Nel 2015 è stata pubblicata AGM2015, la carta del flusso globale di antineutrini sulla superficie terrestre. Si tratta di un documento interessante perché il flusso di antineutrini è correlato con lo spessore crustale ed evidenzia quindi le zone dove questa è più spessa. La carta evidenzia anche le emissioni antropiche di antineutrini, che si collocano chiaramente sulle centrali nucleari.
La carta generale da[2]: si notano gli impianti nucleari in Europa, Stati Uniti e Asia Orientale |
LA TERRA E I NEUTRINI. Le fonti di neutrini rilevate includono i reattori nucleari, il Sole, gli acceleratori di particelle, l'atmosfera, il collasso del nucleo di supernove e, più recentemente, il cosmo. Ma anche la Terra stessa brilla come una debole stella a neutrini, tantochè nel 1966 Gernot Eder (1929-2000), fisico teorico dell'Università tedesca di Gessen, propose l'uso dell'emissione di neutrini (anzi, di geoneutrini) per misurare l'abbondanza di alcuni elementi chimici selezionati [1]. Un confronto con le meteoriti condritiche ha consentito di affermare che i geoneutrini sono prodotti soltanto nella “Terra a silicato” e cioè nel mantello e nella crosta, mentre il nucleo non ha una sufficiente concentrazione di elementi che producono geoneutrini durante le reazioni di fissione. Il flusso di geoneutrino è quindi prodotto dal decadimento di radioisotopi presenti nel mantello e, soprattutto, nella crosta, dove si sono accumulati negli ultimi 4 miliardi di anni, perché quando il mantello si fonde parzialmente questi elementi entrano preferenzialmente nei fusi magmatici; i principali sono Uranio 238 e 235, Torio 232, Potassio 40, Rubidio 87, Cadmio 113, Indio 115, Lantanio 138, Lutezio 176 e Renio 187. 50 anni dopo la proposta di Eder lo sviluppo di rivelatori di antineutrini di nuova generazione ha consentito nel 2015 la produzione della Antineutrino Global Map 2015 (AGM2015) [2], risultato della modellizzazione del flusso di antineutrini attraverso la superficie terrestre sullo spettro energetico da 0 a 11 MeV, insieme a una valutazione degli errori sistematici.
Si misurano gli antineutrini perché la metodologia usata riesce a misurare solo loro e non le altre particelle della famiglia. AGM2015 modella la Terra come una nuvola di punti 3D composta da circa 1 milione di punti, considerando però fra gli isotopi neutrinogeni solo Uranio 238 e Torio 232, poiché l’energia cinetica prodotta da tutti gli altri isotopi è considerevolmente al di sotto della soglia di rilevazione di energia, che è di 1,8 MeV. Gli antineutrini che provengono dall'interno del nostro pianeta vincolano i modelli geochimici sulla distribuzione degli elementi radiogenici della Terra.
La carta depurata delle emissioni artificiali delle emissioni di antineutrini di U238 e Th 232 |
EMISSIONI NATURALI E ANTROPICHE DI NEUTRINI. Lasciamo perdere i complicati (per me) calcoli su come è stata fatta questa mappa e vediamo la mappa stessa con alcune considerazioni. Devo solo ricordare che, come italiani, dobbiamo essere orgogliosi perché uno dei siti nodali che hanno permetsso di realizzare questa ricerca è il laboratorio del Gran Sasso, con l'esperimento Borexino. La prima mappa mostra sia le emissioni di neutrini naturali che quelle provocate dall'uomo. Queste ultime sono pesanti e puntuali: provengono chiaramente da centrali nucleari e AGM2015 comprende tutti i reattori "operativi" o "temporaneamente fermi". Nel 2015 molti reattori in Giappone erano offline dopo il disastro di Fukushima: sono classificati in "arresto temporaneo" piuttosto che in "arresto permanente" (di fatto a mano a mano stanno riprendendo la loro attività).
Nella seconda mappa vediamo solo le emissioni naturali e notiamo come la prima caratteristica che balza agli occhi sia l'enorme differenza tra continenti e oceani: la crosta continentale ha quindi una funzione preminente nel flusso di geoneutrini. Nell'Oceano Atlantico e Indiano il valore minimo delle emissioni è allineato con le dorsali medio oceaniche, mentre nel Pacifico del Sud il limite non è così allineato. Probabilmente la distanza dalla crosta continentale è la discriminante principale nella quantità di flusso di neutrini, mentre le diverse età della crosta oceanica non sono importanti.
Carta della profondità della Moho dal progetto CRUST 2.0 [3] |
Nella crosta continentale si evidenzia in primo luogo un forte legame tra flusso di geoneutrini e spessore crustale (visibile in questa mappa del progetto Crust 2.0 [3]; inoltre le emissioni sono maggiori lungo alcuni degli orogeni creati da collisioni continente - continente, come Urali, Alpi - sistema dell'Himalaya dal Mar Mediterraneo alla Cina, e Trans-Huroniano.
La Moho, la discontinuità alla base della crosta, identificata da Andrjia Mohorovičić nel 1910, separa la più leggera crosta continentale e la crosta oceanica basaltica dal più denso mantello superiore, a composizione peridotitica. Poiché la discontinuità di Moho è il limite crosta-mantello, i termini "profondità della Moho" e "spessore crustale" sono sinonimi. Anche se la mappa è a scala molto elevata, è possibile vedere facilmente alcune caratteristiche crustali a scala continentale.
FLUSSO DI GEONEUTRINI E CROSTA CONTINENTALE DELL'EURASIA. Iniziamo dall'Europa, dove il flusso di neutrini mostra una discontinuità proprio dove cambia la profondità della Moho lungo la zona di sutura transeuropea (TESZ), la linea che definisce il limite tra gli orogeni paleozoici e più recenti e il cratone stabile dell'Europa orientale, dove dopo la fine del precambiano è successo davvero poco [4]: le aree soggette nel Paleozoico all’orogenesi varisica e a quella caledoniana hanno una crosta di spessore abbastanza sottile, inferiore a 35 km, perché, in particolare nel Permiano dopo l’orogenesi varisica e nel terziario con la formazione del sistema di fosse del Reno – Rodano, l’area interessata a questa collisione è stata soggetta a forti eventi distensivi. Invece sotto il cratone est europeo lo spessore crustale è in genere superiore ai 45 km.
La crosta più spessa di alcuni recenti orogeni (Alpi, Dinaridi e Carpazi) è caratterizzata da un maggiore flusso di neutrini, mentre negli Appennini e nei Pirenei il basso valore del flusso è compatibile con il non elevato spessore crustale sotto queste montagne. Si nota anche che tra Dinaridi e Carpazi una zona di valore inferiore caratterizza Ungheria ed aree adiacenti: si tratta del bacino pannonico, dove la crosta è molto assottigliata (fino a soli 25 km di spessore).
In AGM2015 Alpi e Dinaridi sono gli estremi occidentali di una cintura ad alto flusso di geoneutrini che dall’Europa Meridionale arriva all’Asia centrale, passando per l'altopiano anatolico e i monti Zagros (dove la Moho è profonda fino a 50 e 65 km) e per il complesso Pamir – Hindu-Kush. La fascia termina con il Tibet, sotto il qualee la crosta può raggiungere i 70-85 km di spessore e il flusso di geoneutrini è ai massimi. Dobbiamo questo spessore particolarmente elevato alle radici profonde dell'intero orogene alpino-himalayano e alle sue caratteristiche litosferiche.
A nord del Tibet, una zona a spessore crustale molto elevato (e alto flusso di neutrini) corrisponde, sotto i monti Altai alla parte centrale del grande Orogene dell'Asia Centrale, grazie al quale nel Paleozoico si è amalgamato il nucleo principale del continente asiatico.
La topografia della Moho in Siberia è piuttosto complessa [5]; in questo caso la bassa densità dei dati del reticolo di AGM2015 la “semplifica” un po': si vedono abbastanza bene gli Urali e la zona rimasta quasi immutata dal Precambriano, dove la profondità della Moho è generalmente compresa tra i 40 e i 45 km, mentre in mezzo il bacino della Siberia occidentale, caratterizzato da crosta un po' più sottile, ha valori di flusso un po' più bassi. Ad est, dai monti Verhojansk in poi, la crosta è molto meno spessa, risultante da una complessa storia geologica paleozoica e mesozoica.
Strutture dell'Eurasia e flusso di geoneutrini |
In Cina l’orogene mesozoico di Dabie, formatosi quando la Cina del Sud si unì a quella settentrionale, nonostante la sua origine da una collisione continentale ha radici poco profonde e nella mappa non è facilmente identificabile; si vede benissimo invece come il flusso di geoneutrini sia in armonia con la divisione fra la sottile crosta sotto la Cina costiera e la spessa crosta della Cina più interna. Il passaggio avviene al limite tra il Tibet orientale e il bacino del Sichuan, dove si ha una caduta di circa 20 km nella profondità di Moho, in corrispondenza del brusco cambiamento di altitudine [6].
L'AFRICA, UN CONTINENTE MATURO. In questo continente non ci sono in corso eventi orogenici tranne nel suo margine NE, dove l'orogene Maghrebino, come la sua continuazione settentrionale, l'Appennino, non produce un significativo ispessimento della crosta e quindi non mostra un particolare aumento del flusso di geoneutrini. La maggior parte dell'Africa è posta sopra una litosfera precambriana, con profondità della Moho normalmente compresa tra 35 e 40 km, anche se possiamo osservare una crosta più sottile nell'Africa equatoriale rispetto al nord e al sud del continente [7]. I massimi spessori crustali, oltre 45 km, che troviamo in una piccola fascia nell'Angola del nord (traccia dell'orogene di Damara, formatosi a cavallo di neoproterozoico e cambriano quando si scontrarono i continenti del Kalahari e del Congo) e nell'estemo sud del continente (la ancora non ben chiarita fascia orogenica del Capo del Permiano), non danno un grande segnale, forse per le loro ridotte dimensioni.
Il flusso di geoneutrini in America Settentrionale e la profondità della Moho da [8] |
AMERICHE, AUSTRALIA E ANTARTIDE. In Nord America la correlazione fra geoneutrini ed eventi orogenici che hanno ispessito la crosta è evidente: le Montagne Rocciose hanno un alto flusso in sintonia con una Moho profonda più di 50 km. Un'altra fascia ad alta emissione caratterizza l'orogene Trans-Hudsoniano: si tratta di un evento tettonico molto vecchio (1.8 miliardi di anni) in cui alcuni piccoli cratone hanno costruito il primo nucleo del continente nordamericano. Anche lungo questo lineamento troviamo più di 40 km di spessore crustale, fino al bordo SW della baia di Hudson. Parallelamente a questo massimo, un'altra fascia di flusso elevato termina sul bordo SE della baia di Hudson: corrisponde al Rift del Lago Superiore (noto anche come Midcontinental rift), che iniziò ad aprirsi dentro Laurentia poco più di un miliardo di anni fa. Sembra strano che una zona di rift abbia una crosta spessa, ma questo aspetto è una conseguenza degli eventi successivi: l'area è stata coinvolta in un evento di compressione e così tutto il sistema di rift si è ristretto, ma anche ispessito; il risultato è una crosta di oltre 45 km di spessore sotto il lago Superiore. Dobbiamo invece notare che il legame tra la profondità di Moho e il flusso di neutrini non è perfetto lungo la costa orientale del Nord America: sembra che il flusso più alto sia posto sotto la catena degli Appalachi, ma questa non è una crosta più spessa che immdiatamente all'interno, perché, come in Cina, la Moho si approfondisce dalla costa verso l'interno.
Le aree dove la crosta è più sottile di 30 km, come la Florida e la California, invece, mostrano un flusso di neutrini molto basso.
Anche l'America Centrale ha una crosta sottile: solo sotto la catena vulcanica lungo la costa pacifica lo spessore supera i 30 km e lungo la costa orientale è inferiore a 25 km.
Per questo motivo il flusso di geoneutrini è basso e aumenta improvvisamente al confine tra la placca caraibica e quella del Sud America, caratterizzata da una crosta più spessa. Come prevedibile, il massimo valore del flusso è posto nell'Altiplano boliviano, in corrispondenza dello spessore massimo della crosta continentale attuale (più di 70 km [9]) se non si considera il Tibet. In qualche modo è visibile una caduta del flusso sul canale di crosta più sottile che si trova immediatamente sotto la Cordigliera. In Brasile, il Minas Gerais corrisponde a un'area di crosta relativamente più spessa (40 km) che fornisce un piccolo segnale di maggiore flusso di geoneutrini. Nel margine meridionale del continente la larghezza minore del continente e lo spessore della crosta che non raggiunge i 40 km sono la chiave per comprendere il basso flusso di geoneutrini, con valori che costituiscono il minimo per un'area continentale di dimensioni "ampie".
Per quanto riguarda l'Australia esiste un'eccellente correlazione tra il flusso di neutrini e le regioni dove la Moho si trova più in profondità [10], poste al centro del continente sotto gli altipiani centrali e sotto le Alpi australiane. La regione di basso flusso geoneutrinico in mezzo a queste aree corrisponde alle pianure interne di bassa quota dei bacini di Eyre e Murray.
In Antartide la situazione è meno chiara, anche se la differenza tra una crosta più sottile (più di 25 km) nell'Antartide occidentale e una crosta più spessa dell'Antartide orientale è rilevabile anche dal flusso di geoneutrini. Ma anche nell'Antartide orientale il continente ha generalmente una crosta sottile, tipicamente inferiore a 40 km, con l'eccezione di due aree che hanno anche una maggiore elevazione: la catena montuosa dell'Antartide orientale nella terra della regina Maud e dalle montagne Gamburtseev, dove lo spessore della crosta può oltrepassare i 50 km. Queste due catene montuose possono rappresentare la sutura di collisione del Gondwana orientale con l'Indo-Antartide e il Gondwana occidentale durante l'orogenesi panafricana [11]. Invece il graben di Lambert, un'area con una crosta molto sottile, è troppo piccolo per essere ben rilevato nella mappa AGM2015. Non capisco, invece, perché la mappa del Neutrino mostra un valore elevato lungo il sistema orientale dell'Antartide: solo nella costa orientale del Mar Rosso c'è una sottile cintura di Moho più profonda.
Quindi, il valore del flusso di neutrini sulla superficie terrestre può essere facilmente correlato allo spessore della crosta continentale, confermando che proviene essenzialmente da elementi che sono più diffusi nella crosta a causa dei processi che fondendo il mantello, li trasportano verso l’alto in quanto passano preferenzialmente nella fase liquida anziché rimanere nel residuo refrattario mantellico.
Bibliografia
[1] Eder (1966) Terrestrial neutrinos. Nuclear Physics. 78, 657–662
[2] Usman et al (2015). AGM2015: Antineutrino Global Map 2015. Sci. Rep. 5, 13945; doi: 10.1038/srep13945
[3] Tenzer et al (2009) A global correlation of the step-wise consolidated crust-stripped gravity field quantities with the topography, bathymetry, and the CRUST 2.0 Moho boundary Contributions to Geophysics and Geodesy Vol. 39/2, 2009 (133–147)
[4] Artemieva e Thybo (2013) UNAseis: A seismic model for Moho and crustal structure in Europe,Greenland, and the North Atlantic region Tectonophysics 609, 97–153
[5] Cherepanova et al (2013) Crustal structure of the Siberian craton and the West Siberian basin: An appraisal of existing seismic data Tectonophysics 609, 154–183
[6] Zhang et al (2010) Seismic signature of the collision between the east Tibetan escape flow and the Sichuan Basin. Earth and Planetary Science Letters 292, 254–264
[7] Tedla et al (2011) A crustal thickness map of Africa derived from a global gravity field model using Euler deconvolution Geophys. J. Int. 187, 1–9
[8] Keller (2013) The Moho of North America: A brief review focused on recent studies Tectonophysics 609, 45–55
[9] Zandt et al 1994 Composition and thickness of the southern Altiplano crust, Bolivia Geology 22, p. 1003-1006
[10] Kennett et al (2011) AusMoho: the variation of Moho depth in Australia Geophys. J. Int. 187, 946–958
[11] An et al (2015), S-velocity model and inferred Moho topography beneath the Antarctic Plate from Rayleigh waves, J. Geophys. Res. Solid Earth, 120, 359–383,