Più si va verso l'inizio della storia della Terra, meno dati abbiamo a disposizione: i fenomeni geologici hanno rielaborato le rocce più antiche e abbiamo davvero pochissime tracce di quanto è successo prima di 3 miliardi di anni fa. Se poi andiamo ancora oltre, i dati su qualcosa di anteriore a 4 miliardi di anni fa sono davvero pochissimi. Quindi capire come era la Terra prima della instaurazione della Tettonica delle Placche e su come e quando sono apparse le prime aree a crosta continentale silicea è veramente difficile. Però si può dire qualcosa sulle serie TTG (Tonalite - Trondhjemite - Granodiorite) che hanno costituito, tra 4 e 2.5 miliardi di anni fa, le principali aree a crosta continentale silicea.
LA PRIMA CROSTA CONTINENTALE A COMPOSIZIONE BASALTICA. I geologi dell’anno 4.700.000.000 dalla formazione della Terra conoscono benissimo la differenza fra crosta continentale, crosta oceanica, mantello, litosfera e astenosfera. Come conoscono la sterminata varietà delle rocce e dei minerali che possiamo trovare sulla superficie terreste, formatisi in svariati ambienti.
Ma, ovviamente, quando la Terra è nata, la situazione era un po' diversa. Dell’Adeano, il primo eone della storia della Terra, conclusosi circa 4 miliardi di anni fa, ci sono ben poche testimonianze. Quelle più antiche sono gli zirconi di 4.4 miliardi di anni fa trovati nelle australiane Jack Hills [1]: lo zircone è un minerale “duro a morire” e di fatto di zirconi del Precambriano ce ne sono tantissimi anche in rocce recenti (e sono utilissimi per tanti aspetti della Geologia).
Comunque stando ai modelli più realistici la Terra dell’Adeano era una palla coperta interamente da un oceano sotto il quale c'era una primitiva crosta oceanica a composizione basaltica anche se un pò diversa dai basalti di oggi.
Parlare di "crosta continentale" per quei tempi significa però tutta un'altra cosa, in quanto non c'era una crosta continentale simile a quella attuale. Per "crosta continentale" dell'epoca si può intendere, grossolanamente, un qualche cosa possibilmente al di sopra del livello del mare che, esposto all'alterazione e all'erosione, si qualificava per essere l'area di provenienza di sedimenti di origine continentale (fondamentalmente arenarie e argilliti).
IL PASSAGGIO DA UNA CROSTA CONTINENTALE BASALTICA A UNA CROSTA DI COMPOSIZIONE FELSICA, A MAGGIOR TENORE DI SILICIO. Distinguendo fra minerali felsici (ad alto tenore di silicio) e mafici (ad alto tenore di Ferro e Magnesio) due lavori sono arrivati a concludere che fino a 4 miliardi di anni fa la (poca) crosta continentale era tutta basaltica e che solo da quel momento è iniziata la produzione in grande stile di magmi felsici della suite delle TTG (Tonaliti – Trondhjemiti – Granodioriti), partendo da due approcci diversi:
- un primo gruppo ha studiato la distribuzione e la composizione dei minerali femici [2]
- un secondo gruppo ha studiato la distribuzione e la composizione dei minerali felsici [3]
La modifica nella composizione della crosta continentale tra l'inizio e le fine dell'Archeano, da [2] |
L’aspetto interessante è che entrambi i gruppi sono pervenuti alle stesse conclusioni e cioè che la prima crosta continentale felsica ha iniziato a formarsi all’inizio dell’Archeano, 4 miliardi di anni fa e che nell’eone precedente, l'Adeano c’era, appunto, quasi esclusivamente una crosta basaltica. Inoltre, durante tutto l’Archeano, cioè fra 4 e 2.5 miliardi di anni fa la quantità di crosta continentale felsica è aumentata sensibilmente da zero ad un valore sempre di parecchio inferiore all’attuale ma abbastanza rilevante rispetto a prima.
Nell’immagine tratta da [2], che è rovescia rispetto alla logica comune, in quanto la situazione più antica è a destra, si vedono le differenti percentuali di quanto in qualche modo sporgeva dalla crosta oceanica all’inizio e alla fine dell’Archeano. Nella legenda al posto di “Komaitiiti” come nell’originale ho preferito scrivere “Greenstone Belt”, perché le Komaitiiti fanno parte di queste. Le Greenstone belts rappresentano un assemblaggio tipico dell’Archeano e del paleoproterozoico: si tratta di ampie zone che nei cratoni dell'epoca si trovano interposte alle zone con TTG. Sono lunghe da poche decine a centinaia di km, e presentano serie vulcaniche mafiche e ultramafiche con associata copertura sedimentaria, metamorfosate in modo variabile. È facile vedere come durante l'Archeano nelle zone più elevate rispetto alla crosta oceanica (e quindi a crosta continentale in senso lato) siamo passati da una ampia maggioranza di rocce basaltiche a una crosta composta essenzialmente da rocce granitiche, formate da serie di tipo TTG.
Insomma, le serie TTG sono il primo esempio di vera crosta continentale nel senso "moderno" della storia della Terra: in pratica sono dei complessi granitici e granodioritici che però si distinguono per una composizione un po' diversa da quella dei complessi granitici successivi.
COME SI PRODUCE LA CROSTA CONTINENTALE FELSICA? Fondamentalmente, la crosta continentale felsica si forma partendo dai magmi che risalgono dal mantello. Siccome il mantello produce magmi femici, è ovvio che al momento della loro solidificazione nella crosta il liquido si è pesantemente modificato rispetto al magma originario, durante una evoluzione che si definisce come differenziazione magmatica e cristallizzazione frazionata: un magma è composto da una fase liquida (la lava propriamente detta), una fase solida (i cristalli che vi nuotano dentro) e una fase gassosa (i gas disciolti: acqua, CO2, NO2, SO2 , P2O 5 etc etc). Durante la risalita dal profondo l’assemblaggio si modifica per una serie di fenomeni: la temperatura e la pressione diminuiscono, mentre le tre fasi interagiscono continuamente fra loro e, spesso, pure con le pareti del condotto, assimilandone delle parti: così si modificano le composizioni di gas, cristalli e liquido e può variare anche il chimismo generale del sistema. Alle volte succede che al cambio di una o più di queste condizioni alcuni cristalli formatisi in precedenza possono dissolversi o essere in parte attaccati dalla nuova composizione del liquido.
Crosta che si forma crosta che si forma
da un mantle plume in un sistema di convergenza di placche
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Ci sono diversi modi per creare nuova crosta che corrispondono a due modi diversi di risalita di magmi mantellici:
- il primo è il classico Mantle Plume: alla base del mantello ci sono delle zone più calde con un certo grado di fusione parziale e dalle quali il materiale profondo risale. Alle volte ancora in epoca geologicamente recente sulla superficie arrivano dei veri e propri “goccioloni” di magma, che formano le Large Igneous Province, un insieme di lave essenzialmente basaltiche che si mette in posto sulla superficie terrestre (i “flood basalts", letteralmente alluvioni di basalto) come i trappi della Siberia o del Deccan, o sul fondo dell’oceano (i plateau oceanici in stile Kerguelen). In genere la risalita di questi magmi e la loro messa in posto superficiale sono molto veloci, per cui assomigliano abbastanza al fuso originale.
- il secondo è l’ambiente di collisione fra zolle, dove una zolla in subduzione a causa dell’aumento di pressione a cui è sottoposta perde i fluidi che percolano nel mantello sovrastante e ne provocano la fusione parziale. Si forma così il magmatismo di arco, come quello che adesso abbiamo in Giappone, Indonesia e Ande (ma non solo… anche nelle Eolie…). Sotto agli archi vulcanici si formano grandi corpi granitici come i grandi batoliti delle Ande o del Tibet e in genere il granito viene associato a un ambiente di collisione
Annoto per dovere di cronaca che quando si pensa ai graniti si pensa intuitivamente a un ambiente di scontro di zolle. Ma ci sono anche i cosiddetti graniti tardo o post orogenici: magmi granitici che sono il risultato della differenziazione di liquidi formatisi nel mantello più superficiale per una semplice decompressione dovuta all’allontanamento fra due settori di crosta sovrastanti: ad esempio il grande batolite della Sardegna e della Corsica (con le appendici calabresi) e i massicci cristallini esterni delle Alpi si sono formati quando i fenomeni compressivi dell’orogenesi ercinica (o varisica come si dice oggi) si erano praticamente conclusi, in un ambiente di scorrimento laterale (tipo la faglia di San Andreas) con una leggera componente estensionale [5]. Di tratta fondamentalmente di un terzo modo di formazione di crosta continentale, che però, nonostante il fatto che sia estremamente interessante dal punto di vista geologico, dal punto di vista quantitativo fornisce un contributo quasi nullo.
COME SI SONO FORMATE LE SERIE TONALITE - TRONDHJEMITI - GRANODIORITI? Una differenza essenziale fra i due modi diversi di formazione della crosta continentale è che al primo non serve la tettonica a placche, mentre per il secondo senza tettonica a placche non se ne parla nemmeno. Appare abbastanza ragionevole un modello secondo il quale per i primi 700 / 900 milioni di anni di storia abbiamo avuto essenzialmente un mantello stagnante in progressivo raffreddamento, con qualche zona in cui materiali risalivano verso la superficie o scendevano verso il basso e che i primi segni di una vera tettonica a placche siano comparsi solo 3.8 miliardi di anni fa.
Quindi, visto il ritardo della instaurazione della tettonica a placche, è ragionevole pensare che la prima crosta continentale si sia formata per risalita di materiali dal mantello provenienti da un plume. Il problema è che di questa crosta non c’è più traccia diretta, un po' per l’erosione, un po' perché è stata successivamente coinvolta in processi deformativi.
Allora bisogna vedere se c'è un analogo attuale. Oggi la crosta continentale si forma essenzialmente nelle aree di scontro fra zolle e quindi non può essere presa a modello per la formazione delle TTG. I grandi plateau oceanici e i flood basalts possono condividere probabilmente con le serie TTG l’origine profonda dei magmi, ma la crosta sotto i plateau oceanici non ha uno spessore tale da definirsi “crosta continentale” di suo e i flood basalts si sono fatti spazio nella crosta continentale preesistente. Quindi non ci servono.
Un caso apparentemente simile sulla Terra attuale c’è, ed è l’Islanda.
Il sistema di alimentazione dei magmi dal profondo in Islanda, da [4] |
L'ISLANDA: FORMAZIONE ATTUALE DI CROSTA CONTINENTALE DA UN PLUME DEL MANTELLO. L’Islanda è più o meno sopra il punto in cui a causa di una ingente risalita di magmi dal mantello si è messa in posto la NAIP, Northern Atlantic Igneous Province, 55 milioni di anni fa (quella le cui emissioni sono responsabili del massimo termico al passaggio Paleocene – Eocene, ma non ditelo a Trump e a Pruitt…). La NAIP precede l’inizio dell’apertura dell’Atlantico settentrionale.
L’isola è sulla dorsale medioatlantica e a causa dell’espansione dei fondi oceanici in direzione perpendicolare alla dorsale non possiede rocce più vecchie di 20 milioni di anni; i volumi di magma che risalgono sono molto ingenti a causa della concomitanza fra il plume del mantello e la dorsale; per questo si è formata una crosta il cui spessore varia tra 15 e 40 km.
La tomografia sismica ha rilevato la presenza di un esteso sistema di alimentazione dei magmi tra il mantello e la superficie, quasi un cilindro verticale posto sotto i due sistemi vulcanici attualmente più attivi, l’Hekla e il Bárdarbunga-Grı́msvötn (non è un caso se i 16 km cubi della più imponente eruzione in età storica a livello mondiale, quella del Laki nel 1783, sia avvenuta proprio lì sopra). La crosta, oltre che nelle lave che emergono in superficie, si forma in profondità nelle camere magmatiche che si trovano tra 5 e 10 km [4]. Lo spessore crustale, la permanenza a debole profondità e il contatto con rocce alterate preesistenti influenzano la composizione del magma che poi, in parte, risale per eruttare sulla superficie.
L’Islanda è stata considerata un possibile analogo del modo con cui si è messa in posto la prima crosta continentale. Il problema è che i conti non tornano dal punto di vista geochimico.
Il primo aspetto è che all’epoca il rapporto Ferro / Magnesio era diverso da quello attuale: c’era molto più magnesio di oggi, in quanto le temperature del mantello erano decisamente superiori a quelle attuali: i magmi basaltici dell’epoca possono addirittura sorpassare un tenore del 20% di MgO, contro il 5 – 12 % di quelli attuali
Il secondo è che la composizione chimica della suite di crosta continentale dell’epoca, le TTG (tonalite – trondhjemite – granodiorite), che iniziano a comparire giusto 4 miliardi di anni fa, differisce dalle vulcaniti islandesi in diversi “particolari essenziali” (fra i quali le percentuali di silice, allumina e l’abbondanza delle terre rare) e la cui formazione finisce circa 2 miliardi di anni fa, all’epoca della formazione del supercontinente Nuna (o Columbia).
Uno gneiss in cui durante il metamorfismo i minerali si sono spostati ciascuno verso i suoi simili, formando bande di alternata composizione |
Le TTG sono le più antiche fra le rocce ad alto tenore di silice. Si tratta di rocce magmatiche intrusive abbastanza ricche in silice di cui alcune sono rimaste abbastanza indisturbate, mentre altre sono state successivamente metamorfosate. Insomma, sono l’equivalente dei graniti e delle granodioriti dei tempi successivi.
La domanda fondamentale sull’origine delle serie TTG è se rappresentano un prodotto della convergenza fra zolle o di una risalita sopra un mantle plume, e capite che si tratta di due possibili meccanismi completamente diversi!
Purtroppo l’ambiente di solidificazione finale delle TTG ne rende spesso difficile lo studio: le possibilità che venga coinvolto successivamente in deformazioni o metamorfismi sono elevate per rocce come queste, formatesi nella crosta primordiale ad una certa profondità. Ne segue che le deformazioni e il metamorfismo successive alla loro formazione non solo ne hanno drasticamente mutato la mineralogia, ma come spesso succede in fasi di metamorfismo molto spinto composti simili si sono aggregati fra loro costituendo livelli omogenei alternati, come nella foto qui accanto: fare analisi generali della massa rocciosa diventa quindi estremamente difficile a causa della disomogeneità dei livelli.
Il confronto in [6] fra la geochimica delle Islanditi, dello gneiss di Idiwhaa e delle classiche TTG |
LA SOMIGLIANZA FRA UNA PARTICOLARE TTG E ALCUNE ROCCE ISLANDESI RISOLVE IL PROBLEMA. Nel 2014 un lavoro ha finalmente gettato luce su questo aspetto perché nel nordovest canadese, gli Gneiss di Acasta, una delle rocce più vecchie che esistono sulla Terra, presentano al loro interno uno gneiss tonalitico in cui sono contenuti zirconi vecchi di oltre 4 miliardi di anni e che, nonostante il successivo metamorfismo, si presenta sostanzialmente omogeneo, lo Gneiss Tonalitico Idiwhaa ("tempi antichi" nel linguaggio aborigeno locale) [6]
L’Idiwhaa è rimasto quasi miracolosamente lontano da disturbi tettonici, ed è differente dalle “normali” TTG: i suoi minerali e le caratteristiche geochimiche ci dicono che è stato prodotto a bassa profondità. Ma la cosa più sorprendente è che le sue caratteristiche combaciano con quelle delle Islanditi, un tipo di roccia contenente più silice rispetto ai tipici basalti islandesi e che si è formata a bassa profondità per una cristallizzazione frazionata molto spinta di un magma basaltico, l’ibridizzazone con un fuso a maggior tenore di silice) e anche delle reazioni con una crosta superiore alterata da attività idrotermale, fatti questi ben dimostrati dal rapporto degli isotopi dell’ossigeno contenuti negli zirconi
Come si è formato il magma dello Gneiss di Idiwaa, da [6] |
Nella figura qui accanto vediamo un diagramma schematico che illustra come si è formato lo gneiss tonalitico di Idiwhaa, da [6]:
1. fusi a composizione basaltica subiscono un frazionamento a bassa profondità nella crosta, per produrre magmi a composizione un po' più silicea arricchiti in Fe
2. si formano zirconi con un rapporto isotopico dell’ossigeno (δ18O) tipico del mantello
3. nella camera magmatica e durante la ulteriore risalita il magma assimila rocce precedentemente alterate da fenomeni idrotermali in zone in ci era circolata acqua proveniente dalla superficie
4. questa assimilazione diminuisce il δ18O del magma, producendo degli zirconi con un δ18O inferiore a quello del mantello
Lo gneiss di Idiwhaa si è quindi formato in una situazione sostanzialmente simile a quella dell’Islanda attuale, dando la prima evidenza geologica di quello che in molti avevano pensato e cioè che tra 4 e 2.5 miliardi di anni fa la prima vera crosta continentale silicea si è formata per cause molto diverse da quelle grazie alle quali si è formata crosta continentale dal proterozoico medio in poi in zone di collisione fra zolle. Insomma, le differenze geochimiche e mineralogiche fra le suites TTG e le rocce felsiche successive dimostrano una netta diversità nei rispettivi processi di formazione.
[1] Harrison (2009) The Hadean crust: Evidence from >4 Ga zircons. Annu. Rev. Earth Planet. Sci. 37, 479–505
[2] Tang et al (2016) Archean upper crust transition from mafic to felsic marks the onset of plate tectonics Science 351, 372 – 375
[3] Dhuime et al (2012) A Change in the Geodynamics of Continental Growth 3 Billion Years Ago Science 335, 1334 – 1336 [4] Allen et al (2002) Plume-driven plumbing and crustal formation in Iceland Journal Of Geophysical Research 107, B8, 2163, 10.1029/2001JB000584
[5] Casini et al (2015) Evolution of the Corsica–Sardinia Batholith and late-orogenic shearing of the Variscides Tectonophysics 646, 65–78
[6] Reyminck et al (2014) Earth’s earliest evolved crust generated in an Iceland-like setting Nature Geoscience 7, 529 – 533