Qualche tempo fa ho scritto un post sulla complessa storia dell’apertura dell’Oceano Indiano, in particolare di quello Occidentale. Oggi parlo invece della parte nordorientale di questo bacino, perché presenta delle caratteristiche molto peculiari dal punto di vista geostorico, sismico e tettonico, caratteristiche evidenziate in particolare dal famoso terremoto dell’11 aprile 2012, il più forte evento trascorrente e intraplacca mai registrato. In particolare, riagganciandomi al post precedente a questo, si nota come anche nell’Oceano Indiano orientale la deformazione è guidata da faglie che arrivano nelle profondità del mantello superiore e quindi è influenzata pesantemente da situazioni strutturali preesistenti.
L'Oceano indiano di NW, con i 3 grandi eventi intraplacca degli ultimi anni |
I TERREMOTI INTRAPLACCA NELL'OCEANO INDIANO ORIENTALE. L’11 Aprile del 2012 un fortissimo terremoto ha interessato l’oceano Indiano a largo delle coste di Sumatra, caratterizzato da una serie di aspetti che hanno fatto parecchio “rumore”:
- l’aumento della sismicità di fondo in tutto il mondo nelle due settimane successive
- la magnitudo di 8.7, un record assoluto per una faglia trascorrente, e un valore che si pensava di non poter neanche raggiungere per un evento di questo meccanismo
- la posizione dell’epicentro, in mezzo all’oceano e lontano dal limite fra la zolla indo - australiana e quella euroasiatica
Insomma, un terremoto piuttosto - come dire - originale....
È stato un evento molto complesso, con 4 rotture di 4 faglie diverse in poco meno di 3 minuti (l’evento è durato in tutto 160 secondi), tutte trascorrenti. All’inizio sembrò una rottura di una faglia orientata NNE-SSW ma la realtà è invece molto più complessa e sembra quasi superare la fantasia di un regista specializzato in film catastrofici [1]:
- la rottura iniziale avvenne a NE su una faglia orientata WNW–ESE che è finita dopo circa circa 50 secondi, lungo un segmento lungo 150 km
- 40 secondi dopo l’inizio dell’evento, e quindi 10 secondi prima della fine della prima rottura, la radiazione sismica comincia ad essere emessa da una faglia perpendicolare alla prima
- a 70 secondi dall’inizio finisce la seconda rottura e ne inizia una terza, parallela a questa, che prosegue fino a 145 secondi dall’inizio
- a quel punto entra in gioco una quarta rottura, su una faglia parallela alla prima, per altri 15 secondi
Due ore dopo un altro forte evento (M 8.2) ha interessato un’area adiacente.
Il terremoto dell’11 aprile 2012 non è stato negli ultimi anni l’unico sisma importante in mezzo all’oceano Indiano orientale lontano dai limiti di zolla riconosciuti: altri 2 eventi piuttosto forti lo hanno interessato di recente:
- il terremoto delle isole Cocos del 18 giugno 2000 (Mw 7.9)
- e, pochi mesi fa, il 2 marzo 2016 un altro evento di M 7.8 ha interessato un’area più o meno a metà strada fra i due eventi precedenti
Carta da [3] con le faglie del bacino di Warthon. Le aree tratteggiate sono quelle in cui troviamo ancora tracce della dorsale oceanica non più attiva |
Anche il terremoto delle isole Cocos è consistito in due sub-eventi con la rottura di due piani di faglia ortogonali fra loro, di cui il maggiore è avvenuto in una vecchia zona di frattura, formatasi quando in questo bacino era attiva la formazione di crosta oceanica [2].
Il terremoto del marzo scorso ha poca bibliografia, perchè è troppo recente. L’USGS riporta un meccanismo trascorrente orientato WNW - ESE, perfettamente in armonia con gli altri due.
Sulle faglie NNE - SSW ci sono ipotesi diverse: per alcuni Autori si tratta di faglie nuove, per altri della ripresa del movimento sui vecchie faglie trasformi.
La spiegazione di questa serie di terremoti in qualche modo anomali sta nella complessità della geologia regionale di quell’area e nel fatto che la zolla indo - australiana non è esattamnte un tutt’uno.
Nel Bacino di Warthon le faglie sono in numero impressionante; lungo alcune di esse troviamo deformazioni nei sedimenti recenti, per cui si sono mosse poco tempo fa o sono ancora in attività, mentre altre presentano deformazioni solo nei sedimenti al di sotto di un certo livello e quindi la loro attività è cessata da tempo.
Le faglie orientate WNW - ENE sono impostate sui segmenti della valle assiale di una vecchia dorsale medio - oceanica che ha formato la crosta a E della dorsale di 90°E: in quest'area l'attività è cessata circa 35 milioni di anni fa e in buona parte questa croista piuttosto giovane è già stata subdotta sotto l’Indonesia. Le vediamo in questa carta da [3], dove ho evidenziato con il reticolo le tracce rimaste della dorsale mediooceanica di Warthon.
E ora attenzione ad un apetto interessante: nell’area la profondità della Moho è poco meno di 10 km e lo spessore crustale è solo di 3.5–4.5 km. Ne segue che, tanto per ritornare nell’argomento del post precedente, anche in questo caso le faglie che vediamo in superficie arrivano molto in profondità, interessando il mantello superiore.
La carta di [5] con la placca del Capricorno e le 3 aree di margine "diffuso" all'interno della placca indo - austrlaiana |
LA STORIA DELL'OCEANO INDIANO ORIENTALE. Già John T. Wilson in un leggendario articolo del 1960 inserì un limite fra la zolla indiana e quella australiana che oggi non appare realistico, ma all’epoca l’espansione dei fondi oceanici era solo predetta e la conoscenza delle caratteristiche della superficie terrestre coperta dal mare erano piuttosto scarse.
Comunque fin dalle prime campagne oceanografiche qualcuno capì che nell’Oceano indiano le cose non tornavano molto, e già nel 1985 fu proposto che la parte indiana e quella australiana della zolla fossero due entità distinte [4], ribadendo, seppure in modo un pò diverso, il pensiero di Wilson. Il problema è che non si trova un limite certo. Venne proposto quello che era impensabile all’inizio della storia della Tettonica delle placche, ma oggi ormai accettato anche altrove: che alle volte il limite fra due zolle non sia netto, ma “diffuso”.
Nella carta che ho messo all’inizio del post si vedono alcune caratteristiche salienti di quest’area:
- la subduzione della litosfera dell’Oceano indiano tra il golfo del Bengala e l’Indonesia fino alle Piccole Isole della Sonda
- la dorsale di 90°E che è la traccia del punto caldo delle Kerguelen, che parte dai basalti di Rahjimahal nell’India orientale. La traccia del movimento della zolla indoaustraliana tra Rahjimahal e le Kerguelen si interrompe all’altezza delle Andamane perchè una parte è andata in subduzione nella fossa sotto questo arcipelago
- i 3 terremoti che ho indicato sopra più la terribile scossa di Sumatra del 2004 e un forte evento pochi giorni prima di quello delle Cocos del 2000
Quest’altra carta qui accanto è del 1998 [5] e individua la placca del Capricorno come una sub-placca di quella Indo - Australiana e 3 aree di “margine di placca diffuso” (DPB) che la circondano, e precisamente:
- una piccola area a W dello Sri - Lanka che accomoda una estensione
- una grande area a S delle Chagos, anche questa accomodante una estensione
- un’area ancora più grande a NE che invece accomoda una compressione
130 Milioni di anni fa, quindi nel Cretaceo inferiore, iniziò l'attività della dorsale indiana di SE e il blocco formato da Australia e Antartide si separò da quello formato da India e aree associate (Seychelles, Sri Lanka, Madagascar, Laxmi ridge). Questa separazione è avvenuta poco dopo (o durante) le fasi inziali della attività del plateau delle Kerguelen ed è parzialmente ancora oggi visibile nel bacino di Warthon.
Nel Terziario inferiore tre principali avvenimenti interessano l’area:
- lo scontro fra India ed Eurasia
- la separazione fra Australia e Antartide
- la cessazione della formazione di crosta oceanica nel bacino di Warthon circa 35 milioni di anni fa
In particolare la fine dell’espansione del bacino di Wathon sancisce l’unione della placca indiana con quella australiana. In queste due carte, tratte da [6], si nota la situazione prima e dopo la cessazione dell’espansione nel bacino di Warthon.
LA PLACCA INDOAUSTRALIANA È UNA PLACCA UNICA O NO? Le cose non finiscono qui e, soprattutto, la domanda è se la zolla indoaustraliana possa ancora essere considerata un elemento unico (e se lo è stato davvero negli ultimi 35 milioni di anni)
LA PLACCA INDOAUSTRALIANA È UNA PLACCA UNICA O NO? Le cose non finiscono qui e, soprattutto, la domanda è se la zolla indoaustraliana possa ancora essere considerata un elemento unico (e se lo è stato davvero negli ultimi 35 milioni di anni)
Innanzitutto tutta l’area intorno ai due lati della dorsale di 90°E è sottoposta a compressione, ma le condizioni sono molto diverse [7]
- ad Ovest la deformazione forma dei sovrascorrimenti con delle faglie orientate E-W (ben visibili nel Golfo del Bengala, dove questa situazione è iniziata circa 8 milioni di anni fa) e la compressione è praticamente in direzione N-S
- ad Est, e quindi a sud dell’Indonesia, la direzione massima dello sforzo è ruotata rispetto all’altra parte, in direzione NW-SE e usa per quello le vecchie zone di frattura nate durante la formazione della crosta oceanica del bacino di Warthon
In buona sostanza è ormai accettata l’esistenza della subplacca del Capricorno, che occupa la parte SW della placca indoaustraliana tra la dorsale dell’Indiano centrale e quella di 90°E, lungo la quale c’è il margine diffuso con la zolla australiana.
Da ultimo mi si coinsenta una osservazione: nella carta del bacino di Warthon si vede come i segmenti della vecchia dorsale sono molto corti quanto sempre più lontani fra loro avvicinandosi alla Dorsale dei 90°E. Insomma, il rigetto di queste faglie trasformi è enorme rispetto alle lunghezze dell'asse della dorsale, al punto tale che se si guarda solo la carta dell'età degli oceani la dorsale sembra avere un orientamento N-S anzichè E-W: siccome siamo accanto alla zona di debolezza rappresentatata dalla dorsale di 90°E sono portato a pensare che queste faglie trasformi siano state riprese come faglie trascorrenti che assorbono la diversa velocità della parte indiana della placca indo - australiana rispetto a quella che si trova a sud dell'Indonesia
[1] Yuo et al (2012) En echelon and orthogonal fault ruptures of the 11 April 2012 great intraplate earthquakes Nature 490. 245 - 249
[2] Robinson et al (2001) Simultaneous Rupture Along Two Conjugate Planes of the Wharton Basin Earthquake Science 292, 1145 - 1148
[3]J acob et al (2014) Revisiting the structure, age, and evolution of the Wharton Basin to better understand subduction under Indonesia Journal of Geophysuical Research: Solid Earth 119, 169–190
[4] Wiens et al (1985) A diffuse plate boundary model for Indian Ocean Tectonics Geophysical Research letters 12, 429 - 432
[5] Gordon et al (1998), Evidence for long-term diffuse deformation of the lithosphere of the equatorial Indian Ocean: Nature, v. 395, p. 370– 374
[6] Muller et al (2016) Ocean Basin Evolution and Global-Scale Plate Reorganization Events Since Pangea Breakup Annu. Rev. Earth Planet. Sci. 44, 107–38
[7]Qin e Singh (2015) Seismic evidence of a two-layer lithospheric deformation in the Indian Ocean Nature Communications DOI 10.1038/ncomms9298