lunedì 23 ottobre 2023

È forse necessario nelle progettazioni idrauliche passare da un approccio storico (le piene duecentennali) ad un nuovo approccio che consideri gli eventi estremi possibili in un bacino?


Prendo spunto dalla questione del nuovo aeroporto di Firenze per una serie di considerazioni che riguardano la progettazione di nuove opere impattanti nel territorio (e, volendo, per una mitigazione del rischio in quelle vecchie): già adesso mi hanno riferito che il Consiglio Superiore del Lavori Pubblici richieda come scenario di confronto per le opere che incidono sui corsi d’acqua la piena duecentennale aumentata di una certa percentuale, ma la sempre maggiore frequenza delle celle temporalesche autorigeneranti V-shaped e dei Medicanes mi spinge a ipotizzare la necessità di modificare il paradigma, cambiando lo scenario di riferimento, che oggi è quello storico, a quello di una modellazione basata sui possibili effetti in un bacino delle precipitazioni associate ad una cella temporalesca autorigenerante V-shaped. Ringrazio l’amico prof. Fabio Castelli, per le ampie discussioni che mi hanno molto aiutato sull’argomento.

ITALIA E OPERE PUBBLICHE: TROPPA IDEOLOGIA. Una caratteristica di base della cultura politica e sociale del nostro Paese è la trattazione dei progetti sulla costruzione di opere pubbliche in maniera ideologica, sia da parte di chi è a favore sia da parte di chi è contrario. Con questo approccio i dati purtroppo contano meno dei preconcetti ideologici, che purtroppo spesso prescindono da quella che è la logica scientifica, ambientale e trasportistica. Non solo, ma spesso chi discute evita di proposito di leggere i dati (e talvolta anche i progetti) se vanno contro le loro convinzioni o desideri, oppure cita esclusivamente (e disonestamente) solo quelli a favore della propria tesi. 
Insomma, in genere manca un approccio “laico” alle opere, grandi o piccole che siano e anche per questo l’Italia è la patria della sindrome NIMBY (no, non nel mio cortile!).
A trattare argomenti del genere senza tenere conto dei dati (o citando solo quelli che appoggiano la propria tesi), succede spesso che vengano realizzate infrastrutture inutili e non vengano realizzate infrastrutture utili, oppure le realizzazioni lascino parecchio perplessi quando sono dettate da compromessi che non hanno nulla di logico. E questo è un altro motivo del declino del nostro Paese.

IL NUOVO AEROPORTO DI FIRENZE. La conseguenza del problema di cui sopra è che in tutto questo marasma di discussioni i progetti si trascinano per anni, se non decenni. La questione dell’aeroporto di Firenze ne è un esempio classico visto da quanto tempo se ne parla. In buona sostanza le ipotesi sono 3: (1) lasciare le cose come sono, (2) realizzare in alternativa alla pista attuale una seconda pista perpendicolare ad essa e (3) chiudere tutto. Non intervengo in questi aspetti anche se, per onestà intellettuale e correttezza nei confronti di chi legge, considerazioni trasportistiche, ambientali ed economiche (i famosi “dati”!) mi spingerebbero verso la (2). Quindi non sono del tutto neutrale, ma un conto è essere neutrale, un altro essere obbiettivo e personalmente mi sento in dovere di fare le pulci sia ad opere sia ad opere a cui sono tendenzialmente contrario, sia a maggior ragione ad opere a cui sono tendenzialmente favorevole, perché farei anche io una brutta figura.
Ho in proposito solo una perplessità su questo progetto, di cui approfitto per parlare di una questione più larga e cioè se e come la normativa idraulica debba o no essere modificata alla luce dei cambiamenti climatici. Questo vale nelle più varie situazioni, da un territorio allo stato “quasi naturale” a una realizzazione in una plaga ampiamente antropizzato.
La cosa si dovrebbe anche applicare anche alle decisioni da prendere per rimediare ad evidenti guasti fatti per rendere maggiormente sicuri territorio, infrastrutture e manufatti in genere. Ad esempio nella mitigazione del rischio idraulico per l’abitato di Firenze a monte del ponte S. Trinita del 2021 deve essere garantito un franco di 70 cm per la piena duecentennale nello scenario futuro (cioè con realizzate le casse di espansione del Valdarno superiore (ne ho parlato qui) e 70 cm non sono proprio pochi.

il reticolo idrografico della piana fra Firenze, Sesto Fiorentino e Campi Bisenzio con la nuova pista 

FARE I CONTI CON I GUASTI DEL PASSATO. Non mi stancherò mai di ripetere che per “guasti fatti” mi riferisco alla drastica diminuzione dello spazio concesso a fiumi e specchi d’acqua: le pianure come le vediamo, dalla più grande alla più piccola a parte poche rilevanti eccezioni non sono naturali perchè una volta erano aree acquitrinose nelle quali i fiumi erano liberi di fare gli affari propri, spostando il corso a loro piacimento. Inoltre paludi e lagune fungevano anche da enormi casse di espansione che tenevano abbastanza costante il livello di un fiume. 
Le bonifiche hanno cancellato la malaria, liberato ampi territori per l’agricoltura ed altre cose utili all’Umanità, ma hanno ridotto lo spazio a disposizione per i fiumi; inoltre nelle pianure l’urbanizzazione ha sigillato una gran parte del territorio, cancellando il reticolo idraulico. La costruzione delle casse di espansione serve proprio a laminare le piene, ripristinando in parte quello che era il loro stoccaggio nelle paludi. 

LA LEGISLAZIONE ATTUALE: LA PIENA DUECENTENNALE. Per legge, dal punto di vista idraulico, i progetti devono essere riferiti alla portata di una piena duecentennale. Mi giungono voci in base alle quali da un po' di tempo il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici chieda di considerare un certo incremento di questo valore. Per quanto riguarda l’estero, non sono a conoscenza di revisioni particolari (ma è possibile che sia io a non saperne niente), tranne che in Olanda dove hanno alzato il tempo di ritorno (insomma, più o meno come se noi aumentassimo la piena di riferimento dalla duecentennale alla cinquecentennale). 

le porte vinciane alla confluenza
dei fossinel fiume Bisenzio
LA QUESTIONE IDRAULICA DELL’AEROPORTO DI FIRENZE. Venendo nello specifico al caso dell’aeroporto fiorentino, intervenire con infrastrutture importanti su un territorio già ampiamente antropizzato è sempre complesso. I problemi ambientali paiono risolti in maniera egregia (a parte alcune infrastrutture per la mobilità), ma c’è una questione su cui sono piuttosto perplesso: il tracciato attuale del Fosso Reale confligge con il nuovo rilevato e deve essere modificato. 
Il fosse Reale è un canale di bonifica che a monte della progettata pista raccoglie le acque provenienti da Monte Morello e che poco a valle rispetto al sito dell'intervento diventa quello centrale di 3 fossi: a destra il Collettore Acque Basse e a sinistra il Collettore Sinistro Acque Basse. Il Fosso Reale e il Collettore Acque Basse sfociano nel Bisenzio a San Mauro a Signa, dopo un percorso di 6 km dall’interferenza con la pista e a meno di 1 km dalla foce del Bisenzio nell’Arno; il Collettore Sinistro invece finisce direttamente in Arno a monte della foce del Bisenzio; prima della foce dei primi due nel Bisenzio, è presente un sistema di "porte vinciane": sbarramenti mobili ad altezza fissa che sfruttano la variazione di livello del corso d'acqua. Sono dette "vinciane" perché si presume che siano state inventate da Leonardo Da Vinci. Questo sistema parzializza progressivamente il deflusso con il rialzarsi dei livelli dei corsi d'acqua, fino a determinarne la completa chiusura con il transito delle piene del fiume Bisenzio: in tal caso tutto quello che passa per i tre fossi defluisce in Arno attraverso il Collettore Sinistro. 
Un aspetto interessante di questi 3 fossi a valle della progettata pista è la presenza di 3 anse, che rallentano un po' eventuali flussi di piena. 

il progetto della deviazione del Fosso Reale
L’asta fluviale del Fosso Reale (che di naturale non ha proprio nulla) si trova abbastanza vicina al termine del rilevato della pista, pertanto il progetto prevede oltre a sistemazioni del reticolo a monte della pista (in particolare briglie e rimboschimenti sul versante di monte morello), anche una deviazione dell'alveo, con tre curve: una prima grossolanamente ad angolo di circa 90° e una seconda morbida a 180° con all’esterno una cassa di espansione che ricorda bene la geometria di un meandro fluviale; infine, una terza, ancora ad angolo di 90° come la prima, reimmette il fosso nel tracciato attuale. Ci sono poi altri interventi sul reticolo dei fossi che però non riguardano l'argomento generale del post e quindi evito di descriverli.
Lungi da me criticare le anse dei fiumi e dei canali (anzi, rappresentano un valore rispetto alle aste fluviali in linea retta e dipendesse da me li farei rifare tutti con delle belle anse...) e sono sicuro della rispondenza dal punto di vista idraulico – legale del nuovo corso del Fosso Reale e della cassa d'espansione agli standard normativi (ci mancherebbe altro!), però mi aspetto (e auspico) che essendo una soluzione con funzionamento idraulico “non standard”, verrà richiesto in fase di progettazione definitiva un qualche studio su modello fisico, in modo da verificare aspetti su cui i normali modelli numerici lasciano ancora margini di incertezza. Annoto che nella revisione del progetto si dice che rispetto al progetto originario, il percorso del Fosso Reale viene ridotto di circa 1.100 metri rispetto alle  previsioni di Masterplan, con evidenti benefici in termini di deflusso idraulico e velocità di scorrimento idrico. Resto sbalordito da questa asserzione: una riduzione così decisa del percorso riduce il volume delle acque contenibili dal fosso, e si continua a dire che la velocità di deflusso sia un valore positivo, quando invece potrebbe essere un problema per quanto sta a valle.


una cella temporalesca autorigenerante V-Shaped in Liguria e un Medicane sul Tirreno:
fenomeni sempre più frequenti

NORMATIVA IDRAULICA E CAMBIAMENTI CLIMATICI. Dopo questa lunga introduzione vengo ora al tema di cui vorrei parlare: l'ipotetico comportamento di un sistema idraulico rispetto ad eventi inusuali come quelli a cui stiamo assistendo da qualche anno a questa parte.
La mia opinione è che siamo davanti ad un tema talmente ampio da richiedere dei profondi cambiamenti a livello normativo: il tradizionale approccio progettuale è incentrato sui tempi di ritorno di un evento di massima portata (la “piena duecentennale); ora, considerare la duecenennale sarebbe un criterio valido con un clima costante, ma purtroppo la velocità a cui stanno procedendo i cambiamenti climatici ormai evidenti pone appunto il serio problema di quanto l’approccio “storico” possa essere ancora significativo. Mi chiedo quindi se sia da modificare questo paradigma, e lasciando per ora perdere l'esistente, richiedere per i nuovi interventi una verifica del comportamento rispetto a scenari non necessariamente legati al tempo di ritorno ricavato dalla storia passata del bacino, ma a scenari catastrofici purtroppo plausibili dal punto di vista climatico-fisico. 
Detto che in questo momento con l’evoluzione climatica in corso sono fonte di preoccupazione maggiore i bacini minori di quelli principali (ad esempio, per rimanere su Firenze il torrente Ema mi preoccupa molto più dell’Arno), definire cosa sia fisicamente plausibile, ancorché catastrofico, è una sfida scientifica ancora molto aperta. 
La tempesta del 15 settembre 2022 in particolare è stata rivelatrice di un pericolo maggiore rispetto al preventivato: a partire dall’evento di Stazzema del 1996, per proseguire con tutti gli altri disastri simili, sembrava che queste perturbazioni fossero relegate ad aree costiere oppure potessero proseguire solo in zone “abbastanza pianeggianti”, magari fino ad un ostacolo successivo, come succede in Veneto, oppure in Piemonte e Lombardia occidentale, dove possono arrivare, attraversando il non elevato Appennino ligure, i V-shaped che si formano nel Golfo di Genova. Invece la tempesta marchigiana ha attraversato quasi in direzione trasversale quasi tutta la penisola, prima di scaricare tutta la sua furia sulla dorsale del monte Catria (ne ho parlato qui), dimostrando che anche nell’Italia peninsulare aree interne molto lontane dal mare sono a rischio per questi fenomeni.
Il tutto mentre i nuovi fenomeni degli uragani mediterranei (i cosiddetti Medicanes) stanno flagellando sempre di più l'Italia meridionale.

Monte Morello visto dall'autostrada e dalla vecchia pista aeroportuale
UN NUOVO PARADIGMA PER LA NORMATIVA IDRAULICA? Provo pertanto ad ipotizzare ad esempio come scenario – limite di riferimento per l’Italia centrale e meridionale (in Liguria e in tutta l’Italia settentrionale le cose possono essere diverse) gli effetti di una cella autorigenerante V-Shaped simile a quello che ha colpito le Marche nel settembre 2016; pertanto propongo un cambiamento di paradigma, e cioè fissare le prescrizioni idrauliche non su eventi precedenti avvenuti nel bacino oggetto dell’intervento e quindi sulla piena duecentennale, ma sulla reazione del bacino stesso ad una eventuale situazione di questo tipo. 
Risolta la questione scientifica (che non sarà semplice: potrebbero essere fissati dei massimi di pioggia per aree ben più estese, in base a morfologia, orientazione, correnti e quant’altro), questa andrebbe poi tradotta in prescrizioni sulla progettazione, in quanto un progettista non è uno studioso, bensì un tecnico che esegue gli studi che gli vengono richiesti da normativa, secondo lo stato dell'arte corrente, e solo per quelli viene pagato. Naturalmente è possibile nel corso della progettazione di un’opera la prescrizione di ulteriori studi ed approfondimenti particolari da parte delle amministrazioni coinvolte, ma anche queste difficilmente si muovono al di fuori delle normative correnti sulle opere pubbliche. 

Nel caso di cui parlo specificamente, la dorsale di Monte Morello, alta 900 metri e il cui lato rivolto a SW verso la piana di Firenze è quasi una parete verticale, per la sua orientazione può essere considerata a rischio di essere investita da una cella V-shaped e quindi a me piacerebbe vedere una modellazione della risposta del reticolo idrografico e del territorio di Monte Morello a un evento analogo a quello marchigiano in cui piovono 400 mm di pioggia in 6 ore.


1 commento:

Marcos ha detto...

Mentre leggevo le notizie delle alluvioni di ieri, pensavo a questo articolo che avevo letto pochi giorni prima.
Sembra premonitore, si è praticamente avverato quanto scritto nelle ultime righe, con una modellazione reale però.