mercoledì 29 aprile 2020

le terme di Vespasiano e i sinkholes di San Vittorino (Rieti)


In Italia ci sono tanti luoghi particolari dove la geologia e la storia si intrecciano. Esaminando la geologia dell'Italia centrale ho notato la presenza di laghi sulfurei vicino a Rieti e allora ho cercato di saperne di più e ho trovato una storia interessante che non conoscevo. La valle del Velino prima che il fiume entri nella conca di Rieti, fra Cittaducale e Castel S. Angelo in epoca imperiale era uno dei centri di vacanza fondamentali, frequentati stabilmente persino da imperatori del calibro di Vespasiano e Tito. L’attrazione principale dell’area sono dei laghetti prodotti da sprofondamenti improvvisi di un’area ristretta (in termini geologici: sinkholes), distribuiti su tutta una piana intermontana con acque dal chimismo particolare. Per formarli hanno concorsi diversi fattori, fra cui l’abbondanza di piogge e la risalita dal profondi di fluidi mineralizzanti. Questi laghi sono stati studiati da diversi punti di vista: storico, naturalistico e geologico e rappresentano una delle tantissime curiosità di un territorio così variegato sotto tutti i punti di vista come quello italiano. 

Le Terme di Vespasiano a San Vittorino
I SINKHOLES DI SAN VITTORINO E LE TERME ROMANE. Tra Rieti e Antrodoco lungo la via Salaria si trova un complesso termale noto come Terme di Vespasiano, dal nome dell’imperatore che aveva una villa in zona, dove vi morì come il suo figlio e successore Tito. Siamo nella piana di San Vittorino, divisa fra i comuni di Cittaducale e Castel S.Angelo. Percorsa dal fiume Velino, questa piana intermontana appenninica ha una forma triangolare ed è delimitata come tutte le altre piane intermontane da faglie subverticali.
La piana di San Vittorino possiede una caratteristica molto particolare che ne ha guidato la storia, in particolare prima e durante l’età romana: la presenza di una serie di depressioni, che in termini tecnici sono definite sinkholes (all’incirca traducibile con buchi di sprofondamento, come i black holes sono i buchi neri). Un sinkhole è una depressione di forma circolare che si è formata per il collasso di una cavità carsica sotterranea (una dolina è un particolare tipo di sinkhole) e in questo momento di queste forme nei 7 km quadrati della piana se ne contano più di 30!
Una percentuale significativa dei sinkholes italiani ospita dei laghi o quantomeno delle pozze. E la piana di San Vittorino non fa eccezione, tutt’altro. Anzi, ospita uno dei più famosi esempi del genere, il lago di Paterno, il più grande sinkhole attivo dell’area. Ha una forma subcircolare (190×150 m) e pareti estremamente pendenti che giungono fino al fondo, piatto e profondo attualmente 54 metri dal piano di campagna. Un classico sinkhole, quindi….

Il lago di Paterno, noto in antichità come lago di Cutilia:
ha la tipica forma di un lago formatosi in un sinkhole
UNA STORIA ANTICA. Questa zona, talmente ricca di acque da ospitare le sorgenti del Peschiera, da cui proviene gran parte dell’acqua che disseta Roma, era nota ben prima di Vespasiano per le sue acque. In particolare il lago di Paterno era un centro di culto importante dei Sabini, dedicato alla dea Vacuna. 
Accanto al lago c’era una città – Acquae Cutilae – la cui fondazione risale probabilmente ai predecessori dei sabini, forse proprio legata a un culto religioso: è possibile che lo sprofondamento che ha formato il lago sia avvenuto davanti a testimoni, ai quali non deve essere stato difficile attribuire il tutto ad un intervento soprannaturale, gettando le basi per la frequentazione religiosa dell’area. La tradizione religiosa poi sarebbe passata ai sabini, insediatisi nell’area in conseguenza di fatti ancora abbastanza sconosciuti collocati tra l’improvviso collasso che pose fine alle grandi civiltà mediterranee alla fine dell’età del bronzo e il IX secolo a.C. e quindi l’evento deve essere collocato nel II millennio a.C..   

Occorre qui fare una puntualizzazione: per lago di Cotilia in età antica non si faceva riferimento a quello che ha questo nome adesso, ma al lago di Paterno. 
Molti riti si svolgevano su un’isola, ritenuta la pancia della dea Vacuna. Dal punto di vista geologico la presenza di un’isola in un lago impostato su un sinkhole è decisamente improbabile; inoltre secondo le cronache quest’isola si muoveva; questi aspetti fanno pensare che in realtà si trattava di un ammasso di tronchi e rami tenuti insieme dal cemento carbonatico di cui le acque del lago sono ricche (idea che mi risulta dovrebbe già aver avuto Seneca). Ovviamente le qualità di queste acque attirarono i romani, che in fatto di terme sono ancora e decisamente un popolo secondo a nessuno. Già Marco Terenzio Varrone (116 – 27 B.C.) considerò quest’area l’Umbilicus Italiae (il centro dell’Italia) ed esisteva un complesso edilizio che arrivò al massimo splendore quando fu utilizzato nella seconda metà del I secolo da due personaggi del calibro degli imperatori Vespasiano e Tito. Insomma Aquae Cutilae era un posto davvero rinomato. 
Ovviamente la frequentazione imperiale è attestata anche da una villa che Vespasiano fece costruire (o restaurare). Secondo alcune fonti Vespasiano addirittura morì per aver voluto fare un tuffo nel lago di Paterno in un momento non troppo caldo. Anche il figlio Tito è morto da quelle parti.

Distribuzione dei sinkholes da Petitta et al (2011)
Le aree più scure corrispondono ai depositi di travertino
LE ACQUE DEI LAGHI DI SAN VITTORINO. Nella valle le rocce calcaree che si osservano nei monti circostanti sono invece coperte da depositi alluvionali dallo spessore massimo di 170 metri (Nisio, 2003). La valle fra Antrodoco e Cotilia è impostata su parte del segmento Olevano – Antrodoco della linea Ancona – Anzio, una delle più importanti linee tettoniche italiane, che ancora ha un ruolo, separando aree dai movimenti leggermente diversi ancora oggi (Farolfi, Piombino e Catani 2019). È un aspetto molto importante come vedremo dopo, esaminando le caratteristiche delle acque dei laghetti, la distribuzione dei quali non è casuale, ma è controllata dalla presenza del prolungamento sotto la piana di alcune delle faglie ben visibili nei fianchi della vallata. 

Questi laghi non hanno immissari (anzi il lago di Paterno addirittura ha un emissario artificiale che ne immette le acque nel Velino), nè si riempiono per le piogge. Tutto ciò dimostra che la loro alimentazione proviene direttamente da sorgenti sotterranee.  
Ma da dove provengono queste acque? 
Le analisi indicano che si tratta di acque meteoriche, che dopo le piogge sono circolate all’interno delle rocce calcaree. Il problema è il contenuto, anomalo per acque del genere, di gas come CO2 and H2S (Annunziatellis et al., 2004), l’origine dei quali è molto interessante. 
Nelle acque del lago di Paterno è stato trovato anche del metano, in cui la composizione isotopica del carbonio è assolutamente tipica della presenza di attività da parte di batteri anaerobici come gli archeobatteri. 
Quindi se il CH4 è di origine organica, CO2 e H2S potrebbero avere la stessa origine? In teoria si, ma non è così, perché i rapporti isotopici del carbonio e dello zolfo di questi ultimi parlano di un’altra storia, essendo invece tipici di gas provenienti dalle profondità della crosta (Tassi et al, 2012). Allora, questi gas sono appunto la spia di qualcosa di diverso, e cioè di fluidi di origine molto profonda che risalgono proprio grazie alla presenza di una linea tettonica importante come la Olevano – Antrodoco. Però se i gas sono tipici di fluidi profondi, la salinità del lago di Paterno è tipica di acque meteoriche, senza un evidente contributo da fluidi provenienti dal basso. 
Ma,  allora, come stanno le cose? Possibile che a San Vittorino risalgono dalle profondità solo dei gas senza la compagnia di acque dalla stessa provenienza? Come disse un noto geologo quasi 40 anni fa “in Geologia tutto è possibile, tranne l’Uomo gravido”, ma una cosa del genere si avvicinerebbe molto a questa ultima eventualità.... Decisamente improbabile, quindi. Allora, dove sono finite queste acque di provenienza profonda? 
Così poco evidenti nella maggior parte dei laghi come quello di Paterno, queste costituiscono invece la componente fondamentale nelle acque dei laghi di alcuni piccoli sinkhole, dove la mineralizzazione è molto più pesante, con un contenuto elevato di una componente sulfurea profonda: sono Paulla bassa, Paulla 3 e le attuali Terme di Cotilia (Petitta et al, 2011). 
Questi 3 sinkholes condividono fra loro una caratteristica importante: si trovano tutte ai lati della valle, quindi molto vicini alle faglie bordiere. In particolare Paulla bassa e Paulla 3 sono situate in riva sinistra del Velino e avendo la stessa identica composizione, rappresentano due emergenze dello stesso acquifero. Diversa la situazione delle terme di Cotilia, in riva destra del Velino e soprattutto più a valle, dove rispetto a Paulla le acque sono caratterizzate da un valore del rapporto fra carbonati e solfati inferiore, da un contenuto maggiore in metalli, e da una temperatura superiore di quasi 3°C. Tutto questo indica a Cotilia una componente profonda che si mescola a quella superficiale molto maggiore rispetto a quanto si evidenzia a Paulla

Il lago delle terme di Cotilia, dalla composizione sulfurea
A San Vittorino ci sono altri indizi di attività idrotermale: i depositi di travertino indicano la presenza di acque ad elevata mineralizzazione e la presenza di emissioni gassose dovute ai gas che acompagnano la risalita dei fluidi profondi (in particolare ma non solo CO2) e che si separano da questi quando arrivano vicino alla superficie (Minissale 2004). 
Questi fluidi spiegano anche il meccanismo di formazione dei sinkholes di San Vittorino, che non sono delle semplici doline di origine carsica: i fluidi di origine profonda più acidi (hanno un pH di circa 6, tanto per dare un’idea di cosa siano) che con il tempo provocano dove passano l’alterazione chimica e l’erosione dei calcari (Caramanna et al., 2008), indebolendone la struttura. 

UNA ATTIVITÀ CHE TUTTORA PERSISTE. I collassi che provocano i sinkhole sono abbastanza frequenti. Ci sono poche notizie in merito nei tempi antichi; il primo sicuramente datato è avvenuto nel 1703, probabilmente in corrispondenza di uno dei forti eventi sismici di quell’anno (un ottimo candidato è il terremoto dell’alto Aterno Mw 6.8 del 2 febbraio); da quell’epoca sono documentati almeno altri 11 collassi. 
È interessante notare come molti sinkholes continuino ad essere attivi dopo la loro formazione, e cioè subiscano ulteriori sprofondamenti. Ad esempio proprio la profondità del lago di Paterno passò da 37.7 a 45.2 metri 15 giorni dopo il terremoto Mw 7.0 di Avezzano del 13 gennaio 1915 e ha subìto un ulteriore abbassamento di altri 12 metri, non connesso ad eventi sismici importanti, negli anni ‘50 del XX secolo. 
La piana di San Vittorino tra Canetra e le Terme di Cotilia rappresenta un luogo affascinante sia dal punto di vista naturale che da quello storico, ma proprio a causa di queste particolarità geologiche è un territorio che va tenuto sotto controllo perché è una zona potenzialmente interessata da nuovi sprofondamenti e quindi da sorvegliare attentamente.

Annunziatellis et al (2004) Studio dei parametri geologici e geochimici per la comprensione dei meccanismi genetici degli sprofondamenti nella piana di S. Vittorino, p. 63-82. In: Proc. Symp. State of the art on the Study of Sinkholes, and the Role of National and Local Authorities in the Management of the Territory, Roma, Italy, 20-21 May 2004. 

Farolfi, Piombino e Catani (2019) Fusion of GNSS and Satellite Radar Interferometry: Determination of 3D Fine-Scale Map of Present-Day Surface Displacements in Italy as Expressions of Geodynamic Processes Remote Sens. 2019, 11, 394; doi:10.3390/rs11040394

Caramanna, Ciotoli e Nisio (2008). A review of natural sinkhole phenomena in Italian plain areas. Natural Hazards 45:145-172. 
Minissale (2004) Origin, transport and discharge of CO2 in Central Italy. Earth-Sci. Rev. 66:89-141. 

Nisio (2003) I fenomeni di sprofondamento: stato delle conoscenze ed alcuni esempi in Italia centrale. Ital. J. Quat. Sci. 16:121-132

Petitta et al (2011) Interaction between deep and shallow groundwater systems in areas af- fected by Quaternary tectonics (Central Italy): a geochemial and isotope approach. Environ. Earth Sci. 63:11-30. 

Tassi et al (2012) Water and dissolved gas geochemistry of the monomictic Paterno sinkhole (central Italy)  J. Limnol., 2012; 71(2): 245-260 DOI: 10.4081/jlimnol.2012.e27
  

domenica 12 aprile 2020

la bufala dei due vulcani a Krakatoa, di cui uno pericoloso e l'altro no


Occorrono alcune precisazioni sulla questione Krakatoa (o Krakatau) perché su vari siti (specialmente quelli meteo acchiappaclick) sono venute fuori cose demenziali.
La prima è che secondo qualcuno Krakatau e Anak Krakatau (letteralmente: il figlio di Krakatau) siano due vulcani diversi e la seconda che il Krakatau non abbia più eruttato dal 1883: questa è una follia pura. Tralasciamo poi le conclusioni di questi assurdi testi... Come pure è una bufala quella dei 15 vulcani in eruzione adesso spacciati per una cosa eccezionale... (ma di questo evito per ora di parlare)


Formazione di una caldera - credit USGS
La prima cosa che mi viene in mente è che chi dice così non abbia la benché minima idea di cosa sia un collasso calderico (quello che è successo il 27 agosto del 1883). Lo ricapitolo: in pratica durante una eruzione per qualche motivo la camera magmaticha che conteneva il magma si svuota e il suo soffitto crolla. Ne segue una esplosione enorme che immette in atmosfera quan grande quantità di ceneri ed altre schifezze che ammorberanno l’atmosfera, in genere per un pèeriodo variabile tra i due e i cinque anni. Le peggiori eruzioni sono capaci di sconvolgere il cima terrestre, come nel 535 EV o nel 1815 (l’anno senza estate). Il risultato sul campo è invece una ampia depressione di forma più o meno ellittica, talvolta circolare, spesso occupata da un lago. In mare ci potranno essere una serie di isolotti formati dai contrafforti più alti del bordo calderico, come si vede nella foto qui sotto che raffigura proprio Krakatau. Estremamente spettacolare la situazione che c’era fino all’eruzione dei mesi scorsi nel vulcano Taal nelle Filippine… una grande caldera riempita da un lago e un'isola con un  nuovo cratere in mezzo a sua volta in parte occupato da un lago (che l’ultima eruzione ha eliminato).
In Italia i laghi del Lazio sono tipici esempi di caldere (ah, a proposito… almeno i colli Albani sono ancora un vulcano attivo sia pure in quiescenza, ed è possibile che questo valga pure per i monti vulsini). 
Alle volte dopo la formazione della caldera si assiste ad una stasi dell’attività, oppure alla sua definitiva conclusione. Ma spesso dentro le caldere si formano diversi nuovi coni. 
Insomma, il concetto secondo il quale la formazione della caldera coincida con la fine dell’attività di un vulcano è sbagliato.  

I bordi della caldera affioranti sopra il livello del mare
a Krakatoa con Anak Krakatau in mezzo 
Come non è automatico il fatto che un vulcano che ha provocato una eruzione devastante si debba sempre comportare così in qualsiasi eruzione. Molti vulcani però hanno intervalli di tempo fra una eruzione e l’altra di migliaia di anni se non di più. Ma in genere non è così e proprio Santorini ne è un esempio: dopo l’eruzione che distrusse l’isola e - presumibilmente - anche la civiltà minoica, l’attività vulcanica è proseguita costruendo una serie di duomi lavici e colate che hanno formato due isole verso il centro della caldera. L’ultime eruzione è avvenuta nel 1950 e nessuno fuori da lì se ne è accorto, se non leggendo eventuali notizie sulla stampa. Inoltre chissà quanti vulcani nei prossimi 20.000 anni esploderanno e magari oggi non hanno una caldera.

Krakatau non fa eccezione. Già nel passato si era esibito in prestazioni "pirotecniche" di cui ora rimangono come tracce solo un pò di tufi nelle zone che circondano lo stretto della Sonda. Dopo la drammatica eruzione del 1883 che causò decine di migliaia di morti per lo tsunami e mesi di tramonti molto particolari in tutto il mondo, colti da molti pittori (il più famoso quadro che li raffigura è l’Urlo di Munch), del vulcano esploso restano sopra il livello del mare solo alcuni piccoli lembi dell’allineamento della caldera (un po' come il Monte Somma che circonda il Vesuvio o i monti che circondano il lago di Bolsena). Il fatto è che nello stretto della Sonda la maggior parte dell’orlo della caldera si trova sotto il livello del mare e quindi quello che emerge non è assolutamente “il vecchio cono” ma solo la parte più alta del bordo della caldera risultante dall’esplosione. Non è quindi un vulcano diverso!
La realtà è che dopo il 1883 l’attività è continuata, fino a quando, come era successo a Santorini, al centro di quei piccoli lembi l’11 giugno 1930 ha fatto capolino dalla superficie del mare il nuovo vulcano, sempre abbastanza attivo, la cui vetta un anno e mezzo fa si ergeva ben al di sopra dei 300 metri dal mare circostante. In buona sostanza, l'affermazione secondo la quale Anak Krakatau sia un vulcano “altro” è una colossale idiozia.

Insomma … se anzichè un’isola si fosse trattato di un vulcano di terraferma nessuno si sarebbe preso la briga di chiamarlo con un nome nuovo quando è riapparso  tra le onde dello stretto della Sonda, tantomeno avrebbe sparato la fesseria galattica secondo la quale se erutta questo non è un problema mentre se erutta “quell’altro” si perché c’è il rischio che esploda.
Ma porc… ma perché gente che non ne sa nulla parla di cose che non sa e non intende? Ah, già… così la gggggente clicca sul link…


sabato 4 aprile 2020

Il terremoto M 6.6 del 31 marzo nell'Idaho


Il Great Basin è una vasta regione che copre gran parte degli Stati Uniti occidentali tra la Sierra Nevada (e quindi la California) e gli altipiani centrali di Wyoming e Colorado. 
È una regione che presenta ampi fenomeni di estensione e magmatismo, con un massimo fra 80 e 20 milioni di anni fa, dopodiché l’attività vulcanica si ridusse. Gli ultimi episodi risalgono comunque ad appena 4 milioni di anni fa, i famosi Crateri Lunari del Nevada, chiamati così perché alla fin fine l'aspetto è veramente "lunare".  
L’estensione è iniziata nel Terziario inferiore circa 45 ,milioni di anni fa), generalmente in direzione est – ovest e continua tuttora a circa 10–15 mm all’anno. Fra le caratteristiche geologiche importanti ci sono un flusso di calore dal sottosuolo piuttosto alto, una crosta con uno spessore  da normale (all’incirca 35 km) a abbastanza sottile (25 km), e decisamente meno spessa rispetto a quanto lo circonda; invece è parecchio sottile la litosfera (meno di 75 km).  


A sud del Great Basin la fascia in estensione continua fino al Messico (il Basin and Range province). Lungo i bordi del Great Basin i terremoti sono piuttosto frequenti, soprattutto lungo la Sierra Nevada ma anche sul fianco orientale (all’interno la sismicità è meno frequente): infatti ci sono stati negli ultimi 50 anni almeno 6 eventi con M superiore a 6,  eventi che comunque, data la proverbiale bassa densità di popolazione, in genere passano sotto silenzio. 

Come sarebbe passato sotto silenzio senza internet il terremoto M 6.6 del 31 marzo 2020, 70 km a W di Challis, Idaho, avvenuto nella Centennial tectonic belt, dove sono prevalenti i meccanismi di faglia trascorrente.
Parliamo quindi un attimo di questo ultimo evento sismico.

A nord del Great Basin la piana del fiume Snake non registra estensione ed è una zona piuttosto particolare, anzi unica, sulla Terra: di forma arcuata, rappresenta la traccia apparente del punto caldo che, dopo aver provocato una delle più recenti Grandi Provincie Magmatiche sulla Terra, i basalti del Columbia River, adesso alimenta il vulcanismo di Yellowstone. Dico “apparente” perchè in realtà è l’America settentrionale che si è mossa e si vede addirittura che nel periodo è ruotata in senso antiorario. 
La crosta sottostante è piuttosto complessa  e comprende diversi corpi magmatici raffreddatisi al sui interno.

A nord della piana del fiume Snake vediamo una serie di dorsali grossolanamente nord – sud, che formano la Centennial Tectonic Belt, un’altra area dove attualmente, come nel Great Basin, la crosta è in estensione e scenario di questo ultimo terremoto. E che l’estensione si attiva lo provano sia la sismicità dell’area, sia le tante faglie con importanti rigetti nel quaternario. Ce ne sono diverse che raggiungono una lunghezza di 150 km. 
Nella Centennial tectonic belt la crosta non è alterata dal vulcanismo che ha interessato l’adiacente piana del fiume Snake, nella quale invece non ci sono tracce di estensione.
Quindi c’è uno scorrimento laterale fra la Centennial tectonic belt e la piana dello Snake, dimostrato dalle misure GPS (Payne et al 2013). I blocchi scorrono anche lateralmente fra loro


Payne et al (2013) Extension-driven right-lateral shear in the Centennial shear zone adjacent to the eastern Snake River Plain, Idaho Litosphere 4, 407 - 419

mercoledì 1 aprile 2020

Ikaria wariootia, il fossile più antico di animale "bilatero" conosciuto



La scoperta di un fossile di animale molto antico in Australia ha scatenato la stampa (anzi, soprattutto i titolisti…).  In realtà Ikaria wariootia è in questo momento non l’animale più antico (tantomeno la forma di vita più antica, come ho letto…). È il più antico bilatero mai ritrovato, cioè il più antico esempio ora conosciuto di animale a simmetria bilaterale. Quindi, sempre di pietra miliare si parla ma precisiamolo bene di quale….


LA VITA PRIMA DEL CAMBRIANO. L’Ediacarano, l’ultimo periodo dell’era neoproterozoica, copre il lasso di tempo che passa dalla fine del Marinoano, l’ultimo episodio della Terra Palla di Neve (635 milioni di anni fa) e l’inizio del Cambriano e dell'era paleozoica (541 MA). L’ediacarano si chiama così da una località australiana dove sono state trovate per la prima volta delle forme di vita più antiche che sono state appunto denominate “Faune di Ediacara”; successivamente le faune di Ediacara si sono dimostrate comuni nei sedimenti dell'epocai in altre parti del mondo (Africa, Europa settentrionale, Nordamerica e - soprattutto - Cina). Gli Ediacarani sono un bel rompicapo: cosa rappresentino è ancora dibattuto (e non confondiamo i due termini, disgraziatamente uguali di associazione faunistica e di cronologia…): per qualcuno sono animale, per altri un regno diverso, i Vendozoa. È facile che la verità stia nel mezzo, anche perché alcuni esponenti di questa antica fauna sono antenati degli animali oggi viventi o almeno molto vicini a questi (segnatamente Dickinsonia - Bobrovsky et al, 2018). Molti avevano dei sistemi di crescita da noi ritenuti piuttosto bizzarri.


Trichoplax adhaerens, l'unica specie riconosciuta
di placozoi (ma forse ce ne sono diverse)
GLI ANIMALI NON BILATERI. Vorrei richiamare alcuni concetti: la maggior parte di Animalia è rappresentata dai “bilateri”, cioè animali con un corpo a simmetria bilaterale, che inizia con un "davanti" e finisce con un "dietro" (comunemente testa e coda). 
Però ci sono anche i non bilateri; ad esempio animali a simmetria radiale (tipo le meduse, che una volta facevano parte dei celenterati poi non ci ho capito più molto…). Poi ci sono quelli come i poriferi (le spugne) che non hanno forma propria, i cui corpi sono dotati di canali in cui circolano i nutrienti e altri, fra i quali i placozoi, di cui non si sa praticamente nulla o quasi, salvo che sono semplicissimi: in pratica sono degli agglomerati di cellule trasparenti, piatti e lunghi non più di 3 mm; possiedono solo 4 tipi di cellule (contro i circa 200 nostri); però la parte superiore e quella inferiore sono diverse. 
Interessante è il modo di nutrirsi dei placozoi: il cibo si accumula sulla superficie ventrale, che produce enzimi digestivi e poi assorbe il risultato. Una tattica che ci pare strana ma che probabilmente era ben diffusa a quei tempi. Spesso, i placozoi contraggono parte della superficie ventrale in una sacca in cui la digestione può avvenire in modo più efficiente (insomma… ogni tanto si creano uno stomaco).
Quindi i placozoi rappresentano un esempio dei primi animali, forse derivati da ediacariani come Dickinsonia.
I primi animali quindi (e abbastanza ovviamente) non erano bilateri, ma probabilmente assomigliavano ai placozoi. 


Dikinsonia costata - credit: Wikicommons
ANIMALI: NEL CAMBRIANO O PRIMA? Sull’origine di Animalia avevo scritto questo post. La maggior parte dei phyla animali sembra comparire improvvisamente durante la cosiddetta esplosione del Cambriano. Iniziato 541 milioni di anni fa. questo evento  ancora non è del tutto risolto (e per questo viene peridicamente citato in modo balordo dagli antievoluzionisti). Anche se è stato innescato da qualcosa che è successo al passaggio Edicariano – Permiano, non è un evento improvviso ma una fase di evoluzione e differenziazione accelerata di animalia. Una volta si pensava che gli animali fossero appunto comparsi all’inizio del Cambriano, poi fu visto che non era così: a parte gli ediacarani “probabilmente non animali” sicuramente ci sono nell’ediacarano già spugne e animali a simmetria radiale di cui abbiamo resti. 
Un evento importante da questo punto di vista che potrebbe aver agevolato l’origine di Animalia è stato la ripresa della vita dopo le decine di milioni di anni di ghiaccio totale della Terra palla di neve (ne ho parlato qui).


Tracce fossili del tipo Helminthoidichnites
La presenza dei bilateri era stata invece soltanto dedotta, a posteriori, in vari modi:

  • i fossili del Cambriano inferiore mostrano morfologie talmente complesse (anzi, piani corporei così differenti) da rendere probabile appunto una loro differenziazione preesistente all’inizio del Cambriano
  • gli orologi molecolari (un metodo che confrontando le differenze del DNA fra due o più esseri stima l’età dell’ultimo antenato comune) parrebbero indicare età più antiche di 541 milioni di anni (ma non è che poi siano una scienza esatta) 
  • la presenza di Helminthoidichnites: sono tracce fossili orizzontali la cui morfologia dimostra che sono state prodotte da un organismo in grado di muoversi dentro e fuori sottili strati di sabbia e che per una serie di motivi sono state lasciate da un animale bilatero e non da, poniamo, foraminiferi bentonici o quant’altro per alcune caratteristiche
Gli Helminthoidichnites e quindi la comparsa di animali dotati di mobilità rappresenta una delle ipotesi più gettonate sulla fine (o almeno sulle grandi difficoltà) attraversate dalla fauna di Ediacara, formata da forme sessili o comunque incapaci di muoversi in proprio, in difficoltà nei confronti dei nuovi venuti.

Di fatto nel 1997 fu riconosciuto sempre in Australia che un fossile dell’Ediacariano superiore  - Kimberella – fosse un mollusco ancestrale (Fedonkin & Waggoner 1997), il che ha automaticamente comportato la presenza dei primi bilateri in tempi anteriori al Cambriano (anche se siamo nell'ediacariano superiore, abbastanza vicini al limite con il cambriano).


Ricostruzione di Ikaria wariootia che scava
un Helminthoidichnites - da Evans et al (2020)
Ora, sarebbe teoricamente possibile trovare un Helminthoidichnites insieme al suo creatore, se l’animale è morto mentre scavava? Non è una associazione necessaria perché la traccia e l’animale hanno modalità di conservazione diverse, ma alle volte può accadere. Ed è quello che hanno tentato di fare, con successo, Evans et al (2020). Hanno esaminato delle arenarie fini deposte in ambiente di mare poco profondo a Nilpena, 500 km a nord di Adelaide e vicino proprio a Ediacara, dove hanno identificato 108 fossili di un piccolo organismo semplice con differenziazione anteriore / posteriore e laterale, che hanno chiamato Ikaria wariootia, giusto associate agli Helminthoidichnites.
Ikaria si presenta come un fossile fusiforme, lungo tra 2 e 7 millimetri. Le scansioni tridimensionali laser hanno dimostrato una chiara differenziazione fra la parte anteriore e quella posteriore e anche indizi sulla segmentazione del corpo in più parti.
Le dimensioni e la morfologia di Ikaria corrispondono sia a quello che era stato pensato a proposito dell’essere che aveva formato gli Helminthoidichnites, che all’essere più vicino al progenitore di tutti gli animali bilateri.
Quindi Ikaria non è il più antico animale, ma il più antico animale bilatero, conosciuto perché è vissuto prima di Kimberella, i cui fossili nella serie sedimentaria di Nilpena si trovano molto al di sopra.

Bobrovsky et al (2018) Ancient steroids establish the Ediacaran fossil Dickinsonia as one of the earliest animals Science 361, 1246–1249 

Evans et al 2020 Discovery of the oldest bilaterian from the Ediacaran of South Australia PNAS DOI: 10.1073/pnas.2001045117

Fedonkin & Waggoner 1997 The Late Precambrian fossil Kimberella is a mollusc-like bilaterian organism Nature 388, 868 - 870