I nuovi sfollati di Ischia non ci devono far dimenticare gli sfollati dell’Appennino centrale, dove nel quasi totale silenzio dei media sta succedendo una questione piuttosto imbarazzante per il nostro Paese: stampa, social network e opinione pubblica in genere (naturalmente in special modo chi è all’opposizione del governo attuale) puntano gli occhi verso le macerie che sono ancora lì e che, invece, come ho fatto notare più volte sono l’ultimo dei problemi. Voglio quindi parlare di quello che è il problema più importante del momento e cioè la fornitura dei moduli abitativi per la “ricostruzione leggera”, i prefabbricati burocraticamente noti come Soluzioni Abitative di Emergenza (in sigla: SAE). Le SAE sono fondamentali perché prima di effettuare la ricostruzione “pesante” e definitiva è necessaria la microzonazione sismica di livello 3 (con il fondato rischio che qualcuno dovrà avere il coraggio di dire ad alcune persone "qui non si può ricostruire" perché zona troppo esposta a rischio sismico o geo – idrologico). Sulla fornitura delle SAE siamo invece parecchio in ritardo; anzi, è questo il vero scandalo e invito dunque chi è all’opposizione del governo di farlo notare con vigore e a chi invece lo sostiene a chiedere di accelerare le procedure, pena la continuazione dell'immenso disagio delle popolazioni terremotate e il proseguimento di una pessima figura. E pensare che, probabilmente, tutti questo ritardi nascono da una procedura tanto burocraticamente corretta quanto farraginosa. Insomma, non è possibile in un momento d’emergenza pensare di seguire gli iter amministrativi assurdi dell’italica burocrazia, che diventano demenziali in questi casi.
Houston, abbiamo un problema…: dopo essere stato nelle zone terremotate dell’Italia Centrale avevo capito e illustrato su Scienzeedintorni, parlando con quelli che sono “sul campo” che il problema delle macerie è secondario e che ne sono altri più impellenti (ad esempio infrastrutture, tessuto economico) e che come azione propedeutica alla ricostruzione definitiva è assolutamente necessaria una seria microzonazione sismica.
Parlando delle emergenze provocate dagli eventi sismici del 2016 ho volutamente dato finora poco risalto al problema decisamente drammatico degli alloggi provvisori, volendo chiarire meglio la cosa in un post apposito da scrivere nei dintorni dell’anniversario, in corrispondenza del quale prevedevo che venisse data grane enfasi alle macerie e che in pochi purtroppo avrebbero parlato di infrastrutture, tessuto economico e microzonazione sismica e alloggi provvisori. E regolarmente è successo così.
Quando ho scritto che una famiglia terremotata può stare anche un anno in più in una casa in legno o in un prefabbricato (realizzata nel quadro della ricostruzione leggera in emergenza), ma non può stare senza lavoro, perché senza reddito non può andare avanti, sapevo infatti che avrei dovuto parlare dello scandaloso ritardo nella fornitura delle soluzioni abitative di emergenza (le SAE). Ma poi è venuta Ischia, dove il dibattito, anziché sulla irresponsabile edilizia isolana, verte molto idiotamente sul posizionamento dell’epicentro della debole scossa napoletana.
Per cui Amatrice e dintorni ora sono momentaneamente indietro nell’agenda e tocca quindi sforzarsi per ricordarlo.
I MODI DELLA RICOSTRUZIONE. Dopo un terremoto distruttivo la ricostruzione prevede due fasi:
- il “primo reinsediamento”, cioè la prefabbricazione leggera per famiglie, commercio, artigianato: banalmente, un sistema veloce in cui vengono allestiti dei centri urbani provvisori con dei prefabbricati (che oggi sono anche abbastanza confortevoli) e si riavviano il più possibile le attività imprenditoriali, sempre sfruttando costruzioni prefabbricate. La vocazione agricola dell’Appennino centrale renderebbe più semplice la cosa rispetto ad un’area fortemente industrializzata: fornire prefabbricati ad uso agricolo o edifici per attività artigianali è decisamente più semplice rispetto al ripristino di grandi fabbriche
- finita questa fase emergenziale comincia la ricostruzione pesante (cioè le abitazioni in muratura). Questo processo deve essere svolto con una certa calma, perché oltre alla zonazione sismica di livello 3 (per evitare di costruire in aree particolarmente pericolose in caso di nuovi eventi sismici), occorre anche dare un’occhiata alle aree a rischio geo – idrologico e a tanti altri aspetti. Svolgerlo con una certa calma, però, è possibile solo ed esclusivamente se tutti hanno un tetto abbastanza confortevole sulla testa (e un lavoro)
LA RICOSTRUZIONE LEGGERA È IN RITARDO. E PARECCHIO. Ebbene, il problema è che sulle Soluzioni Abitative di Emergenza siamo ancora – e parecchio – in alto mare e sulle SAE le Istituzioni si stanno giocando quel poco di credibilità che resta loro. Il comunicato della Protezione Civile del 24 agosto 2017 conferma che sono stati completati i lavori in oltre quaranta aree e sono state consegnate ai sindaci 743 casette, di cui 138 a Norcia, 373 ad Amatrice, 146 ad Accumoli, 42 ad Arquata, 22 a Pieve Torina, 11 a Montecavallo, 10 a Fiastra ed una a Torricella Sicura (TE). Peccato che il totale richiesto sia di 3.649 SAE per tutti i 51 comuni che ne hanno fatto richiesta e quindi l'operazione è conclusa in appena del 20% delle necessità. Eppure sul suo sito il Dipartimento di Protezione Civile riporta esplicitamente che “sulla base delle esperienze pregresse e grazie agli strumenti contrattuali messi in campo precedentemente, si è stimato sin dall'inizio che per la realizzazione delle SAE fossero necessari circa sette mesi”. Questa stima avrebbe dovuto tenere conto di numero e grandezza delle SAE richieste, tempistiche di progettazione e realizzazione, e del Complesso delle attività propedeutiche all’inizio dei lavori. Ora siamo ad un anno dal sisma e se anche le operazioni fossero partite 5 mesi dopo (quindi a febbraio) oggi dovrebbe essere già tutto a posto o quasi.
Insomma, il piatto piange, basta vedere la situazione in tempo quasi reale fornita dalla Protezione Civile a questo indirizzo: ad un anno dal sisma ci sono zone in cui non è ancora iniziato l’allestimento dei moduli abitativi di emergenza. Il che NON è tollerabile.
A questo punto bisognerebbe che le Istituzioni si dessero una mossa:
- a me sta benissimo che anziché puntare sul “demagogico” e cioè su cose sbagliate dal punto di vista tecnico ma di maggiore presa sull’elettorato (la rimozione immediata delle macerie seguita da un veloce avvio della ricostruzione definitiva) si sia deciso un iter meno spettacolare ma più corretto dal punto di vista tecnico, scientifico ed economico
- ma siccome con l’inverno alle porte il ritardo mi pare esagerato, da cittadino italiano pretendo una soluzione rapida sulla questione, e che quindi si provveda di corsa a sanare questa terribile situazione, pena una figuraccia epocale da parte del governo (il quale. anche se direttamente il processo non lo riguarda, essendo la Protezione civile fuori dal meccanismo e procedura affidata agli enti locali, è pur sempre il primo responsabile delle regole del gioco)
Inoltre bisogna considerare a distanza di un anno l'effetto psicologico sulla popolazione ancora senza una soluzione abitativa provvisoria (ma decorosa) per l’immediato futuro, costretta a vedere tutti i giorni le macerie delle proprie case (con il terribile ricordo di amici e parenti che in quelle rovine hanno perso la vita). E quindi – insomma – non sarò “strettamente necessaria dal punto di vista tecnico” ma la rimozione totale delle macerie sta diventando necessaria dal punto di vista psicologico.
Mi chiedo al proposito se la follia interpretativa che considera alla stessa stregua lo smaltimento dei calcinacci di casa per le ristrutturazioni e le macerie del terremoto possa essere sorpassata (ovviamente prevedendo un iter ad hoc per le parti in amianto ed altri prodotti pericolosi).
La carta della situazione attuale. Fonte: Sito del Dipartimento della Protezione Civile - Presidenza del Consiglio dei Ministri, contenuto non alterato - licenza CC-BY versione 4.0 |
LA SITUAZIONE ATTUALE DLLE SAE. Vediamo quindi la situazione dei moduli provvisori, burocraticamente noti come SAE (soluzioni abitative di emergenza). La carta qui accanto, presa dal link già indicato sopra, si riferisce alla seconda metà di agosto.
Innanzitutto definiamo il significato dei 5 pittogrammi della mappa, che lì per lì non paiono molto chiari anche perché lo stesso colore viene utilizzato con simboli diversi e lo stesso simbolo viene usato con colori diversi. Forse sarebbe stato meglio utilizzare 5 colori diversi indipendentemente dal pittogramma...
- il pittogramma bianco identifica le aree consegnate a chi deve eseguire la progettazione
- la pala in campo giallo contraddistingue le aree dove la Regione competente sulla base del progetto esecutivo, definisce e pubblica la gara per selezionare l’impresa che si occuperà di urbanizzare l’area (nei casi in cui le attività di urbanizzazione vengono affidate alle forze armate non viene espletata la procedura di gara) e, con la consegna dei lavori alla ditta vincitrice della gara, partono le attività. Quindi potremmo essere sia ad un punto “decente” (i lavori di urbanizzazione sono quasi finiti) come ancora in alto mare, e cioè essere ancora in attesa di vedere la gara.
- la pala in campo verde identifica la fine urbanizzazione, ma ancora le SAE devono arrivare. Per fortuna alle volte i lavori di urbanizzazione procedono insieme a quelli del montaggio delle SAE, ma sfortunatamente fra questi non sono considerati gli allacci di luce, acqua, gas, di solito completati in un secondo momento
- la casa in campo giallo identificano le aree dove le SAE sono ancora in montaggio
- la casa in campo verde identificano le aree dove l’installazione delle SAE è completata e sono stati montati gli arredi all’interno ma ancora il tutto non è consegnato al sindaco
- le case in azzurro sono i punti dove le SAE sono consegnate al Sindaco, il quale le deve assegnare ai cittadini
Vediamo che ad un anno dal terremoto, quando essendo passati più di 7 mesi dall’evento, dovrebbero esistere solo pittogrammi azzurri, i colori prevalenti sono giallo e verde se non ancora il bianco. Per le aree identificate dalla pala in campo giallo i ritardi sono evidenti, mentre per quelle con il pittogramma bianco la situazione va da “decisamente in ritardo” a “intollerabilmente in ritardo”. Per cui si deduce che o le stime della Protezione Civile sulla conclusione dell’operazione erano ottimistiche o qualcosa non ha funzionato.
E per me è “la seconda che ho scritto”. Vediamo perché.
IL COMPLESSO ITER BUROCRATICO DELLE SAE. Il processo che porta alla consegna al Sindaco delle SAE è il seguente:
- le aree dove sistemare i SAE sono state individuate dal comune dopo che i suoi tecnici ne hanno verificato l’idoneità dal punto di vista geo – idrologico (insomma, devono essere zone a rischio teoricamente ridicolo per alluvioni e frane)
- a sua volta la Regioni deve esprimersi in merito alla idoneità dell’area scelta
- poi la palla ritorna al Comune, perché se la stessa è di proprietà privata occorrono degli atti affinché la mano pubblica ne possa prendere possesso (in alcuni casi anche tramite esproprio)
- fatto questo la Regione consegna l’area a chi deve fare la progettazione, che ovviamente deve tenere conto del numero e del tipo di SAE richiesti
- il layout deve essere approvato formalmente da parte di Regione e Comune
- ricevuta l’approvazione il soggetto progettista entro venti giorni definisce il progetto esecutivo
- anche il progetto esecutivo deve essere successivamente sottoposto all'approvazione di Regione e Comune
- la Regione definisce e pubblica la gara per selezionare l’impresa che si occuperà di urbanizzare l’area
- con la consegna dei lavori alla ditta vincitrice della gara, partono le attività
Il punto 8 non si applica nei casi in cui le attività di urbanizzazione vengono affidate alle forze armate
Quindi in questo delirio burocratico la Regione si occupa della stessa area per ben 4 volte e il Comune 3. E, insomma, mi pare legittimo qualche sospetto sul fatto che la ricostruzione (anzi, in questo caso l’emergenza, dato che è appunto una fase ancora di emergenza), sia “un pochettino ritardata dalle formalità burocratiche”.
Ora, capisco l’emergenza, capisco tutto, ma ribadisco che ad un anno dal 24 agosto 2016 ci siano ancora diversi luoghi dove le SAE sono un miraggio beh… la cosa mi lascia interdetto e mi chiedo quanto abbia inciso nel ritardo (perché di ritardo si tratta e su un problema mica da poco) questo complesso iter burocratico.
COME USCIRE DA QUESTO CAOS BUROCRATICO? CAMBIARE LA LEGGE (E DI CORSA!). Siccome oltretutto ora il problema si pone anche per Ischia sono necessari dei provvedimenti per rimediare a questa assurdità.
Come uscire da questo caos burocratico? Semplice: occorre cambiare la legge cioè fare in modo che nell’emergenza gestita dalla Protezione Civile sia compresa anche la fase del “primo reinsediamento”.
In altre parole, se continuiamo a separare il reinsediamento dalla fase dell'emergenza la frittata è servita, come i terremoti del 2016 dimostrano in modo inequivocabile.
So che ora qualcuno storcerà il naso ma secondo me sarebbe molto bello se “saltando” le Regioni, il commissario per l'emergenza e il reinsediamento operi in prima persona confrontandosi esclusivamente con i sindaci nella loro qualità di massimi responsabili comunali della Protezione Civile. La procedura più snella inoltre (c’è solo la struttura di emergenza che opera in deroga alla burocrazia) consentirebbe di evitare i troppi passaggi burocratici che alla fine diventano di fatto uno scaricabarile delle responsabilità.
L’attività del Dipartimento di Protezione Civile in questo scenario si concluderà solo ed esclusivamente quando si è conclusa la ricostruzione leggera e si procederà a quella pesante.
Ad evitare qualsiasi sospetto di scarsa trasparenza, tutti gli atti, gli affidamenti, i costi e lo stato dei lavori dovranno essere resi immediatamente pubblici su un apposito sito.
Un complesso di SAE nella zona artigianale di Norcia |
CONSEGUENZE SECONDARIE DELLA SITUAZIONE ODIERNA. Oggi in questo ping–pong fra Enti Locali il sindaco rischia semplicemente di trasformarsi nel sindacalista dei propri cittadini contro il famigerato stato centrale (a cui si deve questa oscenità normativa) creando così il vero disastro sia per il reinsediamento che per la successiva ricostruzione pesante.
Inoltre questo processo inesorabilmente lento non alimenta certo la “fiducia dei cittadini nelle istituzioni”; anzi, direi che provocherebbe l’esatto contrario.
In una fase di sfiducia dei cittadini verso le istituzioni (che avrebbe potuto essere evitata semplicemente usando una procedura meno farraginosa) sarà facile che se dal punto di vista tecnico si renderà necessaria una delocalizzazione di un centro abitato (cosa che per qualche paese pare quasi scontata) dei tribuni improvvisati grideranno ad oscuri interessi di bottega ergendosi a difensori di coloro che chiederanno di ricostruire il proprio borgo “dov’era e com’era” aggiungendo caos alla confusione.
Insomma… qui in gioco non sono un governo nazionale, né le amministrazioni locali; sulla pelle dei terremotati è in gioco la credibilità del Paese. Che se le soluzioni abitative di emergenza non saranno pronte entro l’inverno, farà una pessima figura davanti a tutto il mondo civile, mentre le popolazioni affronteranno in condizioni difficilissime la nuova stagione fredda (che da quelle parti è davvero fredda..)
EDIT: DI SEGUITO RIPORTO UN COMMENTO DELL'AMICO MARIO SENSINI, GIORNALISTA CHE CONOSCE MOLTO BENE LA ZONA, VISTO CHE È ORIGINARIO DI QUELLE ZONE. LA SUA ESPERIENZA SUGGERISCE ALTRE CAUSE.
Caro Aldo,
per una volta non sono d'accordo con te, per più di un motivo. Intanto la burocrazia, ineluttabile come il terremoto, come causa di tutto. Se ti studi bene la situazione, scoprirai che le cause degli enormi ritardi sono altre.
La prima: l'errore madornale iniziale della Protezione Civile, che contrariamente a quanto dici gestisce anche la fase di reinsediamento, che ha aspettato prima di ordinare le casette che tutti i sindaci fossero pronti (poi quando hanno capito che mettere insieme tutti era impossibile, sono partiti lo stesso). (nota: io intendevo dire che si dovrebbero saltare almeno i passaggi in Regione)
La seconda: le difficoltà dei sindaci, cui tu proponi di delegare tutto.
A Visso, uno dei comuni più colpiti, le aree per le casette, sette per oltre 300 abitazioni, sono state "individuate" tra il 12 aprile e il 5 maggio scorsi, a dieci mesi dal terremoto.
A Pieve Torina, dove le Sae sono più di 200, hanno individuato le aree a inizio marzo: in tre di queste l'urbanizzazione è finita e in due hanno avviato le installazioni delle casette.
A Fiastra hanno fatto ancora prima, ad aprile le aree, a giugno l'avvio dell'urbanizzazione, già ultimata in tre aree, e un primo campo già consegnato.
A Camerino stiamo ancora a "carissimo amico". Le zone dove costruire sono state perimetrate tra fine luglio e il 24 agosto e solo in due aree su sette sono iniziati i lavori.
A San Paolo e Arcofiato hanno trovato le aree, ma non sanno ancora quante casette ci devono mettere!
Certo, stabilire dove mettere le casette, come dici anche tu, non è cosa facile: bisogna studiare il terreno, fare sondaggi, analisi, studi idrogeologici, devono essere vicine alle reti idriche e fognarie, a volte ci sono da fare gli espropri, non è una roba da dieci minuti.
Tieni conto che per fare restare la gente vicino ai propri paesi si è scelto di fare anche dei campi SAE con quattro casette, come a Croce di Visso, o addirittura tre come a Convento di Caldarola.
E che per farceli stare, in alcuni casi, si sono dovuti inventare l'impossibile: vai a vedere dove hanno appiccato le casette a Castelsant'Angelo, dove non c'è un terreno in pianura manco per farci un campo sportivo, o anche a Fiastra.
C'è un altro motivo per cui non concordo con te, il ruolo che attribuisci alla microzonazione sismica. Non è certo per quella che si sta ritardando la riparazione delle case, magari fosse così. Per quelle analisi i Comuni hanno ricevuto una media di 20 mila euro a testa: Fiastra ha dodici frazioni, ma con quei soldi ci fanno si e no due buchi (uno l'hanno fatto, dove dovevano ricostruire la scuola, e hanno scoperto che ci sono quindi metri di terreno franoso sotto!!!). Sono d'accordo con il fatto che una seria microzonazione sarebbe necessaria, e dovrebbe secondo me essere obbligatoria ogni volta che lo Stato ricostruisce coi soldi pubblici qualcosa, ma non è così... Abbracci.
EDIT: DI SEGUITO RIPORTO UN COMMENTO DELL'AMICO MARIO SENSINI, GIORNALISTA CHE CONOSCE MOLTO BENE LA ZONA, VISTO CHE È ORIGINARIO DI QUELLE ZONE. LA SUA ESPERIENZA SUGGERISCE ALTRE CAUSE.
Caro Aldo,
per una volta non sono d'accordo con te, per più di un motivo. Intanto la burocrazia, ineluttabile come il terremoto, come causa di tutto. Se ti studi bene la situazione, scoprirai che le cause degli enormi ritardi sono altre.
La prima: l'errore madornale iniziale della Protezione Civile, che contrariamente a quanto dici gestisce anche la fase di reinsediamento, che ha aspettato prima di ordinare le casette che tutti i sindaci fossero pronti (poi quando hanno capito che mettere insieme tutti era impossibile, sono partiti lo stesso). (nota: io intendevo dire che si dovrebbero saltare almeno i passaggi in Regione)
La seconda: le difficoltà dei sindaci, cui tu proponi di delegare tutto.
A Visso, uno dei comuni più colpiti, le aree per le casette, sette per oltre 300 abitazioni, sono state "individuate" tra il 12 aprile e il 5 maggio scorsi, a dieci mesi dal terremoto.
A Pieve Torina, dove le Sae sono più di 200, hanno individuato le aree a inizio marzo: in tre di queste l'urbanizzazione è finita e in due hanno avviato le installazioni delle casette.
A Fiastra hanno fatto ancora prima, ad aprile le aree, a giugno l'avvio dell'urbanizzazione, già ultimata in tre aree, e un primo campo già consegnato.
A Camerino stiamo ancora a "carissimo amico". Le zone dove costruire sono state perimetrate tra fine luglio e il 24 agosto e solo in due aree su sette sono iniziati i lavori.
A San Paolo e Arcofiato hanno trovato le aree, ma non sanno ancora quante casette ci devono mettere!
Certo, stabilire dove mettere le casette, come dici anche tu, non è cosa facile: bisogna studiare il terreno, fare sondaggi, analisi, studi idrogeologici, devono essere vicine alle reti idriche e fognarie, a volte ci sono da fare gli espropri, non è una roba da dieci minuti.
Tieni conto che per fare restare la gente vicino ai propri paesi si è scelto di fare anche dei campi SAE con quattro casette, come a Croce di Visso, o addirittura tre come a Convento di Caldarola.
E che per farceli stare, in alcuni casi, si sono dovuti inventare l'impossibile: vai a vedere dove hanno appiccato le casette a Castelsant'Angelo, dove non c'è un terreno in pianura manco per farci un campo sportivo, o anche a Fiastra.
C'è un altro motivo per cui non concordo con te, il ruolo che attribuisci alla microzonazione sismica. Non è certo per quella che si sta ritardando la riparazione delle case, magari fosse così. Per quelle analisi i Comuni hanno ricevuto una media di 20 mila euro a testa: Fiastra ha dodici frazioni, ma con quei soldi ci fanno si e no due buchi (uno l'hanno fatto, dove dovevano ricostruire la scuola, e hanno scoperto che ci sono quindi metri di terreno franoso sotto!!!). Sono d'accordo con il fatto che una seria microzonazione sarebbe necessaria, e dovrebbe secondo me essere obbligatoria ogni volta che lo Stato ricostruisce coi soldi pubblici qualcosa, ma non è così... Abbracci.