venerdì 11 febbraio 2022

I terremoti di Reggio Emilia del 9 febbraio 2022


Anche prima di averne la certezza con l’emissione da parte di INGV del meccanismo focale era ovvio che gli eventi di ieri sera vicino a Reggio Emilia avessero un meccanismo di faglia inversa suborizzontale (insomma sono sovrascorrimenti, noti internazionalmente come thrust), esattamente come nel 2012. In quella zona sono eventi non molto frequenti ma alle volte hanno una intensità notevole, e purtroppo nella popolazione locale non c’è in genere una consapevolezza di questo, nonostante che già nel 1993 i geologi ferraresi lo avessero sottolineato.

GEOLOGIA DELLA PIANURA PADANA EMILIANA. Qui accanto si vedono i fronti delle pieghe sepolte sotto la pianura padana. Vediamo in dettaglio cosa succede. Grossolanamente la geologia della pianura padana nel settore emiliano – romagnolo, che si vede nella sezione qui sotto, è questa:
1. BASAMENTO ERCINICO PALEOZOICO (non raffigurato): rocce metamorfiche simili a quelle che sitrovano in alcuni settori del lato italiano delle Alpi, formatesi durante l’orogenesi varisica, quando il Gondwana si scontrò con Euroamerica (diciamo nel Carbonifero, tra 300 e 350 milioni di anni fa)
2. SERIE TRASGRESSIVA TRIASSICA (in viola): come ho scritto specificamente in questo post, l’unione fra Gondwana ed Euroamerica è stata molto breve e dopo alterne vicende ha iniziato dal Triassico ad aprirsi la Tetide. Nella futura piattaforma adriatica si sono deposti sedimenti costieri e di mare basso, tra ci degli scisti scuri perché ricchi di materia organica e che rappresentano le cosiddette “rocce – madri” del petrolio padano. Questa serie si ritrova oggi in affioramento solo nel Canton Ticino
3. SERIE CARBONATICA MESOZOICA E TERZIARIA INFERIORE (in azzurro e verde): l'approfondimento del bacino e la collocazione in area tropicale e subtropicale, unita alla mancanza di apporti sedimentari dai continenti, ha consentito la formazione di una spessa serie di calcari sul bordo della placca adriatica. È abbastanza simile alla Serie Toscana
4. SERIE APPENNINICA DETRITICA OROGENICA (in marrone): quando l'area è rimasta coinvolta nella formazione di Alpi e Appennini è cambiata la sedimentazione perchè sono arrivati sedimenti provenienti dai continenti. Si formano quindi argilliti e arenarie
5. SERIE RECENTE DELLA PIANURA PADANA (in giallo e la parte chiara in alto): per un certo periodo (che in appennino dura ancora) una buona parte della zona è emersa e dalla sedimentazione siamo passati all'erosione. Nella pianura Padana in seguito sopra i depositi marini di cui sopra si sono formati (e senza l'intervento umano si formerebbero ancora) depositi fluviali, lacustri e palustri
Fino al punto 4 si tratta di rocce rigide e ben litificate. I sedimenti della pianura padana sono invece caratterizzati da una certa plasticità
TETTONICA. Nell'immagine qui sotto, tratta da Casero (2004) e che rappresenta la parte romagnola (ma il concetto è più o meno lo stesso) vediamo come le rocce terziarie sono piegate e fagliate. Queste pieghe sono visibili tramite prospezioni geofisiche. La deformazione però è talmente intensa che le pieghe si sono rotte e il loro asse si è trasformato in una faglia e quindi queste faglie rimangono confinate in profondità (anche se molto bassa). Pieghe e faglie coinvolgono tutta la serie dal basamento paleozoico alle arenarie terziarie, mentre la copertura sedimentaria recente, poco o per niente solidificata, si comporta in maniera plastica assorbendo la deformazione e gli effetti maggiori sono rappresentati dal sollevamento (visibile però solo grazie a raffinate tecniche di sfruttamento dei dati satellitari). Ci sono anche delle possibili ripercussioni sul reticolo idrografico


I movimenti orizzontali e verticali a cavallo dell'Appennino
MOVIMENTI VERTICALI E ORIZZONTALI. Tutta la fascia posta grossolanamente tra il Po e il crinale appenninico è in forte innalzamento, ad eccezione della fascia lungo la Via Emilia tra la costa e Reggio Emilia, dove è particolarmente evidente la subsidenza antropica.
Vediamo perché.
Il regime tettonico della catena appenninica risulta dal gioco fra due blocchi uno occidentale (tirrenico) e uno dall’altro lato della catena che comprende quindi la pianura padana e la fascia tra la catena e l’Adriatico (blocco padano – adriatico). Questi blocchi hanno movimenti diversi fra loro, misurabili rispetto all’Europa a N delle Alpi, la cosiddetta “Europa stabile”. È stato dimostrato prima dalle misure GPS (Farolfi e Delventisette, 2015 e referenze in quella bibliografia) e poi anche dal nostro lavoro con i dati radar satellitari InSAR (Farolfi, Piombino e Catani, 2019).
Suddividiamo i movimenti nella componente E-W e N-S (questa ultima rilevabile solo con il GPS e non con InSAR). Nella componente EW i due blocchi divergono perché quello orientale si muove verso E e quello occidentale verso ovest. Per cui nel tratto centrale e meridionale dove la catena appenninica è diretta circa NNW-SSE i due blocchi divergono: il risultato sono i grandi sistemi di faglie normali dell’Italia centro-meridionale con la loro importante sismicità, tragicamente nota in tempi recenti per gli eventi di 2009 e 2016.
Da Rimini in su nell’Appennino il regime tettonico diventa compressivo perché quando cambia direzione (lungo la pianura padana diventa all’incirca WNW-ESE) cambiano le cose la componente nord della velocità del blocco tirrenico è maggiore di quella del blocco padano-adriatico, per cui i due blocchi si scontrano.
Lo scontro inizia al di sotto della pianura padana e l’effetto fondamentale sono i grandi sistemi di pieghe e faglie nel sottosuolo.

sismicità risentita a Reggio Emilia
SISMICITÀ STORICA. In tempi recenti oltre al 2012 bisogna ricordate il terremoto del 1996. Nel catalogo parametrico dei terremoti italiani nel 1501 il modenese è stato colpito da un evento di M 6. Specificamente a Reggio Emilia a ieri ci sono ben 128 testimonianze di terremoti, dei quali 4 con risentimento dal VII grado mercalli in su e altri 10 tra il VI e il VII grado. I geologi ferraresi, con il mio carissimo amico Antonio Mucchi lo evidenziarono in un convegno del 1993. 20 anni dopo i loro timori si sono rivelati fondati anche nei più scettici, a parte i fessi che i terremoti dell’Emilia sono di origine antropica

E NO, L’ATTIVITÀ DI ESTRAZIONE DEGLI IDRICARBURI NON C’ENTRA NIENTE. Spero che non vengano fuori le solite fesserie delle trivelle. Ho chiaramente spiegato qui il perché i pozzi di petrolio e di gas non c’entrano nulla. Ribadisco che chi dice che il rapporto ICHESE abbia sancito i rapporti fra estrazione di idrocarburi e terrmoti del 2012 quel rapporto non lo ha letto. Dopodichè si dimentica che ICHESE aveva chiesto comunque un approfondimenti della cosa, che c’è stato con CAVONELAB. Naturalmente questi signori si dimenticano del CAVONELAB.
E da ultimo veniamo a quelli che anche oggi hanno tirato fuori la balla del fracking, uno a caso il mio “amico” che chiamiamo “coso” per non dargli pubblicità, parecchio in difficoltà da quando le scie comiche (ah, no.. chimiche …) non se le fila più nessuno e ha provato a cavalcare la pandemia, ma ha trovato complottardi più giovani, vivaci e organizzati che gli hanno tolto qualsiasi spiraglio:
  • se fossi il geologo responsabile del pozzo di una casa petrolifera e chiedessi di fare il fracking anziché una coltivazione tradizionale di idrocarburi mi proporrebbero per un Trattamento Sanitario Obbligatorio perché proporrei un sistema che costa di più e che in quelle condizioni raccoglie meno
  • è impossibile fare il fracking “clandestinamente” perché sarebbe impossibile nascondere l’enorme prelievo di acqua necessario
  • come ho detto diverse volte, il fracking di suo non genera terremoti quasi mai, ma li genera la reiniezione dei liquidi che ritornano in superficie durante e dopo le operazioni (altra operazione che sotto silenzio non è possibile fare)

Burrato et al (2003) An inventory of river anomalies in the Po plain, Northern Italy: evidence for active blind thrust faulting. Annals of Geophysics 46, 865-882
Casero (2004) Structural setting of petroleum exploration plays in: Geology of Italy - Special Volume of the Italian Geological Society for the IGC 32 Florence-2004 189- 199
Farolfi e Del Ventisette (2015) Contemporary crustal velocity field in Alpine Mediterranean area of Italy from new geodetic data. GPS Solut. 2015, 20, 715–722 
Farolfi, Piombino and Catani (2019) Fusion of GNSS and Satellite Radar Interferometry: Determination of 3D Fine-Scale Map of Present-Day Surface Displacements in Italy as Expressions of Geodynamic Processes Remote Sens. 2019, 11, 394; doi:10.3390/rs11040394

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