L'articolo pubblicato su Science a proposito dell'ultimo interessantissimo reperto di Homo erectus trovato a Dmanisi, in Georgia, al di là della sua importanza nel quadro della paleoantropologia, rinfocola le solite beghe sulla quantità di specie umane esistite negli ultimi 2 milioni di anni. Trovo questa discussione poco attraente, poco scientifica, assolutamente inutile e facilmente governabile da pregiudizi ideologici. Soprattutto sono dell'opinione che con tutto quello che c'è da trovare e da studiare, la questione delle varie specie sia una perdita di tempo, come per esempio la discussione sul fatto che i neandertaliani siano una specie diversa da noi o no e decine di altri esempi del genere. Quindi voglio tratteggiare un attimo il perchè la penso così,
Recentemente
è balzato alle cronache anche nei giornali generalisti la notizia
dello studio pubblicato sulla rivista Science pochi giorni fa da un gruppo
internazionale capitanato dal georgiano David Lordkipanidze: A complete Skull from Dmanisi,
Georgia and the Evolutionary Biology
of Early Homo.
In
questo eccellente studio viene esaminato un cranio appartenente a Homo erectus,
uno dei più antichi (o forse il più antico) reperti trovati in
Europa, nel famoso sito di Dmanisi, che documenta una presenza umana
fuori dall'Africa già poco meno di 2 milioni di anni fa, anche con la presenza di utensili del modo "olduvaiano".
Il
cervello è piccolo, 546 c.c., ma la cosa interessante è che mostra
somiglianze con i reperti di Homo fossili contemporanei africani.
Ma ecco il punto dolente: la vasta diversità morfologica degli altri reperti
di Dmanisi (in alcuni lavori denominati Homo georgicus) proverebbe che le popolazioni dell'epoca
mostravano una certa vastità di morfologie e le somiglianze con i
reperti africani della stessa epoca hanno portato gli Autori a
scrivere che la
conseguenza di tale scoperta sarebbe enorme: è possibile che diversi
fossili precedentemente assegnati a diverse specie di Homo
potrebbero
in realtà essere solo varianti della stessa specie. In particolare,
secondo quanto sostengono gli autori dello studio, H.
erectus,
H.
ergaster,
H.
rudolfensis e
H.
georgicus (e
forse anche H.
abilis)
potrebbero non essere specie a sé stanti. Ad uscire dall'Africa fu
dunque una sola specie con un'elevata variabilità interna oppure un
cespuglio di specie che si differenziarono in tempi brevi e andarono
ad occupare piccole aree dell'Eurasia?
LA DISCUSSIONE: UNA SPECIE UMANA IN OGNI TEMPO O VARIE SPECIE CONTEMPORANEE?
Si
rianima quindi il
dibattito su
questa annosa questione, cioè specie unica o “cespuglio” con
varie specie.
Ricordo che
secondo alcuni il percorso dell'Umanità ha visto istante per istante
la presenza di una sola specie
o se c'è stata una evoluzione “a cespuglio”, con la presenza
contemporanea di più specie che
si
sono estinte quasi
tutte, tranne quelle che appartengono alla linea arrivata oggi ad
Homo sapiens. A
dimostrazione dell'inutilità delle discussioni a cui ho fatto
riferimento nell'introduzione, linko questo articolo su Pikaia, uno dei
siti italiani che apprezzo maggiormente, dall'ironico e arguto titolo "la Terra è rotonda" in cui è palesemente dimostrato come, oltretutto, queste discussioni servono solo ad ingenerare (più o meno volontariamente) confusione in chi non ha ben chiaro cosa sia una specie, e permettere di concludere che gli scienziati siano in confusione a proposito delle origini umane. Punto di vista che si sa a chi serve e perchè, a partire da De Mattei e RadioMaria....
Comincio
a dire che dal
mio punto di vista questa somiglianza non è poi una cosa così
clamorosa, perchè se questi erectus rappresentano degli stadi
iniziali della prima uscita dall'Africa potevano benissimo essere non tanto
diversi dai loro cugini rimasti laggiù.
Ma
il succo è un altro: messa come è messa, la discussione che è
seguita all'articolo ci dice che le cose continuano evidentemente ad
andare avanti su questo aspetto meramente tassonomico (di
classificazione) e perdono il filo di quella che sarebbe, almeno per
me, la logica.
Ora,
a parte che ancora un concetto di specie non è molto chiaro (e
spesso in natura i confini fra due popolazioni e due specie sono
molto vaghi), quello che più mi fa specie (perdonatemi il gioco di
parole) sono queste considerazioni sulle tante specie (o linee) che
occupano lo spazio tra le prime Australopitecine e Homo sapiens.
MENTE UMANA DISCONTINUA E CLASSIFICAZIONE DEGLI ESSERI VIVENTI
A
soccorrere il mio punto di vista sulla ridicolezza della questione
cito come teste nientemeno che Richard Dawkins, sulla autorevolezza
del quale – "gene egoista" a parte, secondo i “gusti” di ognuno –
immagino che nell'ambiente scientifico pochi abbiano a dire qualcosa,
Ne
“Il racconto dell'Antenato” Dawkins se la prendeva con la “mente
discontinua” umana, quella che viene da lontano, dall'iperuranio
delle idee di Platone, che classifica le cose rigidamente.
Mi
spiego: se in una strada il limite di velocità è 50 km/h è ovvio
che se vado a 49 km/h sono nel giusto. Suggerendo che il limite sia
stato messo per questioni di sicurezza e non per consentire a una
macchinetta di multare automobilisti, se vado a 51 commetto una
infrazione e sono pericoloso.
Ora,
2 km/h di differenza non fanno certo una differenza nel pericolo a
priori.... magari in una notte di pioggia con asfalto scivoloso sarebbero troppi anche 30 km/h,
mentre in una assolata giornata con strada asciutta anche a 70 la
sicurezza è assicurata.
Però,
è questo il punto, occorre stabilire un limite, una velocità di
sicurezza convenzionale, che poi per una serie di motivi diventa legale.
Idem dicasi per pedofilia e maggiore età: considerazioni morali a parte, legalmente è pedofilia se, indipendentemente dal sesso maschile o femminile, una persona adulta (poniamo quarantenne) fa attività sessuale con un individio il giorno prima che quest'ultimo compia 18 anni, mentre è perfettamente legale due giorni dopo.
La
stessa cosa avviene con la classificazione zoologica.
La classificazione linneiana fornisce uno
straordinario sistema per assegnare alle varie forme di vita il posto
che compete loro. Come fece notare un missionario italiano che
esplorò la giungla della Cina meridionale, i cinesi conoscevano
benissimo tutti gli animali e tutte le piante della foresta, ma
mancando una classificazione logica di questo tipo non riuscivano a
collegarle fra loro.
Linneo
era anche un creazionista (e non poteva essere altrimenti visto il
tempo), e per le conoscenze del tempo fece un lavoro straordinario,
compreso istituire i “Primati” senza che all'epoca delle scimmie
antropomorfe si sapesse qualcosa oltre le dicerie e qualche rarissima
testimonianza (e non è che questo collegamente sia piacuto al tempo... c'è chi lo contesta anche oggi...)
Con
una posizione del genere è evidente che era
assolutamente legittimo ed ovvio questo sistema “discontinuo”
Però quella classificazione ad albero di Linneo "discontinua ma quindi non troppo discontinua" è stata
fondamentale per la Storia Naturale, per arrivare alla (logica) conclusione rappresentata
dalle teorie evolutive (teoria in senso non di mera ipotesi, ma di corpus
di idee ed informazioni inquadrato in una visione coerente, mi
raccomando!).
Un approccio evolutivo alla classificazione degli
esseri viventi è stato operato con la cladistica atttraverso la sostituzione
dell'anello mancante con quella dell'antenato comune (il “contenato”
di Dawkins).
Da
notare che anche gli antievoluzionisti accettano in parte
l'evoluzione tirando fuori una delle loro solite fantasie, i
baramini, cioè forme ancestrali create da Dio (a livello credo di
“ordine” o di “famiglia”, chissà perchè ridare dignità a
definizioni ormai tutte assorbite nei “cladi”) che si sarebbero
differenziate per “degenerazione del DNA). Per chi volesse scrissi
un post al proprosito.
PERCHÈ CLASSIFICARE DIVERSAMENTE I VARI FOSSILI
Una
prima considerazione su Homo e dintorni è che le tante
classificazioni che abbiamo si reggono solo sulla scarsezza di
fossili. Se ne avessimo 100 volte tanti (e ben distribuiti nel tempo
invece di mostrare ampie lacune come quella tra gli austalopitechi
“classici” e Australopitecus sediba, si vedrebbero talmente tante
forme intermedie che per stabilire un limite occorrerebbe usare delle
convenzioni. Ricordo quella di Sir Arthur Keith, che mise un limite
di 750 c.c. come valore inferiore della capacità cranica per essere
Homo, ma che, alla fine, è molto convenzionale: per esempio ad un
certo punto fiu spostato a 650 c.c. perchè alcuni habilis altrimento
non erano più Homo (noto inoltre come per molti paleantropologi
Homo habilis sia ancora una australopitecina, nonostante il nome).. E con questo limite neanche il cranio di Dmanisi apparterrebbe a Homo!
Insomma,
usiamo le varie denominazioni come se riflettessero una realtà
discontinua, ma alla fine molti studiosi (e, più modestamente anche
il sottoscritto) sostengono che l'arcipelago di denominazioni sia
solo una finzione per motivi pratici, anche perchè non è che una
mamma Australopithecus ha partorito un figlio Homo... Queste varie
classificazioni servono, ovviamente, perchè indicano in qualche modo
“a che punto siamo” nell'evoluzione umanae e quindi basterebbe
utilizzarli come “denominazioni tassonomiche informali”, come
disse già qualcuno.
Mi
spiego: avere davanti un reperto attribuibile a Homo
heidelbergensis, al di là delle diatribe sul fatto se sia una
specie diversa da H. ergaster, colloca chiaramente tale reperto nel
tempo, nello spazio e nella posizione nella genia umana..
E
invece questi motivi pratici scatenano lotte feroci su denominazioni,
ipotesi se neanderthalensis e sapiens siano due specie diverse etc etc.
Tutto tempo sprecato inutilmente, secondo me e che può essere usato
meglio....
Una
dimostrazione pratica è quella di Australopithecus sediba. Sono
fossili che vanno a colmare sia pure in maniera marginale una
importante lacuna nella documentazione fossile e hanno certe
caratteristiche da Australopitecine e altre da Homo: sono
ragionevolmente sicuro che gli Autori avessero descritto la specie
come Homo sediba ma in sede di referazione sia stato loro imposto di
cambiare la classificazione (il potere è dei Referi, giustamente!).
UNA CLASSIFICAZIONE "DINAMICA": SPECIE AD ANELLO E CRONOSPECIE
Ora (finalmente) arriviamo al nocciolo della questione: in
buona sostanza, è nota la presenza delle “specie ad anello”,
nelle quali una popolazione ancestrale si è divisa in varie le
popolazioni che vivono in zone contigue e nelle quali individui di
specie diverse ma che vivono al confine fra le due zone di
distribuzione si accoppiano, quelli più lontani no. In futuro diventeranno sicuramente specie diverse, oggi sono a metà del guado. Sempre Dawkins
fa una ottima dimostrazione di questo con le salamandre del genere
Estatina, diffuse nelle alture che circondano la Central Valley della California:
da una popolazione ancestrale arrivata in tempi non lontanissimi si
sono differenziate delle popolazioni che mostrano differenze notevoli
e che talvolta si comportano come specie differenti, talvolta no.
Andando
nel tempo esiste la stessa figura, la Cronospecie. Ad esempio
potrebbe essere vero che un Homo sapiens odierno potrebbe accoppiarsi
con una femmina di erectus di 1 milione di anni fa, la quale a sua volta
potrebbe accoppiarsi con un maschio di habilis. Ma un sapiens e una habilis non
potrebbero farlo.
DA AUSTRALOPITECINE A HOMO SAPIENS: UNA SOLA CRONOSPECIE?
È
ovvio che questa visione non contrasta con la visione del
“cespuglio”, perchè è evidente che ci sono state delle
popolazioni che alla fine si sono estinte, non lasciando discendenti
diretti, compe per esempio i Parantropi.
Quindi,
lasciando al di fuori fossili come Sahelanthropus tchadensis o
Orrorin tugenensis, la cui interpretazione è poco chiara, a me
parrebbe più logico considerare tutto il resto di questo popò di
forme all'interno di un'unica specie, che so... Homo stanteambulans
“uomo che cammina in piedi”… infischiandosene della presenza o non di "specie" diverse e considerare tutte la la varia
nomenclatura appunto come “denominazioni tassonomiche informali” che
rappresentano popolazioni di caratteristiche via via diverse e sono
molto di aiuto per classificare i vari reperti (e, soprattutto, sono
di aiuto per chi non avendoli studiati in dettaglio, che ne capisce
appunto la collocazione nello spazio – tempo).
Così
anche le possibili ibridazioni fra neanderthalensis e sapiens (e la
questione, non secondaria, dei demisoviani e della persistenza di
alcuni loro geni di una popolazione asiatica particolare in Nuova Guinea e
dintorni) perdono forse di “clamore” ma consentono di vedere i
dati genetici con un approccio meno dogmatico e più realistico,
diventando semplicemente scambi fra popolazioni diverse della stessa
specie che si erano separate per l'isolamento, diversificandosi in alcuni aspetti morfologici, strutturali, comportamentali e manufatturieri e che si sono in seguito reincontrate con relativi scambi genici.