venerdì 9 giugno 2017

Yellowstone: un grande vulcano e come si svolgono le sue eruzioni


Yellowstone è uno dei vulcani più famosi (e potenzialmente pericolosi) del mondo. Si tratta di un sistema vulcanico complesso dove si alternano magmi mantellici (basalti) e, soprattutto, magmi che si sono molto differenziati nel loro cammino verso l’alto, ricchi in silice e quindi caratterizzati da alta esplosività. Yellowstone è anche considerato un supervulcano e in particolare tre sue eruzioni hanno ampiamente coperto con i loro prodotti vaste parti degli Stati Uniti continentali (e costituiscono importanti orizzonti per chi studia la geologia del quaternario di quelle zone..). in questi ultimi giorni sono usciti dei lavori piuttosto interessanti che gettano luce su come avvengono queste eruzioni, anche sfruttando le tomografie sismiche ottenute qualche anno fa. Yellowstone è anche noto per essere un “supervulcano” anche se questo termine non è ancora scientificamente accettato. Eruzioni di quel volume non sono mai state osservate in tempi storici: una circostanza fortunata che però pone un problema interpretativo sul modo con cui queste mega eruzioni avvengono. Per descriverle sono necessari studi sulla mineralogia e la geochimica dei prodotti che queste eruzioni hanno formato. 

Innanzitutto perché c’è Yellowstone? Perché l’America settentrionale sta passando sopra una zona di risalita di materiali dal mantello originatasi circa 16 milioni di anni fa, all’epoca della formazione dei basalti del Columbia River, l’ultima Large Igneous Province che si è formata sulla Terra. Insomma, Yellowstone si trova dove 16 milioni di anni fa si trovava il centro della zona coperta dai basalti del Columbia River, che oggi è molto più a ovest a causa dello spostamento del Nordamerica rispetto all’area del mantello dove questi magmi si sono generati.
La maggior parte dei ricercatori lo considera un classico esempio di punto caldo, ma non tutti sono d’accordo sull’origine profonda di questa anomalia e preferisco evitare di parlarne perché la cosa è piuttosto complessa.

In ogni caso si tratta di uno dei più grandi e conosciuti centri di magmatismo riolitico (magmi differenziati con un tenore estremamente elevato di silice e quindi freddi e molto viscosi). Le tre eruzioni principali sono indicate nella tabella qui sotto, l’ultima delle quali circa 635 mila anni fa ha prodotto gli oltre 1000 km3 dei tufi di Lava Creek e la attuale caldera di 40 km × 60 km. Tanto per dare un paragone quelle più grandi in Italia, Campi Flegrei e Bolsena, hanno un diametro di circa 12 km (ricordo che, nella numerazione inglese, i punti e le virgole sono invertiti rispetto all’italiano).


Nella carta qui accanto vediamo l’ampia zona di ricaduta delle ceneri delle 3 maggiori eruzioni di Yellowstone (quelle che possiamo definire “super eruzioni”) [1].
Dopo questo spettacolare evento ci sono state numerose eruzioni di importanza solo locale, specialmente tra 180 e 70 mila anni fa, alcune delle quali hanno comunque emesso più di 2 km3 di prodotti. Fra queste eruzioni “minori” spicca quella di Summit Lake, avvenuta 124.000 anni fa, che ha emesso circa 50 km3 di materiali.  

IL SOTTOSUOLO DI YELLOWSTONE. L’area è contraddistinta da alcune caratteristiche fondamentali

  • alta sismicità “di fondo” anche se negli ultimi 50 anni solo 5 eventi tra il 1973 e il 1976 hanno avuto una M superiore a 5  
  • deformazioni del suolo
  • alto flusso di calore da sottosuolo 2000 mW /m (a Larderello siamo alla metà)
  • il più grande sistema idrotermale del mondo, a cui sono dovuti i famosi geyser della zona 
Il sistema magmatico è piuttosto complesso ed è stato descritto nel 2015 [2]: sfruttando i tempi di arrivo delle onde P nelle stazioni sismiche della zona di 4520 eventi locali e 329 eventi distanti è riuscito a eseguire una tomografia sismica della zona sottostante.
Il risultato è che ci sono due corpi con bassa velocità delle onde P, detti LVB (low velocity body), uno superficiale, a profondità compresa tra t5 e 16 km e un secondo tra 25 e 40 km, posto nella parte inferiore della crosta e quindi sempre sopra il mantello (la Moho, il limite crosta – mantello, dovrebbe essere a circa 45 km di profondità). 
Il valore dell’anomalia di velocità è troppo elevato per essere dovuto esclusivamente alla temperatura, per cui l’unica ipotesi valida è che in queste zone la roccia sia in parte liquida.
Più in profondità si estende una stretta zona a bassa velocità che si immerge verso NW ed è visibile fino in fondo alla zona studiata. Si tratta del sistema che fa affluire magma verso la superficie.

Nell'immagine tomografica di [2] si
vedono le due camere magmatiche
e la zona di alimentazione profonda
RAPPORTI FRA LE DUE RISERVE MAGMATICHE. Entrambe dovrebbero contenere circa 900 km3 di magma liquido, nonostante la grande differenza nelle dimensioni: quella più superficiale ha un volume di circa 10,000 km3, mentre quella inferiore è grande circa 46,000 km3, ma in quella superiore viene stimato un 9% di materiale liquido contro il 2% in quella inferiore.
La cosa interessante è che queste due riserve sono in contatto continuo: quella superiore non può assolutamente produrre le 45.000 tonnellate di CO2 che vengono emesse giornalmente dal sistema. Quindi ci vuole per forza un apporto dal profondo, e non solo dalla riserva magmatica inferiore, ma anche direttamente dal mantello.

IL MECCANISMO DELL’ERUZIONE DI SUMMIT LAKE. Questa eruzione avvenuta 124.000 anni fa ha prodotto 50 km3 di materiali, una cifra ingente per la stragrande maggioranza dei vulcani, un quantitativo non eccezionale per Yellowstone ed è stata oggetto di uno studio appena uscito [3].  

I magmi sono arrivati in superficie attraverso fratture preesistenti della crosta al di sopra della camera magmatica, essenzialmente quelle provocate dalla formazione della caldera di Lava Creek e anche attraverso delle faglie preesistenti all’attività vulcanica. 
La prima cosa importante da notare è che non ci sono all’interno dei prodotti di Summit Lake delle discontinuità, per cui si tratta di un evento singolo, presumibilmente durato fra i 2 e i 5 anni. La modellizzaizone stima una temperatura dei magmi di circa 800 °C.  
I collegamenti fra le camere magmatiche e il plume sottostante, da [2]
L’innesco dell’evento è stato sicuramente una sovrapressione nel corpo a bassa velocità superficiale. Ma cosa l’ha provocata? 
Non certo una elevata pressione di gas, perché la mineralogia indica che il magna fosse tutt’altro che saturo in acqua e che si è momentaneamente fermato a circa 4 km di profondità
Semplicemente la sovrapressione è stata provocata da una nuova iniezione di magma dal profondo, magma che è riuscito a mischiarsi con quello della camera superiore in maniera abbastanza omogenea. Gli Autori del lavoro ritengono inoltre che tra l’arrivo del nuovo magma e l’eruzione siano passati pochissimi anni.
Un particolare di non trascurabile importanza è che dopo questa eruzione non si sono verificati dei collassi o quantomeno degli abbassamenti nelle zone vicine: è normale prassi di una caldera l’abbassamento sin e post eruzione del livello del suolo, che ad esempio è stato ben evidente  nell’eruzione del Bardarbunga tra il 2014 e il 2015 (fatte salve le diversissime caratteristiche dei magmi emessi); questa è la conferma con una prova di altro tipo del fatto che alla base dell’eruzione di Summit Lake ci sia stato un afflusso di magma dal profondo: cessato l’afflusso da sotto è cessata la sovrapressione e la pressione è tornata ad essere quella di prima dell’eruzione, che in pratica è stata una valvola di sfogo per la troppa pressione indotta dall’afflusso di magma.

La presenza di due aree in cui la roccia è parzialmente fusa a diversa profondità, con un serbatoio inferiore a composizione basaltica (e quindi a basso tenore di silice) e una più superficiale con magma riolitico ad alto tenore di silice, sembra essere una spiegazione che si applica anche ad altri apparati vulcanici in cui le rocce ad alto contenuto di silice provengono dalla differenziazione di magmi mantellici e non dalla fusione di crosta continentale.
La domanda però è come mai ci sono delle grandi differenze nella quantità dei prodotti e come mai ci sono i cosiddetti supervulcani.
Un altro lavoro uscito in questi giorni [4] ha modellizzato la situazione e tutto sembra dovuto all’età in cui è iniziato il magmatismo. Quando una provincia magmatica ha meno di qualche centinaio di migliaia di anni non ha ancora prodotto una riserva di magma profonda tale da rifornire un serbatoio crustale di grandi dimensioni, cosa che invece riescono a fare province di età superiore al milione di anni.
Naturalmente occorre anche che il rifornimento di magmi dalle profondità della Terra sia costante.

le variazioni verticali del livello
del suolo a Yellowstone, da [5]
YELLOWSTONE È ANCORA VIVO: non c’è solo l’attività idrotermale a dirci che il vulcano, sia pure dormiente, è tutt’altro che spento: lo dimostrano i continui spostamenti verticali del terreno che come ai Campi Flegrei testimoniano che alternativamente la pressione aumenta o diminuisce nel sottosuolo, come si vede da questo grafico tratto da [5].
Però non è affatto detto, come invece proclamano i catastrofisti, che una prossima eruzione debba essere per forza un evento drammatico: decine sono state le eruzioni a Yellowstone che si sono risolte con un po' di lave in più nella caldera ma che non hanno avuto effetti a distanze superiori alla decina di km.

[1] Izett, G. A., and Wilcox, R. E., 1982, Map showing localities and inferred distributions of the Huckleberry Ridge, Mesa Falls, and Lava Creek ash beds (Pearlette family ash beds) of Pliocene and Pleistocene age in the Western United States and Southern Canada: U. S. Geological Survey Miscellaneous Investigations Series Map I-1325, 1:4,000,000. 
[2] Huang et al 2015 The Yellowstone magmatic system from the mantle plume to the upper crust Science 348, 773 – 776 
[3] Loewen et al 2017 Eruption mechanisms and short duration of large rhyolitic lava flows of Yellowstone Earth and Planetary Science Letters 458, 80–91 
[4] Karakas et al 2017 Lifetime and size of shallow magma bodies controlled by crustal-scale magmatism Nature Geoscience May 2017 | DOI: 10.1038/NGEO2959 
[5] Shelley et al (2013) A fluid-driven earthquake swarm on the margin of the Yellowstone caldera Journal of Geophysical Research: Solid Earth 118, 1–15 



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