giovedì 31 ottobre 2013

Da Australopithecus a Homo: dell'inutilità della discussione sul numero di specie umane che sono esistite


L'articolo pubblicato su Science a proposito dell'ultimo interessantissimo reperto di Homo erectus trovato a Dmanisi, in Georgia, al di là della sua importanza nel quadro della paleoantropologia, rinfocola le solite beghe sulla quantità di specie umane esistite negli ultimi 2 milioni di anni. Trovo questa discussione poco attraente, poco scientifica, assolutamente inutile e facilmente governabile da pregiudizi ideologici. Soprattutto sono dell'opinione che con tutto quello che c'è da trovare e da studiare, la questione delle varie specie sia una perdita di tempo, come per esempio la discussione sul fatto che i neandertaliani siano una specie diversa da noi o no e decine di altri esempi del genere. Quindi voglio tratteggiare un attimo il perchè la penso così,

Recentemente è balzato alle cronache anche nei giornali generalisti la notizia dello studio pubblicato sulla rivista Science pochi giorni fa da un gruppo internazionale capitanato dal georgiano David Lordkipanidze: A complete Skull from Dmanisi, Georgia and the Evolutionary Biology of Early Homo.
In questo eccellente studio viene esaminato un cranio appartenente a Homo erectus, uno dei più antichi (o forse il più antico) reperti trovati in Europa, nel famoso sito di Dmanisi, che documenta una presenza umana fuori dall'Africa già poco meno di 2 milioni di anni fa, anche con la presenza di utensili del modo "olduvaiano".
Il cervello è piccolo, 546 c.c., ma la cosa interessante è che mostra somiglianze con i reperti di Homo fossili contemporanei africani. 
Ma ecco il punto dolente: la vasta diversità morfologica degli altri reperti di Dmanisi (in alcuni lavori denominati Homo georgicus) proverebbe che le popolazioni dell'epoca mostravano una certa vastità di morfologie e le somiglianze con i reperti africani della stessa epoca hanno portato gli Autori a scrivere che la conseguenza di tale scoperta sarebbe enorme: è possibile che diversi fossili precedentemente assegnati a diverse specie di Homo potrebbero in realtà essere solo varianti della stessa specie. In particolare, secondo quanto sostengono gli autori dello studio, H. erectus, H. ergaster, H. rudolfensis e H. georgicus (e forse anche H. abilis) potrebbero non essere specie a sé stanti. Ad uscire dall'Africa fu dunque una sola specie con un'elevata variabilità interna oppure un cespuglio di specie che si differenziarono in tempi brevi e andarono ad occupare piccole aree dell'Eurasia?

LA DISCUSSIONE: UNA SPECIE UMANA IN OGNI TEMPO O VARIE SPECIE CONTEMPORANEE? 

Si rianima quindi il dibattito su questa annosa questione, cioè specie unica o “cespuglio” con varie specie. Ricordo che secondo alcuni il percorso dell'Umanità ha visto istante per istante la presenza di una sola specie o se c'è stata una evoluzione “a cespuglio”, con la presenza contemporanea di più specie che si sono estinte quasi tutte, tranne quelle che appartengono alla linea arrivata oggi ad Homo sapiens. A dimostrazione dell'inutilità delle discussioni a cui ho fatto riferimento nell'introduzione, linko questo articolo su Pikaia, uno dei siti italiani che apprezzo maggiormente, dall'ironico e arguto titolo "la Terra è rotonda" in cui  è palesemente dimostrato come, oltretutto, queste discussioni servono solo ad ingenerare (più o meno volontariamente) confusione in chi non ha ben chiaro cosa sia una specie, e permettere di concludere che gli scienziati siano in confusione a proposito delle origini umane. Punto di vista che si sa a chi serve e perchè, a partire da De Mattei e RadioMaria....

Comincio a dire che dal mio punto di vista questa somiglianza non è poi una cosa così clamorosa, perchè se questi erectus rappresentano degli stadi iniziali della prima uscita dall'Africa potevano benissimo essere non tanto diversi dai loro cugini rimasti laggiù.

Ma il succo è un altro: messa come è messa, la discussione che è seguita all'articolo ci dice che le cose continuano evidentemente ad andare avanti su questo aspetto meramente tassonomico (di classificazione) e perdono il filo di quella che sarebbe, almeno per me, la logica.
Ora, a parte che ancora un concetto di specie non è molto chiaro (e spesso in natura i confini fra due popolazioni e due specie sono molto vaghi), quello che più mi fa specie (perdonatemi il gioco di parole) sono queste considerazioni sulle tante specie (o linee) che occupano lo spazio tra le prime Australopitecine e Homo sapiens.

MENTE UMANA DISCONTINUA E CLASSIFICAZIONE DEGLI ESSERI VIVENTI

A soccorrere il mio punto di vista sulla ridicolezza della questione cito come teste nientemeno che Richard Dawkins, sulla autorevolezza del quale – "gene egoista" a parte, secondo i “gusti” di ognuno – immagino che nell'ambiente scientifico pochi abbiano a dire qualcosa,
Ne “Il racconto dell'Antenato” Dawkins se la prendeva con la “mente discontinua” umana, quella che viene da lontano, dall'iperuranio delle idee di Platone, che classifica le cose rigidamente. 
 
Mi spiego: se in una strada il limite di velocità è 50 km/h è ovvio che se vado a 49 km/h sono nel giusto. Suggerendo che il limite sia stato messo per questioni di sicurezza e non per consentire a una macchinetta di multare automobilisti, se vado a 51 commetto una infrazione e sono pericoloso.
Ora, 2 km/h di differenza non fanno certo una differenza nel pericolo a priori.... magari in una notte di pioggia con asfalto scivoloso sarebbero troppi anche 30 km/h, mentre in una assolata giornata con strada asciutta anche a 70 la sicurezza è assicurata.
Però, è questo il punto, occorre stabilire un limite, una velocità di sicurezza convenzionale, che poi per una serie di motivi diventa legale. 

Idem dicasi per pedofilia e maggiore età: considerazioni morali a parte, legalmente è pedofilia se, indipendentemente dal sesso maschile o femminile, una persona adulta (poniamo quarantenne) fa attività sessuale con un individio il giorno prima che quest'ultimo compia 18 anni, mentre è perfettamente legale due giorni dopo.

La stessa cosa avviene con la classificazione zoologica.
La classificazione linneiana fornisce uno straordinario sistema per assegnare alle varie forme di vita il posto che compete loro. Come fece notare un missionario italiano che esplorò la giungla della Cina meridionale, i cinesi conoscevano benissimo tutti gli animali e tutte le piante della foresta, ma mancando una classificazione logica di questo tipo non riuscivano a collegarle fra loro.
Linneo era anche un creazionista (e non poteva essere altrimenti visto il tempo), e per le conoscenze del tempo fece un lavoro straordinario, compreso istituire i “Primati” senza che all'epoca delle scimmie antropomorfe si sapesse qualcosa oltre le dicerie e qualche rarissima testimonianza (e non è che questo collegamente sia piacuto al tempo... c'è chi lo contesta anche oggi...)

Con una posizione del genere è evidente che era assolutamente legittimo ed ovvio questo sistema “discontinuo”
Però quella classificazione ad albero di Linneo "discontinua ma quindi non troppo discontinua" è stata fondamentale per la Storia Naturale, per arrivare alla (logica) conclusione rappresentata dalle teorie evolutive (teoria in senso non di mera ipotesi, ma di corpus di idee ed informazioni inquadrato in una visione coerente, mi raccomando!). 
Un approccio evolutivo alla classificazione degli esseri viventi è stato operato con la cladistica atttraverso la sostituzione dell'anello mancante con quella dell'antenato comune (il “contenato” di Dawkins).

Da notare che anche gli antievoluzionisti accettano in parte l'evoluzione tirando fuori una delle loro solite fantasie, i baramini, cioè forme ancestrali create da Dio (a livello credo di “ordine” o di “famiglia”, chissà perchè ridare dignità a definizioni ormai tutte assorbite nei “cladi”) che si sarebbero differenziate per “degenerazione del DNA). Per chi volesse scrissi un post al proprosito.

PERCHÈ CLASSIFICARE DIVERSAMENTE I VARI FOSSILI

Una prima considerazione su Homo e dintorni è che le tante classificazioni che abbiamo si reggono solo sulla scarsezza di fossili. Se ne avessimo 100 volte tanti (e ben distribuiti nel tempo invece di mostrare ampie lacune come quella tra gli austalopitechi “classici” e Australopitecus sediba, si vedrebbero talmente tante forme intermedie che per stabilire un limite occorrerebbe usare delle convenzioni. Ricordo quella di Sir Arthur Keith, che mise un limite di 750 c.c. come valore inferiore della capacità cranica per essere Homo, ma che, alla fine, è molto convenzionale: per esempio ad un certo punto fiu spostato a 650 c.c. perchè alcuni habilis altrimento non erano più Homo (noto inoltre come per molti paleantropologi Homo habilis sia ancora una australopitecina, nonostante il nome).. E con questo limite neanche il cranio di Dmanisi apparterrebbe a Homo!

Insomma, usiamo le varie denominazioni come se riflettessero una realtà discontinua, ma alla fine molti studiosi (e, più modestamente anche il sottoscritto) sostengono che l'arcipelago di denominazioni sia solo una finzione per motivi pratici, anche perchè non è che una mamma Australopithecus ha partorito un figlio Homo... Queste varie classificazioni servono, ovviamente, perchè indicano in qualche modo “a che punto siamo” nell'evoluzione umanae e quindi basterebbe utilizzarli come “denominazioni tassonomiche informali”, come disse già qualcuno.

Mi spiego: avere davanti un reperto attribuibile a Homo heidelbergensis, al di là delle diatribe sul fatto se sia una specie diversa da H. ergaster, colloca chiaramente tale reperto nel tempo, nello spazio e nella posizione nella genia umana..
E invece questi motivi pratici scatenano lotte feroci su denominazioni, ipotesi se neanderthalensis e sapiens siano due specie diverse etc etc. Tutto tempo sprecato inutilmente, secondo me e che può essere usato meglio....
Una dimostrazione pratica è quella di Australopithecus sediba. Sono fossili che vanno a colmare sia pure in maniera marginale una importante lacuna nella documentazione fossile e hanno certe caratteristiche da Australopitecine e altre da Homo: sono ragionevolmente sicuro che gli Autori avessero descritto la specie come Homo sediba ma in sede di referazione sia stato loro imposto di cambiare la classificazione (il potere è dei Referi, giustamente!).

UNA CLASSIFICAZIONE "DINAMICA": SPECIE AD ANELLO E CRONOSPECIE

Ora (finalmente) arriviamo al nocciolo della questione: in buona sostanza, è nota la presenza delle “specie ad anello”, nelle quali una popolazione ancestrale si è divisa in varie le popolazioni che vivono in zone contigue e nelle quali individui di specie diverse ma che vivono al confine fra le due zone di distribuzione si accoppiano, quelli più lontani no. In futuro diventeranno sicuramente specie diverse, oggi sono a metà del guado. Sempre Dawkins fa una ottima dimostrazione di questo con le salamandre del genere Estatina, diffuse nelle alture che circondano la Central Valley della California: da una popolazione ancestrale arrivata in tempi non lontanissimi si sono differenziate delle popolazioni che mostrano differenze notevoli e che talvolta si comportano come specie differenti, talvolta no. 
 
Andando nel tempo esiste la stessa figura, la Cronospecie. Ad esempio potrebbe essere vero che un Homo sapiens odierno potrebbe accoppiarsi con una femmina di erectus di 1 milione di anni fa, la quale a sua volta potrebbe accoppiarsi con un maschio di habilis. Ma un sapiens e una habilis non potrebbero farlo.

DA AUSTRALOPITECINE A HOMO SAPIENS: UNA SOLA CRONOSPECIE?

È ovvio che questa visione non contrasta con la visione del “cespuglio”, perchè è evidente che ci sono state delle popolazioni che alla fine si sono estinte, non lasciando discendenti diretti, compe per esempio i Parantropi.

Quindi, lasciando al di fuori fossili come Sahelanthropus tchadensis o Orrorin tugenensis, la cui interpretazione è poco chiara, a me parrebbe più logico considerare tutto il resto di questo popò di forme all'interno di un'unica specie, che so... Homo stanteambulansuomo che cammina in piedi”… infischiandosene della presenza o non di "specie" diverse e considerare tutte la la varia nomenclatura appunto come “denominazioni tassonomiche informali” che rappresentano popolazioni di caratteristiche via via diverse e sono molto di aiuto per classificare i vari reperti (e, soprattutto, sono di aiuto per chi non avendoli studiati in dettaglio, che ne capisce appunto la collocazione nello spazio – tempo).

Così anche le possibili ibridazioni fra neanderthalensis e sapiens (e la questione, non secondaria, dei demisoviani e della persistenza di alcuni loro geni di una popolazione asiatica particolare in Nuova Guinea e dintorni) perdono forse di “clamore” ma consentono di vedere i dati genetici con un approccio meno dogmatico e più realistico, diventando semplicemente scambi fra popolazioni diverse della stessa specie che si erano separate per l'isolamento, diversificandosi in alcuni aspetti morfologici, strutturali, comportamentali e manufatturieri e che si sono in seguito reincontrate con relativi scambi genici.

1 commento:

Alfa ha detto...

La mia impressione è che il moltiplicarsi di specie diverse sia da collegarsi (anche) alla necessità di attirare l'attenzione dei media e quindi, dei possibili finanziatori.

Magari mi sbaglierò e sono inutilmente sospettoso, ma alla luce dei taroccamenti in cui si parla in ambito scientifico...

Comunque la tua idea mi sembra molto sensata.