venerdì 18 marzo 2016

Genova e le alluvioni: gli errori urbanistici sul Bisagno e cosa viene fatto per rimediare


Nella storia del dissennato uso del territorio italiano quello Ligure è sicuramente uno dei più tragicamente martoriati. I rischi maggiori dal punto di vista geologico sono dettati dalla presenza di alture prospicienti un mare molto caldo (per cui soggette a piogge particolarmente intense) e dalla ristrettezza dei bacini idrografici, per cui il lasso di tempo che intercorre tra la pioggia intensa e la piena è bassissimo, meno di due ore. Ricordo per esempio che durante la grande alluvione europea del 2002, che colpì Cechia, Germania, Austria e Balcani, a Dresda seppero giorni prima che l'Elba sarebbe uscito dagli argini e quindi potettero prendere idonei provvedimenti – per esempio – per salvare le opere d'arte conservate nel Museo Statale. Anche durante la terribile alluvione del 2000 in Piemonte grazie ad un preavviso di appena 24 ore Il ponte sul Pò a Pontelagoscuro (Rovigo) fu sollevato provvisoriamente di circa 1mt, con interruzione del traffico ferroviario per evitare che ostacolasse l'onda di piena di 14.000 mc/sec in arrivo. Mentre a Genova la piena del Ferreggiano iniziò 3 ore dopo l'inizio della pioggia, che era peraltro ancora in corso quando il torrente esondò. I problemi della Valbisagno quindi hanno una origine naturale ma i loro riflessi sulle attività umane sono stati amplificati in maniera devastante dalle attività umane dalla fine del XIX secolo in poi. Per rimediare verranno realizzate due gallerie che diventeranno due canali scolmatori (uno per il Fereggiano e uno per il Bisagno). 

Il Bisagno è una brutta bestia: lo scenario peggiore è quello di una piena di 1.300 mc/sec. Tanto per fare un raffronto con l'Arno a Firenze, durante l'alluvione del 1966 è stata calcolata una portata di 4.100 mc/sec. Si tratta in termini assoluti di 3 volte tanto, ma il Bisagno ha un bacino di 95 km quadrati contro i 4.100 dei sottobacini che compongono il bacino dell'Arno a monte di Firenze (Mugello, Casentino, val di Chiana, Valdarno superiore e qualcosina di altro). Ok, direte, più grande il bacino, più diluite le piene, ma insomma...
Appare pertanto chiaro che la valle del Bisagno andrebbe trattata con una attenzione particolare, come dovrebbe essere del resto nella Liguria tutta, cosa che invece non è stata assolutamente fatta.

GEOGRAFIA DELLA PARTE TERMINALE DELLA VALBISAGNO

La parte finale della Val Bisagno:
a sinistra il centro di Genova,a destra le colline
di Albaro e San Fruttuoso. Tutta la stretta fascia
pianeggiante è densamente urbanizzata 
Focalizziamo la situazione di quella parte di Genova. Guardando dal mare vediamo in riva sinistra del Bisagno (e quindi sulla destra) le colline di Albaro, San Fruttuoso e Camaldoli. A sinistra la collina di Carignano e l'inizio del centro della città (le mura cittadine erano poste più o meno fra il Bisagno e i colli). Guardando la Foce dal mare, a sinistra e quindi in riva destra del Bisagno, c'è il colle di Carignano dove comincia la zona centrale della città. Tra la ferrovia e la foce c'è un po' meno di un km. Si presenta quindi una fascia pianeggiante allungata nella direzione del fiume che si restringe verso la foce da quasi 1 km a 300 metri.  
In questa fascia, poco a valle della odierna stazione di Brignole c'era un borgo protetto da argini che non sempre funzionavano, Borgo Pila, presso l'omonimo ponte, più volte distrutto (l'ultima volta a causa della piena del 26 Ottobre 1822: fu ricostruito nel 1836, in ferro. Oggi da quelle parti di un ponte non ce n'è bisogno....
Anche alla foce c'era un borghetto e, a testimoniare la scarsa popolazione della zona, in tempi più antichi c'era pure un lazzaretto.
Insomma …. meglio abitare sulla scomode colline che in quella valle....

I TRE GRAVISSIMI ERRORI URBANISTICI NELLA VAL BISAGNO (PER TACER DEL FEREGGIANO)

Il ponte di S.Agata: oggi basterebbero 6 arcate
per attraversare il Bisagno contro le 28 originali
Scendiamo il corso del Bisagno a partire dallo stadio di Marassi, dopo il quale il fiume descrive una ampia ansa a destra per seguire la valle. Il vecchio ponte di S.Agata (noto anche come Ponte Romano), distrutto nel passato svariate volte, era in perfetta efficienza nel 1970, quando fu parzialmente rovinato dall'alluvione del 3 ottobre. Siccome era molto stretto non è stato rimesso a posto. Torneremo su questo ponte molto presto. 
Poche decine di metri dopo il ponte di S.Agata c'è il ponte ferroviario: qui comincia il tombamento del Bisagno che si conclude solo quando il fiume sfocia nel Mar Ligure, alla Fiera di Genova, situata appunto nella zona detta “Foce”. 

1. Il primo errore, anzi, il “padre di tutti gli errori” è stato il restringimento degli spazi di pertinenza fluviale. Che il fiume sia stato ristretto (un classico dell'urbanistica del Bel Paese) lo dimostra proprio il ponte di S.Agata: questa foto ci fa vedere come, sostanzialmente, con il corso attuale del Bisagno basterebbero al massimo 7 arcate, contro le 28 originali: il manufatto iniziava tra le attuali Via Borgo Incrociati e Via Canevari e finiva oltre corso Sardegna. Il Bisagno quindi era una fiumara (toponimo che da quelle parti si ripete...). E come ogni buona fiumara che si rispetti, per decenni pochissima parte del suo alveo viene utilizzato dalle acque, ma ad un certo punto c'è bisogno di tutto quello spazio in caso di eventi pluviali particolarmente gravi. 

2. Per il secondo grave errore bisogna andare un poco più a valle: dopo la grande ansa e prima di incontrare la ferrovia il fiume descrive una nuova curva a destra, ben più corta e più secca, che oggi come oggi ha poco significato ma ha incontrato la mia curiosità, aumentata quando ho visto alcune stampe antiche le quali, nonostante la scarsa accuratezza dal punto di vista topografico, fanno capire che lì c'era un restringimento dell'alveo oggi non evidente.
Una coincidenza importante è che giusto poco dopo in riva sinistra nella valle principale sfocia una valletta secondatia parallela all'andamento della costa, percorsa dagli odierni corso Gastaldi e Corso Europa. Insomma, quella zona della valle era occupata da una conoide formata dai detriti provenienti dalle colline di Camaldoli, San Fruttuoso, San Martino e Albaro. portati fin là da due torrenti, il rio Rovare e il rio Noce, e dai loro tributari. Quindi il Bisagno vira bruscamente a destra a causa dell'ostacolo che ponevano questi detriti.
Ho scritto ponevano perché oggi, appunto, c'è un piano. M
ecco come doveva più o meno
 
presentarsi 
il lato sinistro della
val Bisagno all'altezza della
odierna stazione Brignole
a perché? Semplice, perchè alla fine del XIX secolo quella zona venne tutta sbancata dai depositi della conoide allo scopo di abbassare il tutto a livello della piana e fare la città “moderna”. La situazione prima dell'intervento umano doveva essere simile a quella raffigurata nell'immagine qui a fianco.
Contemporaneamente il Rio Noce venne tombato e deviato in parallelo al Bisagno per sfociare in mare a circa 300 metri a est. 
Di conseguenza è stata aumentata la zona a rischio alluvione: nel 1971, 2011 e 2014 l'acqua del Bisagno non sarebbe mai arrivata su quei rilievi ma ha provocato ingenti danni e vittime nella zona ribassata.
Vediamo nella carta qui accanto, la zona sbancata. 

3. Il terzo errore è stato compiuto negli anni '30 del XX secolo, quando il Bisagno è stato tombato con una portata di 450 mc/secondo. Bisogna notare che non ci fu all'epoca un accordo unanime su quest'opra: c'era chi sosteneva che questo valore si poteva rivelare nettamente insufficiente in caso di piena. 
Quest'altra foto mostra l'inizio della tombatura del tratto conclusivo del Bisagno, in corrispondenza della ferrovia. Si vedono quattro arcate, ma di queste solo due proseguono. Le due a sinistra sono cieche e si infrangono contro quei negozi costruiti sotto la ferrovia di via Tolemaide che vengono ovviamente distrutti ad ogni piena...

ARRIVANO FINALMENTE I RIMEDI!

Nell'ottica che i georischi non provocano danni ma sono le costruzioni sbagliate o collocate nel luogo sbagliato a farli, è abbastanza ovvio che il rimedio teoricamente migliore sarebbe quello di.... ritornare allo status quo, quindi buttare giù strade e palazzi, ripristinare lo spazio che prima dell'urbanizzazione del XIX secolo era pertinenza della fiumara e togliere la tombatura di Bisagno, Fereggiano, Rovara, Noce e di tutti gli altri rii e tanti saluti. Ora, è chiaro che non si può, perché farlo vorrebbe dire sgomberare mezza Genova,  o almeno tutto quello che è sotto una certa quota nella valle e tutta la piana tra la ferrovia e il mare e non un piccolo quartiere come ad Aulla...
Quindi la soluzione è la stessa che fu pensata (ed eseguita, sia pure con non eccessiva solerzia) in Toscana, per proteggere Pisa: catturare a monte le acque in eccesso realizzando degli scolmatori. Sono opere abbastanza facili in pianura (specialmente in quella fra Pontedera e Pisa che è relativamente poco urbanizzata) ma molto complesse in un'area come quella genovese completamente urbanizzata, dove quindi occorre scavare delle gallerie e che finalmente, grazie ai finanziamenti e ai regolamenti di #italiasicura, potranno finalmente essere eseguiti. 

In arancione lo scolmatore del Bisagno
In giallo lo scolmatore del Fereggiano
La costruzione dello scolmatore del Fereggiano era già stata iniziata negli anni '90, quando furono scavati 909 dei 3.717 metri necessari per evitare che le acque di questo rio entrassero nel Bisagno prima che i lavori venissero – non proprio saggiamente – interrotti.
Insieme alle acque del Fereggiano vi passeranno anche quelle del Rio Noce e del rio Rovare. La portata della galleria sarà di 160 m3/s totali, ipotizzandone 111 dal Fereggiano, 26 dal rio Rovare e 23 dal Rio Noce. È interessante notare che sono stati assunti come portata di progetto per i Fereggino i 111 m3/s dell'evento alluvionale del 2011 e non il valore sensibilmente più basso che risultava come duecentennale dalla documentazione ufficiale vigente, che è di appena 87 m3/sec. I lavori dovrebbero concludersi prima dell'autunno del 2018: ci saranno quindi da passare ancora due autunni, sperando che non succeda niente. L'opera inizierà un po' a monte rispetto all'inzio del tombamento e finirà in mare passando sotto la collina di Albaro qualche centinaio di metri a d E della foce del Bisagno, più o meno in corrispondenza del fianco sinistro della valle.

Per il Bisagno ci saranno due interventi: il primo è un aumento della portata nella zona tombata, che passerà dagli attuali 450 m3/s a 850 m3/s. In questo caso i lavori dovrebbero concludersi prima dell'autunno 2017. Più complesso il discorso dello scolmatore del Bisagno, impresa molto più lunga. Questa opera, lunga oltre 6 km e la cui portata massima sarà 450 m/sec, preleverà le acque del fiume a monte di Staglieno (e quindi oltre 1 km prima di Marassi), passerà in riva sinistra del fiume sotto la collina di Marassi e nella sua parte finale scorrerà accanto allo scolmatore del Fereggiano che verrà anche utilizzato come galleria di servizio per i lavori, la cui conclusione è prevista per il 2020.
La spesa per il complesso delle 3 opere sarà di quasi 300 milioni di euro, dopo le quali solo una piena superiore ai 1300 mc/sec potrà fare dei danni.

2 commenti:

Carlo ha detto...

Grazie, da un ligure ad un fiorentino, per il bell'articolo Aldo. Nella terza foto del Bisagno che riporti si staglia sullo sfondo a sinistra un grosso complesso edilizio chiamato "Corte Lambruschini" https://it.wikipedia.org/wiki/Corte_Lambruschini.
A livello puramente aneddotico, a parte i problemi relativi al Bisagno da te riportati, ricordo di aver registrato, molti anni, fa una pletora di lamentele da parte di coloro che vivevano a monte del complesso relativa ad un peggioramento della situazione relativa alle alluvioni posteriore alla costruzione del complesso stesso.
Non mi intendo né di geologia né di ingengneria edile e te la riporto come me la vendettero allora. Ciao.

Carlo

P.S. Comprerei il tuo libro volentieri ma, per esaurimento spazi disponibili, mi son ridotto, ormai da tempo, a prendere solo quelli in edizione digitale. Non è che la tua casa editrice ci potrebbe fare un pensierino?

Aldo Piombino ha detto...

Ringrazio per la stima. annoto però che sono per metà genovese (Castelletto) e che mio zio era fra quelli che .... nuotavano in corso Buenos Aires nel 1971...

quanto a corte Lambruschini... non ha peggiorato nulla in quanto una buona parte era già coperta (mi pare fosse il mercato dei fiori)

Inoltre il parcheggio sotterraneo si può considerare una cassa di espansione e quindi - al limite - ha migliorato le cose.

Sull'e-book... per adesso non è in agenda...
Spero di venire comunque a presentarlo a Genova, prima o poi...