Ho parlato spesso del fracking, pratica ambientalmente molto discutibile, e della sismicità indotta che non è causata dal fracking in se e per sé ma dalla reimmissione in pozzi profondi di quella parte dei fluidi impiegati che, anziché starsene buoni buoni a qualche migliaio di metri di profondità nella roccia fratturata, torna indietro e deve essere in qualche modo depurata o smaltita a causa del suo contenuto “non propriamente salubre”. In USA la scelta principale è quella di collocarla in profondità per allontanarla dalle falde acquifere superficiali e dalle acque dolci, ma questo sistema ha portato nella zona centrale degli “States” un aumento esponenziale della sismicità, con qualche episodio piuttosto forte. Quindi una serie di studi hanno cercato di capire le motivazioni di tutto questo e ora, finalmente, dopo aver stabilito che la sismicità è dovuta alla reiniezione, si è capito perchè il fenomeno si attiva solo su alcuni pozzi. A questo punto si aspettano i rimedi.
L'ultimo articolo su Science a proposito dei rapporti fra sismicità indotta e estrazione di idrocarburi registra diverse reazioni scomposte anche in Italia: da un lato i "petroliofili" che gridano vittoria dicendo che è successo solo nel 10% dei casi, negando poi tutte le controindicazioni ambientali del fracking (finanche la pericolosità dei composti chimici impiegati), dall'altra gli ambientalisti nostrani che gridano allo scandalo e che anche per questo proclamano che non sia il caso di trivellare l'Adriatico (continuando a non capire che in Italia non si può fare fracking...). Non ne posso più...
Vediamo dunque di ricapitolare la situazione.
Dal 2009 è bruscamente aumentata la frequenza della attività
sismica nell'area centrale degli USA, quella delle grandi pianure e degli
altopiani posta tra le Montagne Rocciose a Ovest e gli Appalachi ad
est; molti eventi sono stati avvertiti dalla popolazione e qualcuno ha persino provocato forti danni in un'area in cui, siccome non se ne
sentiva il bisogno, gli edifici sono stati costruiti non certo per
resistere ai terremoti.
L'aumento è estremamente evidente, mentre si nota che la sismicità naturale non associata alle reiniezioni sia rimasta più o meno costante.
Di questi eventi i più forti sono stati nel
2011: Prague (M 5.6, Oklahoma), Trinidad (5.3, Colorado) e
Guy (4.7, Arkansas); nel 2012 si è registrato il terremoto di Timpson (M
4.8, Texas). Il fenomeno continua: ad esempio in Oklahoma nel 2014 si sono prodotti 32 terremoti con M 4 o più, contro gli zero del 1994. La nuova situazione ha ovviamente suscitato un serio
allarme nella popolazione e nelle autorità e la comunità geologica
americana ha iniziato a studiare la situazione (anche se l'industria del petrolio americana ha sempre cercato di minimizzare la questione). Per una presentazione
della storia delle ricerche in proposito, potete leggere questo mio post di 2 anni fa.
il Fracking: perforazione orizzontale che rompe una serie di rocce di origine argillosa dure e compatte |
L'ipotesi di una associazione fra
questi terremoti e la nuova pratica della perforazione orizzontale,
il fracking, era suggerito dalla contemporaneità degli eventi. Ben
presto però è stato chiaro che la colpa non fosse da addebitare al
fracking in se stesso, ma rappresentasse un danno collaterale di una
pratica accessoria, l'immissione in profondità dei cosiddetti
liquidi di flow – back, quella parte delle acque immesse a
pressione nel sottosuolo per rompere le rocce contenenti il gas che,
anziché rimanere tranquilla dove è arrivata, se ne torna indietro
(tipicamente un po' meno del 20% del totale).
Questo fenomeno, tuttavia, non è
diffuso in maniera costante ma riguarda più specificamente certe
aree rispetto ad altre. La domanda quindi era capire perché alcuni
pozzi di reiniezione provocano terremoti e altri no. Cliff Frohlich,
uno che di queste cose si è occupato approfonditamente, nel 2010
notò nell'area del Texas dove viene coltivato il Barnett Shale, una
delle formazioni più importanti del sistema americano di oil e gas shales, che il collegamento fra sismicità indotta e pozzi di reiniezione
avveniva in presenza di ritmi di reiniezione superiori ai 150.000
barili (17.350 m3) al mese (1).
La reiniezione dei fluidi può avere due scopi:
- il primo è la stimolazione della
produzione dei pozzi di idrocarburi convenzionali (pozzi "EOR": Enhanced Oil Recovery): si
iniettano liquidi per poter ricavare altro petrolio da riserve
impoverite
- il secondo è il collocamento in una
riserva profonda di acque inquinate che sarebbero un pericolo per le
acque superficiali e per quelle delle falde sfruttate a scopi
idropotabili e irrigui (pozzi "SWD": Salt Water Disposal)
Questo collegamento è stato esteso
dall'area del Barnett Shale a tutti gli USA centrali da altri
ricercatori americani che hanno pubblicato i loro risultati questo
mese su Science (2).
Nel lavoro sono sotto
inchiesta sia le attività di estrazione convenzionali che le
reiniezioni direttamente conseguenti al fracking. I pozzi EOR
rappresentano il 75% del numero dei pozzi, ma è più facile che
siano gli SWD a provocare terremoti, perché nei primi il
quantitativo di fluidi immessi deve essere più o meno uguale a
quello dei fluidi estratti dai pozzi petroliferi attivi (per cui le
variazioni di pressione dei fluidi nel sottosuolo rimane più o meno
costante), mentre i secondi immettono fluidi in zone dove non c'è
estrazione e quindi ne risulta un aumento della pressione dei liquidi
nel sottosuolo.
L'associazione fra reiniezione e
sismicità indotta non è costante. Se la sismicità indotta si
produce sempre vicino ai pozzi, non è vero il contrario: ci sono
ampie zone in cui si reinietta senza sismicità indotta. Sono stati
esaminati (ovviamente tramite software...) i dati di 187.000 pozzi
incrociandoli con gli eventi sismici (o, meglio, con l'incremento
degli eventi sismici) avvenuti entro i 15 km di distanza, ricavati dall'Advanced National Seismic System's compprehensive earthquake catalog. L'associazione fra pozzi e scosse è
stata trovata in circa il 10% dei casi.
Per cui la reiniezione è una
condizione necessaria ma non è da sola sufficiente per indurre la
sismicità. In questa carta sono segnati in blu i pozzi che non hanno
dato problemi, in giallo quelli che li hanno dati.
Carta dei pozzi di reiniezione da (2): si nota il raggruppamento nello spazio di quelli coinvolti nella sismicità |
Quindi vanno cercati altri parametri
che la devono influenzare. Weingarten e i suoi hanno considerato:
- il
volume di fluidi iniettato
- il tasso di iniezione
- la pressione alla
testa del pozzo
- la distanza dal basamento cristallino.
Questa ultima merita una precisazione
per i non geologi: anche dove in superficie ci sono rocce
sedimentarie prima o poi scendendo si incontrano rocce cristalline.
Negli USA centrali questo succede a profondità molto diverse: ci
sono punti dove poche centinaia di metri di sedimenti coprono il
basamento, mentre in altri punti bisogna sono parecchie migliaia di
metri.
Di questi parametri il tasso di iniezione risulta quello più importante, come era emerso nel 2012 e come si vede dalla figura qui sopra: la percentuale di
pozzi associati con la sismicità indotta aumenta all'aumentare
del tasso di iniezione. Non ci sono invece particolari associazioni
fra sismicità e quantità totale di fluidi introdotti.
Vediamo ora un'altro aspetto: la relazione spaziale fra terremoti naturali e "artificiali":
in quest'altra carta, sempre tratta da (2), i cerchi bianchi rappresentano la sismicità naturale, quelli rossi la sisimicità indotta |
La carta qui sopra suggerisce che anche la sismicità indotta abbia una logica “geologica”,
perché i terremoti artificiali (cerchi rossi) si innescano in generale nelle stesse
zone di quelli, sia pure infrequenti, di origine naturale. Quindi insieme al motivo per cui il fluido
viene iniettato (stimolazione della produzione o stoccaggio
permanente) e alla sua quantità, va considerata anche la geologia
del sito, in particolare la vicinanza del pozzo ad una faglia attiva
o quiescente.
Il criterio geologico decisivo è quello della profondità del
basamento cristallino: vediamo la carta di Mooney e Kaban della profondità del basamento cristalino in USA (3). Di fatto ci sono zone dove
l'attività di iniezione è molto intensa ma non c'è traccia di
attività sismica né naturale ne indotta e sono tutte aree dove la copertura sedimentaria molto
spessa: per esempio alcuni grandi
bacini sedimentari, come quello del San Juan (New Mexico), di
Williston (nord Dakota) e del Michigan e le aree costiere di
Texas e Louisiana.
È evidente che in questi bacini
sedimentari lo spesso volume di depositi non è interessato da
faglie, oppure queste non sono nelle condizioni di attivarsi in presenza di un alto tasso di iniezione di liquidi come
quelle del basamento cristallino.
Le zone dove il basamento è molto meno profondo, come l'Oklahoma e l'interno del Texas, sono invece quelle più soggette al fenomeno.
Le zone dove il basamento è molto meno profondo, come l'Oklahoma e l'interno del Texas, sono invece quelle più soggette al fenomeno.
A questo punto ritengo che questo articolo possa mettere la parola fine (se qualcuno continuasse
ad insistere al proposito) sulla stupidissima questione dell'innesco
artificiale dei terremoti emiliani del 2012, dovuto secondo qualche
personaggio un po' eccentrico alla attività di estrazione di
idrocarburi (e in particolare alla reiniezione nel pozzo Cavone).
BIBLIOGRAFIA SCIENTIFICA CITATA:
(1) Frohlich (2012) Two-year survey comparing earthquake activity and injection-well locations in the Barnett Shale, Texas. PNAS 109;13934–13938
(1) Frohlich (2012) Two-year survey comparing earthquake activity and injection-well locations in the Barnett Shale, Texas. PNAS 109;13934–13938
(2) Weingarten et al. (2015): High-rate
injection is associated with the increase in U.S. mid-continent
seismicity. Science 348; 1336 – 1340
(3) Mooney and Kaban (2010) The North
American upper mantle: Density, compositionm and evolution J.
Geophys. Res. 115, B12424
Nessun commento:
Posta un commento