Cavallerizzo è una piccola frazione del comune di Cerzeto in provincia di Cosenza; la storia delle sue frane merita una certa attenzione, essendo un esempio di quello che non si dovrebbe fare per un corretto uso del territorio e per la mitigazione dei danni da dissesto idrogeologico. Nel 2005, a seguito di una frana che ha coinvolto l'abitato la Protezione Civile ha formato una commissione per capire cosa fare: la commissione ha concluso che il rischio idrogeologico e sismico sono parecchio elevati e sulla base di questo il Dipartimento della Protezione Civile e l'amministrazione locale hanno deciso che l'abitato avrebbe dovuto essere delocalizzato. Fu ricostruito in luogo sicuro ma alcuni abitanti hanno fatto ricorso e il Consiglio di Stato ha dato loro ragione.
Morale: la legge italiana quindi ha deciso che va demolito un paese costruito in maniera (si spera) corretta, e in un luogo idoneo e che un abitato in condizoni geologiche pazzesche, può continuare ad esistere.
CAVALLERIZZO DI CERZETO:
UNA GEOLOGIA “DIFFICILE” FRA FRANE E PERICOLOSITÀ SISMICA
Il borgo fu fondato nel XV secolo, alla pari del capoluogo comunale Cerzeto: si tratta di profughi albanesi che arrivarono nell'Italia Meridionale per sfuggire alla conquista dei Balcani da parte dell'Impero Ottomano, e a cui fu concesso di fondare diverse comunità sparse fra Sicilia, Calabria e Campania.
Una cosa interessante è che tutte le aree concesse in quel periodo ai profughi balcanici erano sostanzialmente piuttosto disagiate (altrimenti sarebbero state già occupate...) e per i più vari motivi nessuno ci era andato ad abitare.
Cavallerizzo non fa eccezione: geologicamente è veramente un concentrato di sfortuna.
1. Il versante su cui poggia il paese è soggetto ad una “deformazione gravitativa profonda di versante”. Traduciamo dal geologhese all'italiano: Cavallerizzo è costruito su di un blocco la cui base, profonda, è separata da quanto sta ancora più sotto da superficie di debolezza lungo la quale il blocco si muove. Le deformazioni profonde sono il tipo più subdolo di frane: si osservano preferibilmente solo con foto aeree o da satellite che consentono di documentare mediante vari sistemi (interferometria, GPS etc etc) gli spostamenti e le deformazioni superficiali del terreno. La zona dove eventualmente il contatto viene a giorno può essere contrassegnata da una linea di sorgenti. Ed è un fenomeno praticamente sconosciuto al grande pubblico.
Ok – direte – la zona è particolarmente sensibile. Però c'è dell'altro:
2. ben 3 (tre) frane interessano l'abitato, che ha una lunga storia in proposito. Una di queste si è mossa il 7 maggio 2005
3. A questo si aggiungono, tanto per gradire, qualità scadenti dal punto di vista geotecnico del substrato sul quale è stata costruita Cavallerizzo: una falda acquifera molto superficiale e un suolo particolarmente debole.
4. . Ma c'è di più... in un “crescendo rossiniano” decisamente sconfortante: guardiamo gli aspetti geofisici:
- Cavallerizzo, come si vede da questa immagine presa da un lavoro di Carlo Tansi del CNR di Cosenza, è situato proprio lungo il sistema di faglie che delimita il bordo occidentale della valle del Crati, una struttura tettonica tanto evidente quanto attiva: ci sono depositi quaternari dislocati e in epoca storica ci sono stati episodi con una intensità compresa tra i gradi VIII e IX MCS. In particolare nello specifico la faglia San Fili – Cerzeto – San Marco Argentano, può dare accelerazioni di picco nell'area del borgo di circa 0,48 g (quasi 5 metri al secondo per secondo). Per confronto l'accelerazione in Emilia, in un'area con costruzioni e suolo dalle caratteristiche decisamente migliori, è stata di 0,3 g:
- tra i due blocchi contrapposti della faglia c'è una zona milonitizzata (in termini umani: completamente sminuzzata dall'attrito lungo la faglia) larga 30 metri, che in caso di terremoto ha il non confortante vizio di frenare la velocità delle onde sismiche e quindi di aumentarne l'ampiezza.
Detto in soldoni, Cavallerizzo è la tipica zona potenzialmente soggetta ad amplificazione delle onde sismiche, una classica situazione da cui si dovrebbe stare alla larga.
- e per finire, tanto per gradire, la falda acquifera potrebbe provocare in caso di sisma ampi fenomeni di liquefazione del terreno e c'è il rischio molto reale che un eventuale sisma inneschi un rapido movimento delle tre frane che interessano l'abitato.
Un accanimento della geologia nei confronti di un borgo abitato come questo difficilmente si può vedere altrove... E con i valori attesi di accelerazione cosismica, il tipo di suolo, le modalità di costruzione degli edifici, ci sono forti dubbi che in caso di scossa del genere il paese resti in piedi, .
LA FRANA E LA COMMISSIONE DI STUDIO DEL PROBLEMA:
IL PAESE VA DELOCALIZZATO
La frana del 2005 minacciò il crollo di una buona parte del paese: vennero danneggiati 124 edifici (altri 183 non subiscono danni) ed evacuati 329 abitanti su 581. Fu ovviamente dichiarato lo stato di emergenza e la Protezione Civile, prendendo in mano la situazione, decise di avviare una serie di studi allo scopo di valutare la pericolosità e il rischio residuo nel centro abitato con una campagna di indagine in vari ambiti:
- un rilevamento geologico e geomorfologico di dettaglio
- una campagna di monitoraggio degli spostamenti sia da terra che usufruendo dei dati satellitari
- analisi per valutare la risposta del terreno in caso di terremoti
I monitoraggi da satellite grazie alla digitalizzazione, permettono di notare qualsiasi spostamento del terreno a partire da quando l'area è stata soggetta a regolari osservazioni dallo spazio. Sono quindi sempre utilissimi in caso di frane, perchè è possibile vedere anche la storia pregressa dei movimenti, almeno fino da quando sono disponibili le immagini di un certo tipo, quindi almeno dagli anni '90.
L'analisi dei dati satellitari ha evidenziato che tutto il centro abitato è in movimento. Tra il 1999 e il 2005 la velocità era di circa 1 cm/anno, velocità che tra il 2003 e il 2005 è aumentata notevolmente fino a raggiungere in alcuni punti i 3,5 centimetri all'anno (quindi negli anni prima della frana!). Il movimento ha poi rallentato ma, insomma, siamo sempre a livelli che in alcuni punti eccedono i 2,5 cm/anno.
Il movimento è verso sud – est e quindi perfettamente coerente con la dinamica delle frane e della deformazione gravitativa profonda.
Queste indagini sono durate parecchi anni e nel 2010 il risultato ha permesso solo di emettere questa prognosi infausta, come si legge sul sito del DPC: sulla base del complesso dei dati raccolti e delle osservazioni geologiche e geomorfologiche di campagna è stato dimostrato che l'abitato di Cavallerizzo è interessato per tutta la sua estensione da tre frane coalescenti, che a loro volta s'impostano su una deformazione gravitativa profonda di versante.
Si ritiene che le condizioni di rischio siano estremamente elevate, per cui la rilocalizzazione dell'intero abitato in zona sicura è la migliore soluzione per garantire alla popolazione un adeguato livello di sicurezza sostenibile a lungo termine.
La relazione trovò anche un'area idonea alla rilocalizzazione del paese: l'area stabile di Pianette, dove le condizioni geologiche e morfologiche consentono la costruzione della new town senza rischi di frana o alluvione, pertinenze e infrastrutture comprese; Pianette è anche ad una distanza maggiore dalla faglia e le accelerazioni previste in caso di terremoto sono inferiori a quelle che possono sopportare edifici costruiti in maniera corretta.
Inoltre Pianette è a distanza e altitudine compatibile con le esigenze espresse degli abitanti di Cavallerizzo per una loro delocalizzazione.
Viene deciso quindi di costruire la città nuova in quella località, con il Comune di Cerzeto perfettamente d'accodo.
Annoto che questa sarebbe “alta” protezione civile, cercare di prevenire danni a cose e persone prima che accadano dei disastri. In questo caso i rischi sono di due tipi: rischio sismico perchè in caso di movimento della struttura sismica la risposta del suolo sarebbe drammaticamente elevata e idrogeologico perchè le frane continueranno a fare quello che fanno, specialmente durante fasi prolungate di pioggia.
MA A CAVALLERIZZO NON TUTTI SONO D'ACCORDO
I primi alloggi vengono consegnati nel febbraio 2011. Ma a Cavallerizzo non tutti gli abitanti sono soddisfatti: c'è una forte resistenza alla delocalizzazione e nasce l'Associazione “Cavallerizzo Vive”, con la finalità di ottenere la possibilità di abitare nuovamente le nostre case e ritrovarci nelle nostre piazze, nei nostri vicoli, come risultato di una aggregazione di forze raggiunta per mezzo di un'opera di informazione corretta e completa.
Da un punto di vista emotivo li capisco, non è facile lasciare la casa che magari appartiene alla famiglia da parecchie generazioni, non c'è niente da dire.
E ciò probabilmente vale ancora di più in una comunità appartenente ad una minoranza etnico – linguistica, per natura attaccata in maniera particolare al proprio territorio.
Ma, come ho già detto altre volte, in Italia occorrerebbe delocalizzare tanti agglomerati urbani, non solo questo, e senza guardare in faccia a nessuno.
Il bello è che questa associazione non si configura come il solito covo di gente in lotta contro la “scienza cattiva” come i noti casi Stamina e Giuliani, ma si avvale di osservazioni di alcuni geologi. Il sito dell'associazione contiene un documento scritto da un giornalista che si è occupato del problema, Luigi Guido. Nel 2009 dà una spiegazione completamente diversa del fenomeno. Il documento comincia riportando che la prima cartografia delle frane risale al Seicento, da quando cioè vi è “traccia di documenti che testimoniano di frane avvenute più volte nel corso dei secoli”.
Questo dovrebbe già far pensare che questa frana fa parte della normale storia locale.
Invece no: il documento considera come colpevole della frana del 2005 l'errata gestione del territorio negli ultimi decenni ed in particolare la costruzione di un acquedotto e altre opere che hanno avuto il risultato di dirottare sempre più acqua nella falda sotto il paese. In particolare considera colpevole di questo specifico evento l'acqua fuoriuscita dalle tubazioni dell'acquedotto che poi in parte crollerà anch'esso il 7 maggio 2005.
Non conosco nello specifico il caso ma visto che siamo in Italia che negli ultimi decenni sia stata fatta da quelle parti una errata politica di sfruttamento del territorio è quantomeno possibile (se non probabile o certo...).
Qui il documento contiene una prima contraddizione: se le frane sono avvenute più volte, anche prima delle modifiche moderne, il paese è lo stesso sottoposto a gravi rischi naturali dal punto di vista idrogeologico, ammesso e non concesso che questo ultimo evento abbia origini antropiche.
Ma soprattutto, e questo è molto grave, asserisce che: è da tre anni (quindi dal 2006, ndr) che ogni anfratto è monitorato da sonde “super tecnologiche” che non registrano un solo micromillimetro di spostamento. Questa è una posizione palesemente errata che non sta né in cielo né in terra... mi tocca notare anche un intento canzonatorio sui mezzi impiegati per i rilevamenti, appellati come sonde super tecnologiche. Mezzi che, appunto, hanno dato risultati completamente diversi da quelli che sono asseriti dal giornalista.
La almeno parziale buona fede di Luigi Guido sta in una perizia geologica allegata agli atti, da parte di due professori dell'Università della Calabria, Antonino e Fabio Ietto, che contestano sia la precisione dei dati satellitari (probabilmente per non conoscenza delle questioni, non essendo esperti di frane), sia l'importanza della deformazione gravitativa profonda di versante sia dal punto di vista teorico che pratico. Inoltre si basano quasi esclusivamente sulla cartografia geologica esistente e non – per esempio – su prove in situ. In pratica scrivono un esercizio teorico a tavolino, non certo un lavoro sul campo. I giudici hanno dato retta a questa perizia pur essendo palesemente lacunosa e sotto molti aspetti errata nei metodi e nei risultati. A proposito, indicano che il sito di Pianette presenta gli stessi problemi quando dati e rilevamenti riconoscono esattamente il contrario.
In ogni caso la perizia in questione non fa il minimo riferimento sul rischio sismico. Invece, purtroppo, in caso di scossa di un certo livello è purtroppo facile pensare che Cavallerizzo farebbe la fine di Onna. È interessante notare come l'associazione Cavallerizzo Vive, nell'accogliere questa perizia non agisce proprio secondo lo statuto che vorrebbe una “opera di informazione corretta e completa”, ma accoglie una perizia di fatto non corretta, incompleta e fondamentalmente sbagliata.
Ovviamente nel sito di Cavallerizzo Vive si evidenzia la pubblicità del film della Dandini sul “terremoto annunciato” dell'Aquila. Immagino che abbiano brindato alla comunicazione della sentenza sulla commissione grandi rischi.
AVVISO AI LETTORI PRIMA DI PROSEGUIRE: sul sito di "Cavallerizzo vive" c'è anche una ampia documentazione sul malaffare incentrato sulla Protezione Civile nella ricostruzione di Cavallerizzo e non solo. A questo proposito voglio puntualizzare a chi legge quanto segue:
- non sta a me commentare né l'estetica del nuovo paese (che mi dicono sia bruttino) nè la gestione delle emergenze o cosiddette tali degli ultimi anni nella parte che ha attirato la “curiosità professionale” della magistratura, delle forze dell'ordine e del giornalismo d'inchiesta
- io mi occupo di Scienza e non di Diritto e se ho commentato (come farò adesso) qualche sentenza della Magistratura è stato perchè si è occupata in malo modo di questioni scientifiche.
- senza entrare in aspetti non scientifici, sui quali non mi sento di parlare per ovvie questioni di competenza, mi sento in dovere di segnalare che anche in questo caso sembra che ci siano stati i “soliti metodi” tipici del malcostume utilizzati per la stragrande maggioranza delle opere pubbliche italiane, che nello specifico riguardano il filone della Protezione Civile ed i lavori più o meno urgenti che sono passati come emergenza.
- faccio altresì notare che in questo caso l'urgenza c'era davvero e se non è successo ancora nient'altro nel paese vecchio lo si deve alla fortuna (o alla mancanza di sfortuna.... dipende dai punti di vista) e alla lentezza a scala umana dei fenomeni geologici.
LA QUERELLE GIUDIZIARIA SUL PAESE NUOVO
Fattostà che nel paese degli azzeccagarbugli e della miriade di leggi, disposizioni, ordinanze etc etc un sistema per appellarsi contro un qualcosa si trova sempre e così hanno fatto quelli di Cavallerizzo, che hanno esposto una lunga serie di eccezioni. Hanno infatti constatato che per la costruzione del paese nuovo non era stata eseguita la Valutazione di impatto ambientale (la famosa VIA): questo perchè essendo stato proclamato lo stato di calamità naturale non sembrava necessaria questa procedura.
Nella sentenza datata 3 marzo 2010 del TAR del Lazio si da ragione alla perizia geologica degli Ietto, segnatamente quando affermano (abbiamo visto erroneamente!!) che la località Pianette presenta gli stessi rischi e pericoli, se non maggiori, di Cavallerizzo. In ogni caso il TAR rileva che per un progetto del genere la dichiarazione dello stato di calamità naturale è necessaria ma non sufficiente per adottare provvedimenti senza il VIA se non c'è un ”pericolo immediato non altrimenti eliminabile”, cose che il verbale della conferenza dei servizi del 31 luglio 2007 non evidenzia.
Per questo tale verbale viene annullato, costringendo a fare una nuova riunione per adottare una VIA. È una sentenza strana perchè contestualmente dichiara irricevibile l'opposizione alla Ordinanza del Presidente del consiglio dei Ministri che impone la delocalizzaizone di Cavallerizzo. Cioè, secondo il TAR del Lazio, Cavallerizzo va spostata ma la procedura è lacunosa.
La Protezione Civile non ci sta e promuove un ricorso al Consiglio di Stato, il quale dà torto al TAR del Lazio, annullandone la sentenza. Mi chiedo se non sarebbe stato meglio, anche da un punto di vista di comunicazione istituzionale, accontentare la richiesta del TAR del Lazio.
Comunque se non l'avesse fatto il DPC, un ricorso l'avrebbero fatto gli abitanti, che a loro volta non ci stanno e questo porta ad una nuova pronuncia su richiesta di Cavallerizzo Vive. Alla fine, il 13 dicembre 2013 il Consiglio di Stato dà definitamente ragione alla associazione “Cavallerizzo vive”: ci voleva la VIA.
I soliti giornali ridono facendo notare che la Protezione Civile ha costruito un “villaggio abusivo”. Cosa che dal punto di vista legale secondo il consiglio di Stato è vera... L'Associazione “Cavallerizzo vive” ride anch'essa.
Mentre il paese, senza una minima prevenzione del rischio sismico in una zona fra le più pericolose del Paese, continua a muoversi verso valle, aspettando un nuovo episodio franoso.
Irresponsabilità totale.
A cui forse seguirà che Cavallerizzo Vive chiederà i fondi per rifare qualcosa in paese dopo la prossima frana ...