forti terremoti del 1999 a Izmit e Duzce e nel 2014 alla terminazione occidentale della faglia nel NE del Mar Egeo. Nel medioevo invece il trend in alcune occasioni è stato esattamente rovescio, da W a E.
Pertanto le due faglia che bordano l’Anatolia orientale sembrano condividere attualmente lo stesso trend e di fatto è come se la rottura delle 10.24 abbia in qualche modo colmato una lacuna sismica appena nata.
So benissimo che non è possibile prevedere i terremoti, ma a questo punto è realistica l’ipotesi di nuovi sismi nei prossimi decenni lungo il proseguimento verso sud della faglia est anatolica, rappresentato dal sistema di faglie del Mar morto tra Siria, Libano e Israele che arriva fino al golfo di Aqaba. È una zona dove non sono avvenuti terremoti importanti di recente, ma per esempio è noto un forte evento nel IX secolo AD nei pressi di Tiberiade che ha provocato fagliazione superficiale (Ferrario et al 2020). Il grande terremoto libanese del 551 invece dovrebbe avere un’altra origine (Elias et al, 2007). La possibilità che venga coinvolta l’area cipriota mi pare minore perché il margine di placca da trascorrente lì ritorna ad essere compressivo.
Stein et al (1997) Progressive failure on the North Anatolian fault since 1939 by earthquake stress triggering Geophys. J. Int. 128, 594-604
Elias et al (2007) Active thrusting offshore Mount Lebanon: Source of the tsunamigenic A.D. 551 Beirut-Tripoli earthquake Geology 8, 755–758
Fonte dei dati da cui sono stati sviluppati i files CSV visualizzati in Qgis:
- Geofon: GFZ: Deutsches GeoFoerschungsZentrum:
- Iris Earthquake Browser:
consultazioni dei siti effettuate tra 6 e 8 febbraio