Il passaggio Paleocene – Eocene è contrassegnato dal PETM (Paleocene Eocene Thermal Maximum), un breve intervallo in cui le temperature globali sono schizzate improvvisamente in alto, e di parecchio. Questo rialzo termico si è accompagnato ad una nutrita serie di altri fenomeni, tra cui una fase di estinzioni in un mondo che si stava ancora leccando le ferite della strage al K/T, avvenuta appena 10 milioni di anni prima. Da un punto di vista faunistico è stato un evento “minore” ma di significativa importanza in alcuni gruppi, come i foraminiferi bentonici e, cosa che ci riguarda piuttosto da vicino, i mammiferi placentati, i cui ordini moderni sono comparsi proprio dopo il PETM. Se il K/T è dovuto principalmente alle emissioni della Large Igneous Province dei basalti del Deccan, il PETM è stato innescato dalle prime fasi della messa in posto dei basalti della Provincia magmatica dell’Atlantico Settentrionale. Il succo finale di questa storia è che il confronto fra le emissioni al PETM e quelle antropiche odierne è piuttosto sconfortante per il futuro del nostro pianeta.
l'aumento delle temperature e la diminuzione del δ13C al PETM da [3] |
Inizio riepilogando la vasta serie di fenomeni che hanno caratterizzato il PETM.
Nei mari:
- la temperatura delle acque è aumentata in superficie fino a 8 °C, fino a 5 °C invece sui fondi oceanici [1]
- l'acidità è aumentata e questo ha avuto due conseguenze: la risalita della profondità a cui i carbonati non sono più stabili (la CCD) e una più o meno parziale dissoluzione dei sedimenti carbonatici
- una forte risalita del livello marino dopo una fase di abbassamento
- le acque si sono stratificate con conseguenze notevoli sulla distribuzione dei nutrienti nella colonna d'acqua
Gli aumenti di acidificazione e di temperatura si sono propagati dalla superficie verso il fondo e sono stati accompagnati da anossie. È comunque probabile che il processo di aumento delle temperature sia iniziato un po' prima degli altri.
Per quanto riguarda gli aspetti biotici, è di fondamentale importanza l'estinzione a cui sono andati incontro i foraminiferi bentonici (quelli che vivono sul fondo), che avevano così bene resistito 10 milioni di anni prima, durante il K/T), mentre si è assistito ad una proliferazione di pectodiniuma, dinoflagellati subtropicali evidentemente a loro agio in oceani più caldi e più acidi, uno dei diversi cambi nella distribuzione delle specie all'epoca viventi
Sulle terre emerse, oltre ad un aumento della alterazione chimica di rocce e suoli, il PETM ha coinciso con una forte variazione nella distribuzione delle piante, ma soprattutto con la comparsa dei mammiferi placentati “moderni” e della loro rapida diffusione. In particolare è probabile che il forte aumento di temperatura abbia permesso a mammiferi delle medie latitudini l’uso del passaggio fra America settentrionale ed Eurasia all’altezza dell’odierno stretto di Bering (è il caso dei primati del genere Theilardina, ad esempio). All’epoca l’Atlantico settentrionale era ancora chiuso, quindi Europa e Nordamerica erano sempre in connessione; invece le comunicazioni fra Europa ed Asia erano difficili per la presenza ad est degli Urali, di un braccio di mare che collegava la Tetide al mare artico (gli stretti di Turgai).
In buona sostanza, se il passaggio Paleocene – Eocene non è accompagnato da una vera estinzione di massa, è comunque una fase importante nella storia della vita recente sulla Terra.…
Una cosa fondamentale è la CIE (escusione isotopica del carbonio), una diminuzione tra il 2 e il 4 ‰ del δ13C (il rapporto fra gli isotopi 12 e 13 del carbonio), che è conservata nei carbonati e nei fossili per circa 170.000 anni, dopodiché il δ13C è ritornato a valori più normali.
L'escursione del δ13C la troviamo a scala globale; inoltre è veloce, massiccia e di breve durata: quindi è utilissima per sincronizzare le varie stratigrafie.
Noto anche che il PETM non è stato l’unica fase nel Terziario inferiore in cui si inverte momentaneamente la tendenza al raffreddamento che perdura dall’optimum climatico del Cretaceo superiore, avvenuto al passaggio Cenomaniano – Turoniano 94 milioni di anni fa. Oltre al riscaldamento nei pressi del K/T (con buona pace dei fan del raffreddamento del dopo – Chuxchub) abbiamo infatti un breve evento nel Paleocene al passaggio Daniano – Selandiano (su cui ritornerò alla fine del post), il PETM e due eventi nell’Eocene, l’Eocene Thermal Maximum 2 e il più noto MECO, accompagnati, sia pure in misura minore che al PETM, da acidificazione delle acque, modifiche temporanee nella sedimentazione ed escursioni del δ13C,
EMISSIONI DI GAS – SERRA COME CAUSA DEL PETM. Molte ipotesi sono state avanzate nel tempo per spiegare il PETM. Anche se i cicli di Milankovitch sicuramente perturbano il clima l’aumento della radiazione solare non pare sufficiente a provocare questo sconquasso. Ci sono poi, immancabili, i fan dell’impatto meteoritico: in mancanza di altre indicazioni dicono che siccome l’evento è stato improvviso, allora è stato un meteorite (ignorando, tra l’altro, la presenza degli altri episodi minori di questo tipo).
Comunque la maggior parte delle ipotesi partono, sensatamente, dal forte aumento del CO2 atmosferico. Gettonatissimo è, per esempio, lo scioglimento di idrati di metano; questo meccanismo necessita un aumento di temperature, che potrebbe essere innescato dalla periodicità della radiazione solare dovuta ai cicli di Milankovitch. Questa possibilità è stata esclusa successivamente, perché correlando i cicli astronomici il PETM sarebbe avvenuto in una fase di minore irraggiamento solare [2].
Altri Autori parlano di incendi in foreste o direttamente di depositi di carbone o torba o persino del rilascio di CO2 dai fondi di mari molto bassi che si sono prosciugati a causa dell’abbassamento del livello marino che ha appunto preceduto di poco il PETM.
LA PROVINCIA MAGMATICA DELL’ATLANTICO SETTENTRIONALE. Un abbassamento del livello marino prima dell’acme dell’attività, acidificazione delle acque, anossie e cose del genere, fino ad eventi di estinzione di massa, sono tipiche conseguenze della messa in posto di una Large Igneous Province, ed in effetti una attività del genere era giusto in corso al momento: si tratta della Provincia Magmatica dell'Atlantico Settentrionale, nota in sigla come NAIP. Si tratta di una importante serie di lave basaltiche (con annesse alcuni differenziati riolitici, delle intrusioni scoperte dall’erosione come quella molto famosa di Skaergaard e dei tufi), diffuse in una vasta area tra l’isola di Baffin, la Groenlandia, le Isole Britanniche, le Faer Oer e le piattaforme continentali dell’Atlantico settentrionale. L’area coperta è di circa 1,3 milioni di km quadrati; le stime minime sul volume parlano di 5 milioni di km cubi di materiali (intrusivi compresi). La NAIP è dunque una Large Igneous Province di tutto rispetto, che ha preparato l’apertura dell’Atlantico Settentrionale e la conseguente separazione fra Europa e Nordamerica, ed ancora attiva visto che ha costruito l’Islanda. La vediamo in questa carta tratta da [3].
Quindi è inutile girare intorno al problema: le emissioni della NAIP sono la causa scatenante del PETM, anche se non si può escludere che il riscaldamento a loro dovuto abbia innescato lo scioglimento degli idrati di metano alle alte latitudini settentrionali e meridionali.
L’introduzione di carbonio in atmosfera è stata rapidissima. Addirittura c’è chi pensa a meno di 1000 anni (personalmente mi pare un po' troppo rapido…) [4], ma comunque è quasi sicuro che sia durato meno di 10.000 anni. La durata totale del disturbo, fino al ritorno a condizioni normali è di meno di 200.000 anni.
LA NAIP È CONTEMPORANEA AL PETM. Ora, a parte delle grosse masturbazioni mentali sulla età assoluta (con le quali definire un intervallo così ristretto mi pare un’impresa impossibile), vediamo cosa può fare la stratigrafia. Abbiamo visto che l’escursione del Carbonio è un livello riportato a scala globale e di breve durata, quindi è incredibilmente utile per effettuare delle correlazioni stratigrafiche.
Diamo un’occhiata a cosa si vede sul fondo del mare di Norvegia, tra il continente europeo e l’isola di Jan Mayen, nel bacino di Vøring [5]. Gli eventi dell’orogenesi caledoniana si sono conclusi nell’area nel Devoniano inferiore, circa 400 milioni di anni fa. Dopodiché hanno iniziato a formarsi dei bacini, anche molto estesi, che hanno preceduto la formazione dell’Atlantico settentrionale. In questi bacini si sono deposti prima dei sedimenti continentali e poi, dopo una accelerazione degli eventi circa 100 milioni di anni fa, nel Cretaceo superiore la sedimentazione è diventata piuttosto intensa. Il bacino, ormai francamente marino, doveva essere abbastanza chiuso: i sedimenti che si sono formati erano ricchi di materia organica (non a caso la Norvegia è una nazione leader per l’estrazione di petrolio e gas).
Le intrusioni della fase della NAIP precedente alla messa in posto delle grandi serie basaltiche da [6] |
Nella prima fase dell’attività della NAIP dei filoni di basalto orizzontali (sills) si sono intrusi in sedimenti pieni di materia organica del Cretaceo e del Paleocene. Li vediamo in questa immagine, tratta da [6]. Si sono messi in posto prima della separazione fra i continenti (o, al massimo, all’inizio della separazione) e precedono pure le grandi eruzioni basaltiche. Si tratta di pochi corpi, spessi pochi metri ma di dimensioni enormi, perché lunghi centinaia di km. Le loro caratteristiche dimostrano che ogni singola intrusione è avvenuta in pochi anni e che la durata della messa in posto dell’intero complesso di sill, spesso fra i 100 e i 300 metri, è compresa fra mille e 60 mila anni.
Il calore di queste intrusioni ha provocato il metamorfismo dei sedimenti attraversati, alimentato anche da fenomeni idrotermali. I dati dei rilievi sismici e stratigrafici dimostrano che l’attività dei sill è esattamente corrispondente a quella della massima escursione negativa del δ13C.
Queste emissioni sono particolarmente significative in quanto se il semplice degassamento di un metro cubo di magma basaltico saturo in CO2 rilascia in atmosfera circa 3.6 kg di carbonio, le reazioni fra il fuso e un sedimento pieno di materia organica possono arrivare ad emetterne tra 25 e 100 kg/ metro cubo!
Un lavoro uscito di recente ha confermato i dati stratigrafici [7] e stabilito che le emissioni avvenute durante il metamorfismo di contatto delle serie sedimentarie cretacee sono state sufficienti per innescare tutti i fenomeni che sono avvenuti durante il PETM.
L'attività principale della NAIP all'inizio dell'Eocene è stata preceduta da una prima fase, molto meno intensa a circa 61 milioni di anni fa. Anche in questo caso sono registrate delle deboli variazioni del δ13C, un incremento dell'acidità delle acque, modifiche temporanee della sedimentazione durate pochissimo tempo, associate ad un certo ricambio faunistico fra il Paleocene inferiore (Daniano) e quello medio (Selandiano), un evento durato circa 50.000 anni ma pronunciato soprattutto nei primi 10.000 [8].
IL PETM ED IL RISCALDAMENTO ODIERNO. Ora attualizziamo le cose: la relazione fra NAIP e PETM è nota già dal 2004, anche se molti hanno fatto finta di niente. Zeebe et al (2016) hanno calcolato che all’inizio del PETM il grosso delle emissioni è avvenuto al massimo in 4000 anni, al ritmo di circa 1,1 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno (si tratta pur sempre di un livello di oltre 5 volte superiore a quello dell’attività vulcanica ordinaria), contro i 10 miliardi di tonnellate emessi dalle attività antropiche nel 2014.
La cosa è estremamente imbarazzante: oggi assistiamo ad un aumento della temperature globali (più sensibile alle alte latitudini) e ad una acidificazione delle acque.
Siamo d’accordo che il trend di aumento odierno sia almeno in parte di origine naturale, ma questi dati dovrebbero farci riflettere sul problema: in buona sostanza noi stiamo conducendo un esperimento globale per capire l’innesco degli eventi di estinzione di massa che hanno punteggiato la storia della Terra….
E non capisco proprio come in tanti facciano finta di nulla.
[1] Zachos et al (2006) Extreme warming of mid-latitude coastal ocean during the Paleocene-Eocene Thermal Maximum: Inferences from TEX 86 and isotope data Geology 34,737–740
[2] Charles et al (2011) Constraints on the numerical age of the Paleocene ‐ Eocene boundary Geochem. Geophys. Geosyst., 12, Q0AA17, doi:10.1029/2010GC003426.
[3] Saunders (2016) Two LIPs and two Earth-system crises: the impact of the North Atlantic Igneous Province and the Siberian Traps on the Earth-surface carbon cycle Geol. Mag. 153,201–222
[4] Wright e Shaller (2013) Evidence for a rapid release of carbon at the Paleocene-Eocene thermal maximum PNAS 110,15908–15913
[5] Svensen et al (2004) Release of methane from a volcanic basin as a mechanism for initial Eocene global warming Nature 429,542-545
[6] Abdelmalak et al (2016) Pre-breakup magmatism on the Vøring Margin: Insight from new sub-basalt imaging and results from Ocean Drilling Program Hole 642E Tectonophysics 675,258–274
[7] Aarnes et al 2016 Contact metamorphism and thermogenic gas generation in the Vøring and Møre basins, offshore Norway, during the Paleocene–Eocene thermal maximum Journal of the Geological Society 172, 588–598
[8] Bernaola et al 2007 Evidence of an abrupt environmental disruption during the mid-Paleocene biotic event (Zumaia section, western Pyrenees) GSA Bulletin 119,785–795
[9] Zeebe et al 2016 Anthropogenic carbon release rate unprecedented during the past 66 million years Nature Geosciences 2016/4, 325-329
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