HISPANIOLA: DUE MONDI GEOLOGICAMENTE DIVERSI VENUTI IN CONTATTO DA POCO. L’isola di Hispaniola è più conosciuta con i nomi delle due nazioni in cui è divisa: Haiti e la Repubblica Domenicana. La protagonista principale della geologia di Hispaniola è la faglia Enriquillo – Plantain Garden, che chiamerò in sigla EPGFZ ( Enriquillo – Plantain Garden Fault Zone). Si tratta di una struttura piuttosto lunga e importante che va dalla Giamaica a Hispaniola e che divide dalla placca caraibica una microplacca minore, quella di Gonave; più a Est il limite fra la placca caraibica e quella di Gonave diventa compressivo, contrassegnato fino a Porto Rico dalla fossa di Muertos, come si vede dalla carta di Ten Brink et al (2009) in cui si nota un altro aspetto: la parte orientale di Hispaniola e Porto Rico sono circondate sia a nord che a sud da zone di compressione.
La EPGFZ marca a Hispaniola il limite fra due mondi diversi: a sud la crosta oceanica della placca caraibica e la sua copertura sedimentaria, a nord l'arco vulcanico delle Grandi Antille, che si estende da Cuba alle Isole Vergini, formatosi durante il Cretaceo e l'inizio del Terziario quando la placca nordamericana subduceva verso sud-ovest sotto la placca caraibica (Pindell e Barrett, 1990).
A partire da 49 milioni di anni fa (eocene inferiore), il movimento relativo della placca è cambiato in direzione quasi est (~ 250 °), è cessato il vulcanismo e la subduzione è diventata molto obliqua con un'ampia componente di scorrimento laterale sinistro. Da allora la direzione della convergenza delle placche è stata abbastanza costante, mentre anche se il vulcanismo era cessato l’arco e le parti che ora si trovano a sud della faglia stessa hanno continuato a subire dei forti episodi di compressione fino al Miocene. Dal Pliocene in poi questo limite compressivo è stato ripreso come fascia di debolezza che adesso assorbe, con componenti sia compressive che trascorrenti, una compressione di circa 7 mm/anno, la metà della convergenza totale fra placca caraibica e placca nordamericana. In buona sostanza, a Hispaniola è avvenuta una transizione fra subduzione e collisione che è proseguita lungo la discontinuità preesistente.
uno dei tanti esempi di come la EPGFZ influisce nel paesaggio a Haiti da Saint Flor et al (2020) |
Come si vede qui sopra, la EPGFZ incide pesantemente sulla geografia di Hispaniola e segnatamente della sua penisola meridionale, come si vede dalle due carte di Google Maps, una senza e una con la sua traccia. E di evidenze di movimento lungo di essa ce ne sono tantissime, come testimonia il lavoro di Saint Fleur et al (2020): questi Autori hanno mappato in dettaglio la faglia utilizzando fotografie aeree ad alta risoluzione e dati LiDAR, individuando numerose “dorsali di pressione”, formate dalla deformazione indotta dalla faglia con interruzioni del drenaggio, valli rettilinee in cui si raccoglie il drenaggio che aveva incontrato l'ostacolo dovuto alla formazione di queste dorsali e altre numerose caratteristiche. Alla EPGFZ sono stati attribuiti i terremoti che hanno colpito l’isola nel XVIII secolo, in particolare il 18 ottobre e il 21 novembre del 1751 e il 3 Giugno 1770, che però non hanno avuto l’intensità dei sismi del 2010 e del 2021.
GLI STUDI DOPO IL TERREMOTO DEL 2010 MOSTRANO UNA SITUAZIONE GEOLOGICA DIVERSA DA QUANTO IPOTIZZATO. Quello del 2010 è stato uno dei terremoti più disastrosi della storia umana ed è stato l’occasione per studiare a fondo la geologia di Hispaniola. Contrariamente a quanto si pensava qualche anno fa, la parte della EPGFZ lungo la penisola meridionale di Haiti non è una trascorrenza pura e il terremoto M 7.2 del 14 agosto 2021 ha tragicamente confermato la cosa, perché si tratta sicuramente un evento compressivo.
Nettles e Hjörleifsdóttir (2010) hanno subito osservato che mentre l’evento principale del gennaio 2010 ha mostrato principalmente un movimento trascorrente su un piano sub-verticale, quasi tutte le repliche mostrano le caratteristiche tipiche di movimenti su faglie inverse su piani ad alto angolo. Solo due repliche minori, situate molto vicino all'epicentro della scossa principale, mostrano caratteristiche simili a quella. Insomma, per farla breve e non annoiare i non geologi, le analisi hanno evidenziato un quadro molto complesso di una sequenza sismica risultante da una combinazione di movimenti fra faglie inverse e trascorrenti sinistre di cui la EPGFZ è l’unica parte evidente.
Il modello della sequenza del 2010 con le faglie inverse |
Questo aspetto non è giunto del tutto inaspettato dal lato teorico: la deformazione cosismica lungo una grande faglia transpressiva (trascorrente con componente compressiva), come l'EPGFZ o la San Andreas in California, provoca ovviamente grandi terremoti sulla faglia principale, ma non si devono dimenticare le spinte oblique che deformano le zone più vicine ad essa, che provocano la formazione di fratture e faglie parallele fra loro e oblique con angoli più o meno alti rispetto alla faglia principale (le cosiddette faglie en-echelon), capaci a loro volta di essere sede di terremoti anche importanti.
Alla fine la conclusione dei numerosi studi multidisciplinari onshore e offshore è quindi che il terremoto principale abbia rotto due faglie precedentemente non riconosciute situate da 2 a 5 km a nord dell'EPGFZ, la faglia di Léogâne e la faglia di Trois Baies (Douilly et al. 2013).
Più recentemente alcune osservazioni hanno messo in dubbio anche lo scorrimento laterale dell'EPGFZ durante la sequenza sismica, innanzittutto perché di tracce di questo non se ne vedono (mentre come abbiamo visto di tracce di vecchi movimenti ce ne sono eccome!), mentre Corbeau et al. (2016) hanno notato che i dati reali del movimento misurato con i dati GPS mal si adattavano al quadro teorico di una trascorrenza; inoltre le deformazioni desunte dai loro dati GPS hanno confermato le osservazioni di Fleur et al (2015), secondo cui la deformazione trascorrente lungo la EPGFZ si ferma a sud di Port-au-Prince, dove viene prevalentemente sostituita da una rete di pieghe e fratture orientate WNW-ESE. Questo modello è stato confermato da Calais et al. (2016), sempre utilizzando i dati GPS
Un ottimo (anzi, direi monumentale) lavoro di ricerca originale accompagnato da una ampia sintesi dei risultati precedenti è stato prodotto da Wang et al (2018). Ne esce un modello molto più complesso rispetto a quello pre-2010 in cui praticamente la EPGFZ “faceva tutto”: il limite lineare fra placca caraibica e microplacca di Gonave diventa dunque una zona transpressiva larga da 10 a 15 km che deforma rocce spesse, poco consolidate, da mioceniche a recenti di ambienti costieri, marini e lacustri in cui a nord della EPGFZ, che rimane trascorrente ma sempre con una componente compressiva, e in cui si trovano diverse faglie oblique rispetto ad essa.
Un altro fattore importante sulle deformazioni è la differenza fra la zona a nord della EPGFZ e quella a sud, dove anziché questi sedimenti recenti troviamo le rocce più rigide della placca caraibica (basalti e calcari), dove i piegamenti sono molto diversi geometricamente e dove durante e dopo il terremoto del 2010 la sismicità è nettamente minore.
CONCLUSIONI: se quindi la EPGFZ è la protagonista principale della tettonica di Hispaniola, il terremoto del 2010 ha evidenziato un quadro molto più complesso rispetto a quanto si pensava prima, risultato troppo semplicistico. L’evento del 14 agosto 2021 si è prodotto ad W di quello del 2010 e il tensore dello sforzo ha dimostrato che in questo caso la componente prevalente è compressiva, in armonia con gli studi degli ultimi anni. In questa carta si vedono l’evento principale e le repliche più forti che quindi individuano l’area di movimento.
Una annotazione è che probabilmente con questo nuovo quadro andranno rivisti anche i terremoti del XVIII secolo, che quindi potrebbero essere addebitati invece a faglie simili a quella di Trois Baies
Una seconda annotazione è che nell’immediatezza del terremoto erano state diffuse delle notizie su un “ritiro del mare”, per cui qualcuno ha collegato a questo aspetto l’allerta tsunami. In realtà non c’è stato nessuno tsunami. Se questa osservazione verrà confermata si è probabilmente trattato di un movimento cosismico del terreno in analogia al terremoto della Nuova Zelanda del 2016 che fa scuola su questo: in quell’occasione sono scomparse intere baie.
BIBLIOGRAFIA CITATA
Calais et al 2016 Plate boundary segmentation in the northeastern Caribbean from geodetic
measurements and Neogene geological observations. Comptes Rendus Geoscience, 348(1), 42–51.
Corbeau, J., Rolandone, F., Leroy, S., Meyer, B., Mercier de Lépinay, B., Ellouz-Zimmermann, N., & Momplaisir, R. (2016). How transpressive is
the northern Caribbean plate boundary? Tectonics, 35, 1032–1046
Douilly et al. (2013). Crustal structure and fault geometry of the 2010
Haiti earthquake from temporary seismometer deployments. Bulletin of the Seismological Society of America, 103(4), 2305–2325
Nettles and Hjörleifsdóttir 2010 Earthquake source parameters for the 2010 January Haiti main shock and aftershock sequence.
Geophysical Journal International, 183(1), 375–380.
Pindell and Barrett 1990 Geological evolution of the Caribbean region; a plate tectonic perspective, in Geological Society of America - The Geology of North America, 405–432
Saint Fleur et al 2015. Seismotectonics of southern Haiti: a new faulting model for the 12 January 2010 M7.0 earthquake. Geophys. Res. Lett. 42 (23), 10–273.
Saint Fleur et al 2020 Detailed map, displacement, paleoseismology, and segmentation of the Enriquillo-Plantain Garden Fault in Haiti Tectonophysics 778 (2020) 228368
Ten Brink et al 2009 Bivergent thrust wedges surrounding oceanic island arcs: Insight from observations and sandbox models of the northeastern Caribbean plate GSA Bulletin 121 -11/12, 1522–1536
Wang et al 2018 Late Holocene Structural Style and Seismicity of Highly Transpressional Faults in Southern Haiti Tectonics, 37, 3834–3852
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