Il terremoto del Nepal del 25 aprile 2015 si inquadra nella collisione fra India ed Eurasia, iniziata all'inizio del Terziario, collisione che ha inciso pesantemente ad esempio sulla storia dei mammiferi placentati. Himalaya e altopiano del Tibet sono il risultato più evidente di questo evento geologico, ma non sono i soli: per rompere qualcosa di massiccio spesso si usa mettere dentro l'oggetto da rompere un cuneo, martellandoci sopra; ecco, l'India sta entrando nell'Eurasia come un cuneo, provocando una serie di deformazioni in una fascia molto ampia, che arriva fino al Tien Shan e alla Cina sudoccidentale, con una sismicità che va ben oltre la zona di contatto fra le due zolle.
Il sisma del 25 aprile è stato provocato dal movimento lungo un piano di faglia suborizzontale, vicino al limite fra la zolla euroasiatica e quella indiana che scende sotto l'Asia (anzi, è probabile che il movimento sia avvenuto proprio lungo il limite fra le due zolle). Lo vediamo in questo disegno tratto da Billam et al. (2002). Appartiene quindi al tipo di terremoti più devastanti, i cosiddetti terremoti di thrust. In quella zona le due zolle convergono a una velocità piuttosto bassa, circa mezzo centimetro all'anno.
A livello generale la causa della sismicità di quell'area è l'indentazione dell'India nel continente asiatico. Chiariamo questo termine: si definisce indentazione il movimento con il quale una placca (o una parte di essa) si introduce all'interno di un altro continente e in qualche modo lo disturba: se un solido si incunea dentro un altro, questo secondo in qualche modo si deve deformare.
È anche quello che succede tra Veneto, Carinzia e Ungheria a causa della placca adriatica che entra in quella europea (per questo si sono separati le Alpi dai Carpazi, che si sono spostati verso est).
Questa carta, presa da Chatterjee et al. (2013) mostra bene la situazione.
1. Ad ovest vediamo che fra la zona di convergenza in Iran e quella in Himalaya c'è una grande distanza. Le due zone sono collegate fra loro da una linea trasversale, che corrisponde a una fascia di compressione ma soprattutto ad una grossa trascorrenza (la cosiddetta “faglia di Chaman”) complicata da una certa rotazione, a cui è legata la catena dei monti Sulaiman; in buona approssimazione è il limite fra l'Eurasia, ferma, e l'India che sta incuneandovisi dentro. Ne ho parlato a proposito del terremoto del Beluchistan del 2013.
2. Nella zona Himalayana, di cui il Nepal fa parte la situazione è un po' diversa: l'immagine mostra la situazione 400 km a NW di Kathmandu ma la situazione è la stessa.
La zona di collisione inizia dove iniziano le colline prospicienti alla bassa Himalaya (è il sovrascorrimento frontale principale, conosciuto come Himalayan Main Thrust). È l'inizio del prisma di accrezione della Bassa Himalaya, che comprende numerosi altri sovrascorrimenti, a mano a mano più antichi più sono alti e vicini alla catena principale. I piani di scorrimento separano vari blocchi e sono suborizzontali anche se un po' inclinati verso NE.
Poi c'è la grande catena himalayana, al di là della quale una grande valle la separa dal Tibet. Questa valle corrisponde alla sutura dell'Indo, dove scorrono le parti più alte del corso dell'Indo verso ovest e del Brahmaputra verso est.
In questa zona troviamo le ofioliti, cioè parte delle rocce che componevano il fondo dell'oceano posto una volta fra l'India e l'Eurasia. Qui finisce la zona principale di deformazione perché il Tibet fa parte della crosta del continente euroasiatico.
3. Ad est dell'Himalaya il limite è più complesso e la deformazione interessa pesantemente la fascia tra Cina (Yunnan) e Indocina. Qui prevalgono movimenti trascorrenti, come si evidenzia in questa carta. Ne ho parlato a proposito del terremoto cinese dell'agosto 2014.
LA SISMICITÀ DEL NEPAL
La sismicità più importante di questa zona interessa la parte fra il Main Frontal Thrust e la catena principale, quindi il Nepal è tutto all'interno di questa fascia dove i terremoti non sono particolarmente frequenti perché il sistema è quasi bloccato, ma quando avvengono possono raggiungere intensità piuttosto elevate.
Possiamo ricordare due eventi del XX secolo, nell'agosto 1988, 250 km a SE, con M 6.9, che provocò 1.500 morti e quello del 1934, che colpì Kathmandu ed altre aree facendo 10.600 morti.
Il più forte terremoto registrato con la strumentazione nell'area himalayana è quello del 15 Agosto 1950, avvenuto in Assam, la parte più orientale dell'Himalaya, nell'india Orientale. Sempre in Assam è particolarmente importante il terremoto del 1897, in cui si evidenziò in superficie una dislocazione lungo la faglia che lo ha generato di ben 11 metri: è stata la prima evidenza che i terremoti si generano per lo spostamento del terreno lungo una faglia. Durante questo evento, non drammaticamente potente ma dagli effetti particolarmente persanti perchè molto superficiale, si osservarono onde nel terreno e massi pesanti qualche decina di kg furono lanciati in aria, segno che i valori raggiunti valori dell'accelerazione cosismica sono stati superiori alla accelerazione di gravità.
L'epicentro della scossa di questi giorni è a ben 80 km da Kathmandu, ma la sua forza nella capitale è stata devastante per due motivi:
1. l'energia di un terremoto non si irradia da un punto, ma da un piano (e più grande è il terremoto più grande è la superifcie interessata). L'epicentro è collocato nella posizione in cui è iniziata la rottura, ma l'area interessata dal movimento in questo caso è più o meno un rettangolo lungo un centinaio di km e largo una quarantina, parallelo alla catena Himalayana, come si individua dalle repliche che si vedono in questa carta elaborata con l'IRIS Earthquake Browser: Kathmandu è sopra al piano di scorrimento e quindi non è a 85 km da dove è avvenuto il terremoto, ma proprio sopra.
2. Nella capitale nepalese ci sono stati particolari effetti a causa della scarsa qualità degli edifici e, come è successo a Christchurch nel 2011 e a San Giuliano di Puglia nel 2002, per fenomeni di amplificazione locale delle onde sismiche.
1. l'energia di un terremoto non si irradia da un punto, ma da un piano (e più grande è il terremoto più grande è la superifcie interessata). L'epicentro è collocato nella posizione in cui è iniziata la rottura, ma l'area interessata dal movimento in questo caso è più o meno un rettangolo lungo un centinaio di km e largo una quarantina, parallelo alla catena Himalayana, come si individua dalle repliche che si vedono in questa carta elaborata con l'IRIS Earthquake Browser: Kathmandu è sopra al piano di scorrimento e quindi non è a 85 km da dove è avvenuto il terremoto, ma proprio sopra.
2. Nella capitale nepalese ci sono stati particolari effetti a causa della scarsa qualità degli edifici e, come è successo a Christchurch nel 2011 e a San Giuliano di Puglia nel 2002, per fenomeni di amplificazione locale delle onde sismiche.
LA DISTRIBUZIONE DELLA SISMICITÀ IN ASIA:
UNA FASCIA MOLTO PIÙ LARGA DELLA ZONA DI CONVERGENZA FRA LE ZOLLE
Ed eccoci a parlare di un aspetto piuttosto interessante con questa carta, tratta da Van Hinsbergen et al. 2012, che mostra la disposizione delle varie macrounità geologiche che compongono la zona di collisione fra tra Pakistan, India, Birmania ed Indonesia.
In prima approssimazione la stratigrafia dell'Himalaya appare semplice; in realtà l'attribuzione paleogeografica di alcune di queste unità è ancora incerta e soprattutto la storia dell'orogene è molto dibattuta (vedi questo mio post).
Ed è ancora più complessa la situazione tettonica, perché se da un lato, come abbiamo visto nella figura di Billam, esiste un chiaro limite attuale di zolla con i suoi bravi sovrascorrimenti, confrontiamo la carta di Chatterjee con quest'altra, ottenuta con l'IRIS Earthquake Browser, in cui si evidenziano i terremoti con M uguale o superiore a 6 degli ultimi 30 anni: vediamo come la fascia interessata dagli eventi si prolunghi ben oltre il limite fra le due zolle. Insomma, l'India mentre si incunea nell'Asia ne fa di tutti i colori, provocando deformazioni anche in zone molto lontane, magari riattivando vecchie zone di debolezza in una fascia larga centinaia di km, fino all'estremità settentrionale del Tibet lungo il bordo meridionale del bacino del Tarim e addirittura nei monti del Tien Shan, a nord di questo bacino. Sono zone che si sono aggregate fra loro nel Paleozoico e assolutamente lontane da limiti di zolla attuali.
A ovest, dal mare arabico e dalla faglia di Chaman, fino all'Hindu Kush e al Pamir la sismicità è parecchio elevata, arrivando appunto alla antica catena del Tien Shan.
Nel Tibet gli eventi non sono tanti, ma come si vede sono dispersi un pò in tutto l'altopiano. Forti scorrimenti interessano la fascia di confine fra il Tibet e il bacino del Pamir, a centinaia di km dalla zona di contatto fisico fra le due zolle!
Anche il bordo orientale del Tibet è fortemente sismico. Vediamo in questa sezione per esempio come l'altopiano sovrascorra la crosta della Cina nella zona del Sichuan, nella zona colpita da forti terremoti negli ultimi 10 anni.
Un'altra conseguenza è la deformazione della fascia a nord dell'Indocina, dove predominano trascorrenze capaci di provocare sismi piuttosto forti .
Insomma, fra India ed Eurasia esiste teoricamente un limite di zolla abbastanza chiaro, la cosiddetta “sutura dell'Indo”, ma in realtà siamo davanti come per altre aree dell'Asia ad un “limite diffuso”, e ad una fascia in deformazione piuttosto larga.
Bibliografia citata:
Billam et al. (2002): Himalayan Seismic Hazard. Science 293, 1442-1444
Chatterjee et al. (2013): The longest voyage: Tectonic, magmatic, and paleoclimatic evolution of the Indian plate during its northward flight from Gondwana to Asia. Gondwana Research 23,238–267
Cattin & Avouac (2000): Modeling mountain building and the seismic cycle in the Himalaya of Nepal. Journal of geophysical research solid Earth 105 B6,13389–13407
Van Hinsbergen et al. (2012): Greater India Basin hypothesis and a two-stage Cenozoic collision between India and Asia, PNAS 109/20, 7659–7664
Nessun commento:
Posta un commento