sabato 26 ottobre 2013

Una ricerca multidisciplinare per descrivere l'ambiente in cui un milione di anni fa viveva Homo erectus nell'Africa Orientale


È bello vedere ricercatori dei più vari settori delle Scienze della Terra che si uniscono per determinare tutti gli aspetti geologici di una regione; in particolare oggi vedremo come come una ricerca finale di tipo paleontologico su fossili di piccoli vertebrati, legati ad ambienti più ristretti rispetto alla macrofauna, possa dare delle eccellenti indicazioni paleoambientali.
La Dancalia è situata all'inizio della grande spaccatura delle fosse tettoniche dell'Africa orientale; essa stessa è una delle tante depressioni associate al rift ed in particolare al famoso triangolo dell'Afar. Ho tratteggiato la storia geologica e del vulcanismo di quest'area in questo post. Siamo in posti estremamente significativi per il genere umano: proprio da qui un gruppo di Homo sapiens anatomicamente moderni partì alla conquista del mondo. Un gruppo di geologi fiorentini nel 1994 vi ha trovato un cranio riferibile a Homo erectus di un milione di anni fa. Il ritrovamento ha dato vita ad un lavoro multidisciplinare che ha tracciato le caratteristiche geografiche e ambientali dell'area ai tempi in cui viveva il proprietario di quel cranio.

Le zone di palude o delta sono fra le poche aree subaeree in cui si formano comunemente sedimenti e dove ci si può aspettare di trovare parecchi fossili. Purtroppo i sedimenti continentali antichi sono piuttosto rari. essenzialmente per due motivi:
1. sono subito sepolti da altri sedimenti in un contesto di subsidenza, cioè di alto tasso di sedimentazione e di continuo abbassamento del terreno (in quelle attualmente soggette a questa attività geologica l'unico sistema per avere informazioni sugli ultimi milioni di anni è quello di scavare pozzi ed estrarre carote)
2. oppure hanno vita breve in quanto vengono precocemente erosi. 

La conclusione ovvia è che i sedimenti continentali sono più difficlili a trovarsi rispetto a quelli marini ed anche la documentazione fossile della vita terrestre è molto più frammentaria di quella marina.
Si spiega così anche la scarsezza di reperti fossili che documentano l'origine di Homo.
 
Il vantaggio è che sedimenti del genere  con età di un milione di anni sono ancora abbastanza recenti ed è possibile che siano ben visibili in aree caratterizzate da una forte attività tettonica: in questo caso le faglie hanno provocato delle dislocazioni e formato delle pareti; il risultato di questa attività è la formazione di colline che se da un lato provocano l'erosione di questi sedimenti, dall'altro offrono per lo studio comode sezioni stratigrafiche (non è un caso che la maggior parte dei ritrovamenti di ominidi in tutta l'Africa Orientale siano in sedimenti di questo tipo).

La foto qui a destra illustra la situazione della Dancalia, che fornisce una ottima applicazione di questo aspetto, con l'ulteriore vantaggio di un clima arido in cui la vegetazione non copre il suolo e rende più semplice lo studio.
L'attività tettonica ha diviso la Dancalia in diversi bacini che si sono aperti nel basamento, formato da rocce di ben oltre mezzo miliardo di anni. In questi bacini il tasso di sedimentazione è elevato a causa della forte erosione delle alture in cui affiora il basamento. Nei fondi dei bacini si trovano inoltre parecchie rocce vulcaniche, soprattutto inella parte centrale della depressione, per cui la parte meridionale della Dancalia è divisa in due rami (tipo il lago di Como...). Ed è proprio grazie all'instabilità tettonica che le faglie hanno formato quelle scarpate (anche di pochi metri) in sedimenti molto recenti così comode per studiare quei sedimenti.
 
Oggi terra arida e dall'ambiente molto difficile, la Dancalia di un milione di anni fa era una terra umida e piena di vita, come dimostrano i sedimenti pleistocenici.
Vi si trovavano molti laghi, nei quali sfociavano dei fiumi formando delta. C'erano molti acquitrini e spesso le alluvioni ricoprivano zone che ordinariamente rimanevano in condizioni subaeree, coperte solo da un tappeto erboso. Nei sedimenti del Pleistocene terminale e dell'Olocene è registrato l'inaridimento recente della regione.

Il Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Firenze ha una consolidata tradizione di spedizioni nel corno d'Africa; in quella del 1994, un gruppo di geologi di Firenze insieme a ricercatori locali ha fatto una scoperta eccezionale: un cranio di Homo erectus, scavato vicino al villaggio di Buia, nella depressione della Dancalia, circa 100 kilometri a sud della capitale eritrea, Massaua. L'impiego di vari criteri, dalle età assolute alla biostratigrafia fino alla stratigrafia magnetica, ha consentito di datare il reperto a circa un milione di anni fa.

Questa ricerca ne ha ovviamente spinte altre per cui in nuove missioni nella zona, oltre a reperti umani, che comprendono pochi fossili ma tanti strumenti litici, sono stati trovati i resti di una fauna analoga a quelle di tutta l'Africa Orientale del tempo (ippopotami, elefanti, coccodrilli, rinoceronti, suini e bovidi). Un particolare molto interessante è che alcune di queste ossa mostrano chiari segni di macellazione da parte degli uomini: questo aspetto è contenuto in Fiore et al (2004)

In questa immagine al microscopio, tratta dal lavoro appena citato, si vedono le strie provocate da uno strumento di macellazione su un frammento di femore di ippopotamo. 
I coccodrilli rappresentano le uniche ossa di carnivori: mancano quelle di carnivori terrestri ma la loro presenza è accertata dalla presenza su un fossile di suino di morsi ascrivibili ad una iena. 
È importante conoscere l'ambiente in cui vivevano e cacciavano questi uomini. La calotta cranica umana, in particolare, è stata ritrovata nella “formazione di Alat”, un complesso di sedimenti lacustri e deltizi.

Con le macrofaune (che ove presenti sono sostanzialmente facili da vedere e spesso anche da raccogliere) si possono ottenere molte informazioni (coccodrilli e ippopotami ad esempio sono animali acquatici per definizione e i coccodrilli in particolare ci dicono che siamo in un clima molto caldo). Se però si volesse comprendere meglio le caratteristiche dell'ambiente in cui i nostri progenitori si muovevano, sarebbe interessante definire quanto umida potesse essere la zona, e la maggior parte delle informazioni utili a determinare un quadro più particolareggiato possono essere rivelate solo da faune più piccole, da forme di vita adattate ad ambienti molto particolari.

Così i ricercatori del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Firenze e del museo nazionale eritreo hanno provveduto a colmare questa lacuna con alcune spedizioni fra il 2010 e il 2011, i cui reperti sono esposti al Museo stesso, ad Asmara. I risultati sono stati pubblicati quest'anno sul Journal of Human Evolution,

Esaminando direttamente i materiali scavati e poi passandoli al setaccio, con infinita pazienza sono stati ritrovati resti più o meno ben conservati di pesci (tra i quali un pesce – gatto), rettili (tartarughe, denti e squame di coccodrillo, pitoni), uccelli (pellicani e vari uccelli palustri) e piccoli roditori.
Quindi è stata accertata la presenza di animali che vivevano in vari ambienti: verso le spalle del bacino c'era proprio una savana; scendendo più in basso zone erbose di terraferma si alternavano a paludi; sono stati scoperti e determinati i resti di molti animali tipici di rive fluviali e lacustri, soprattutto di acque chiare e ossigenate, ma anche di uccelli ed altre creature tipiche di aree più secce con copertura erbacea. Un particolare importante: i laghi, sia pure non profondi, erano abbastanza estesi perchè sono stati trovati fossili di forme che vivono lontano dalle rive. L'alternanza di zone paludose e zone più secche è ben dimostrata dalla presenza di forme tipiche di entrambi gli ambienti.

Vediamo pertanto come con l'analisi dei fossili più di questo tipo si è potuto precisando meglio il quadro geologico ricavato dallo studio dei sedimenti e dalle precedenti ricerche sulla macrofauna. Condizioni simili sono condivise da altri siti dell'Afar in cui sono stati ritrovati fossili e utensili dello stesso periodo. Buia è per adesso, comunque, il più settentrionale di questi.

Riferimenti bibliografici:
Abbate et al, 2004 Geology of the Homo-bearing Pleistocene Dandiero Basin (Buia region, Eritrean Danakil depression) Rivista Italiana di Paleontologia e Stratigrafia, vol.110 pp. 5-34
Fiore et al, 2004: Taphonomic analysis of the late Early Pleistocene bone remains from Buia. Rivista Italiana di Paleontologia e Stratigrafia, vol.110, pp. 89-97.
Rook et al, 2013 Stratigraphic context and paleoenvironmental significance of minor taxa (Pisces, Reptilia, Aves, Rodentia) from the late Early Pleistocene paleoanthropological site of Buia (Eritrea)Journal of Human Evolution, January 2013, Vol. 64/1 Pages 83–92

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