martedì 26 gennaio 2010

Il Canale di Sicilia e i suoi tanti vulcani


Il Canale di Sicilia è quel braccio di mare posto tra la più grande isola italiana e la costa africana. Separa il Mediterraneo occidentale, formato da bacini di recente apertura (Tirreno, Baleari, Alboran), da quello orientale che è l'ultimo residuo della Tetide, l'oceano che divideva l'Eurasia da Africa, Arabia e India. Giunzione quindi fra due modi diversi di “essere mare”, ha una topografia del fondo molto complessa e il suo significato geologico è stato ampiamente dibattuto.
Geograficamente divide l'Europa dall'Africa, ma geologicamente la cosa è un pò diversa in quanto fra le due coste c'è una certa continuità stratigrafica e strutturale.

Il fondo del Canale di Sicilia è formato da una piattaforma calcarea meso – cenozoica (calcari simili a quelli della Sicilia) spessa fino a 7 kilometri, all'interno della quale troviamo una gran quantità di vulcaniti alcaline. La crosta sottostante ha uno spessore molto minore che nelle zone adiacenti: 20 kilometri contro oltre 35. quindi c'è una evidente risalita del mantello terrestre verso la superficie.

La caratteristica topografica più spiccata sono 3 fosse allungate nella direzione del canale: una nella parte occidentale (il graben di Pantelleria) e due in quella orientale (il graben di Malta e quello di Linosa).
I fianchi delle fosse sono bordati da gradinate di faglie subverticali; al loro interno vi si trovano grossi spessori di sedimenti miocenici e post – miocenici. La profondità varia tra i 1400 e i 1700 metri, decisamente superiore al resto del canale, dove il fondo si attesta mediamente sui 400 metri. Non ci sono dati diretti sulla natura della crosta sotto le coperture sedimentarie delle fosse, ma le prospezioni geofisiche indicano che probabilmente siano abbondanti le rocce vulcaniche.

Un aspetto caratterizzante del Canale di Sicilia è la presenza di molti apparati vulcanici, secondo alcuni autori il residuo di una attività che qualche milione di anni fa era molto più intensa.
Che Pantelleria e Linosa siano di origine vulcanica nessuno lo metteva in dubbio. L'eruzione della Ferdinandea dimostrò nel 1831 che anche davanti alle coste sudoccidentali siciliane c'era un vulcano (pure adesso vi sono evidenti fenomeni vulcanici collaterali come vene idrotermali e attività fumarolica).
Le zone intorno alla Ferdinandea, il cosiddetto “Banco Graham”, nascondono un edificio vulcanico che coinvolge altri banchi sottomarini chiamati coi nomi di "Terribile" e "Nerita". Tutti quanti non sono altro che coni secondari di un apparato vulcanico a forma di ferro di cavallo dalle rispettabili dimensioni (è largo 25 km e largo 30 km). In pianta è grande quasi come l'Etna, ma è molto più basso perchè rispetto al fondo marino si eleva di appena 500 metri. E' stato denominato Empedocle, in onore del filosofo che secondo la leggenda si buttò nel cratere dell'Etna per capire cosa c'era.

Un altro probabile vulcano è il monte Bannock. E' posto nella parte meridionale del graben di Pantelleria. Ancora nessuno l'ha studiato ma, vista l'area, un cono che si eleva di circa 800 metri dal fondo marino cosa potrebbe essere di altro? L'immagine sismica qui riprodotta lo dimostra abbastanza chiaramente. La cima piatta è lunga 3 km e larga uno.
Una curiosità è che l'Empedocle e il Bannock si trovano su una linea trasversale del canale che all'incirca corrisponde al luogo dove il Graben di Pantelleria finisce e si divide nel graben di Malta e in quello di Linosa. E' un'allineamento non casuale, visto che vi si addensano di preferenza gli epicentri dei terremoti. Gli ipocentri generalmente si trovano a profondità inferiori ai 30 km. Sia Pantelleria che Linosa sono parti di complessi vulcanici di grandezza superiore a quello che si vede sopra la superficie marina.

A parte l'Empedocle tutti gli altri vulcani sono posizionati lungo i fianche delle fosse tettoniche. E non è proprio detto che siano tutti noti, anzi la scoperta di qualche nuovo vulcano è possibile, perchè è facile trovare nelle aree in estensione crustale tanti vulcani piccoli alposto di pochi grandi.

Topografia, assetto strutturale, debole spessore crustale e diffuso vulcanismo alcalino sono tutti sintomi di un regime distensivo, in cui Sicilia e Tunisia si allontanano fra di loro. Il tutto è cominciato pochi milioni di anni fa, nel Miocene. Un modello geodinamico che gli assomiglia potrebbe essere la zona dell'Afar, nel corno d'Africa, dove il continente si sta smembrando e c'è una consistente attività vulcanica alcalina sparsa in molti centri eruttivi, di cui alcuni sono il risultato di singole eruzioni.

Però la posizione del Canale di Sicilia pone dei problemi interpretativi notevoli. Si colloca infatti nel cosiddetto “avampaese”, cioè è ancora una zona non deformata, sebbene prossima alla fascia di deformazione corrispondente all'asse della catena appenninico – maghrebide, la parte siciliana di quell’esteso sistema montuoso che interessa l’Africa (area Maghrebide) e l’Italia (Sistema appenninico), in Sicilia rappresentato dai Monti Peloritani, Nebrodi ed Erei.

Questa catena è formata da un complesso sistema di “falde” formatesi per i movimenti di convergenza tra le placche continentali Euro-Asiatica da una parte e Africana e Adriatica dall'altra. Questi movimenti hanno deformato i sedimenti del bacino posto tra i due continenti negli ultimi 100 milioni di anni (Cretaceo medio). Le deformazioni sono cominciate sui margini del continente euro-asiatico, estendendosi in tempi diversi prima ai domini dell’oceano posto tra i continenti, ed infine, alla definitiva chiusura di questo (con eccezione dello Jonio), spingendo il fronte della catena sul margine stesso della placca Adriatica e di quella Africana.
In un futuro geologicamente prossimo anche la zona del Canale di Sicilia finirà coinvolta nella orogenesi appenninico – maghrebide, come le Murge, il Gargano e la Sicilia sudorientale, come si vede dalla carta qui a fianco.

Ma per adesso la sua posizione è un po' strana: siccome è un'area in evidente estensione, cosa ci fa una zona di questo tipo all'interno di un'area dal regime complessivamente in compressione? Ci sono diverse interpretazioni, ascrivibili a tre diverse linee di pensiero:
- il Canale di Sicilia si è aperto perchè corrisponde a una linea trascorrente destra, in cui la Sicilia si muove verso SE rispetto alla Tunisia, con una leggera componente distensiva
- Il Canale di Sicilia è un rift che si è formato perchè la Sicilia e la Tunisia si stanno allontanando
- Una terza ipotesi attribuisce il rift a movimenti del mantello sottostante

Nei primi due casi questi movimenti sono riflessi locali diretti di un “gioco” molto più grande fra le due macrozolle euroasiatica e africana. Nel terzo sono effetti più indiretti di questa situazione.

La sismicità di fondo del Canale di Sicilia non è particolarmente elevata. Però contrariamente a quanto si pensava, la costa agrigentina non è tranquilla dal punto di vista sismico e lo dimostrano gli studi sulle rovine di Selinunte, che hanno evidenziato due importanti eventi sismici nella zona, uno ai tempi della Magna Grecia e l'altro in età bizantina.
Inoltre le coste sono a rischio tsunami che più che a un terremoto potrebbe essere causato dall'esplosione di uno dei tanti vulcani presenti in questo braccio di mare. E' una eventualità statisticamente molto remota ma che tuttavia deve essere presa in considerazione.

2 commenti:

punteruolorosso ha detto...

la parte della sicilia a ovest della linea tindari-letojanni si muove verso nord-ovest, giusto? potrebbe questo, in futuro, creare una subduzione del nuovo oceano tirrenico al di sotto della sicilia settentrionale?

Aldo Piombino ha detto...

non penso proprio che potrà evolvere in quella direzione