domenica 18 aprile 2021

L' eruzione della Soufriere a Saint Vincent: attività diametralmente opposta a quella islandese


In pochi giorni l’attenzione di chi segue i vulcani si è spostata dall’Etna, dove la situazione sembra essersi un po' calmata, verso l’Islanda dove una eruzione spettacolare ma tranquilla (a parte la necessità di evitare le emissioni di gas) ha una ottima copertura mediatica. Una eruzione di lava basaltica calda e fluida che procede mentre si stanno aprendo lungo una frattura diverse nuove bocche.  Ma ora l’attenzione si è spostata altrove, ai Caraibi, alla Soufriere di St. Vincente. Islanda e St.Vincent offrono contemporaneamente lungo le sponde dell’Atlantico i due estremi dell’attività vulcanica: pacifica emissione di lava la prima, violenta emissione di ceneri la seconda. A St.Vincent la situazione è piuttosto difficile: si tratta di una eruzione molto forte, dagli sviluppi imprevedibili non diversa comunque da altre che lo stesso vulcano ha prodotto. Attualmente la cenere è la protagonista assoluta, come si vede da tante immagini

l'arco delle piccole Antille
(Germa et al 2011) 
L'ARCO MAGMATICO DELLE PICCOLE ANTILLE. La Soufriere di St.Vincent è un vulcano dell’arco caraibico: i suoi vilcani formano le isole delle Piccole Antille ed è un arco vulcanico intraoceanico (anche il mar dei Caraibi, ad ovest,  è su crosta oceanica) lungo 750 km sotto al quale la crosta dell’Atlantico scende sotto la placca caraibica. Si tratta di una subduzione relativamente lenta (2÷4 cm / anno) dalla sismicità piuttosto bassa: una ventina di eventi con M superiore a 6 in 40 anni, in altri archi è ben superiore (fonte: IRIS Earthquake Browser).  Insieme alle isole Sandwich meridionali le Piccole Antille rappresentano le uniche aree in cui per adesso si consuma la crosta dell’oceano Atlantico. Per adesso perché in un futuro geologicamente vicino è possibile che si stia formando a largo di Gibilterra una nuova zona del genere, come sembrerebbe testimoniare la forte attività sismica che ha portato ad eventi tipo il terremoto del 1755 (Rosas et al, 2016).
La storia della placca caraibica è piuttosto lunga e particolare, a partire dal rapporto con le due placche maggiori con cui ha a che fare e cioè Nordamerica e Sudamerica. 
Uno dei fattori più importanti che giocano nella geologia dell’area è il piano di subduzione diretto verso ovest e che quindi, siccome si oppone al flusso del mantello, si sposta sempre di più verso ovest, come succede per esempio nell’arco delle Sandwich del sud ed è successo nella catena appenninica.
L'arco vulcanico originale, il cosiddetto "proto-arco" o "arco caraibico mesozoico" (Bouysse et al. 1985), attivo dal Cretaceo inferiore / Turoniano superiore al Paleocene inferiore, è probabilmente rappresentato attualmente dalla cresta di un alto batimetrico sommerso ad ovest dell'arco attivo, l’alto di Aves (Macdonald et al., 2000). L'attuale arco delle Piccole Antille si è sviluppato a partire da circa 25 MA, quindi dall'Oligocene superiore  (Germa et al., 2011). Il vulcanismo è quasi continuo nel settore meridionale, mentre nel settore settentrionale vediamo due archi, uno attualmente inattivo in buona parte sommerso tranne delle piccole isole tra Anguilla e Guadalupe più a est, e uno attivo che in contraddizione con la norma di andare verso est, si trova un po' a ovest di quello vecchio, che ha sostituito circa 5,5 Ma. Ci sono comunque tracce di un arco più esterno anche nell’area meridionale.
La causa di questa migrazione in senso contrario, che è significativa dal punto di vista accademico, ma alla fine dal lato pratico si tratta di solo una cinquantina di km, sono ancora incerte. Ci sono due ipotesi:
  • delle discontinuità nella parte di crosta atlantica che scende sotto l’arco (evidenziate da alcune zone di frattura nell'oceano Atlantico che stanno anch'esse subducendo), in analogia con quanto è successo tra Filippine e Taiwan e nel complesso izu-Bonin-Marianne (Bouysse and Westercamp, 1990) 
  • la diminuzione della inclinazione del piano di subduzione che ha quindi spostato vero ovest la zona dove si producono le condizioni per la fusione del mantello sovrastante (Allen et al, 2019)
È significativo che questo nuovo arco si sia formato all’interno di un bacino di retroarco (come il Tirreno o il mar del Giappone).


Il piccolo duomo che aveva iniziato a crescere
il 30 dicembre 2020
L'ISOLA DI SAINT VINCENT. L’isola di Saint Vincent è formata da vari vulcani coalescenti, dei quali l’unico ancora attivo è la Soufriere, chiamata così per la presenza di una miniera di zolfo. Questo vulcano ha prodotto almeno cinque principali eruzioni storiche (datate 1718, 1812, 1902-03, 1971 e 1979). Sono accertate con il radiocarbonio altre eruzioni con una forbice di qualche decina di anni intorno a 1640, 1550, 1480 e 1580 (con il radiocarbonio non si detemrinano ovviamente le età dei flussi piroclastici, ma l'età di parti vegetali rimaste intrappolate al loro interno). Si dice “almeno” perché il carattere esplosivo delle eruzioni principali demolisce le tracce di possibili eventi minori inframmezzati fra esse, tipo quella del 1971 (un duomo di lava crebbe circa 200 metri sopra il livello del lago che si era formato nel cratere), o del 1979 (in questo caso oltre a far crescere nel cratere il duomo accanto al quale si è messo in posto il nuovo duomo nei primi mesi del 2021 ha prodotto anche una esplosione con rilascio di cenere, ma le cui tracce immagino siano state già obliterate dalla attività in corso). L'eruzione del 1902 fece almeno 1600 vittime investite dai flussi piroclastici, per lo più i braccianti impegnati nelle piantagioni.


il primo annuncio della nuova fase eruttiva
L'ERUZIONE ATTUALE. In questa eruzione le esplosioni hanno sventrato il cratere, distruggendo sia il nuovo duomo che quello del 1978.
L’eruzione è stata preannunciata da un periodo di attività sismica di fondo iniziato ai primi di novembre, con la magnitudo massima di 3.3 raggiunta il 16 dicembre e che aveva portato alla emissione di uno stato di allerta giallo. Il 27 dicembre un satellite NASA ha notato un forte aumento di temperatura all’interno del cratere, dove il 30 dicembre è iniziata la costruzione di un duomo di magma accanto a quello prodotto nell’eruzione del 1978, accompagnata da una accresciuta attività fumarolica e da rare emissioni di lava.
I duomi di lava sono il prodotto dell’attività di un magma che fuoriesce da una bocca ma dato appunto che è estemamente viscoso non riesce a scorrere e si accumula attorno alla bocca. L’estrusone di duomi di lava è una attività molto frequente in vulcani della serie orogenica. Ad esempio dopo la drammatica eruzione del 1980 un duomo è cresciuto per anni nel St.Helens. 
In rosso la zona evacuata all'inizio
della attività esplosiva
Di conseguenza l’allerta da gialla fu innalzata ad arancio. Non è che quindi fosse aumentato il rischio nel complesso dell’isola, ma soltanto nel cratere e ai suoi bordi. Però come per esempio nei Campi Flegrei il livello arancio, oltre a servire di monito appunto ad evitare di andare verso il cratere, serve per aumentare l’intensità dei controlli sul monitoraggio (ripeto che se in Islanda c’è una tranquilla effusione di magma con un indice di esplosività molto basso, per cui puoi anche quasi toccare la lava, a Saint Vincent il rischio di esplosioni con lanci di scorie che ricadono dentro e nei pressi del cratere era molto elevato e quindi la prudenza era d'obbligo: meglio rimanere molto lontano dal cratere). La costruzione del piccolo duomo è continuata, accompagnato da una attività effusiva; in febbraio fu notato un aumento delle emissioni sulfuree fino a che la situazione è precipitata a partire dal 9 di aprile ed assistiamo ora a quella che è una delle più grandi eruzioni vulcaniche degli ultimi anni, con la cenere che oltre a St Vincent sta ricoprendo altre isole vicine. 16.000 persone sono state evacuate dalla parte nord dell'isola, quella dove c’è il vulcano, che continua a produrre esplosioni e pure densi flussi piroclastici che hanno già raggiunto in alcuni casi il mare e che avrebbero causato la morte di chiunque fosse stato da quelle parti. 
Attualmente (17 aprile) si è formato un cratere profondo circa 100 metri dove è possibile che stia crescendo un nuovo duomo. Lo si vede da questa immagine del centro di ricerca sismica dell'università delle Indie Occidentali.


la nuvola di SO2 prodotta dalla Soufriere
 al 14 aprole 2021
I satelliti sono i protagonisti principali del monitoraggio dell’eruzione:
  • quelli dotati di radar riescono a penetrare le nuvole di polvere, assicurando quindi una copertura dal punto di vista topografico: vediamo per esempio in queste imagini come era il cratere della Soufriere prima dell'eruzione 
  • l'eruzione viene poi sempre monitorata da satellite e si vede una elaborazione sula situazione attuale 
  • altri, muniti di sensori appositi ci fanno vedere l’evoluzione della nuvola di cenere e di quella di SO2

Avevo iniziato ad associare a dei post della musica. Ci riprovo. In questo caso consiglio una cosa spettacolare ma poco conosciuta: la "sinfonia romantica - una notte nei tropici" di Louis Moreau Gottschalk. Ascoltatela che vi sorprenderà

Allen et al 2019 The role of arc migration in the development of the Lesser Antilles: A new tectonic model for the Cenozoic evolution of the eastern Caribbean Geology 47,891–895

Bouysse et al  1985. Evolution de la terminaison nord de l'arc interne des Petites Antilles au Plio-Quaternaire. Bulletin dela Société Géologique de France Tome I (no 2), 181–188 Série 8.

Bouysse e Westercamp 1990. Subduction of Atlantic aseismic ridges and Late Cenozoic evolution of the Lesser Antilles island arc. Tectonophysics 175, 349–380

Germa et al 2011 The volcanic evolution of Martinique Island: Insights from K–Ar dating into the Lesser Antilles arc migration since the Oligocene Journal of Volcanology and Geothermal Research 208, 122–135

MacDonald, R., Hawkesworth, C.J., Heath, E., 2000. The Lesser Antilles volcanic chain: a study in arc magmatism. Earth-Science Reviews 49, 1–76.

Rosas et al 2016 Seismic Potential of Thrust‐Wrench Tectonic Interference between Major Active Faults Offshore SW Iberia: A New Explanation for the 1755 Great Lisbon Earthquake? in: Duarte and Schellart (Editors)Plate Boundaries and Natural Hazards Wiley p.193-216




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