Il naufragio della Costa Concordia ha un aspetto sconosciuto al grande pubblico: la sicurezza delle carte nautiche. Spesso (anzi, quasi sempre) le carte nautiche in generale, indipendentemente dal fatto che lo scoglio nelle acque del Giglio contro cui si è squarciata la grande nave da crociera era ben segnalato dalla carta in uso
, hanno una precisione minore di quella dei nuovi metodi di rilevamento basati sul GPS e ricavare una posizione su una carta a scala più grande rispetto a quella consentita dal metodo che si sta usando comporta dei problemi molto gravi: provate con un normale GPS a vedere dove siete su un atlante geografico: chiaramente non riuscirete ad essere precisi. Ma la questione ha un risvolto particolarmente sconcertante e drammatico: non c'è questa percezione nella maggior parte di coloro che per lavoro o per divertimento, frequentano i nostri mari con imbarcazioni più o meno grandi. Le soluzioni al problema possono essere varie: rifare tutte le carte con una precisione simile a quella fornita dagli strumenti GPS, inserire nelle carte il loro grado di affidabilità e, nel frattempo, istituire una formazione urgente rivolta agli addetti ai lavori per renderli consapevoli della affidabilità delle carte stanno utilizzando. Ne parlai subito dopo l'incidente con il Prof. Luciano Surace, che conosco da tanti anni e presento velocemente: sicuramente una “persona informata sui fatti”, essendo oggi Presidente della ASITA, la
Federazione Italiana delle Associazioni Scientifiche per le Informazioni Territoriali e Ambientali, dopo aver ricoperto fino al 2010 la carica di Professore ordinario di Geodesia e Astronomia geodetica presso l’Istituto Idrografico della Marina; inoltre è stato fino al 2011 primo Vice-Presidente dell’International Board for Standard of Competence for Hydrographic Surveyors and Nautical Cartographers
della “International Idrographic Organization”. Il prof. Surace su questo tema ha scritto una lettera aperta ai Ministri dell'Ambiente, della Difesa e della Ricerca Scientifica, che mi ha inviato per conoscenza e che quindi pubblico integralmente con grande piacere.
LETTERA APERTA
Al Ministro dell’Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare, Dott.Corrado Clini
Al Ministro della Difesa, Amm.Giampaolo Di Paola
Al Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Prof. Francesco Profumo
Onorevoli Ministri,
quando si saranno spenti i sinistri bagliori che illuminano, davanti agli increduli abitanti del pianeta, la tragedia della Costa Concordia, quando i media avranno allentato la morsa che sta calamitando l’attenzione del mondo sull’Isola del Giglio e, metaforicamente, sul naufragio del nostro sistema Paese, spero che, tra le tante, difficili e pesanti incombenze che dovete affrontare, vogliate intraprendere il cammino di una non emotiva valutazione di quanto accaduto. Una valutazione tesa non solo e non tanto ad individuare quali e quanti eroi buoni si possano contare e osannare, separandoli da quelli cattivi e inaffidabili e confinando così nella sfera delle responsabilità individuali colpe imprevedibili o quasi (così come imprevedibili o quasi sono i comportamenti dei singoli), ma tesa anche a ricercare eventuali responsabilità di sistema, sicuramente più curabili con strategie di lungo periodo e di maggiore affidabilità
Ove riteneste ciò degno di essere fatto, mi sembrerebbe utile e opportuno che ci interrogassimo tutti sulla qualità, l’efficienza e l’efficacia dei percorsi formativi di preparazione a carriere così delicate, sulla qualità, l’efficienza e l’efficacia dei metodi di selezione per l’accesso a quelle carriere, sulla qualità, l’efficienza e l’efficacia dei processi di controllo periodico delle capacità e delle competenze di chi opera, sulla qualità, l’efficienza e l’efficacia degli organismi deputati alla produzione e alla diffusione delle informazioni usate dai naviganti, e infine sulle risorse destinate a garantire qualità, efficienza ed efficacia al sistema
È da anni oggetto di approfonditi dibattiti scientifici a livello internazionale il fatto che molti utenti di carte nautiche non hanno alcuna idea sul grado di incertezza delle informazioni presenti sulle carte che usano. Questa carenza porta a inappropriate decisioni inerenti la condotta della navigazione, a collisioni e naufragi e, talvolta, a perdita di vite umane e a devastanti disastri per l’ecosistema, come recenti eventi hanno dimostrato in tante parti del mondo
Nel settembre 2003 la nave Gordon Reid, della Guardia Costiera canadese, naufragò usando una carta con informazioni incomplete sulla affidabilità dei dati. La carta non indicava che, per l’area dell’incidente, i dati si basavano su rilievi del 1923 condotti con sestante e scandaglio a filo con interdistanza tra le linee di scandagliamento pari a circa 400 m, quindi con rilevanti porzioni di fondo non esplorate. Un’indagine successiva scoprì altri 10 ostacoli non rilevati, di cui 3 a profondità minore di 10 m e quindi pericolosi per la navigazione di superficie.
Nei decenni passati i metodi di posizionamento usati per i rilievi idrografici erano molto più accurati dei mezzi a disposizione dei naviganti che usavano le carte. Dunque questi erano addestrati a stare in sicurezza tenendo conto dell’ampio margine di errore dovuto alla loro modesta capacità di auto-posizionamento; le imprecisioni intrinseche nelle carte nautiche potevano essere tranquillamente trascurate nella stima degli errori complessivi della navigazione.
Oggi, quasi tutti i naviganti usano il GPS, spesso con le correzioni differenziali che ne aumentano significativamente l’accuratezza. Tutto ciò consente una precisione nella definizione della rotta ben più elevata di quella disponibile al tempo dei rilievi idrografici realizzati per la costruzione di molte delle carte nautiche disponibili in giro per il mondo.
Il processo decisionale nella condotta della navigazione è stato profondamente alterato dall’elevata accuratezza del GPS. Alcuni naviganti sono portati superficialmente a pianificare rotte che evitano di stretta misura i pericoli segnalati sulle carte, perché ritengono che il GPS consentirà loro di seguire accuratamente la rotta pianificata. Questo approccio dei decisori non tiene in alcun conto le incertezze di localizzazione e di profondità degli ostacoli che essi hanno pianificato di evitare e abbatte i margini di sicurezza riducendo pericolosamente le distanze da quegli ostacoli.
Troppo spesso tale irresponsabile fiducia acritica nella tecnologia, unita alla superficiale presunzione che un’area è sicura anche in assenza di corrette informazioni, solo perché tante volte si è sperimentato un passaggio senza conseguenze, conduce a tragedie evitabili.
Gli idrografi non sono più protetti dalla storica superiorità dei loro strumenti di posizionamento rispetto a quelli dei naviganti. L’era digitale ha portato alla luce la carenza di adeguate informazioni e di risorse sufficienti per rispondere alle esigenze di più rigorosi metodi di controllo di qualità e di più chiare informazioni sull’attendibilità dei dati ricavabili dalle carte, sia tradizionali che elettroniche. Non pochi hanno argomentato che evidenziare le incertezze potrebbe condurre ad una impressione negativa e a un abbassamento della fiducia nelle istituzioni. È certo un’inaccettabile difesa corporativa!
Tre incertezze fondamentali costituiscono oggi il budget totale dei potenziali errori di navigazione: quelle nel posizionamento degli ostacoli sulle carte, quelle nei valori di profondità indicati e infine l’incompleta copertura (forse il caso più comune), ossia l’incertezza sull’esistenza o meno di un ostacolo non indicato: è stato il caso della nave canadese, divenuto un caso di scuola per chi si occupa di sicurezza della navigazione.
L’Organizzazione Idrografica Internazionale (IHO) ha definito differenti metodi per indicare l’attendibilità dell’informazione ricavabile da una carta nautica. Essi dovrebbero essere riportati sulle carte di carta e mostrare i limiti geografici di ciascun rilievo che ha generato la carta, descrivendone le caratteristiche. Alcuni indicano la data del rilievo (da cui si può ragionevolmente desumere il tipo di strumentazione adottata) e la scala dello stesso (da cui l’utente non sprovveduto può ragionevolmente desumere l’interdistanza tra le linee di scandagliamento e stimare l’ampiezza delle aree prive di informazioni). Altri indicatori offrono una valutazione dell’accuratezza e una guida alla scelta delle aree da preferire per una navigazione più sicura. Nelle carte elettroniche, l’incertezza dovrebbe essere invece indicata con un attributo che definisce le zone di differente affidabilità. Il parametro di classificazione definisce le aree di differente accuratezza e indica quali parti delle carte hanno totale copertura del fondo marino e riportano le profondità di tutti i particolari significativi (classe A1 e A2), quali carte o parti di esse hanno copertura incompleta del fondo e dunque sia da ipotizzare l’esistenza di ostacoli non cartografati (classe B), o anomalie di profondità piccole (classe C) o grandi (classe D) non indicate. Altrettanto chiari sono i criteri di classificazione delle incertezze di posizione e di profondità per ciascuna classe.
Purtroppo un’analisi a scala globale (così come globale è la navigazione) di tali indicazioni, evidenzia che molte carte elettroniche di prima generazione hanno ancora il parametro indicatore di affidabilità U (unknown=sconosciuto). Peggio, sembra esserci il timore che documentare semplicemente un’elevata incertezza delle carte potrebbe abbassare il valore legale del loro uso e quindi talvolta si possono incontrare (per fortuna non è il caso dell’Italia) carte in cui l’incertezza è stata prudentemente mascherata da discutibili informazioni sui rilievi generatori, alterandone l’apparenza per uniformarle ad altre ben migliori carte ufficiali.
La mia lunga esperienza professionale e didattica mi ha fatto purtroppo riscontrare una significativa inadeguatezza dei processi formativi rispetto alle radicali evoluzioni tecniche e scientifiche dei nostri tempi, una complessiva inadeguatezza dei processi di formazione permanente e certificata degli addetti ai lavori e una devastante carenza di risorse destinate alle strutture cui la comunità chiede servizi all’altezza delle sfide imposte dai tempi.
Con assoluta analogia tra il mondo della terraferma e quello del mare, si può documentare che il sistema delle informazioni territoriali e ambientali è profondamente malato. Il mondo del mare, che per la nostra Nazione è non poca cosa, sperimenta poi, a fronte dei rischi se possibile ancor più gravi rispetto al permanente gravissimo rischio idrogeologico che incombe sulla parte emersa della nostra bell’Italia, un’incredibile carenza di risorse.
A fronte del significativo numero di carte nautiche disponibili nel mondo ancora basate su rilievi a “filo” o con ecoscandaglio a singolo fascio, tutti sono convinti che una tale eredità dovrebbe essere sostituita da rilievi moderni di alta qualità, a copertura totale dei fondali e con impiego del GPS per il posizionamento, in luogo del sestante. La povertà di risorse finanziarie, umane e tecnologiche rende l’operazione non completabile, almeno a breve termine.
Una serena analisi dei tempi e dei costi su cui basare qualsiasi progetto, consentirebbe a chiunque di rendersi conto che lo sparuto manipolo di specialisti che la nostra nazione può mettere in campo per un rilievo moderno della fascia costiera (scusate se è poco!), se anche costoro fossero i più bravi del mondo (insostenibile presunzione), impiegherebbe oltre un secolo, a risorse vigenti e programmate, per conseguire lo scopo: il nulla sarebbe forse più dignitoso e più difendibile!
Per fortuna non è solo un problema italiano, altre nazioni con prestigiose tradizioni marinare (Regno Unito, Stati Uniti, Canada e Australia, ad esempio) se lo sono già posto e stanno lavorando a soluzioni percorribili, anche nel campo strategico della formazione, introducendo e potenziando l’educazione alla valutazione delle incertezze, basilare per i costruttori e per i fruitori di informazioni nautiche.
Grazie dell’attenzione
Prof. Luciano Surace