"Se fra le discipline naturalistiche ve n'è una alla quale si debbano prodigare più larghe provvidenze, questa è indubbiamente la Geologia: sia perchè, dal punto di vista puramente scientifico, essa affronta – con beneplacito dei colleghi che non sono geologi – problemi di una grandiosità difficilmente superabile, e sia perchè essa è la base, il fondamento, per applicazioni pratiche quasi illimitate, che interessano quasi ogni manifestazione delle genti civili"
Giotto Dainelli (1943) – da "L'insegnamento della Geologia" – Annali dell'Università italiana n.4
Oggi su Scienzeedintorni ospito Marco Bastogi. Essendo quasi coetanei, lo conosco dai "bei tempi" dell'Università. Marco, nonostante una intensa attività professionale, è anche un personaggio molto noto e attivo nella
divulgazione scientifica. Autore di numerosi articoli e relatore a diverse conferenze è stato anche vicepresidente della sezione fiorentina del CAI. In particolare per il 90° di quello che oggi è il Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Firenze, Marco ha tenuto una conferenza su Giotto Dainelli, una colonna della geologia fiorentina (e non solo) della prima metà del XX secolo. Giotto Dainelli è stato uno scienziato che ha fatto della divulgazione scientifica un credo già ai primi del '900. Quindi per certi versi è stato un antesignano dei blogger scientifici; ed è per questo che ho chiesto
a Marco di scrivere un qualcosa su questa importante figura della Geologia e della Geografia non solo fiorentina o italiana.
Giotto Dainelli (che vediamo in una foto conservata nell'archivio CAI di Firenze) è stato uno dei più celebri personaggi della cultura italiana nel periodo compreso tra ledue guerre ed è conosciuto in ambito internazionale soprattutto per le sue esplorazioni scientifiche, tra le più importanti del ‘900.
Nacque a Firenze il 9 maggio 1878. Il padre, era un generale medico che vantava illustri origini
patriottiche risorgimentali, mentre la madre era figlia di Adriano Mari che fu senatore del Regno d’Italia. A causa dei continui cambiamenti di sede di lavoro e della passione per i viaggi del padre, Giotto Dainelli rimase lontano da Firenze durante il periodo dell’infanzia.
E’ stata proprio la passione per i viaggi, ereditata dal padre che lo portò ad orientare la scelta dei suoi studi verso discipline, come le Scienze Naturali, indirizzate verso i più vasti orizzonti.
Si laureò presso l’istituto di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento di Firenze nel 1900 sotto la direzione del grande Geologo Prof. Carlo De Stefani (1851 - 1924), al tempo direttore dell’Istituto, con una tesi sul Monte Promina in Dalmazia; fin da allora Dainelli rimarrà molto legato a questo territorio.
De Stefani darà un’impronta formativa determinante al giovane Dainelli, avviandolo all’apprendimento secondo il metodo dell’osservazione di campagna, al nazionalismo scientifico e verso le ricerche extraeuropee in Asia ed in Eritrea.
Cominciò subito a viaggiare accompagnato dall’inseparabile macchina fotografica, con la quale immortalò luoghi e persone sul Monte Bianco (1899 e 1901); si recò in Dalmazia come paleontologo ed in Bretagna e Marocco da geografo.
Nei primi anni dopo la laurea, frequentò corsi di perfezionamento all’Università di Vienna ed al
Politecnico di Zurigo e nel 1903 divenne libero docente in Geologia e Geografia Fisica a Firenze.
Fu certamente di impulso per Dainelli la presenza a Firenze della Società di Studi Geografici e Coloniali (nata a Firenze il 7 giugno 1895), oggi nota come Società di Studi Geografici con la relativa pubblicazione della Rivista Geografica Italiana.
Fu in Africa Orientale nel 1905 - 1906 in occasione del Congresso Geografico di Asmara assieme al geografo amico e compagno di studi, Olinto Marinelli, altro grande personaggio che contribuirà a formare la sua personalità di scienziato. Queste sezioni geologiche appartengono ad un loro lavoro del 1908. Attraverseranno l’Eritrea settentrionale e la Dancalia orientale con un viaggio esplorativo dai diversi risvolti: geografici, geologici, antropologici, etnologici ed archeologici; in quell’occasione, scalerà assieme a Marinelli, il vulcano Alid.
I risultati furono decisamente ottimi, innumerevoli i dati ed il materiale che fu portato a Firenze.
Numerosi furono gli articoli pubblicati sulla Rivista Geografica Italiana; il resoconto dei due scienziati, fu pubblicato in un volume dal titolo: “Risultati scientifici di un viaggio nella colonia
Eritrea”, che usci nel 1912.
Dainelli, da convinto nazionalista interventista, non era certamente contrario all’espansione coloniale italiana, ma, al riguardo, manifestava un interesse prettamente scientifico, antropologico e culturale che rispettava la dignità e l’identità delle popolazioni, in contrapposizione alla cosiddetta “missione civilizzatrice” di stampo prettamente colonialista in voga al tempo. Egli riteneva che l’espansione coloniale dovesse essere lenta e graduale per favorire lo sviluppo dei territori che venivano acquisiti (un punto di vista decisamente diverso dal concetto ordinario di colonialismo...)
Nel 1910, all’età di 32 anni, divenne il sesto Presidente della Sezione del Club Alpino Italiano di Firenze e resterà in carica per ben nove anni. E’ da qui che forse ha inizio il suo desiderio di comunicare con il grande pubblico, il voler diffondere la cultura scientifica senza specifiche intenzioni formative, ma per accrescere la percezione dell’importanza degli aspetti geografici e geologici nell’ambito delle attività umane, esercitando al contempo il radicamento di questi comprensioni nella società.
Punto cruciale della divulgazione e che Dainelli, grazie alle sue avventurose imprese potrà svolgere, è che non basta essere chiari e saper scrivere bene come ha certamente ben dimostrato nelle sue
quarantamila pagine di scritti che ha lasciato, ma è necessario riuscire a coinvolgere l’emotività delle persone. Molte delle sue opere hanno per obbiettivo quello di far conoscere e divulgare le grandi scoperte che farà nell’occasione delle sue esplorazioni in Asia ed in Africa.
Dainelli capì l’importanza di stabilire un collegamento con i soci del C.A.I., pensando alla creazione del Bollettino della Sezione che da allora, ancora oggi raggiunge stabilmente i soci.
Fu una sua personale iniziativa quella di organizzare “carovane scolastiche”, per avvicinare e far capire la Montagna ai giovani.
Nel 1913, sotto la guida dal medico ed esploratore Filippo De Filippi farà parte della memorabile
spedizione scientifica, una delle più rilevanti e fruttuose del secolo scorso per i dati che verranno raccolti. L’esplorazione durò 17 mesi ed ebbe come obbiettivo l’area montuosa compresa tra il Karakorùm e l’Himalaya percorrendo l’India, il Kashmir, il Baltistan ed il Ladakh, fino a raggiungere il Turkestan cinese (l’attuale Sinkiang), per fare quindi ritorno in patria.
Della celebre spedizione facevano parte il comandante Alberto Alessio (geofisico), il Dott. Giorgio Abetti (astrofisico che sarà direttore dell’Osservatorio di Arcetri tra1922 e il 1957), il Marchese Nello Ginori Venturi (meteorologo), il Tenente Cesare Antilli (fotografo ufficiale), la guida valdostana Giuseppe Pettigax e naturalmente Giotto Dainelli come geografo e geologo.
Nella primavera del 1914, un altro gruppo arriverà per affiancare la squadra di esploratori già operante. Completeranno la squadra Olinto Marinelli (Geografo), Camillo Alessandri (meteorologo), due topografi inglesi (Sprangher e Wood) per raggiungere tutti assieme la zona del passo del Karakorùm con campo base sull’altipiano del Depsang.
L’impresa ebbe come obbiettivo l’esplorazione del ghiacciaio Rimu, il completamento delle
triangolazioni iniziate dagli inglesi e dai russi nei rispettivi possedimenti in India e Turkestan e l’approfondimento dello studio della fisica terrestre mediante una estesa concatenazione di stazioni
gravimetriche e magnetiche.
Il lavoro richiedeva una notevole attività esplorativa legata all’attraversamento di zone impervie e
dei grandi ghiacciai del Karakorùm orientale.
Dainelli contribuì per gli aspetti geologici, ma si allargò personalmente approfondendo anche quelli antropologici ed etnologici. Pubblicherà il diario della sua esperienza di geografo naturalista nei volumi editi a Firenze nel 1924, sotto gli auspici della Regia Società Geografica Italiana: “Paesi e genti del Caracorùm e Vita di carovana nel
Tibet occidentale”.
Già nei primi numeri del bollettino C.A.I., appariranno articoli sulla Spedizione in Karakorùm, da lui inviati.
Per completare le osservazioni compiute nel 1913-1914, tornò nella stessa area con una nuova spedizione questa volta da lui diretta ed organizzata di concerto con l’Istituto Geografico Militare, alla quale parteciparono il tenente Enrico Cecioni (in veste di fotografo) ed il capitano Alessandro Latini come topografo.
Questa missione, che raggiunse zone ancora inesplorate, fu descritta da Dainelli ne “Il mio viaggio nel Tibet Occidentale” (Mondadori, Milano, 1932). I risultati
scientifici di grande valore furono raccolti in due serie distinte: la prima comprendente 4 volumi che uscirà tra il 1922 ed il 1934 (Relazioni scientifiche della spedizione italiana De Filippi
nell’Himalaia, Karakorùm e Turchestan cinese), mentre la seconda serie, coordinata da Dainelli stesso, comprenderà 12 volumi che usciranno nello stesso periodo (1922 - 1934), con il contributo
di altri illustri scienziati non direttamente implicati nella spedizione.
Giotto Dainelli, per formazione era certamente più geologo che geografo, ma all’epoca, la distinzione tra le due discipline, non era così rigorosa. La sua attività nel campo geografico lo completerà indirizzandolo verso studi associati all’evoluzione geografica del territorio nel tempo
(paleogeografia).
Spesso mostrava un atteggiamento critico nei confronti dei Geografi per il loro prevalente approccio umanista della materia e per la loro scarsa sensibilità ad informare il pubblico dei soro studi.
Dainelli sosteneva che i Geografi avrebbero dovuto avvicinarsi molto più alla realtà, alla vita della
nazione ed al grande pubblico, a vantaggio di una cultura geografica più diffusa ed accessibile almeno rivolgendosi alle persone cosìddette colte.
La divulgazione, per Dainelli, è quindi uno strumento essenziale e lo dimostrerà durante tutto l’arco
della sua lunga attività di esploratore e scienziato. Pubblicazioni geografiche, belle nell’aspetto e nella forma, secondo Dainelli, possono servire alla causa, non certo le monografie minuziose e dai pesanti contenuti scientifici.
Dainelli, nel 1922, a proposito dei Geografi e sul modo che hanno di presentare la loro scienza, scriverà su Il Marzocco (la rivista mensile del gabinetto Vieusseux di
Firenze), …”non hanno fatto alcun passo verso il grosso pubblico; sono sempre “in cattedra”, sono sempre i “professori”. Bisogna scender di cattedra e togliersi la veste professorale e non
temere mai di scender troppo purché si ottenga una maggiore diffusione della cultura geografica“… Questa asserzione, riferita da uno dei massimi esponenti della scienza geografica ed esploratore della prima metà del secolo passato, fanno di Giotto Dainelli un personaggio straordinariamente moderno, indiscutibilmente insolito nel modo di comportarsi dei grandi luminari universitari di quegli anni.
Nel 1919, “The Geographical Review”, segnalerà Giotto Dainelli, tra i migliori Geografi europei
riferendosi in particolare alla collana delle “Memorie Geografiche”, da lui creata a supplemento della “Rivista geografica che ha diretto tra il 1907 e il 1918, ma anche per i suoi studi sulla Dalmazia e su quelli demografici della Toscana. Nello stesso anno diventerà socio dell’Accademia
dei Lincei.
Su incarico dell’Accademia d’Italia, tornerà in Africa tra il 1936 - 1937 ed in particolare in Etiopia,
nel Corno d’Africa, con una missione esplorativa, da lui diretta ed organizzata, al lago Tana. A seguito di questa esplorazione, pubblicherà nel 1939, un volume dal titolo “La Regione del Lago
Tana”, una monografia regionale condotta secondo gli schemi tradizionali, ma con intenti chiaramente divulgativi.
Dopo la sua prima esperienza di libero docente in Geologia e Geografia Fisica a Firenze, nel 1913, vinto il concorso per la cattedra di Geografia presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Napoli,
passerà per chiamata dall’Università di Pisa, dove manterrà la cattedra fino al 1921. Una nuova cattedra questa volta di Geologia, gli sarà conferita presso la Facoltà di scienze naturali di Napoli
che manterrà fino al 1924.
Con la morte del suo maestro Prof. Carlo De Stefani, nel 1924 accetterà a Firenze la cattedra di Geologia e Paleontologia che manterrà fino al 1953, quando al quando al compimento del settantacinquesimo anno di età, si ritirerà dall'insegnamento, stabilendosi a Roma.
La
Società Geografica Italiana, l’anno successivo (1954), in occasione del suo cinquantennio di iscrizione, lo onorò di una medaglia d’oro, mentre il 9 ottobre 1957 la Facoltà di Scienze Naturali dell’Università di Firenze, gli conferirà, all’unanimità, il titolo di Professore emerito.
Dainelli morì quasi novantenne il 16 dicembre 1968 a Firenze, dove era da poco rientrato da Roma.
Di lui ci restano oltre 600 pubblicazioni scientifiche di carattere geologico, paleontologico, geografico, ma anche storico e divulgativo, scritte in un arco di tempo compreso tra
il 1901 fino al 1967. Di ambito tipicamente accessibile a tutti, si deve ricordare il suo
libro sul Monte Bianco del 1928, che illustra gli aspetti fisici della montagna e la vita dei popoli delle valli sottostanti. Merita menzione una monografia apparsa su “L’illustrazione Italiana”
dedicata al “Mondo Alpino” ed i suoi due volumi sulle Alpi del 1963.
In occasione del 39° congresso del Club Alpino Italiano, nel 1908, fu stampato un libro sulla Toscana con il titolo “Monti e Poggi Toscani”. Si tratta di una serie di articoli redatti da vari
studiosi tra cui Dainelli e da alpinisti fiorentini.
Nel 1941 uscì per la collana Grandi Italiani, della UTET, "Marco Polo”, oltre duecento pagine che Dainelli scrisse in una settimana senza consultare nessun libro!
Nel 1950 sempre la UTET pubblicò “ La conquista della Terra”, una storia delle scoperte e delle esplorazioni geografiche. Si tratta della prima pubblicazione di questo genere da parte di un autore italiano.
A suo nome risultano una trentina di specie fossili e quattro viventi, gli fu inoltre intitolata una cima dei monti Kazbek nel Caucaso georgiano.
E’ sepolto nel piccolo cimitero di San Martino a Terenzano ad est di Settignano, vicino alla cappella della famiglia della madre che a Terenzano avevano una grande tenuta agricola.
Sulla lastra tombale, oggi in totale stato di abbandono, si legge ancora:
Giotto Dainelli, Geologo, Geografo, Esploratore. “Amo soprattutto la Scienza e l’Italia”.
Nota finale: non entro nella questione politica: Dainelli è stato l'ultimo podestà di Firenze e aderì alla RSI. Su queste scelte, che sono avvenute in un contesto particolare e in cui la politica c'entrava poco, c'è un dibattito piuttosto complesso che esula dagli scopi di questo post (AP).
1 commento:
Apprezzo molto il pregevole contributo e condivido pienamente la considerazione nella nota finale.
A nome di GEOITALIANI e della Sezione di Storia delle Geoscienze della Società Geologica Italiana sostengo il principio fondamentale di ricostruire il contributo dei personaggi al progresso delle Scienze della Terra in Italia, analizzando luci ed ombre del loro percorso storico. Ma la presenza di ombre, per quanto rilevanti, non deve essere mai motivo di una "damnatio memoriae".
Alessio Argentieri
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