giovedì 19 ottobre 2023

Le zone di subduzione come motore delle celle convettive del mantello e quindi della tettonica a placche


Stimolato da quanto ha scritto Joao Duarte, a mio avviso una delle menti più brillanti che abbiamo fra i teorici della tettonica globale, vorrei fare il punto sullo stato dell’arte della ricerca in materia, perché rispetto al vecchio paradigma della semplice espansione dei fondi oceanici come motore dei movimenti delle placche di Hess dei primi anni sessanta oggi sappiamo che i “motori” sono diversi. O, meglio, le correnti di convezione esistono, ma sono una conseguenza della tettonica a placche, in particolare della subduzione della crosta oceanica nelle zone di convergenza e non la causa della dinamica terrestre. Lo avevo già fatto notare in tre post che scrissi sull’argomento una decina di anni fa. Da allora nella manualistica poco è cambiato e le correnti di convezione del mantello vengono ancora descritte - a torto - come il motore della tettonica a placche.

Carta di John T. Wilson del 1962 in cui propone la formazione dell'Oceano Indiano
a partire dalla separazione fra Africa, Antartide, Australia e Asia.
Si nota l'ipotesi di una dorsale che ha allontanato India e Australia
messa con il beneficio del dubbio. Hess fornirà una spiegazione degli allontanamenti
Per vedere come come in 50 anni dalla deriva dei continenti di Wegener siamo arrivati a John Tuzo Wilson e alla tettonica a placche, attraverso Holmes e le sue celle di convezione del 1931, ho scritto nel lontano 2009 questo post. Dopo Wilson altri tre giganti delle Scienze della Terra completarono il quadro: Dewey introdusse il termine "tettonica a placche crostali", Hess propose l’espansione degli oceani per spiegare l'esistenza di una dorsale oceanica, mentre Jason Morgan capì che la superficie del nostro pianeta è suddivisa in circa 20 placche.
In seguito ho scritto alcuni post facendo notare che i movimenti delle placche e l'espansione dei fondi oceanici possono essere addebitati a più meccanismi. Vorrei ricapitolare come la Scienza è arrivata allo stato dell'arte odierno, che purtroppo, non è ben recepito neanche nella comunità delle Scienze della Terra.

HARRY HESS, IL GEOLOGO SOMMERGIBILISTA E IL QUADRO TRADIZIONALE. Parliamo un po' più diffusamente di Harry H. Hess: era un geologo e comandante di sottomarini della Marina durante la seconda guerra mondiale (e per questo mi è molto simpatico, dato che anche mio nonno era un sommergibilista). Nell'immediato dopoguerra l’importanza dei sottomarini crebbe a dismisura e fu avviato da parte degli Usa un importante programma di mappatura dei fondi oceanici (a cui un comandante di sottomarini geologo non poteva certo sottrarsi!). Parte della sua missione consisteva nello studiare le parti più profonde del fondale oceanico. Nel 1946 aveva scoperto che centinaia di montagne dalla cima piatta, forse isole sommerse, modellano il fondale del Pacifico,  che si può considerare un pò una una estensione del lavoro di Darwin sugli atolli (Darwin, 1842). 
Negli anni ’50 furono scoperte le dorsali oceaniche. Ristudiando i suoi dati di anni prima e dopo aver riflettuto a lungo, nel 1960 Hess propose che il movimento dei continenti fosse il risultato dell'espansione del fondale marino. Nel 1962 aggiunse un meccanismo geologico per tenere conto del movimento dei continenti secondo Wegener: era possibile che il magma fuso da sotto la crosta terrestre potesse fuoriuscire lungo le dorsali oceaniche. Il magma continua ad uscire e “spinge” in là quello appena più vecchio e quindi le placche su entrambi i lati della dorsale (ad esempio nell’Oceano Atlantico le Americhe a ovest e Eurasia e Africa a est): così l’Oceano Atlantico diventa sempre più ampio ma le coste delle masse continentali non subiscono grandi cambiamenti (Hess, 1962).
In questo modo Hess ha dimostrato che l'idea fondamentale di Wegener era giusta e ha chiarito il meccanismo che dalla Pangea ha formato i sette continenti che ci sono familiari: i continenti fanno parte delle placche e non si muovono indipendentemente da esse, ma sono le placche stesse a spostarsi, trascinandoli con sé.
Questo è il quadro comunemente noto. In realtà le cose stanno diversamente.

IL RUOLO DELLE SUBDUZIONI SECONDO WILSON. Sempre Wilson all'inizio degli anni ‘70 intuì il ruolo delle zone di subduzione nella dinamica del mantello: lungo di esse l'affondamento delle placche nel mantello genera i moti di convezione che lo interessano e quindi a cascata l’espansione dei fondi oceanici. Questo quadro è supportato da osservazioni ed è riproducibile in modelli numerici (ad esempio Ueda et al, 2008) ma ha una conseguenza fondamentale: le correnti di convezione esistono, ma sono l’effetto e non la causa, ribaltando tutto quello che era stato pensato fino ad allora.

POSSIBILI CAUSE DELL’ESPANSIONE DEI FONDI OCEANICI. Per spiegarla, come avevo fatto notare, sono stati chiamati in causa diversi processi:
  1. trascinamento da correnti convettive del mantello: la placca è trascinata da una corrente convettiva del mantello. È l'ipotesi fondamentale su cui si basava già Arthur Holmes negli anni '30 per spiegare la deriva dei continenti come ipotizzata da Wegener e che era diventata il paradigma all’inizio della storia della Tettonica a placche negli anni '60
  2. trascinamento da parte della zona in subduzione (“slab-pull”): la crosta oceanica che subduce nel mantello (il cosiddetto slab) “trascina” la parte ancora in superficie della zolla
  3. spinta da parte della formazione di nuova crosta lungo una dorsale medio – oceanica: è l’ipotesi – diciamo così – “classica”: siccome il diametro della Terra rimane costante il continuo formarsi di nuova crosta oceanica lungo le dorsali medio – oceaniche impone che altrettanta crosta debba in qualche modo scomparire nelle zone di subduzione. Di fatto si vede bene in moltissimi casi la "coppia" formata da una dorsale dove si produce la nuova crosta e una zona di subduzione dove vecchia crosta scompare affondando nel mantello
  4. spinta da parte di un punto caldo: questo fattore agisce solo per tempi limitati ma può essere molto importante a causa della presenza di una zona di risalita di magma dal profondo che forma una serie di espandimenti basaltici. In sostanza, la presenza di questo materiale anomalmente caldo e quindi poco viscoso permette alla litosfera sovrastante velocità maggiori. Ad esempio proprio per il caso della deriva dell'India al passaggio Cretaceo – Terziario era attiva la serie dei Trappi del Deccan in cui in meno di 1 milione di anni sono stati messi in posto circa 1 milione di km cubi di magma. Questo può dare conto della velocità estremamente elevata che sembra aver avuto l'India proprio in quel momento e anche della temporanea inversione del movimento verso E dell’Africa.

questa figura tratta da Meschede e Warr (2019) evidenzia come la litosfera in subduzione
più fredda provochi, immergendosi, un richiamo verso l'alto di parte della astenosfera più calda 
presente ai lati del cuneo in subduzione
IL QUADRO ATTUALE. Questa immagine, molto semplice, tratta da Meschede e Warr (2019) illustra relativamente bene lo stato dell’arte della ricerca sulla tettonica delle placche nel contesto dinamico del mantello:
  1. nelle zone di convergenza le placche oceaniche entrano nelle zone di subduzione 
  2. le placche oceaniche affondano perché sono più dense del mantello circostante e sottostante
  3. la subduzione genera un flusso di ritorno (frecce rosse tratteggiate) che a sua volta induce la risalita di materiale profondo, i mantle plumes (pennacchi del mantello)
Notiamo quindi una inversione dei rapporti di causa – effetto: è la perturbazione provocata dalla subduzione a provocare a sua volta i flussi ascendenti del mantello (e quindi la corrente di convezione) e non il contrario. 
Per capire meglio la situazione prendiamo come modello di riferimento le correnti di convezione verticale negli oceani: si generano perché l'acqua più fredda nelle aree polari affonda, provocando la risalita passiva di masse d'acqua più calde. La stessa cosa accade nel mantello terrestre: il materiale più freddo (e più denso) della superficie che scende genera la convezione, e i plumes sono zone di risalita del mantello.
Alcuni di questi plumes arrivano verso la superficie. In questo caso la diminuzione della pressione provoca la fusione parziale della roccia e quello che arriva verso la superficie forma nuova crosta oceanica lungo una dorsale, dopo che si è aperto un rift, generalmente lungo una sutura precedente fra due masse continentali che si erano precedentemente scontrate (Butler e Jarvis 2004). La crosta oceanica sarà formata da peridotiti (il residuo refrattario della fusione parziale del mantello del plume) e da magmi a composizione basaltica tipici di questo ambiente tettonico, i cosiddetti Normal MORB (Mid Oceanic Ridge Basalts). Questi magmi possono arrivare ad eruttare i basalti MORB sul fondo oceanico oppure formano complessi gabbrici se si raffreddano senza arrivare in superficie.
I corollari di questo scenario sono:
  1. le placche in subduzione sottostante generano la maggior parte delle correnti di convezione del mantello. 
  2. Le placche sono anch'esse parte delle celle di convezione.

IL PROBLEMA DI COMUNICAZIONE ATTUALE. Purtroppo la maggior parte dei manuali continua a usare il vecchio quadro delle correnti di convezione e quindi che è l’espansione dei fondi oceanici a generare il movimento delle placche. Ora, questo non solo non è supportato dalle osservazioni, ma nessun modello numerico è stato in grado di riprodurlo. È semplicemente sbagliato. Non c'è altro modo per dirlo. Insomma, dal punto di vista della comunicazione, siamo fermi agli anni ‘60. 


BIBLIOGRAFIA

BUTLER E JARVIS (2004). Stresses induced in continental lithospheres by axisymmetric spherical convection. Geophysical Journal International 157, 1359–1376

DARWIN (1842). The structure and distribution of coral reefs. Being the first part of the geology of the voyage of the Beagle, under the command of Capt. Fitzroy, R.N. during the years 1832 to 1836. London: Smith Elder and Co

HESS
 (1962). History of ocean basins. In: ENGEL et al (eds) Petrologic Studies: a Volume in Honor of A.F. Buddington. Geological Society of America, New York, 599–620. 

HOLMES, A. (1931). Radioactivity and Earth movements. Transactions of the Geological Society of Glasgow, 18, 559–606,


MESCHEDE E WARR (2019). Plate Tectonics, the Unifying Theory  in: The Geology of Germany  Regional Geology Reviews © Springer Nature Switzerland AG 2019. 5, 25-31

UEDA et al (2008). Subduction initiation by thermal-chemical plumes: numerical studies. Phys. Earth Planet. Inter. 171, 296–312. 


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