Il clima
terrestre è un sistema in cui alcuni avvenimenti possono
innescare dei cambiamenti in zone piuttosto lontane, dimostrando così
la complessità e l'interdipendenza del sistema a scala globale. È noto che una deglaciazione molto
spinta nelle zone artiche si accompagna ad un temporaneo
raffreddamento e inaridimento in Europa e tutto sommato, dopo qualche
piccolo dubbio ("il pianeta si riscalda ma l'Europa si raffredda" non
suona benissimo...) è stato facile capire il perché. Artico,
Atlantico settentrionale ed Europa sono vicini, ma è stato
recentemente notato che gli effetti di quanto si svolge da queste parti si ripercuotono sulla fascia equatoriale e vengono persino registrati nelle aree più lontane, persino in
Antartide.
Nel post precedente ho parlato di come il volume delle acque di deglaciazione
provenienti dall'Artico influenzi la velocità della Corrente del
Golfo: maggiore è questo volume, minore è la velocità della
corrente, che nei casi estremi si può addirittura fermare. In tal
caso – paradossalmente - la deglaciazione porta in Europa,
Mediterraneo e Vicino Oriente un peggioramento delle condizioni
atmosferiche, in un quadro climatico freddo e arido.
Un'altra
correlazione apparentemente strana è stata recentemente dimostrata
in un lavoro pubblicato su Science (1): la deglaciazione
nell'emisfero settentrionale ha apportato un aumento di metano
nell'atmosfera in Antartide nella parte finale dei cosiddetti “eventi
di Heinrich”, momenti in cui a causa dell'eccessivo afflusso di
acque dall'Artico la Corrente del Golfo si ferma.
Questi episodi sono
riconosciuti perché nell'Atlantico settentrionale in quei momenti si
depositano sedimenti provenienti da nord. I dati dell'andamento del
rapporto fra gli isotopi 16 e 18 dell'Ossigeno nei ghiacci
groenlandesi (che è un ottimo indicatore delle temperature)
dimostrano che gli eventi di Heinrich sono contrassegnati da un
freddo piuttosto intenso.
I ricercatori
(primo firmatario dell'articolo è Rachael H. Rhodes dell'università
dell'Oregon) hanno analizzato delle carote di ghiaccio prelevate
nella calotta dell'Antartide occidentale, che sostanzialmente coprono
gli ultimi 60.000 anni, in particolare la quantità di metano e le
sue variazioni.
Perché
proprio il metano? Perchè la quantità di metano contenuto nel
ghiaccio antartico oltre ad essere dipendente da quanto gas viene
sequestrato o liberato da permafrost e idrati dei fondi marini, è un
segnale della risposta della biosfera (almeno di quelle delle zone
umide) ai cambiamenti climatici.
Le variazioni
nel tempo del contenuto di metano in Antartide sono all'incirca in
armonia con le variazioni del rapporto fra gli isotopi 16 e 18
dell'Ossigeno in Groenlandia e della calcite in una grotta in Cina, tranne che durante le fasi finali degli Eventi di Heinrich, in cui
nel Continente Bianco si osserva un picco improvviso della quantità
di metano.
È una cosa
abbastanza sorprendente di cui però abbiamo una spiegazione, per la
quale dobbiamo introdurre il concetto di “zona di convergenza
intertropicale”.
Gli alisei
dell'emisfero settentrionale (o "di nordest”) si dirigono
verso sud – ovest, mentre quelli dell'emisfero meridionale (gli
“alisei di sud – est”) si dirigono verso nord – ovest. È
ovvio quindi che ad un certo punto si devono scontrare e lo fanno
proprio lungo una fascia che è la zona di convergenza
intertropicale. Quando si scontrano l'aria tende a risalire verso l'alto e
quindi a rilasciare l'umidità.
La zona di
convergenza intertropicale è quindi una fascia dove piove parecchio
e si muove secondo le stagioni, spostandosi verso l'emisfero dove è
estate.
Durante gli
eventi di Heinrich si evidenzia in tutto l'emisfero settentrionale
una certa siccità, il che implica uno spostamento verso sud della zona di convergenza
intertropicale, che a
pensarci bene è logico: se si sposta durante l'anno verso l'emisfero
in cui è estate, sarà altrettanto sensibile a degli “inverni
prolungati” causati da queste vicissitudini dell'emisfero
settentrionale.
E qui viene
alla ribalta il metano atmosferico, di cui le paludi sono grandi produttori naturali durante le reazioni di decomposizione dei vegetali morti: una maggior piovosità aumenta l'estensione
delle zone umide al posto degli ambienti di savana.
Gli eventi di Heinrich, in special modo verso la loro fine, spostano la zona di convergenza intertropicale alle basse
latitudini dell'emisfero meridionale, dove si registra un aumento delle piogge e
di conseguenza dell'estensione delle zone umide rispetto alle savane.
Una logica conseguenza è quindi l'aumento della produzione di metano
in quell'area.
Il gas
prodotto nelle paludi è entrato nella circolazione atmosferica che
prevede sostanzialmente una salita verso la stratosfera nella zona di
convergenza intertropicale e una discesa nelle aree polari di ciascun emisfero. Seguendo le correnti questo metano è arrivato in Antartide ed è rimasto intrappolato nei ghiacci a dimostrare che
gli eventi di Heinrich influenzano il clima a livello globale, non
solo nei dintorni dell'Atlantico settentrionale dove si verificano.
Di riflesso,
siccome la risoluzione delle età nelle carote di ghiaccio è
particolarmente precisa, è stato finalmente possibile ricavare con
una ottima approssimazione la data e la durata degli ultimi 6 eventi
di Heinrich, che con la sola stratigrafia dell'Atlantico
Settentrionale non era ben determinabile.
(1) Rhodes et
al., 2015: Enhanced tropical methane
production in response to
iceberg
discharge in the North Atlantic. Science 348, 1016–1019
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