mercoledì 28 maggio 2014

Finalmente la parola “Fine” nella complessa questione sull'origine delle tartarughe?


Se c'è un gruppo di animali che si distingue straordinariamente bene da tutti gli altri per una serie di caratteristiche assolutamente particolari, queste sono le tartarughe: altri rettili del passato hanno posseduto delle vere e proprie armature, pensiamo a Ceratopsidi o Ankilosauri, ma sostanzialmente avevano un piano corporeo “normale”. Invece la struttura delle tartarughe è molto diversa, con quella “conchiglia” esterna che incorpora vertebre, costole e talvolta anche il bacino. È logico che, comunque, le tartarughe derivino da rettili dotati di un piano corporeo simile a quello delle lucertole (ovviamente è logico per tutti tranne che per gli antievoluzionisti, ma questo è un caso patologico...). Resta(va) da capire quale.

L'origine delle tartarughe è una questione che è stata molto dibattuta da genetisti e paleontologi. Ricordo che fondamentalmente i rettili si dividono in Anapsidi e Diapsidi, a seconda che abbiano o no finestre temporali (sono aperture nel cranio che servono per ancorare i muscoli masticatori). Gli Anapsidi non ne hanno, mentre i Diapsidi ne hanno due per lato. I Sinapsidi ne hanno una per lato e oggi sono rappresentati dai mammiferi; fra i sinapsidi del passato più noti troviamo i pelicosauri.

Il discorso sulle Tartarughe è un po' più complesso, in quanto sono prive delle finestre temporali, ed era stato naturale inserirle negli Anapsidi ed anzi considerarle gli unici Anapsidi oggi viventi. Per trovarne l'origine e i loro più prossimi parenti fossili “normali” da un punto di vista scheletrico, venivano affiancate ad altri rettili paleozoici considerati Anapsidi, i “Pararettili”, un gruppo caratteristico esistito fino al Triassico.
Tralasciando una serie di finezze varie, si può dire in maniera forse un po' troppo semplificata ma chiara che i Pararettili corrisponderebbero agli Anapsidi e fra questi c'erano 3 gruppi ipotizzabili come possibili parenti stretti delle tartarughe: procolofonidi, pareisauri e un fossile isolato, Eunotosaurus. Caratteristica comune di questi fossili è la presenza di placche ossee o spine, insomma qualcosa che potrebbe essere un inizio del carapace. Però non può essere escluso che si tratti di strutture similari evolutesi separatamente.

Non fosse altro per delle caratteristiche craniche e la vita acquatica, molti Autori hanno spesso indicato come parenti delle tartarughe i Sauropterigi, il clade in cui oggi è raggruppata la stragrande maggioranza dei rettili marini mesozoici (Notosauri, Plesiosauri, Pliosauri e Ittiosauri), tolti i Mosasauri che sostanzialmente erano dei varani acquatici.
E qui cascava l'asino, perché alla fine di una al solito lunga, complessa (e non sempre pacifica) diatriba, i Sauropterigi sono considerati dalla maggioranza degli Autori dei diapsidi. Prima c'è chi li collocava diversamente o fra gli Anapsidi o istituendo il gruppo dei Parapsidi.
Quindi se consideriamo le tartarughe degli anapsidi è una contraddizione considerarli parenti dei Sauropterigi...
 
Poi molti ricercatori hanno dedotto che pure le tartarughe appartenessero ai diapsidi, i quali sono divisi in arcosauri (uccelli, coccodrilli e dinosauri) e lepidosauri (lucertole, serpenti, tuatara e anfisbeni); ovviamente la domanda successiva erano i rapporti di parentela: sostanzialmente gli antenati delle tartarughe si sono separati da quelli di lucertole e serpenti prima che questi si separassero dagli antenati di coccodrilli, dinosauri e uccelli oppure sono usciti più tardi da una di queste due linee?

Per fortuna con le forme di vita viventi, arriva la genetica, che aveva evidenziato dei dati tutti concordi nella collocazione delle tartarughe in mezzo ai diapsidi, ma un po' contrastanti sulla posizione, se fra i lepidosauri o fra gli arcosauri. Proprio in questi giorni è stato dimostrata l'appartenenza delle tartarughe ai Diapsidi, in particolare da Field et al. 2014 Toward consilience in reptile phylogeny: miRNAs support an archosaur, not lepidosaur, affinity for turtles. La figura sottostante è proprio tratta da quel lavoro.



Devo dire (e questa è una impressione personalissima), che la varietà a cui sono arrivati nel Triassico gli arcosauri (dai coccodrilli, ai dinosauri, ai rettili volanti etc etc) è tale che non ci si può stupire se fra loro c'erano anche le tartarughe. Invece dall'altra parte fra i Lepidosauri, insomma, non è che serpenti e lucertole abbiano poi dato molte "variazioni sul tema".

Qui si innesta un problema fondamentale, appunto quello delle finestre temporali, di cui sono portatori questi gruppi e che mancano nelle Nostre. 
In questo disegno del cranio di un diapside "medio" le vediamo evidenziate in marrone. Visto che le tartarughe si sono separate dagli arcosauri dopo la divergenza fra arcosauri e lepidosauri, il principio della massima parsimonia non consente di pensare che strutture come le due finestre temporali si siano formate due volte in modo estremamente similare, negli antenati delle lucertola e, dopo che gli antenati delle tartarughe si sono separati, anche negli antenati di dinosauri e coccodrilli. 
Pertanto pare ovvio che pure gli antenati delle tartarughe dovessero essere dotati di queste finestre e che, durante la successiva evoluzione, queste siano state perse.

La conseguenza fondamentale della introduzione fra i diapsidi delle tartarughe è che non ci sono più anapsidi viventi. Qualcuno oltretutto pensa che gli anapsidi paleozoici non siano un gruppo geneticamente omogeneo e pertanto ne respingono la valenza da un punto di vista classificativo.

La contraddizione sulle relazioni fra tartarughe e sauropterigi continua comunque ad esistere, siccome per molti Autori questi sono più parenti delle lucertole che degli arcosauri. Ovviamente questo dato è ricavato dalla sola paleontologico, in quanto non esistono sauropterigi viventi e quindi niente dati genetici.

Per quanto riguarda chi potrebbe essere il miglior candidato come antenato delle tartarughe fra i fossili del Permiano con un piano corporeo simile a quello delle lucertole, a questo punto vanno esclusi gli anapsidi (e togliendo definitivamente le tartarughe dagli anapsidi ne consegue anche che questo gruppo non ha specie viventi).
Oggi il candidato più accreditato è Eunotosaurus come hanno affermato nel 2013 in Lyson et al., Evolutionary Origin of the Turtle Shell.

Le sue caratteristiche, comparate a studi sull'embriologia delle tartarughe, in particolare sulla sequenza delle formazione del carapace, fanno di Eunotosaurus un possibile antenato (o strettissimo parente) delle tartarughe. Bisogna comunque puntualizzare che ci sono parecchi indizi ma non è ancora cosa certa, perché non è ancora dimostrato che non si possa trattare di convergenza evolutiva. 
In caso affermativo, comunque, anche Eunotosaurus dovrà essere collocato fra i Diapsidi e non fra gli anapsidi. 

martedì 13 maggio 2014

La trasmissione di Report di stasera: un giudizio complessivamente positivo


È un post scritto in fretta a tarda ora e forse scritto così-così, ma lo ritengo necessario dopo una trasmissione come questa. 
Confesso di essermi sbagliato: la trasmissione di Report sui gas-shales e sul petrolio in generale è andata meglio di come pensavo. 
L'inizio mi era piaciuto poco perché chi mi segue sa che la commissione ICHESE ha detto che l'unica circostanza che potrebbe configurare un intervento umano nella attivazione dei terremoti dell'Emilia è quella temporale ma che ci sono diverse circostanze geologiche che la smentiscono. 
La Gabbanelli ha poi glissato sulla differenza fra sismicità indotta ed attivata... ha fatto malissimo ma insomma... lei che sa di non sapere un gran chè di queste cose se l'è cavata meglio di come se la cava la D'Orsogna che invece pensa di essere un fenomeno (e pensano così anche quelli che le danno retta, fra i quali non abbondano i geologi e non solo perché ce ne sono pochi in Italia.... ).
Ma poi la trasmissione si è ampiamente riscattata. Sono stati intervistati solo personaggi competenti, a parte qualche rara eccezione e non è stata data parola alla pletora di incompetenti che vengono di solito intervistati da radio, televisioni e giornali o blaterano approfittando del possesso di una tastiera e di un accesso a internet, studiando alla fèisbuc iunivèrsity o alle consorelle vichipìdia e iutiùb iunivèrsiti. O, peggio ancora, sui siti delle scie chimiche.

LO SGUARDO AGLI USA

Ottimi i servizi dagli USA con immagini e circostanze purtroppo molto reali a partire dalla questione della sismicità, anche se secondo me non è ben passata la questione che il problema proviene non dal fracking ma dalla reiniezione dei liquidi in profondità.... una piccola spiegazione sul flow-back ci poteva stare.
Ottime le animazioni, anche se ovviamente la Halliburton si vanta di quello che fa con dovizia di particolari (a parte i prodotti chimici che impiega, su quelli le conviene stare di molto zitta...). È stata persino indicata la legge con la quale vennero fatti dei regali immensi ai petrolieri: la copertura con segreto industriale dei liquidi che vengono usati, la totale deresponsabilizzazione per i danni a terzi etc etc... Uno sforzo di docuimentazione encomiabile
Quanto ai fenomeni tipo acqua che brucia o maleodorante, è noto che il problema sta tutto nelle camicie dei pozzi, che non sono perfette e quindi fanno passare nel terreno circostante il gas o, peggio, i liquidi usati per il fracking. Ed è stato giustamente sottolineato che queste camicie non sono eterne e anzi più si va in là con il tempo e peggio sarà. Praticamente lasceranno una terra inutilizzabile.. in superfiice e sotto....
E con il passare del tempo per le acque potabili saranno dolori (dolori che da qualche parte sono già arrivati).  
Mi ricordo che quando fu tirata fuori questa storia le compagnie petrolifere dissero che non era colpa loro ma di chi faceva le camicie e che loro non c'entravano niente. Un punto di vista poco credibile... 
A proposito dell'oil – shales si sono dimenticati di dire che siccome il metano costa troppo poco, per adesso quello estratto nel North Dakota assieme al petrolio viene inesorabilmente bruciato. E questo di sicuro non va bene. 

Quanto all'ipotesi che soprattutto a causa dei prezzi troppo bassi ci sia in arrivo una mazzata per le compagnie petrolifere (cosa che tutto sommato non mi dispiacerebbe...) io ho anche un'altra impressione e cioè che il boom sia di durata molto più breve di quello che dicono. Oddio, la mia è una previsione e come disse Niels Bohr è difficile fare delle previsioni, specialmente se riguardano il futuro
Qui entra in ballo un particolare secondario: come viene trasportato il gas estratto? I pronostici sono per un boom delle ferrovie. Premetto che in USA hanno un concetto diverso dal nostro del trasporto merci via ferro: treni con parecchie locomotive (anche 4 o 5) più lenti dei nostri ma molto più pesanti; è una scelta che possono fare perché hanno la trazione diesel: una linea elettrica con tutte quelle locomotive “salterebbe” come salta la corrente a casa se accendiamo contemporaneamente forno, lavastoviglie e lavatrice: insomma si passano i kW ammessi...
Ma cosa c'entrano le ferrovie? C'entrano, c'entrano... posso trasportare il gas o il petrolio in diversi modi. Escludendo la navigazione se non ci sono corsi d'acqua decenti lo posso fare con i camion, con la ferrovia o con oleodotti / gasdotti. Ora, è chiaro che il trasporto mi costerà di più per unità trasportata con il camion, parecchio meno con la ferrovia ma estremamente di meno con un gasdotto. 
Questo è valido se e solo se non ci metto i costi delle infrastrutture: strade e ferrovie ci sono di già (o ne vanno costruite / adeguate in numero e kilometraggio esigui, ma per avere un ritorno economico in caso di costruzione di un gasdotto significa doverlo sfruttare per un tempo molto lungo. 

Siccome al boom della coltivazione di gas – shales non ha corrisposto un boom dei gasdotti, ma c'è stato un forte incremento del traffico ferroviario, il sospetto che non ci sia tutto questo tempo prima dell'esaurimento dei giacimenti non mi pare del tutto “di fuori”. 
Vista così la politica USA è quella di qualcuno che individua un bel guadagno immediato, fregandosene di quello che succederà in futuro, specialmente riguardo ai costi che dovrà sostenere per rimediare ai guai che fa oggi. 

Molto valido anche l'accenno alla voglia di esportare gas da parte dei petrolieri USA, per aumentare il prezzo del gas, come eccellente è la chiave di lettura della crisi ucraina (ne volevo parlare anche io e proprio a quel modo). L'unico “errore” è stato quello di considerare il gas russo come necessario... oggi vale solo il 20% dei nostri consumi e fra qualche anno arriva il gas dell'Azerbaijan per cui saremo ancora meno Russia – dipendenti, anche se il gas estratto da Regno Unito, Olanda e Norvegia è destinato a diminuire. 
Anche l'accenno all'aumento delle riserve di petrolio disponibili è stato interessante, anche se secondo me meritava un minutino in più.

 LA SITUAZIONE ITALIANA

E veniamo all'Italia. È stato giustamente fatto notare che la classe dirigente italiana di idrocarburi in generale e di fracking in particolare non sa niente (sa bene solo che esiste l'ENI, quello sì, visto come la governa...). 
Anzi, l'ENI sarebbe piuttosto lanciata con i gas-shales all'estero. L'ex-presidente ha al solito accennato a queste fantomatiche riserve italiane che – appunto – non ci sono ed è possibile che sia un tentativo di prosperare alle spalle dei gonzi che ci credono.
C'è poi la diatriba fracking -  non fracking.  
A parte la solita sballata questione di Ribolla (buttare un po' d'acqua con del proppante ceramico non è fare fracking, checchè ne pensino la D'Orsogna e qualcun altro), la questione è: in Italia abbiamo gas – shales o no? Ho letto alcuni documenti di qualche decina di anni fa che mi avevano fatto sobbalzare dalla sedia, perché davano una quantità notevole di questa risorsa nel Belpaese.  Alla fine mi sono tranquillizzato proprio stasera, quando ho visto dove dovrebbero essere, nella pianura padana. Ok, è impossibile, almeno nel settore lombardo – emiliano – romagnolo, in quanto la serie stratigrafica è quella della falda toscana, ben conosciuta e priva di rocce del genere. E neanche sulla copertura recente ci sono rocce dure come i gas – shales. Quanto al basamento paleozoico, è metamorfico quindi petrolio niente....

Sicuramente avranno usato da qualche parte prodotti “proppanti” ma questo non è fare fracking...

Finalmente poi è stata illustrata la presenza in Italia di impianti di stoccaggio di gas (c'è chi pensava che quello previsto a Rivara fosse il primo...). Quanti fino a stasera lo sapevano?
E bene ha fatto la trasmissione a far notare come il Ministero neghi l'evidenza e cioè che in alcune aree stoccare in profondità sia sinonimo di sismicità... Giusto oggi è stato confermato ufficialmente il caso spagnolo del progetto Castor (stoccaggio di gas lungo la costa: l'estate scorsa appena iniziano a riempire di gas questo campo petrolifero esaurito si è innescata una crisi da sismicità indotta da manuale).
A questo proposito, diciamo che ogni stoccaggio fa storia a se per cui alcuni possono anche essere sicuri, ma sul fatto che quello di Rivara sia sicuro ho “qualche piccola” perplessità. 

Insomma, devo dire una buona trasmissione, molto, ma molto meglio di quello che mi aspettavo.