venerdì 6 dicembre 2024

il terremoto a largo della California settentrionale del 5 dicembre 2024


Il terremoto magnitudo 7.0 del 5 dicembre 2024 si è verificato a largo della costa della California settentrionale, davanti al Capo Mendocino. 
L'epicentro si trova a pochissima distanza della giunzione tripla di Mendocino. In una giunzione tripla si trovano in contatto te placche diverse, in questo caso la placche oceanica del Pacifico, quella continentale del Nord America e una terza placca oceanica, quella di Juan de Fuca/Gorda che pur essendo di ridotte dimensioni è molto attiva e molto studiata.

Il meccanismo focale indica un movimento lungo una faglia trascorrente, situata nelle vicinanze della zona di frattura Mendocino (che si chiama così proprio perchè è quasi perpendicolare alla costa californiana a largo di Capo Mendocino) o, ancora più probabilmente, proprio lungo la zona di frattura di Mendocino stessa.

Questa zona di frattura è particolarmente importante perché costituisce il contatto fra due porzioni dell'Oceano Pacifico dalla geodinamica completamente differente:
  • verso nord si evidenzia una dorsale oceanica con produzione di crosta oceanica, accanto alla quale c’è un margine continentale attivo
  • verso sud e fino al golfo di California si trova l'unica zona in cui il margine continentale occindentale delle Americhe è passivo, tornando ad essere attivo dal Messico centrale in poi, fino all'estremità dell'America del Sud
Una conseguenza importante è che a nord della zona di frattura Mendocino, tutta l'area oceanica a largo delle coste di California settentrionale, Oregon, Washington e Columbia Britannica compresa nella placca di Juan da Fuca è soggetta ad una intensa attività sismica. 
La sismicità dell’area è evidente come si vede da queste carte tratte dall’Iris Earthquake Browser. 

la sismicità e la situazione tettonica della costa fra California settentrionale e Canada.
la stella indica il terremoto del 5 dicembre lungo la zona di frattura Mendocino

Come ho scritto, il quadro tettonico a nord della zona di frattura Mendocino prevede una dorsale oceanica ai cui lati si crea nuova crosta e una zona di subduzione lungo il margine continentale, accompagnata da un classico sistema di vulcanismo di arco magmatico. Lo si vede sempre in queste carte che mettono a confronto la sismicità con M uguale o superiore a 5 con la situazione tettonica. Notate anche la differenza nella posizione della sismicità: mentre a nord della zona di frattura la sismicità nell'oceano Pacifico è enormemente più alta che in terraferma, a sud la sismicità invece sia quasi tutta nell'entroterra californiano, dove appunto il limite fra placca pacifica e placca nordamericana passa lungo la faglia di San Andreas.
La particolarità della situazione della placca di Juan da Fuca è che la nuova crosta che si forma sul lato della dorsale rivolto verso le coste degli Usa settentrionali e del Canada (e che quindi muovendosi verso E va in direzione del continente) ha una vita brevissima, di pochi milioni di anni, perché davanti al continente americano si immerge sotto la placca nordamericana, subducendo sotto di essa. Il risultato sono i vulcani della Cascadia, il più recente sistema di arco magmatico continentale che esista sulla Terra, e l’ultima fase di una complessa serie di collisioni di placche di vario tipo contro l’America Settentrionale iniziate già nel Paleozoico (Di Pietro, 2018). 
Invece a sud della zona di frattura di Mendocino la crosta è decisamente più antica (tra i 20 e i 40 milioni di anni).

a sinistra i terremoti M 7 e oltre intorno alla zona di frattura Mendocino
a destra il quadro tettonico con evidenziato il magmatismo di arco della Cascadia

Inoltre geologi e geofisici sono perplessi dalla mancanza recente di importanti terremoti di subduzione, l'ultimo dei quali è avvenuto prima dell'avvento degli europei, nell'anno 1700 (ne avevo parlato qualche anno fa). Il timore di un forte terremoto con relativo tsunami è quindi molto forte lungo quelle coste.
Ma se la zona di subduzione è attualmente quasi asismica, come vediamo sopra questo non è certo il caso della zona di frattura di Mendocino e dei suoi dintorni, dove dal 1994 sono stati registrati ben 6 terremoti con M superiore a 7. Da notare inoltre che il terremoto M 7.2 del 5 aprile 1995 fu seguito il giorno dopo da due afterschoks di M 6.5 e 6.6 (insomma, una bazzecola...)
Non è quindi un caso se la zona di frattura Mendocino è riconosciuta come una delle aree della California (mare compreso) dove la probabilità di subire eventi sismici è più alta (il che visto dove siamo è tutto dire). Lo si vede nella carta qui accanto, tratta da Helmstetter et al (2007).

In più si deve anche notare come la presenza della zona di frattura di Mendocino influenzi pesantemente anche, più in là, il continente americano: in questa carta tratta da si nota come in corrispondenza di essi cambino i movimenti delle stazioni GPS, che a sud di essa si muovono verso NW, mentre a nord il movimento è verso N. 

BIBLIOGRAFIA

Di Pietro (2018) Cascadia Volcanic Arc System in:  Geology and Landscape Evolution (Second Edition), Elsevier

Helmstetter et al 2007. High-resolution Time-independent Grid-based Forecast for M >= 5 Earthquakes in California. Seismological Research Letters, Seismological Society of America, 78/1, 78-86. 



lunedì 2 dicembre 2024

Freya Castle: una piccola roccia su Marte che potrebbe aprire grandi prospettive sul sottosuolo marziano


Perseverance, il rover marziano delle dimensioni di un'auto lanciato dalla NASA il 30 luglio 2020 e atterrato su Marte il 18 febbraio 2021, da allora sta girovagando nel cratere Jezero. Il 13 settembre 2024 gli scienziati del team che segue il rover sono rimasti sbalorditi quando Perseverance ha individuato una roccia a strisce bianche e nere diversa da qualsiasi altra mai vista su Marte prima, che è stata denominata Freya Castle. Tale ritrovamento potrebbe rappresentare la scoperta di qualcosa di particolarmente entusiasmante e cioè una vista sull'interno del Pianeta Rosso.

Freya Castle, come è apparso a Perseverance (immagine della NASA)
Freya Castel non è certo l’unica roccia insolita incontrata da Perseverance nei suoi vagabondaggi nel 2024. Ad esempio a luglio mentre esplorava un vecchio letto fluviale il rover ha trovato una roccia con strane macchie a pelle di leopardo, macchie che addirittura potrebbero essere correlate ad attività microbica. Date le implicazioni che comporterebbe una conferma di questo contesto comporterebbe, Perseverance ha preparato dei campioni della roccia in modo che una futura missione possa eventualmente riportarli sulla Terra per studiarli meglio nel quadro del programma Mars Sample Return

Freya Castle è stata trovata poco dopo che Perseverance ha iniziato la sua scalata sui ripidi pendii che portano al bordo del cratere Jezero. Lo scopo fondamentale di questa attività è la ricerca di rocce che potrebbero insegnarci qualcosa sulla storia antica di Marte, in particolare per identificare depositi carbonatici e di olivina lungo una formazione geologica chiamata Unità Marginale, situata sulle pareti del cratere e larga circa 45 km. E invece per prima cosa è stata trovata una roccia che potrebbe rivelarci delle notizie sull’interno del Pianeta Rosso: mentre il rover transitava su un terreno quasi banale, i membri del team hanno individuato in lontananza un ciottolo dalle caratteristiche apparentemente insolite e quindi hanno deciso di dargli un'occhiata più da vicino, con la quale la stranezza è stata confermata: Freya Castle, un ciottolo di circa 20 cm, è composto da una alternanza di strisce chiare e scure. Ovviamente, dato che le immagini vanno subito online, su Internet sono fioccate le interpretazioni più pittoresche. È comunque stato subito chiaro come il sasso sia completamente diverso da qualsiasi altro mai visto prima non solo nel cratere Jezero, ma probabilmente in tutto il pianeta ed è probabile che sia arrivata lì rotolando da una zona più alta.

Atoko Point nell'elaborazione della NASA a colori modificati
per migliorare il contrasto visivo e accentuare le differenze di colore.
INTERPRETAZIONE DI FREYA CASTLE. Non occorre essere delle volpi per pensare che sulla Terra una roccia così zonata sia il risultato di un processo igneo e/o metamorfico. Nel maggio 2024 Perseverance, sempre ovviamente all'interno del cratere Jezero, ha identificato in un ammasso denominato Monte Washburn, Atoko Point, una roccia luminosa e maculata di circa 45 cm x 35 cm. Le analisi hanno rivelato che Atoko Point è composto prevalentemente da pirosseno e feldspato, minerali comunemente presenti anche nelle rocce vulcaniche e metamorfiche sulla Terra. Insomma, è un qualcosa che si potrebbe definire un gabbro e cioè un liquido basaltico come quelli dei vulcani marziani, che però si è solidificato sotto la superficie. Da qui è decisamente breve il passo di pensare che la composizione di Freya Castle sia simile, anche se Atoko Point non ha una struttura zonata.

Diciamo che le possibilità sono due:
  1. ROCCIA IGNEA INTRUSIVA: una cumulite è una roccia che si forma in una camera magmatica quando sul suo fondo precipitano cristalli solidi, in genere a bande di minerali diversi. Succede in genere con magmi poveri in silice. Di fatto, come detto poco sopra, Atoko Point avrebbe tutte le caratteristiche di una roccia magmatica intrusiva come un gabbro
  2. ROCCIA METAMORFICA: sulla Terra gli gneiss rappresentano le più comuni rocce metamorfiche costituenti la crosta continentale. Sono caratterizzate da un'alternanza di letti ricchi in minerali lamellari – segnatamente miche – e letti formati in prevalenza da minerali granulari come quarzo e/o feldspati. e si formano a grande profondità
Personalmente propendo per la prima che ho detto: sotto i vulcani basaltici di Marte è possibile che nelle camere magmatiche si siano prodotte delle cumuliti. Mi pare invece più difficile la presenza di gneiss, visto che quelli sulla Terra sono un tipico risultato di una collisione continente – continente e quindi necessitano almeno dalle nostre parti di una tettonica a placche e anche perché non vedo sulla superficie marziana una presenza particolare di rocce ad alto contenuto di silice.
Insomma, sia Atoko Point che Freya Castle potrebbero essere rocce intrusive solidificate all'interno di una camera magmatica in condizioni differenti.

COME MAI FREYA CASTLE AFFIORA IN SUPERFICIE? Marte non ha avuto delle grandi spinte orogeniche, tantomeno una tettonica a placche, quindi non troviamo in superficie rocce che si sono formate in profondità, come succede normalmente sulla Terra, mentre questa roccia ha caratteristiche introvabili sulla superficie marziana e quindi potrebbe venire da una certa profondità. La soluzione migliore è che Freya Castle rappresenti un ejecta, quindi potrebbe far parte di quelle antiche rocce sollevate dalle profondità della crosta marziana al momento dall'impatto che ha formato Jezero, ora esposte appunto negli ejecta, i materiali che formano il bordo del cratere.
Ovviamente la speranza è quella di trovare altre rocce simili mentre Perseverance continua a salire verso il bordo di Jezero.

mercoledì 20 novembre 2024

L’onda di Raileigh prima dell’eruzione dell’Hunga -Tonga del 2022 che potrebbe essere la chiave per predire eventi del genere con un anticipo tale da avvisare le popolazioni vicine e una predizione di Jules Verne


Jules Verne, è noto per delle predizioni incredibili come l’astronave per la Luna che parte dalla Florida con 3 uomini e i retrorazzi, il sommergibile del Capitano Nemo molto simile a quello che ha conquistato il Polo Nord (il quale non casualmente si chiamava USS Nautilus), i palazzi di vetro con l’aria condizionata, la televisione ed altro (ci sono anche cose che non ha azzeccato ma vabbè..). Adesso è possibile che ne abbia azzeccata un’altra: in uno dei suoi più celebri romanzi, l’Isola Misteriosa, un vulcano sta risvegliandosi e a causa di una frattura l’acqua dell’Oceano Pacifico entra in contatto con il magma; di conseguenza il vulcano esplode distruggendo l’isola. Il fatto è che la fortissima eruzione dell’Hunga Tonga del gennaio 2022 potrebbe essere avvenuta come Verne descrisse la fine dell’Isola Lincoln.

Il nome del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha'apai alle isole Tonga è complesso perché le piccole isole di Hunga Tonga e Hunga Ha'apai fanno parte fanno parte dello stesso vulcano in quanto costituiscono le uniche parti emerse di quanto rimane del bordo di una caldera in gran parte sottomarina di circa 6 km di diametro (la trovo un pò esagerata questa cosa, ma d'altro canto, non avendo un nome geografico tipo Mugello o Valdarno superiore, la vallata dove c'è anche Firenze si chiama "bacino di Firenze, Prato e Pistoia", ma qui si tratta di toscani e quindi meglio evitare le solite proteste campanilistiche...)
Da quelle parti, tra la Nuova Guinea e la Nuova Zelanda passando per le isole Figi e Tonga, di vulcani attivi, spesso sottomarini (e in genere pure senza nome) ce ne sono parecchi, più o meno allineati fra loro. Devono la loro esistenza alla subduzione della placca del Pacifico sotto quella australiana. Sono quindi tipici vulcano di arco insulare (peraltro quello delle Tonga è un arco… diritto). Tale vulcanismo in genere si presenta con attività esplosiva e produzione di ceneri e lapilli più che di colate laviche. L’Hunga Tonga (chiamiamolo solo così) non fa eccezione e ha spesso fatto sconquassi: ovviamente prima dell’arrivo degli occidentali le datazioni non sono precise e quindi per esempio l’ultima eruzione “maggiore” è datata tra il 1040 e il 1180. La prima eruzione di cui esiste una testimonianza diretta è del 1912 (Cronin et al., 2017); dopo di questa ce ne sono state almeno 5, fino a quella del 2014 – 2015, durante la quale in meno di 3 settimane si è formata una terza isola, che accrescendosi si è poi unita a Hunga Ha‘apai.

L'ERUZIONE DEL GENNAIO 2022. La nuova attività è iniziata la mattina del 20 dicembre 2021 ed è proseguita con emissioni di ceneri e nuvole di gas; la colonna eruttiva è arrivata inizialmente a 12 km di altezza per poi diminuire ed è proseguito l’accrescimento dell’isola nata nel 2015. Poi la situazione è precipitata: il 14 gennaio 2022 è iniziata una forte eruzione nella parte subaerea che ha prodotto una colonna eruttiva alta 20 km, i cui prodotti sono ricaduti anche nelle isole vicine. Questa nuvola ha conquistato a mani basse il record mondiale per la produzione di fulmini: sono una cosa comune nelle nubi vulcaniche (in materia avevo scritto questo post). ma qui la rete del Global Lightning Detection network GLD360 ha registrato fino a 200.000 fulmini all’ora (qui il filmato della Reuters, è un pò lungo ma merita).
Il 15 gennaio 2022 con un nuovo parossismo la colonna eruttiva è arrivata “solo” a 15 km ma stavolta si è verificata l’esplosione che ha distrutto la nuova isola, ha innescato onde d'urto attraverso l'atmosfera e provocato uno tsunami ben rilevato in tutto l'Oceano Pacifico. L’eruzione si è presentata immediatamente al di sotto della superficie del mare e probabilmente questa è la circostanza che ha scatenato questi fenomeni.
Questo tsunami è stato un po' particolare: in caso di esplosione di un vulcano in genere si producono onde di tsunami ad alta frequenza, molto corte ed estremamente distruttive nei dintorni ma che non sono state capaci di propagarsi “decentemente” a distanza, come dimostra lo tsunami dello stretto della Sonda dovuto all’eruzione del Krakatoa nel 1883, distruttivo solo nelle vicinanze del vulcano. Invece si è trattato di uno tsunami dalle caratteristiche “normali”,  come avviene in caso di terremoti e frane sottomarine: in questi casi si producono onde a bassa frequenza che si propagano a grande distanza. Anche questa caratteristica rende l’eruzione del 2022 un po' particolare.

UN’ONDA SISMICA ANOMALA PRIMA DELL’ERUZIONE. Horiuchi et al (2024) analizzando i dati sismici delle stazioni di Figi e Futuna, entrambe distanti oltre 700 km dal luogo dell’esplosione, hanno notato un'insolita onda di Rayleigh. Nessun dubbio sul luogo di origine, ma i sismogrammi evidenziano come questa sia partita intorno alle 3:45 UTC; l'ora esatta di inizio dell'eruzione rimane dibattuta, anche se c’è un sufficiente consenso su un orario poco successivo alle 4:00 UTC.
L'onda stessa è la prima anomalia; la seconda anomalia è che le onde di Rayleigh sono il tipo più importante di onde di superficie e oltre a terremoti sono associate ad esplosioni (naturali e non) e a vari tipi di attività antropica e quindi accompagnano spesso eruzioni vulcaniche e terremoti, ma nell’attività vulcanica in genere le onde di Rayleigh sono impercettibili e vengono rilevate solo a breve distanza dal vulcano e non come in questo caso a oltre 700 km. 

COME POTREBBE ESSERSI ORIGINATA QUESTA ONDA DI RAYLEIGH? L’eruzione dell’Hunga-Tonga potrebbe non essere stata un evento istantaneo: questa onda precorritrice dovrebbe aver segnalato l'inizio di un processo sotterraneo culminato poco dopo nell'eruzione. Secondo Horiuchi et al 2024 questa onda sismica è il risultato di una frattura improvvisa all'interno di una porzione debole della crosta oceanica sotto la parete della caldera del vulcano. Tale rottura avrebbe permesso all'acqua di mare di mescolarsi violentemente con il magma in uno spazio vicino alla camera magmatica del vulcano, creando le condizioni che alla fine hanno innescato l'eruzione.
Quindi è facile interpretare questo evento come un precursore precoce insolitamente forte dell'eruzione secondo questa serie di eventi come illustra l'immagine da Horiuchi et al (2024):

1. il magma si trova ad alta pressione sotto alcune parti della zona debole circolare
2. la fratturazione genera il precursore intorno alle 03:45
3. magma, gas e fluidi magmatici e acqua di mare entrano nella zona fratturata nella frattura
4. l’interazione magma-acqua innesca l'eruzione esplosiva

Insomma, i fatti si sarebbero svolti esattamente come Verne ha descritto l’esplosione del vulcano dell’isola Lincoln.

RICADUTE POSSIBILI DI QUESTA IPOTESI. I vulcani insulari e quelli sottomarini sono estremamente pericolosi proprio per la loro potenzialità tsunamigenica, anche se in genere - come detto - senza il verificarsi di frane sottomarine i danni maggiori dovrebbero rimanere circoscritti ad un “intorno significativo”. Ma per chi sta in quell'intorno il problema può diventare parecchio grave. Se poi un vulcano è del tutto sommerso la sua sorveglianza è attualmente complicata. 
Però la formazione di una caldera è un evento raro dal punto di vista della storia umana, e quindi è stata osservata in modo scientifico in pochi posti. Un segnale precoce costituito dall’arrivo di una onda di Raileigh potrebbe quindi segnalare l’imminente esplosione.
Riconoscere tali segnali di eruzione precoce potrebbe offrire un prezioso lasso di tempo per lanciare una allerta tsunami, soprattutto ma non solo per le nazioni insulari e le comunità costiere vicine, in particolare quando il vulcano è sufficientemente lontano da non rendere osservabili i segnali di quello che sta accadendo.

Questa scoperta evidenzia il potenziale delle onde sismiche come indicatori precoci di eruzioni maggiori. Sarebbe perciò importante osservare segnali simili, che quindi potrebbero potenzialmente fungere da avvisi anticipati per eruzioni da vulcani oceanici remoti, con l’enorme vantaggio di avere un po' di tempo per preparare le coste al disastro: anche l’eruzione che ha distrutto nel romanzo di Giulio Verne l’Isola Lincoln sarebbe stata prevista perché probabilmente avrebbe generato una onda di Rayleigh qualche minuto prima dell’esplosione!


BIBLIOGRAFIA CITATA

Cronin et al (2017) New volcanic island unveils explosive past, Eos, 98, https://doi.org/10.1029/2017EO076589.

Horiuchi et al (2024) A Seismic Precursor 15 min Before the Giant Eruption of Hunga Tonga‐Hunga Ha'apai Volcano on 15 January 2022  Geophysical Research Letters, 51, e2024GL111144

Le Mevel et al (2023) The magmatic system under Hunga volcano before and after the 15 January 2022 eruption Science Advances 9, eadh3156 (2023)


sabato 16 novembre 2024

Valencia, Sicilia e le bufale dei climascettici per tacitare la presenza del Global Warming



la carta delle briglie, considerate deliberatamente
a torto dighe distrutte nel bacini del Turia
Siccome i dati sul riscaldamento globale sono ormai inattaccabili, come ho già fatto notare i climascettici stanno passando dal negarli alla semplice e pura disinformazione. Dato che anche gruppi di stampo complottista o di estrema destra condividono il climascetticismo, questi hanno messo in campo le loro abilità nella disinformazione.

Sulla alluvione di Valencia i punti salienti della disinformazione sono tre:
  1. a Valencia le alluvioni ci sono sempre state
  2. è colpa del governo centrale che ha distrutto delle dighe
  3. e il tutto è un riflesso delle operazioni di cloud seeding in Marocco

ovviamente tacciono sul problema fondamentale che ha generato il guaio e cioè che è rimasto ore fermo nello stesso punto un sistema nuvoloso alimentato da una anomalia nella temperatura del mare (anomalia che ovviamente negano!!!) 

Iniziamo dal punto 1, che è ineccepibile. La storia di Valencia è punteggiata da alluvioni provocate dal Turia e per questo dopo l’alluvione del 1957 fu deciso di spostarlo (con la densità abitativa che avevano all’epoca era abbastanza semplice, dopodichè anche se qualcuno fosse stato contrario la dittatura franchista non lo avrebbe probabilmente lasciato parlare). Secondo loro quindi si è trattato di un evento "normale" e negano così il cambiamento climatico.  

2. questa è davvero bellissima: la colpa sarebbe del governo che avrebbe distrutto delle dighe. Un falso completo come si legge in una notizia della Reuters. L'autore di questa scemenza ha, ovviamente in modo deliberato, magicamente trasformato delle briglie fluviali in dighe demolite. Ed ecco un capolavoro di disinformazione: chi parla di frane e alluvioni, a lezione come in fase di divulgazione alla popolazione, conosce e fa sempre vedere questo filmato giapponese in cui si vede la differenza fra un corso d’acqua lasciato libero e uno con delle briglie, che rendono più regolare il flusso. Bene, ecco che i climascettici lo fanno vedere per far capire cosa sarebbe successo a causa di questa fantomatica distruzione delle dighe. Peccato che il video dica proprio come funzionano le briglie fluviali e perchè metterle come è stato fatto in Spagna, non il perché mettere delle dighe e cosa succederebbe a toglierle male...

3. quanto al cloud seeding, viene spesso citato a sproposito. Anche per le alluvioni romagnole del 2023 o quelle recenti della penisola arabica

Ovviamente non una parola sui ritardi nella comunicazione da parte del governo regionale della comunità Valenciana, che aveva pure tempo fa smantellato il servizio di protezione civile.



Annoto che sulle dighe ci fu polemica anche per l’alluvione della Romagna del 2023: i soliti disinformatori attribuirono infatti il disastro al cattivo governo delle dighe in Appennino. Peccato che non ce ne siano, a parte Ridracoli, sul Bidente. Un amico mi ha domandato cosa ne pensassi. Gli risposi che al contrario, il fiume che ha dato meno problemi è stato proprio il Bidente, sul quale, appunto essendo l’unico ad avere una diga sul suo corso, il livello del lago di Ridracoli fu abbassato in previsione delle piogge. Riferì la risposta su una chat, dove ne dissero di tutte sul sottoscritto. Cioè… hanno smentito la realtà e cioè che c’era una sola diga e gli altri fiumi non ce le avevano…


Un “ricercatore indipendente” mi ha recentemente dato di babbuino (dopo aver detto che come geologo mi dovrei vergognare a dire certe cose). Sto sempre aspettando che risponda alle mie 6 domande in cui chiedo di risolvere senza i gas-serra alcuni esempi di modifiche delle temperature globali nella storia della Terra. 
Quando ho tirato fuori una ricerca, il cui frontespizio è visibile qui sopra, in cui si nota che in letteratura peer-review non ci sono articoli che contestano l’impronta antropica sul riscaldamento globale, lo stesso  per risposta mi ha linkato un sito che non indico in cui si fa della disinformazione climatica un’arte.
Insomma, ai climascettici non gliela si fa, sono dei geni: danno di boccaloni a chi dà retta alla letteratura scientifica che parla attraverso dati e modelli, però sono pronti a credere alle più assurde fesserie, come si vede qui sotto: anche le recenti alluvioni della Sicilia ionica sarebbero artificiali: ovviamente non per il riscaldamento del Mediterraneo ma sarebbero state provocate da una nave – centrale elettrica che incrociava da quelle parti!!!

la demenziale motivazione per l'alluvione del catanese degli ultimi giorni


Anche qui si distorce una cosa reale: queste navi esistono davvero, e sono note come Power Ship. Si tratta di vascelli che vengono attraccati nei porti di molte metropoli alimentando la rete locale senza la necessità di costruire centrali.

Una foto di queste è stata appunto spacciata per la nave che nella mente malata di qualcuno avrebbe provocato il disastro. E che oltretutto sarebbe persino collegata (difficile per una mente razionale comprendere in che modo) al Cloud seeding!!!!
E il profilo che ha pubblicato questa foto è decisamente uno spettacolo di ignoranza abissale, anche se crede di essere quello furbo…

il drammatico è che questa gente vota, non solo in Italia.

giovedì 14 novembre 2024

la relazione fra temperatura del mare troppo elevate e piogge torrenziali non è una coincidenza


Secondo la “regola 39” di Leroy Jethro Gibbs di NCIS “le coincidenze non esistono”. All’alluvione lungo la costa siciliana del 13 novembre si può tranquillamente applicare questa regola. Si è trattato di un evento particolarmente violento e localizzato, come si vede dalla carta della Regione Sicilia e da quella di Meteonework. Annoto che in pluviometri "non ufficiali" ma pur sempre affidabili in quanto fanno parte di reti amatoriali note sono stati registrati oltre 500 mm di pioggia. 


Un aspetto importante della faccenda è la temperatura della superficie del mare. Vediamo qui sotto quella generale del Mediterraneo e quella particolare dello Jonio davanti alla Sicilia.
In questo caso, pur non essendo una scena del crimine, la regola di Gibbs è rigorosamente valida: l’evidentissima anomalia termica della temperatura della superficie del mare ha portato a questa precipitazione e una terza coincidenza, la presenza di un gigante come l’Etna, ha contribuito ad ingigantire la cosa.


Da notare nella figura sotto come oltre alla costa siciliana a nord di Catania anche le zone di alimentazione delle piogge che hanno martoriata nelle ultime settimane la Toscana meridionale, l’Emilia – Romagna e la costa spagnola tra Valencia, Barcellona e Girona corrispondano quasi esattamente a zone dove è particolarmente elevata l’anomalia della temperatura della superficie del mare. Anche in questi casi non si tratta di coincidenze e vale sempre la regola 39 di Gibbs. Da notare che queste anomalie persistono da diverse settimane: si vedono anche nelle carte mensili ma adesso, a metà novembre, sono ancora più evidenti.


Purtroppo la situazione è destinata a peggiorare in futuro: lo dimostra il grafico dell’andamento della temperatura globale del Mediterraneo che continua imperterrita a salire, anche se, per fortuna, non sta andando in esponenziale come la traiettoria delle temperature globali.
Il problema è che il mare troppo caldo è alla base del meccanismo principale per la formazione dei temporali noti come V-Shaped, perchè nelle immagini satellitari la tempesta assume una forma a V. I V-Shaped appresentano attualmente un tipo di eventi meteo estremamente pericolosi nell'area mediterranea: tali tempeste, oltre ad essere forti sono in genere stazionarie e autorigeneranti. A Valencia la stazionarietà dell’autorigenerante fra la seconda e la terza è stato uno degli elementi che ha contribuito a rendere devastante il disastro, e purtroppo quando si verifica l'accoppiata fra violenza e durata della precipitazione, danni enormi in aree limitate sono una conseguenza logica (l'alluvione delle Marche del settembre 2022 e quella della Toscana del novembre 2023 sono classici esempi recenti di eventi di questo tipo).

Mala tempora currunt, ma andatelo a dire a quelli della COP 29 e ai governi che usciranno da qualsiasi accordo sul clima.



lunedì 11 novembre 2024

il terremoto M 6.8 a sud di Cuba dell'11 novembre 2024 e la tettonica dei Caraibi settentrionali


Le soluzioni del meccanismo focale del terremoto di magnitudo 6.8 del 10 novembre 2024, appena a sud di Cuba, sono coerenti con la tettonica regionale, indicando un movimento trascorrente sinistro lungo la zona di faglia di Oriente: di tratta di una faglia trascorrente sinistra che corrisponde al limite fra la placca nordamericana a nord e la microplacca di Gonave a sud. L’epicentro in mare corrisponde più o meno esattamente a questa faglia e quindi il terremoto si è originato direttamente sul limite di placca o su una struttura parallela ad esso. Questo, ovviamente, riducendo l’epicentro ad un punto, ma eventi di questa portata rappresentano, in media, una rottura lungo il piano di faglia di 45 km. Diciamo che l’epicentro corrisponde in genere al punto da cui ha iniziato a propagarsi la rottura.

La sismicità è comune nella regione caraibica: nei 50 anni precedenti, ci sono stati altri 23 terremoti di magnitudo 5 e superiore.

LA MICROPLACCA DI GONAVE. Il quadro tettonico di questo terremoto è molto interessante e visibile nella figura: la placca nordamericana si sta muovendo verso ovest rispetto alla placca caraibica, ma in mezzo a loro c’è la microplacca di Gonâve. Quindi quella di Oriente è una faglia trasforme che costituisce il limite fra placca nordamericana a nord e microplacca Gonâve a sud
Le Antille dividono il mar dei Caraibi dall'oceano Atlantico. Le Grandi Antille sono meno interessate da fenomeni sismici, mentre le Piccole Antille sono isole costellate da vulcani piuttosto attivi e pericolosi: lungo la fossa di Portorico la crosta dell'Oceano Atlantico scende sotto quella caraibica, che a sud confina con quella sudamericana. La placca dei Caraibi si muove verso Est di circa 20 millimetri all'anno rispetto a quella nordamericana, in un margine di zolla di tipo trascorrente, come quello californiano contrassegnato dalla famosa Faglia di San Andreas. Però, anziché da una faglia singola, il margine nordorientale della placca caraibica è contrassegnato da due sistemi di faglie diversi, grossolanamente subparalleli fra loro che individuano al loro interno la microzolla di Gonave.

la tettonica del bordo NE della placca caraibica, con la micorplacca di Gonave.
le stelle indicano i più forti terremoti dell'area

A nord c'è appunto il sistema settentrionale, noto come faglia di Oriente: borda la costa nord di Hispaniola e quella meridionale di Cuba e come detto divide la placca di Gonave da quella nordamericana. A vedere la carta si ha addirittura l'impressione che un'isola più grande si sia divisa in due minori lungo questa faglia, spostando Hispaniola verso est rispetto a Cuba. Oltre all'evento del 10 novembre 2024, si deve segnalare di recente il terremoto dobbiamo registrare recentemente anche il terremoto M 7.7 del 28 gennaio 2020, che nonostante una discreta copertura di filmati all'epoca è stato rapidamente dimenticato dai più perché per fortuna si è verificato a circa 100 km da Cuba e 120 dalla Giamaica e non ha prodotto uno tsunami
Il sistema settentrionale si interrompe bruscamente nei pressi delle isole Cayman. Là si è formato un lineamento contrassegnato da un piccolo bacino (il Cayman Trench Spreading Center) che si è aperto per compensare il movimento verso est della zolla di Gonave, mentre la parte ad ovest rimane sostanzialmente ferma. E il più profondo e il più lento (oltrechè il più piccolo) esempio di dorsale oceanica estensionale della Terra.

Il sistema meridionale, denominato ad Haiti sistema di Enriquillo – Plantain Garden, ma noto in genere come faglia di Warton, divide la placca di Gonave da quella Caraibica e assorbe un movimento medio di 7 millimetri all'anno, la metà del rigetto complessivo fra le due zolle e passando per la Giamaica, prosegue fino al continente americano e oltre, giungendo alla giunzione tripla fra zolla nordamericana, zolla caraibica e zolla delle Cocos; recentemente è stato teatro di due eventi importanti come il terribile terremoto di Haiti M 7.0 del 12/01/2010 e di quello, ancora più forte ma meno distruttivo M 7.2 14/08/2021.

domenica 10 novembre 2024

Caffescienza sul clima martedì 12 novembre a Signa. Alcune considerazioni sui "climascettici" e le loro bufale


Martedì sera al Circolo dei Colli Alti a Signa inauguriamo una nuova sede per gli incontri della nostra associazione "Caffèscienza Firenze e Prato APS". Parleremo di clima: io illustrerò la storia del clima sulla Terra e il profondo rapporto fra temperature globali e tenore atmosferico di gas serra. Francesco Grasso invece farà il punto sulla situazione energetica. L'incontro dovrebbe essere trasmesso anche in diretta streaming, con link sul sito www.caffescienza.it (siamo ragionevolmente sicuri di poter trasmettere lo streaming ma essendo la sede nuova non abbiamo la certezza assoluta di poterlo fare).

Non c'è dubbio che nel XX secolo l'Umanità ha sviluppato un miglioramento delle condizioni di vita (purtroppo non dappertutto...) e degli avanzamenti tecnologici direi grandiosi, come non ci sono dubbi che tutto ciò sia dovuto alla grande disponibilità di energia a basso prezzo ottenuta con l'uso dei combustibili fossili. La recente globalizzazione, con un aumento del trasporto di manufatti e di persone, è stato un ulteriore effetto della situazione. Purtroppo ora stiamo iniziando a pagare l'uso estremo dei combustibili fossili. I dati sono impietosi. 

In calce alla storia del clima, faccio qui alcune considerazioni su chi sono i negazionisti dei cambiamenti climatici (che io chiamo “climascettici”). Quello che maggiormente preoccupa al momento è lo scollamento fra il mondo scientifico e ampi settori della società civile e della politica. Lo si vede anche nelle discussioni sui social dove le contestazioni sono varie e tutte pretestuose da parte di soggetti che evidenziano solo la loro incompetenza in materia (i vecchi dati non sono affidabili, le serie temporali sono troppo brevi, come si può ricavare un trend reale con così pochi anni di osservazioni, e così via blaterando ).

La cosa che fa più ridere è quella del complotto degli scienziati contro la civiltà moderna: insomma, i ricercatori sul clima sarebbero dei venduti (a chi? Alla lobby dei pannelli solari?). La cosa divertente è che si tratta di migliaia di ricercatori che taroccherebbero i dati e dei quali nessuno, dico nessuno, sio sarebbe mai pentito di aver concorso ad una azione scorretta di questo genere. Insomma la lobby degli scienziati contro quei poveracci dei petrolieri….

Ma chi sono i climascettici? Essenzialmente si dividono in 3 categorie:
  • lobbisti e loro sostenitori
  • persone con un bias politico: una grande percentuale di negazionisti la troviamo fra chi condivide convinzioni politiche di destra, sia di destra sociale che di liberalismo assoluto (NB: non sono un politico. I politici mi scuseranno se ho usato termini forse impropri)
  • “brave persone che sbagliano”,  uomini e donne di scienza compresi 

Se si guarda alla famosa lettera dei 500 “scienziati” del 2019, la maggior parte di coloro non sono ricercatori sul campo e non pubblicano i loro lavori su rivista scientifiche: 
  • nessuno, a parte l’estensore, ha esperienza aggiornata e continua nello studio del clima.
  • molti sono professori emeriti, quindi in pensione e spesso senza collegamento con il mondo della ricerca. 
  • alcuni nomi non sono seguiti da alcuna indicazione di esperienza nello studio del clima. 
  • altri ancora, come il visconte Monckton, sono noti per diffondere falsità sul tema del riscaldamento globale.

Poi ci sono altre caratteristiche comuni dei climascettici:
la drammatica situazione odierna che alcuni insistono a negare

  • molti passano abbastanza disinvoltamente e allegramente a seconda dei casi da: 
"è tutto naturale" a "il Global Warming è una bufala". Insomma dalla negazione dell’effetto-serra alla negazione del riscaldamento tout court. E la cosa farebbe ridere se la questione non fosse drammatica.
  • sono molto attivi sui social quando “fa un pò più freddo del normale”, ma scompaiono “misteriosamente” quando si raggiungono, come succede molto frequentemente, dei massimi delle temperature in qualsiasi stagione dell’anno e in qualsiasi parte del globo terracqueo. 
  • quelli meno competenti si comportano come i complottisti (perché di fatto lo sono): copiaincollano compulsivamente post e prese di posizione varia, ignorando il concetto di letteratura scientifica in peer-review.
  • anche i competenti (o quelli più scafati) fanno sempre riferimento a siti e persone (anzi, si rimbalzano le stesse notizia fra siti), ma MAI a dati pubblicati dalle agenzie ufficiali o dalla letteratura scientifica (se non per dire che sono taroccati)
  • non rispondono alle domande quando li incalzi: se tiro fuori in qulche discussione in cui rispondono parecchie volte in mezz’ora il post in cui ho evidenziato 6 domande su alcuni fatti legati alle temperature globali lungo la storia della Terra, pregandoli di trovare una soluzione alternativa a quella dell’effetto-serra del CO2, misteriosamente i climascettici scompaiono dalla discussione
  • distorcono decontestualizzandoli articoli scientifici reali. In questo usano le stesse tecniche degli antievoluzionisti; questo deriva dal fatto che spesso le due posizioni coincidono.
  • spesso nei grafici delle temperature eliminavano gli ultimi decenni per dimostrare che nel periodo caldo medievale le temperature erano superiori a quelle odierne (ah, in questo caso però i proxy con cui vengono determinate vanno bene…).

Questo fino ad oggi, quando il problema è diventato diverso. La negazione dei dati scientifici è diventata insostenibile e quindi negare il riscaldamento globale non è più possibile ed è dimostrato che il Sole non c'entra nulla con quanto è successo negli ultimi 20 anni. E allora il “nuovo climascetticismo” cambia metodo. Quindi, inevitabilmente, gli oppositori dell'azione climatica stanno strategicamente passando alla disinformazione.

Un esempio importante è quello attuale della alluvione di Valencia: un'indagine dell'agenzia France Press ha evidenziato la disinformazione che ha inondato i social media durante le catastrofiche inondazioni in Spagna
I falsi messaggi si sono moltiplicati sul web mentre le piogge torrenziali hanno colpito la Spagna il 29 ottobre. Il Virtual Operations Support Team, un'associazione di volontari che monitora i social media durante le crisi, ha detto all'AFP che tale disinformazione scatena il caos.
Hanno parlato di evacuazioni, straripamenti e – incredibilmente – addirittura di una la presunta "distruzione di dighe" da parte del governo. Quella delle dighe è stata una bufala che è girata anche sull’alluvione romagnola del 2023 e anche io sono stato pesantemente insultato quando ho fatto osservare un fatto reale e cioè che di dighe nei bacini coinvolti ce n’era una sola e il Bidente, il fiume che viene intercettato, proprio per questo è stato quello che ha fatto meno danni. Insultato negando l’evidenza… pazzesco...
Alcuni utenti di Internet si sono lanciati sul disastro con considerazioni demenziali in base alle quali la tempesta mediterranea eccezionalmente potente che l'ha innescata è stata opera di "geoingegneria climatica", escludendo l'influenza del cambiamento climatico, che ovviamente negano. Insomma, al solito hanno tirato fuori le scie chimiche (le strisce di condensa lasciate nel cielo dagli aerei), il progetto HAARP (una struttura con diverse antenne con il fine di ricerca scientifica sugli strati alti dell'atmosfera e della ionosfera, e sulle comunicazioni radio per uso militare) e l’inseminazione artificiale delle nuvole in Marocco (quest'ultima - ahimè - ripresa anche da testate giornalistiche italiane importanti...)

E anche da questo è derivata l'accoglienza ostile ai reali di Spagna.
Insomma, sullo sfondo del negazionismo climatico sta crescendo una gravissima forma di rigetto del problema basata sulle bufale più assurde e purtroppo, senza fare nomi, di leader politici e di media climascettici a questo mondo ce ne sono fin troppi. Anche a casa nostra.

venerdì 25 ottobre 2024

Lettera aperta degli scienziati del clima al Consiglio dei ministri nordico - Reykjavik, ottobre 2024: il possibile blocco della circolazione in Atlantico e le sue conseguenze


Pubblico tradotta in italiano la lettera inviata al Consiglio dei ministri nordico (organismo composto da Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svezia e Islanda con rappresentanze nei Paesi Baltici) da 40 scienziati. Sono sicuramente meno dei famosi 500 firmatari della lettera che diceva che il Global Warming è una tavanata galattica, ma la differenza fondamentale è che questi 40 sono davvero climatologi, mentre quei 500 facevano tutt’altro e quindi per chi li considera climatologi io sono un fisico delle particelle. La situazione è molto seria a causa del possibile blocco della AMOC, e cioè l'inversione verso sud della circolazione dell'Atlantico. Un suo blocco a sua volta causerebbe il blocco della Corrente del Golfo. 

L’originale in inglese si trova qui.
Qui ho parlato anni fa della AMOC e del possibile blocco della Corrente del Golfo. 

Noi sottoscritti siamo scienziati che lavorano nel campo della ricerca sul clima e riteniamo sia urgente richiamare l'attenzione del Consiglio dei ministri nordico sul grave rischio di un importante cambiamento della circolazione oceanica nell'Atlantico. Una serie di studi scientifici degli ultimi anni suggerisce che questo rischio sia stato finora ampiamente sottovalutato. Un tale cambiamento della circolazione oceanica avrebbe impatti devastanti e irreversibili soprattutto per i paesi nordici, ma anche per altre parti del mondo. 
La Scienza conferma sempre di più la regione artica come un’area focale per la regolazione del clima in tutto il pianeta e per il rischio di arrivare al punto di non ritorno climatico. In questa regione, la calotta glaciale della Groenlandia, il ghiaccio marino del Mar di Barents, i sistemi di permafrost, la formazione di vortici subpolari in acque profonde e l'inversione verso sud della circolazione dell’Atlantico (scientificamente  nota come AMOC – Atlantic Meridional Overturning Circulation) sono tutti attori vulnerabili a importanti cambiamenti non lineari interconnessi fra loro. L'AMOC è il meccanismo dominante di trasporto di calore verso nord nell'Atlantico settentrionale, determina le condizioni di vita per tutte le persone nella regione artica e oltre ed è sempre più a rischio di superare un punto di non ritorno.
Variazione media annuale della temperatura in uno scenario ideale di raddoppio della CO2 futura in cui l'AMOC di è è completamente fermata, da Luo et al (2017).
 
Il rischio è reale e può verificarsi nell'intervallo climatico di 1,5-2 °C di riscaldamento dell'accordo di Parigi. Il mondo si sta attualmente dirigendo ben oltre questo intervallo (> 2,5 °C). Nel rapporto di sintesi dell'IPCC (2023) si afferma con elevata sicurezza che la probabilità di cambiamenti bruschi o irreversibili nel sistema climatico aumenterà con il livello di riscaldamento globale e, analogamente, aumenta anche la probabilità di scenari che possono essere considerati di bassa probabilità ma sono associati a impatti negativi potenzialmente molto grandi. L'IPCC specifica inoltre che "i rischi associati a eventi singolari su larga scala o punti di non ritorno ... passano a un rischio elevato tra 1,5°C e 2,5°C" di riscaldamento globale".
Un recente rapporto dell'OCSE ha concluso che "le attuali prove scientifiche supportano inequivocabilmente la necessità di una azione climatica senza precedenti, urgente e ambiziosa per affrontare i rischi dei punti di svolta del sistema climatico". 
Per quanto riguarda specificamente il rischio del blocco della AMOC, l'IPCC conclude che "c'è una media sicurezza che la circolazione oceanica atlantica non si bloccherà bruscamente prima del 2100, ma se ciò dovesse verificarsi, molto probabilmente la cosa causerebbe bruschi cambiamenti nei modelli meteorologici regionali e grandi impatti sugli ecosistemi e sulle attività umane".
Ricerche recenti dall'ultimo rapporto dell'IPCC suggeriscono che l'IPCC abbia sottovalutato questo rischio e che il superamento di questo punto di non ritorno sia una seria possibilità già nei prossimi decenni.

Nonostante le significative ricerche sulla possibilità e sui meccanismi che possono determinare il blocco della AMOC, la probabilità che ciò accada rimane altamente incerta. Lo scopo di questa lettera è di richiamare l'attenzione sul fatto che solo una "media sicurezza" che l'AMOC non si blocchi non è rassicurante e lascia chiaramente aperta la possibilità che succeda addirittura durante questo secolo. E c'è una probabilità ancora maggiore che il blocco venga innescato in questo secolo ma si verifichi completamente solo nel prossimo. Considerate le crescenti prove di un rischio più elevato di un collasso dell'AMOC, riteniamo sia di fondamentale importanza che i rischi di un punto di non ritorno artico siano presi sul serio nella governance e nelle politiche. Anche con una probabilità media di accadimento, dato che l'esito sarebbe catastrofico e avrebbe un impatto sull'intero mondo per secoli a venire, riteniamo che sia necessario fare di più per ridurre al minimo questo rischio. Gli impatti, in particolare sui Paesi nordici, sarebbero probabilmente catastrofici, incluso un importante raffreddamento nella regione mentre le regioni circostanti si riscaldano, come in Figura. Ciò rappresenterebbe un ampliamento e un approfondimento della "macchia fredda" che si è già sviluppata sull'Oceano Atlantico subpolare e probabilmente porterebbe a condizioni meteorologiche estreme senza precedenti. Mentre gli impatti sui modelli meteorologici, sugli ecosistemi e sulle attività umane giustificano ulteriori studi, minaccerebbero potenzialmente la fattibilità dell'agricoltura nell'Europa nordoccidentale. Molti altri impatti saranno probabilmente avvertiti a livello globale, tra cui:
  • uno spostamento delle fasce pluviali tropicali
  • una riduzione dell'assorbimento oceanico di anidride carbonica (e quindi un aumento atmosferico più rapido) 
  • un ulteriore importante innalzamento del livello del mare, in particolare lungo la costa atlantica americana
  • uno sconvolgimento degli ecosistemi marini e della pesca 

Riconoscendo che l'adattamento a una catastrofe climatica così grave non è un'opzione praticabile, esortiamo il Consiglio dei ministri nordici a:
(a) avviare una valutazione di questo rischio significativo per i paesi nordici
(b) adottare misure per ridurre al minimo tale rischio il più possibile. 

Ciò potrebbe comportare lo sfruttamento della solida posizione internazionale dei paesi nordici per aumentare la pressione per una maggiore urgenza e priorità nello sforzo globale per ridurre le emissioni il più rapidamente possibile, al fine di rimanere vicini all'obiettivo di 1,5 °C stabilito dall'accordo di Parigi.

Seguono 40 (autorevoli!) firme, che non pubblico per brevità ma che sono visibili ovviamente sullo stesso sito in cui è pubblicata la lettera

Considerazioni personali: il pessimismo è d’obbligo anche perché come al solito i modelli passati continuano a rivelarsi ottimistici e perché lo scollamento fra mondo scientifico e società civile, anziché diminuire, si sta allargando a causa di irresponsabili spinte demagogiche che soffiano sulle ricadute civili, sociali ed economiche di un ripensamento del nostro modo di vivere.

Liu et al (2017). Overlooked possibility of a collapsed Atlantic Meridional Overturning Circulation in warming climate. Science Advances, 7 (2017). https://doi.org:10.1126/sciadv.1601666 

mercoledì 16 ottobre 2024

Origine ed evoluzione degli Pterosauri


I rettili volanti mesozoici, pterosauri e pteranodonti, sono profondamente radicati nell’immaginario popolare e sono spesso ritratti in libri e film. Includono i più grandi animali volanti mai conosciuti in una storia evolutiva durata più di 150 milioni di anni, tra il Triassico superiore e la fine del Cretaceo. Sono stati non solo i primi, ma anche i più grandi vertebrati ad aver sviluppato il volo a motore, ma rappresentano anche l'unico grande gruppo di vertebrati volanti attivi che si è estinto (nel mesozoico vivevano anche diversi mammiferi non placentati volatori come Volaticotherium antiquum, i quali però non risultano essere mai andati oltre alla fase del volo planato). Gli pterosauri sono stati i protagonisti di una delle principali radiazioni evolutive negli ecosistemi terrestri dell'era mesozoica, occupando nicchie ecologiche in cui erano importanti sia il volo che la camminata (quadrupede). Questo duplice adattamento ha portato a una vasta gamma di strategie di alimentazione, tra cui lo sviluppo di denti aghiformi per alimentarsi filtrando l’acqua, o musi dotati di un becco analogamente agli uccelli moderni.
L'origine di questo clade è stata molto dibattuta, ma le ultime ricerche hanno confermato la stretta parentela fra Pterosauri e Dinosauri, insieme ad un terzo gruppo di arcosauri, i Lagerpetidi, classici esempi di arcosauri bipedi corridori del Triassico.

immagine di uno pterosauro in una rivista inglese del 1870
FINALMENTE RISOLTA L’ORIGINE DEGLI PTEROSAURI. Gli pterosauri più antichi conosciuti:
  • avevano già un piano corporeo altamente specializzato legato alla loro capacità di volare
  • a complicare le cose, questi primi esemplari sono piccoli, scarsi numericamente e generalmente rappresentati da scheletri parziali compressi durante la sedimentazione. 
La mancanza di fossili attestanti i primi passaggi da animali terrestri a forme capaci di volare ha quindi reso complicato capire la loro parentela con gli altri rettili, determinando una delle domande più elusive nell'evoluzione dei vertebrati per oltre 200 anni.
Nella letteratura scientifica c’è un generale accordo sull’appartenenza degli pterosauri agli arcosauri. Questo importante gruppo di rettili originatosi nel Permiano superiore è uscito decisamente alla ribalta all'imizio del Triassico subito dopo l’estinzione di massa della fine del Permiano, quando sono stati protagonisti di una incredibile e rapidissima radiazione evolutiva, che complica non poco una visione immediata delle relazioni fra i vari gcladi che si sono evoluti. La divisione basale degli arcosauri, che si presume sia avvenuta subito dopo l’inizio del Triassico, è fra Pseudosuchia o Crurotarsi (gli arcosauri più vicini ai coccodrilli) e Avemetatarsalia: questi ultimi comprendono dinosauri – uccelli e altri gruppi sia erbivori che carnivori. 
Dopo la grande fioritura triassica già al passaggio Triassico - Giurassico gli arcosauri risultano quasi tutti estinti a parte i loricati (coccodrillomorfi) tra gli Pseudosuchi, e fra gli Avemetatarsalia i dinosauri e gli pterosauri (non c’è accordo sulla posizione dei coristorderi, estintisi a metà del Terziario: per alcuni sono arcosauri, per altri no).
Comunque la maggior parte delle analisi concordano sul posizionamento degli pterosauri nella linea di dinosauri e uccelli (quindi negli Avemetatarsalia). Ma altre analisi ne ipotizzano una parentela con gruppi di arcosauri molto antichi come i Tanistrofei o addirittura derivati da forme che si sono separate dagli altri arcosauri molto presto, già subito all’inizio del Triassico e quindi addirittura prima della separazione fra Pseudosuchia e Avemetatarsalia. In mancanza di fossili e – ovviamente – di dati genetici, si può ipotizzare parecchie possibilità (anche se – altrettanto ovviamente - ci vuole una certa ragionevolezza). Per chi fosse interessato un ottimo riassunto della storia delle idee sul posizionamento dei rettili volanti si può leggere in Baron (2021).
Finalmente Ezcurra et al (2020) hanno riconosciuto che gli pterosauri sono “cugini primi” dei Lagerpetidi. Si tratta di arcosauri bipedi corridori di piccole e medie dimensioni (solitamente lunghi meno di 1 m), provenienti da rocce del Triassico medio-superiore delle Americhe e del Madagascar: una morfologia piuttosto comune all’epoca, comune per esempio negli antenati dei dinosauri e dei coccodrilli. Lagerpetidi e Pterosauri condividono diversi caratteri anatomici i quali non possono che essere derivati da un antenato comune (in biologia cladistica si chiamano sinapomorfie.
Questa scoperta sostanzialmente:
  • accorcia il divario temporale e morfologico tra gli pterosauri più antichi e i loro parenti più stretti
  • rafforza l'evidenza che gli pterosauri appartengono alla linea degli arcosauri vicina a dinosauri e uccelli e non a quella dei coccodrilli.
Sul “quando” i primi pterosauri abbiano iniziato a diventare pterosauri non ho trovato molto. Essendo comunque un evento collocabile nel Triassico superiore suggerisco una contemporaneità con l’origine dei coccodrilli e dei dinosauri nel quadro dell’evento pluviale carnico, una fase ad accelerato turn-over della biodiversità.

Le enormi dimensioni di Quetzalcoatlus northropi
L’EVOLUZIONE ALL’INTERNO DEL CLADE PTEROSAURIA E IL GIGANTISMO. I primi pterosauri erano creature abbastanza piccole: solo in seguito hanno mostrato quella serie di adattamenti evolutivi che hanno permesso agi loro discendenti di raggiungere dimensioni enormi.
Smyth et al (2024) hanno evidenziato come i primi pterosauri fossero altamente specializzati nell'arrampicata, con modifiche di mani e piedi simili a quelle riscontrate negli animali arrampicatori odierni. Tale stile di vita ne limitava le dimensioni, poiché l'arrampicata è maggiormente gestibile per animali di ridotte dimensioni.
Tuttavia, durante il Giurassico medio, gli pterosauri svilupparono caratteristiche più adatte al movimento a terra. In particolare queste trasformazioni hanno interessato arti e membrane di volo: 
  • negli arti le ossa delle dita diventarono più lunghe e gli artigli più piatti e meno curvi. 
  • le membrane di volo, che nelle specie arboree collegavano i loro arti posteriori limitando i movimenti a terra, si separarono, consentendo una migliore indipendenza fra loro dei piedi.
Queste modifiche hanno migliorando significativamente le capacità di cammino e di corsa degli pterosauri.
Il passaggio a terra è stato determinante perché ha consentito agli pterosauri di evolvere strategie di alimentazione molto diverse, comprese quelle che sfruttavano ampiamente il volo e il raggiungimento di dimensioni corporee importanti, fino ad arrivare alla apertura alare di 11 metri di Quetzalcoatlus northropi, il cui corpo aveva circa le dimensioni di una attuale giraffa.

BIBLIOGRAFIA

Baron (2021). The origin of Pterosaurs. Earth-Science Reviews 221-103777 

Excurra et al (2020). Enigmatic dinosaur precursors bridge the gap to the origin of Pterosauria. Nature 588, 445-449

Smyth et al (2024). Hand and foot morphology maps invasion of terrestrial environments by pterosaurs in the mid-Mesozoic. Current Biology 34, 1–14


lunedì 14 ottobre 2024

Gas-serra (in particolare CO2) e riscaldamento globale: alcune considerazioni


Quando ho parlato del dissesto idrogeologico, qualcuno mi ha accusato di parlare in maniera ideologia avendo citato il riscaldamento globale fra i problemi. Eh, no... al contrario, io ho tirato fuori i dati e una loro interpretazione che, occamisticamente parlando, è quella più ragionevole. Quindi ribalto l'accusa di essere portatori di ideologia a chi nega lo stato delle cose. Gente che, oltretutto, a partire dai zichicchirichiani (seguaci di uno che spara idiozie a caso su clima e non solo, anche evoluzione, per esempio), segue la campana di gente che di climatologia e di storia della Terra non se ne è mai occupata. Una volta ne ho sentito uno: ha tirato fuori delle fesserie scientificamente indecenti e mi dicono che poi abbia rifiutato di presentare una sua pubblicazione a un convegno perché non voleva dopo il suo intervento una discussione. Tipico indice di insicurezza. Vediamo il punto della situazione sul perché i gas-serra come il CO2, nonostante il bassissimo tenore atmosferico, siano un problema.

dal sito Show your stripes si nota come l'aumento delle temperature
sia assolutamente rapido e globale, mentre in alti tempi
da qualche parte le temperature aumentavano e da altre no
e senza i picchi attuali 
Nonostante le migliaia di articoli sulle più autorevoli riviste scientifiche in peer review gli sconclusionati che "il CO2 non c'entra niente", mi hanno davvero abrasato i testicoli fino a farmeli sanguinare. Che il clima terrestre vari di continuo sono io il primo a dirlo. E penso anche che molti storici non ne tengano conto e proprio su questo argomento ho fatto insieme a Marco Cappelli di Storia d’Italia anche un Caffè-Scienza (un pò lunghetto, ma è visibile qui). In una fase come la nostra, uno dei rari momenti degli ultimi 2 miliardi di anni in cui sono presenti sul nostro pianeta delle calotte glaciali, le variazioni climatiche sono ancora maggiori che in tempi “normali”. Le traiettorie termiche sono diverse zona per zona, ma se nel passato ci sono momenti in cui le curve divergevano (ad esempio in Norvegia temperature vicine a quelle attuali sono state registrate negli anni ‘30 del XX secolo), oggi tutte le curve di tutta la Terra stanno evidenziando un aumento estremamente rapido (vedi al proposito l’interessante sito show your stripes dell’università di Reading).

I climascettici comunque continuano ad imperversare sui media e sui social con i loro discorsi privi di senso e si nota sulla questione un tragico scollegamento fra il mondo scientifico e grandi fette della Società. Quando chiedi ai climascettici le fonti al limite ti mandano qualche grafico taroccato (nel senso: amputato di parte della curva) o qualche filmato da Youtube, ma – ovviamente - nessun articolo in riviste scientifiche serie. Anzi, un esame attento degli studi che pretendono di rifiutare il riscaldamento antropico fa emergere che:
  • molti dei lavori che i climascettici citano non dicono quanto asserito
  • i pochi lavori che sostengono chiaramente che il riscaldamento globale non è causato dall’uomo non fanno altro che riferirsi a miti già sfatati da tempo.
Anni fa ho provato a fare ai climascettici 6 domande, chiedendo loro di come risolvere alcune importanti variazioni nelle temperature globali senza imputare come responsabile il CO2. Quando ho riproposto il post in qualche discussione sui social non ho mai avuto risposte se non, talvolta, i soliti commenti che tentano di spostare altrove l’attenzione o battute idiote. La cosa comica è che appena la temperatura scende un po' rispetto alla media i climascettici escono dalle cantine proclamando il complotto del mondo scientifico (a favore di chi? i fornitori di Terre Rare o i costruttori di batterie?), salvo evitare di commentare quando arrivano le notizie di nuovi record al rialzo delle temperature. Dopodiché molti di essi devono decidere se negare tout court i cambiamenti oppure se è colpa di altro (preferibilmente il Sole), visto che alternativamente passano da una di queste due posizioni all'altra con una certa disinvoltura. Mi è toccato anche leggere che il CO2 viene dai mari (negando i fatti e senza spiegare come), che il riscaldamento globale sia la più grande bufala del momento, oppure che il riscaldamento in Artico sia dovuto alle emissioni di gas e lave della dorsale mediooceanica di Gakkel.

il grafico della NASa evidenzia come negli ultimi decenni si perda
la relazione fra attività solaree temperature globali 
LA FORZANTE SOLARE. Indubbiamente esistono diverse forzanti del clima e quella solare è importante: a breve i cicli undecennali e a ritmo più lento delle variazioni plurisecolari. In particolare negli ultimi millenni c’è una chiara relazione fra fasi di attività solare più elevata, che corrispondono a periodi caldi come l’optimum climatico romano e quello medievale e periodi ad attività solare meno elevata come il periodo freddo della fine del primo millennio e la piccola era glaciale. Oltre a informazioni indirette in base agli anelli di accrescimento degli alberi e vari proxy geochimici abbiamo informazioni dirette solo sugli ultimi secoli, da quando Galileo scoprì le macchie solari, che sono un’indice dell’attività del sole (nei cicli undecennali aumentano nei massimi e vanno quasi a zero nei minimi. Più è intenso un ciclo maggiore è il numero di macchie solari). Il problema attuale è che, come si vede in questo grafico, al recente aumento delle temperature non si accompagna un aumento delle macchie solari e non ci sono variazioni significative dell’energia proveniente dal Sole. Quindi il velocissimo riscaldamento attuale non ha il Sole come forzante.



L’EFFETTO SERRA. La temperatura media globale della superficie terrestre, è maggiore di circa 33°C di quella di una ipotetica Terra senza atmosfera. Questo succede a causa della presenza di gas-serra, quei gas che sono trasparenti o bloccano poco la luce proveniente dal Sole, ma che assorbono invece i raggi infrarossi del calore riemesso dalla Terra. Si genera quindi una "forzante radiativa" (cioè una differenza positiva tra il flusso di radiazioni solari entranti e quello uscente terrestre). 
Oltre al CO2, altri gas – serra importanti sono vapore d’acqua, metano, NO2 e SO2 (questo limitatamente alla troposfera: nella stratosfera si comporta un icehouse gas perché forma aerosol che bloccano i raggi solari). Il vapore d’acqua ha una parte importantissima nell’effetto-serra generale, ma non ha avuto significative variazioni recenti e quindi non ha grossi effetti generali. Li ha locali e nel brevissimo tempo: basta vedere che a parità di altre condizioni l’alba di un giorno in cui il cielo è stato terso è più fredda di quella in cui la notte il cielo è stato nuvoloso. 
Vediamo nella parte sinistra della figura qui sotto - tratta dal sito della NASA - la radiazione emessa da un corpo nero a 294K (quindi a 21°C): si nota come la maggior parte della radiazione infrarossa emessa dalla Terra si trovi nelle frequenze catturate dal vapore d’acqua e dal CO2. Ecco perché con il raddoppio in 150 anni del tenore atmosferico di CO2 sta succedendo tutto questo casino.
Quindi i gas-serra rendono possibile la vita sul nostro pianeta, ma non devono essere troppi (anche bere troppa acqua fa male…), basta vedere quello che è successo a Venere, dove non sono esistiti quei processi (fotosintesi, alterazione delle rocce silicatiche, formazione di rocce carbonatiche, idrocarburi e carboni, calotte glaciali ed altri) che sulla Terra li hanno rimossi dall’atmosfera (ne ho parlato qui, indicando come il tenore di CO2 sia stato la forzante principale delle temperature su Venere, Terra e Marte). Insomma, il CO2 è poco ma dannatamente impattante proprio perché i suoi effetti si hanno soprattutto nella parte più importante dello spettro della radiazione riflessa dalla Terra. Se il suo spettro bloccasse soprattutto radiazioni a lunghezza d’onda maggiore farebbe meno effetto.
Nel grafico di destra invece si vede come la traiettoria delle temperature, precedentemente abbastanza in sincronia con l'attività solare, ne diverge negli ultimi decenni seguendo l'aumento del CO2.

a sinistra, la differenza fra la curva teorica della radiazione emessa da un corpo nero a 294 K e la radiazione emessa dalla Terra, che evidenzia importanti lacune nelle lunghezze d'onda assorbite dai gas - serra
a destra il grafico con tenore di CO2, temperatura globale e macchie solari: la relazione fra macchie solari e temperatura diverge negli ultimi decenni all'aumento del tenore atmosferico di CO2 


il tenore atmosferico di CO2 negli ultimi 400 milioni di anni
Si nota come oggi al livello più basso di tutta la storia della Terra
IL PROBLEMA DELLE EMISSIONI DI CO2 È ACUITO DALLA FASE DELLA STORIA DELLA TERRA CHE STIAMO ATTRAVERSANDO. Noi viviamo in una fase in cui ci sono delle calotte glaciali, il che è successo poche volte nella storia del nostro pianeta.
In sintesi, come ho scritto qui, i vulcani emettono mediamente 100 milioni di tonnellate di CO2 all'anno, ma di questa la maggior parte viene consumata dal sistema - Terra. Ogni tanto ad aumentare il tenore di CO2 ci pensano le Large Igneous Provinces (in sigla LIP), termine introdotto nel 1991 da Coffin e Eldholm (1991) per definire una vasta serie di lave (in genere basalti e il loro corrispondente intrusivo, i gabbri), che rappresentano la messa in posto sopra e nella parte superiore della crosta di ingenti quantità di magmi provenienti dal mantello. Vengono emessi centinaia di migliaia di km cubi, se non milioni di lave (in genere basaltiche) e ad esempio i basalti del Deccan occupano un quarto dell’India peninsulare.
Il massimo termico nel Cretaceo superiore al passaggio Cenomaniano - Turoniano circa 95 miloni di anni è stato causato dalla forte attività di LIP, che ha contraddistinto il Mesozoico, attività che però in seguito è diminuita drasticamente: da quel momento si siono messi in posto soltanto i basalti del Deccan al passaggio Cretaceo – Paleocene e i basalti dell’Atlantico settentrionale al passaggio Paleocene – Eocene (rispettivamente 65 e 55 milioni di anni fa) e in seguito solo due LIP minori (Columbia River e Afar). Così il tenore di CO2 ha continuato a diminuire. Quando poi l’Antartide è finita al Polo Sud, da cui non si è più mossa, la formazione della calotta polare ne ha sequestrato un quantitativo importante. Il risultato è che noi viviamo in un momento in cui il tenore di CO2 naturale è bassissimo e l’umanità sta agendo esattamente come un Large Igneus Province, ma con un tasso di emissioni ben superiore.

l'Italia attuale: con il tenore di CO2
e le temperature del Pliocene 
buona parte delle aree oggi costire sarebbe sommersa

IL TENORE DI CO2 È STATO BEN PIÙ ALTO NEL PASSATO ANCHE RECENTE, MA COME ERA LA TERRA? Guardiamo al Pliocene: il tenore di CO2 era più o meno come quello attuale, circa 400 parti per milione (Bartoli et al, 2011), ben oltre le 280 PPM di quello preindustriale. Però all’epoca senza la calotta glaciale artica il mare era ben più alto di adesso. Per ricostruire come sarebbe la geografia dell'Italia attuale ma con il livello marino del Pliocene basta considerare che in prima approssimazione buona parte delle aree in verde scuro sarebbero sotto il livello del mare (c'è una approssimazione perché la connessione fra quota topografica e un più alto livello del mare non è automatica perchè non considera le dinamiche della sedimentazione fluviale). All'epoca nei fiumi del Bel Paese nuotavano coccodrilli e nei boschi era pieno di scimmie: insomma, la fauna era non a caso quella tropicale. Ed è quello che si sta rischiando adesso: l'aumento del livello del mare mette in pericolo le zone costiere (solo un forte aumento del trasporto solido dei fiumi e delle alluvioni che lo depositano potrebbe limitare il fenomeno) e entro breve tempo dalle nostre parti potrebbero prosperare malattie tropicali; le faune dei mari caldi arrivano motu proprio dal Mar Rosso mentre altri invasivi di clima caldo arrivano grazie ai trasporti merci e passeggeri.
Da notare, comunque, che l’aumento del tenore di CO2 atmosferico può provocare, a causa dei cambiamenti climatici, giganteschi problemi per l’umanità tra aumento di fenomeni estremi (alluvioni devastanti e siccità in aree molto popolate), aumento del livello del mare ed altro, ma la biosfera, peraltro attualmente in forte difficoltà per la pressione antropica, riuscirà comunque ad adeguarsi. 
In gioco quindi non c’è la vita sulla Terra, ma la sopravvivenza dell’Umanità come la conosciamo.
 

BIBLIOGRAFIA CITATA

Bartoli et al (2011) Atmospheric CO2 decline during the Pliocene intensification of Northern Hemisphere glaciations Paleoceanography, VOL. 26, PA4213

Coffin e Eldhom (1994): Large Igneous Provinces: crustal structure, dimensions, and external consequences.Reviews of Geophysics 32, 1-36