Questi ultimi anni stanno rivoluzionando la storia umana, da quella più antica, con Homo naledi e le ultime scoperte di Hublin sull’età dei primi sapiens, a quella più recente del continente americano, dove alcuni lavori usciti qualche mese fa retrodatano l’arrivo di esseri umani nel continente americano ben prima (e parecchio prima), non poche migliaia di anni prima dei canonici 15.000 anni fa come alcuni darti facevano supporre, ma molto, moto tempo prima. Ho aspettato a parlarne di proposito: volevo farlo solo adesso perché voglio dedicare questo post ad una persona per me molto speciale e cioè il prof. Brunetto Chiarelli. Un grandissimo scienziato, uno dei più importanti antropologi del XX secolo e personaggio che si è speso per il superamento di quella barriera che principalmente nel nostro Paese il mondo umanistico, da Croce in poi, ha eretto nei confronti della Scienza, considerandola cosa minore, nonché uno dei miei maestri. Confesso che una delle più grandi soddisfazioni morali della mia attività scientifica è stata quando il prof. Chiarelli mi ha detto “a questo punto mi dai ancora del Lei?” Ieri sera gli è stato conferito il Premio Zangheri per la sua carriera e lo abbiamo festeggiato in occasione del suo ritiro definitivo dall’università. Non potevo quindi esimermi da scrivere un post su uno dei tanti argomenti su cui abbiamo discusso tanto insieme. Il popolamento delle Americhe è fra quelli più “gettonati” e ne parlo quindi volentieri in questa occasione, dopo comunque averne parlato già diverse volte su Scienzeedintorni.
L'UOMO E LE AMERICHE. Per la maggior parte degli scienziati non ci sono dubbi: Homo sapiens è arrivato nelle Americhe meno di 20,000 anni fa provenendo dalla Siberia e prima di questa data nessun ominine aveva calcato il suolo del Nuovo Mondo. Ci sono delle proposte a proposito di un contributo genetico proveniente dalla Polinesia: alcuni genomi brasiliani derivano da DNA polinesiani [1], ma non è chiaro se questa ascendenza si sia verificata in età precolombiana, e quindi derivi da polinesiani che hanno raggiunto l’America meridionale durante la loro espansione nel pacifico, oppure se questi movimenti siano avvenuti a causa di spostamenti promossi da europei dopo il XVII secolo [2]. La scoperta di resti di galli tipicamente polinesiani lungo la costa del Cile centrale e la presenza di parata dolce e di una zucca tipiche dell’America meridionale nell’isola di Pasqua è un particolare intrigante che dimostra almeno dei rapporti commerciali fra pasquani e nativi del Sudamerica [3] (ne avevo parlato a proposito del popolamento dell’isola di Pasqua).
Questo convincimento è giustificato dalla mancanza di evidenze chiare della presenza umana prima di 15,000 anni fa nelle pianure dell’America settentrionale, sia dal punto di vista archeologico (mancanza di reperti) come dal punto di vista genetico: il DNA mitocondriale dei nativi americani mostra appena 5 linee fondatrici con una antenata comune vissuta fra 15 e 18.000 anni fa [4].
Ho detto per la maggior parte dei ricercatori, soprattutto per chi non si occupa specificamente della materia perché tracce anteriori (sia pure non di tantissimo) sono indicate da altri addetti ai lavori, pur senza una accettazione generalizzata della cosa.
Comunque sulla questione dell’origine dei nativi americani ci sono ancora molte questioni aperte: si tratta di una piccola popolazione fondativa da cui discendono tutti gli amerindi, ma al suo interno questa popolazione ancestrale doveva essere piuttosto complessa, con grandi scambi tra essa ed altre componenti euroasiatiche [5].
I ritrovamenti di ossa di proboscidati con tracce di macellazione prima dell'ultimo massimo glaciale |
PRIMA DELL'ULTIMO MASSIMO GLACIALE LA COLONIZZAZIONE DELLA SIBERIA (E DELL'ALASKA?). Il periodo caldo tra 70 e 30 mila anni fa ha permesso agli esseri umani la colonizzazione dell’Artico e ci sono tracce di insediamenti umani 45.000 anni fa nella Siberia nordorientale lungo le coste del mare di Laptev, esattamente un sito di uccisione e macellazione di mammut [6]. Appare un pò strano che nessuno sia riuscito ad arrivare nella vicina Alaska ed espandersi verso sud prima che la formazione dell'ultima calotta glaciale, da 25.000 anni fa in poi prevenisse qualsiasi sforzo in materia. Appare strano perché, in base a studi recenti, lo stretto di Bering in quel periodo non esisteva: oggi è largo circa 80 km (praticamente una distanza confrontabile con quella tra Toscana e Corsica) e proprio nel punto più stretto presenta un'isola in mezzo; la sua profondità attuale non supera mai i 50 metri e in certe condizioni sicuramente la sponda americana era visibile da quella asiatica. Ma proprio per la sua scarsa profondità attuale è evidente che in una fase a basso livello marino l’area sarebbe risultata sulla terraferma e ciò è successo in un intervallo che va da 73 a 25 mila anni fa [7]. Poi la formazione della calotta polare laurentide ha continuato a permettere eventualmente la vita in Alaska (rimasta libera dai ghiacci almeno in estate e caratterizzata da un ambiente di tundra) ma ha impedito ulteriori passaggi verso sud.
Durante l’ultimo massimo glaciale era sicuramente abitata, anche se con una densità di popolazione non certo elevata, la Beringia, la parte del Mare di Bering prospiciente l'Alaska, a quell'epoca emersa a causa del basso livello marino e caratterizzata pure essa da un ambiente di tundra.
Insomma, personalmente ritengo possibile che l’Umanità fosse già presente all’epoca in Alaska, e, parimenti, escludere che possa aver occupato anche una fetta del Nordamerica a latitudini più basse mi parrebbe abbastanza logico, anche se fino ad ora le testimonianze di questo sono scarse e quelle poche non accettate unanimamente (forse per il pardigma "no uomo prima dell'ultimo massimo glaciale"?)
Il sito di Lovewell, al confine fra Kansas e Nebraska con un mammut, come appariva nel 1969, da [9] |
Ora, se per quanto riguarda animali e piante, ci si può basare solo sui loro fossili (tuttalpiù impronte e per le piante su pollini e spore), per gli esseri umani la cosa si fa un pò comoda: infatti ad ossa e impronte si affiancano utensili, focolari, tracce di insediamenti e ossa animali con I segni di macellazione. Ovviamente i dati devono soddisfare tutte le seguenti condizioni:
(1) l’evidenza archeologica deve essere al centro di un contesto geologico chiaro e definito
(2) l’età deve essere determinata con evidenze statigrafiche e/o radiometriche incontrovertibili
(3) possibilmente le evidenze devono venire da discipline diverse
(4) gli utensili o quantomeno materiali artefatti devono essere trovati dove sono stati lasciati e non devono esservi stati trasportati da cause naturali
SEGNI DI UNA PRESENZA PIU' ANTICA. Ed ecco che finalmente un anno fa quello che mi pareva logico è stato confermato, nella fauna delle Bluefish Caves, situata nella parte settentrionale del confine fra Alaska e Canada, ossa che mostrano segni di macellazione, accompagnate dalla presenza di alcuni strumenti litici, sono state datate con il radiocarbonio a circa 24.000 anni fa.
Si tratta di caratteristiche condivise da meno dell’1% del totale dei resti trovati ed esaminati. Una percentuale che per qualcuno è un pò sospetta, ma secondo gli Autori il materiale considerato come trattato da esseri umani presenta caratteristiche che molto difficilmente potrebbero essere di origine naturale e soddisfa tutte le condizioni di cui sopra [8]. Questa bassa percentuale suggerisce altresì che il sito sia stato occupato solo sporadicamente, ma è usata anche dagli “ortodossi” per smentire la presenza umana in zona in tempi così antichi.
E ora arriviamo alle grandi pianure degli Stati Uniti.
I coniugi Holen, archeologi del Center for American Paleolithic Research di Hot Springs, nel South Dakota, sostengono l’evidenza della presenza umana nel Midwest almeno da 40.000 anni fa, ma molti scienziati sono piuttosto scettici al riguardo. La domanda, di nuovo, è se lo scetticismo sia dovuto al convincimento tradizionale dell’assenza di popolamento umano in America prima dell’ultimo massimo glaciale o perché i dati proposti dagli Holen siano sbagliati.
Secondo gli Holen nella zona di confine fra Nebraska, Colorado e Kansas sono frequenti resti ossei di mammut che presentano tracce di attività antropica (sia nelle fratture che nell’asportazione di denti), la cui età si colloca al tempo in cui la calotta laurentide impediva i contatti fra l’Alaska e questa zona, per cui gli antenati di questi uomini sono arrivati nelle pianure centrali degli States prima dell’evento glaciale e non dopo [10].
Tracce di percussione con strumenti litici su un osso, da [9] |
La novità più clamorosa è però di quest’anno: in California è stato esaminate, sempre dagli Holen, un sito contentente delle ossa di mastodonte, il cosiddetto Mastodonte del sito di Cerutti [11]. Le considerazioni degli Autori sono che:
- le ossa sono associate a percussori e incudini di pietra
- le fratture delle ossa sono chiaramente avvenute quando le ossa erano ancora fresche, come anche quelle dei molari
- alcuni reperti mostrano segni di percussione
- l’analisi sedimentologica dimostra che le rotture sono avvenute esattamente dove le ossa sono state ritrovate
- gli oggetti litici considerati come utensili sono incompatibili dal punto di vista sedimentologico con il sedimento che li contiene
- le fratture delle ossa sono simili a quelle che prodotte dai cacciatori del paleolitico superiore di Africa, Europa centrale e Siberia
I ricercatori hanno anche eseguito studi sperimentali usando ciottoli di pietra per martellare grandi ossa di elefanti (visibili in un video che accompagna l’articolo)
Bene, direte: non ci sono dubbi che questo mastodonte sia stato macellato da esseri umani, che o lo hanno ucciso o ne hanno sfruttato la carcassa.
Ok, ma c’è un problema: le datazioni radiometriche, suffragate da indagini stratigrafiche, indicano che la macellazione è avvenuta 130.700 ± 9.400 anni fa…
Sul numero di Nature in cui è presentata la ricerca parla, in un articolo introduttivo, anche Erella Hovers, l’archeologa israeliana che ha revisionato l’articolo, la quale, non inaspettatamente, racconta di essere rimasta di sasso a leggere la datazione (e probabilmente lì per lì ebbe la tentazione di rigettare l’articolo). Ma poi, durante la revisione e avuta la dimostrazione che solo percussioni artificiali con utensili di pietra sono capaci di produrre su ossa di elefanti attuali le fratture e le impronte simili a quelle trovate sul Mastodonte si è convinta che su quel preistorico proboscidato hanno lavorato degli ominini, dichiarando “è pazzesco… questo ritrovamento lascia una quantità incredibile di problemi: sappiamo che a quel tempo in California c’erano degli umani, ma sappiamo solo quello!”.
CHI ERANO QUESTI PRIMI AMERICANI? Insomma, in America c’era già qualcuno prima dell’ultimo massimo glaciale
Chi?
Per farlo occorre analizzare il livello marino in rapporto alla quota del fondo dello stretto di Bering e dividere il problema scindendo fra i ritrovamenti immediatamente precedenti alla ultima glaciazione e quello più antico.
Nell’immagine accanto la linea a pallini identifica una quota del livello marino 50 metri sotto l’attuale e cioè quella alla quale lo stretto di Bering è prosciugato. Quindi si possono distinguere periodi in cui il suolo dello stretto di Bering era emerso e no e vediamo che tra 131 e 73.000 anni fa era una barriera insormontabile a meno di passaggi invernali sul ghiaccio (ma c’era ghiaccio sufficiente almeno in inverno?).
Un limite ben più difficile, anzi impossibile, da passare era la calotta laurentide, quindi si può escludere dei passaggi fra Alaska e pianure centrali tra 25 e 17 mila anni fa.
Da questo discende la possibilità teorica che qualche gruppo di primi sapiens che cacciavano mammut in Siberia 40.000 anni fa sia riuscito prima che i ghiacci lo impedissero, a scendere negli USA.
Ma c’è una seconda possibilità: questi cacciatori immediatamente anteriori all’ultima glaciazione potrebbero essere stati i discendenti da quelli che hanno macellato il mastodonte del sito Cerutti, testimoniando la presenza in un ambiente remoto di umani non sapiens fino a poco tempo fa e che sarebbero stati completamente soppiantati dai sapiens scesi dopo la fine dell’era glaciale.
Come può essere successo questo? 100.00 anni fa nella Siberia vivevano denisoviani e neandertaliani. La datazione a 131.000 anni fa è compatibile con un passaggio terrestre attraverso l’area dello stretto di Bering, che era sopra il basso livello marino dello stadio isotopico 6, come si vede dal grafico.
Però c’è un problema di non trascurabile importanza: tra 130 e 200 mila anni fa il basso livello del mare ha coinciso con la glaciazione dell’illinois (il Riss della cronologia alpina). Quindi fra l’Alaska e le grandi pianure degli States si è estesa per parecchie decine di migliaia di anni una calotta glaciale simile a quella dell’ultimo massimo glaciale, il che impediva chiaramente spostamenti verso sud. La datazione del mastodonte a 131.000 anni si colloca sostanzialmente verso il limite della glaciazione.
Quindi i cacciatori californiani di 131.000 anni fa:
- o vi erano appena arrivati dal nord seguendo il ritiro dei ghiacci come gli antenati degli attuali nativi americani 15.000 anni fa e quindi erano Denisoviani o Neandertaliani provenienti dalla Siberia
- oppure erano lì già da un pezzo e quindi si tratta di una popolazione più antica, allora potrebbe trattarsi di erectus o, vista la probabile origine di Homo floresensis, addirittura ominini appartenenti ad un lignaggio più antico.
Personalmente la vicinanza temporale fra la fine della glaciazione e il sito del mastodonte di Cerutti mi fa trovare più realistica la prima ipotesi: la popolazione responsabile della macellazione del mastodonte californiano era stanziata nella Beringia (anche durante quella fase emersa dalle acque del mare di Bering) o nell’Alaska settentrionale 150.000 anni fa dove c’era un ambiente di tundra ed è arrivata da quelle parti dopo aver seguito il ritirarsi della calotta della glaciazione dell’illinois come gli antenati dei Nativi americani hanno seguito, dopo l’ultima massimo glaciale del Wisconsin il ritiro dell’ultima calotta laurentide. Ma è chiaro che servirebbero dei dati sulla cronologia del ritiro dei ghiacci che non sono riuscito a trovare.
Fantaantropologia? Speriamo di capirlo presto!
Avere dei dati sul ritiro della calotta della glaciazione dell'Illinois sarebbe molto importante per dirimere la questione: se ci fosse stato un corridoio libero dai ghiacci immediatamente prima di 131.000 anni fa è una ipotesi possibile
[1] Gonçalves et a 2013 Identification of Polynesian mtDNA haplogroups in remains of Botocudo Amerindians from Brazil PNAS 110, 6465–6469
[2] Malaspina et al 2014 Two ancient human genomes reveal Polynesian ancestry among the indigenous Botocudos of Brazil Current Biology 24, R1035–R1037
[3] Storey AA, et al. (2007) Radiocarbon and DNA evidence for a pre-Columbian introduction of Polynesian chickens to Chile. Proc Natl Acad Sci USA 104(25):10335–10339
[4] Wallace e Torroni 2009 American Indian Prehistory as Written in the Mitochondrial DNA: A Review Human Biology 81, 509–521
[5] Skoglund and Reich 2016 A genomic view of the peopling of the Americas. Current Opinion in Genetics & Development 41, 27–35
[6] Pitulko et al 2016 Early human presence in the Arctic: Evidence from 45,000-year-old mammoth remains Science 351, 260-263
[7] Ovsepyan et al 2016 Paleoceanographic Conditions in the Western Bering Sea as a Response to Global Sea Level Changes and Remote Climatic Signals during the Last 180 Kyr Doklady Earth Sciences 468, 557–560
[8] Bourgeon et al 2016 Earliest Human Presence in North America Dated to the Last Glacial Maximum: New Radiocarbon Dates from Bluefish Caves, Canada PLoS ONE 12 (1): e0169486. doi:10.1371/journal.pone.0169486
[9] Holen 2006 Taphonomy of two last glacial maximum mammoth sites in the central Great Plains of North America: A preliminary report on La Sena and Lovewell Quaternary International 142–143, 30–43
[10] Holen 2007 The age and taphonomy of mammoths at Lovewell Reservoir, Jewell County, Kansas, USA Quaternary International 169–170, 51–63
[10] Holen et al 2017 A 130,000-year-old archaeological site in southern California, USA Nature 544, 479–483
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