La notizia del sequenziamento del genoma di un bambino di 4 anni di 24.000 anni fa trovato in Siberia (il genoma più antico fino ad oggi sequenziato) porta dati interessanti e in parte sorprendenti sull'origine degli Nativi Americani ma nel contempo - ammettendo che questo genoma sia significativo della poplazione a cui apparteneva il proprietario - può giustificare meglio alcune caratteristiche genetiche delle popolazioni del Nuovo Mondo, a partire dalla questione dell'aplogruppo X e forse anche dell'origine delle lingue amerinde.
Il quadro generale del popolamento
delle Americhe prevede una colonizzazione a partire dall'Asia
avvenuta durante la fase di deglaciazione seguita all'ultimo massimo
glaciale: 16.000 anni fa l'aumento delle temperature divise la
calotta glaciale che copriva il Nordamerica in due parti, la
Laurentide ad Est e un'altra minore ad ovest nella zona della Catena
delle Cascate, lasciando un passaggio libero nella zona delle
odierne province canadesi di Alberta e Saskatchewan.
Su tracce di presenza umana anteriori a
20.000 anni fa non c'è attualmente consenso nella comunità
scientifica (i 20.000 anni fa sono una data particolare, perchè
appunto corrispondono all'ultimo massimo glaciale). Secondo alcuni
Autori è possibile che nell'interglaciale precedente, prima che il
progressivo nuovo raffreddamento rendesse il Mare di Bering e le zone
limitrofe un inospitale deserto freddo, ci siano stati arrivi in
America; al momento però non sono state trovate prove
sufficienti per accertarlo.
Sul chi fossero questi pionieri sono
state fatte diverse ipotesi, e abbastanza ovviamente la maggior parte
porta a popolazioni asiatiche.
Anzi, diciamo che la provenienza
asiatica è una certezza. Ci sono meno certezze su quale parte del
continente sia la vera zona di provenienza.
Ricordo che le Americhe registrano
almeno 3 ondate diverse di penetrazione umana nel continente: le due
più recenti occupano aree limitate:
- gli Inuit: distribuiti fra Alaska,
Canada e la parte estrema occidentale della Siberia, parlano lingue
eskimo – aleute da molti Autori correlate alle lingue dell'Eurasia
settentrionale
- i Na-Denè: occupa(va)no una parte
della costa pacifica tra USA e Canada e una zona tra Arizona New
Mexico e aree limitrofe (Apaches e Navajos). Hanno una sicura origine
siberiana, probabilmente nei monti Altai: i loro dialetti sono affini
alle lingue sino-tibetane e a quelle caucasiche (ed infatti è stata
istituita la superfamiglia linguistica sino – dene – caucasica).
In particolare il legame più stretto appare quello con un gruppo di
idiomi in estinzione, le lingue siberiane (solo poche centinaia di persone parlano l'ultimo dialetto rimasto, il Ket). La distinzione dei Na –
Denè con i loro vicini parlanti lingue amerinde è prevalentemente
su base etnica e linguistica in quanto da un punto di vista genetico
gli incroci con le tribù vicine hanno diluito il genoma originario.
Agli Amerindi è attribuito Il resto (e la stragrande maggioranza) della popolazione nativa
americana. Le loro origini sono dibattute.
Se la maggior parte della comunità scientifica ritiene esatta una
origine dall'Asia settentrionale, qualcuno pensa ancora all'Asia
meridionale o ad un mix. Ci sono addirittura alcuni ricercatori che
ipotizzano uno stretto legame fra gli Amerindi e gli antichi abitanti
delle isole giapponesi ora confinati nella parte settentrionale di
Hokkaido, gli Ainu, un altro popolo di origini genetiche e
linguistiche piuttosto dibattute.
Di fatto nell'Asia nordoccidentale ci
sono diverse lingue difficilmente correlabili con altre, vicine o
lontane che siano (sulla lontananza, basata ricordare il collegamento
degli idiomi Na-Denè alle lingue caucasiche, che significa
collegarle pure al basco...)
Sulle lingue amerinde intorno al 1990
c'era un certo consenso a classificarle vicine alle lingue
euroasiatiche (quindi anche all'indoeuropeo, e la circostanza che in
alcune lingue degli Stati Uniti l'accusativo è usato esattamente
come nell'indoeuropeo potrebbe essere una traccia importante), ma non
ho trovato molto nella letteratura recente. Anzi, secondo altre fonti
le lingue amerinde sarebbero collegate a quelle dell'Asia
meridionale.
5 anni fa scrissi un post sulle strane concordanze fra il DNA dei nativi americani e quello degli europei. In particolare la questione riguarda l'aplogruppo X del DNA mitocondriale,
diffuso anche se in percentuali minori del 5% della popolazione in
Europa Occidentale, Vicino Oriente e nelle Americhe, con una
particolare diffusione nelle Isole Orcadi, in Georgia e fra i Drusi
del Libano. Queste popolazioni hanno in comune la caratteristica di essere isolate e quindi possono presentare anomele frequenze di alcune
variazioni genetiche: gli abitanti delle Orcadi sono un classico esempio di popolaizone insulare, i Drusi rappresentano un gruppo etnico piuttosto chiuso e i Georgiani hanno una lingua particolare che probabilmente ha funzionato da blocco parziale degli incroci con i vicini (come del resto è accaduto per i baschi).
La presenza di questo aplogruppo nei
nativi nordamericani fu in principio attribuita a incroci avvenuti
dopo l'inizio della colonizzazione europea del continente; una
ipotesi assolutamente logica ma che però non ha retto perchè i dati
mostrano una divergenza ben più antica di pochi secoli.
C'era poi la questione dell'Uomo di
Kennewick: uno scheletro di 9000 anni fa trovato negli USA nordoccidentali (nello stato di Washington) con fattezze “vagamente
caucasiche” e che appunto apparteneva all'aplogruppo X.
All'epoca citai un lavoro di due
genetisti americani, Stanford e Bradley, i quali avevano lanciato
l'ipotesi di un flusso di popolazione lungo la banchisa polare
dell'Oceano Atlantico tra europa ed america Settentrionale che
avrebbe apportato nei nativi americani dei geni europei; inoltre una
tale spiegazione poteva dare conto anche delle somiglianze fra le
punte di lancia dei Clovis americani con quelle dei Solutreani
europei. Diversi studiosi ne hanno parlato, con
periodici parossismi nella discussione come nel 2012.
Per quanto riguarda la genetica, molti
aspetti suggeriscono un legame più stretto fra le popolazioni di
Asia Settentrionale, Europa e Americhe rispetto alle popolazioni
dell'Asia Meridionale e dell'Oceania e in questi giorni è apparsa
una notizia interessante al proposito.
Un team di genetisti è riuscito a
sequenziare completamente il genoma dello scheletro di un bambino
morto a circa 4 anni ritrovato in Siberia circa 24.000 anni fa
(quindi prima dell'ultimo massimo glaciale ma in una fase già
estremamente fredda). È il genoma più antico attualmente
sequenziato in maniera completa. Il sequenziamento completo di un genoma così "vecchio" è stato reso possibile dalle condizioni fredde e sostanzialmente secche in cui si sono conservati questi resti.
Il genoma evidenzia un certo grado di associazione con il genoma dei nativi americani; il problema è che molte altre caratteristiche lo rendono più vicino alle popolazioni
dell'Eurasia occidentale che a quelle dell'Eurasia orientale, come sarebbe stato invece più logico aspettarsi.
In sostanza i
dati ricavati da questo scheletro propongono una provenienza del patrimonio genetico dei nativi
americani per almeno un terzo da popolazioni dell'Eurasia occidentale
e gli altri due terzi riferibili dall'Eurasia orientale. Ancora non
c'è un lavoro specifico sull'argomento, ma solo un breve accenno su
“Science” che si riferisce ad una comunicazione di Eske
Willerslev, un ricercatore danese molto impegnato nel DNA antico. Aspettiamo ovviamente di saperne di più, ma qualcosa si può già ricavare.
È vero, come mi ha detto un altro
personaggio molto “ferrato” in materia, che “una rondine non fa
primavera”, cioè che per avere maggiori certezze bisognerebbe
avere qualche dato in più (in questo caso altri individui da cui
trarre il DNA): non è detto che un solo individuo studiato
possa rappresentare la “media” di quella popolazione (potrebbe
essere portatore di qualche linea che non c'entra niente o
addirittura potrebbe provenire da un ceppo estraneo capitato lì per
qualche combinazione).
Però questi dati, al netto di questa
precisazione, confermano le origini euroasiatiche settentrionali degli
amerindi, sia pure più miste del previsto.
La presenza di geni dell'Eurasia
occidentale giustifica meglio anche i possibili collegamenti fra le
lingue indoeuropee e quelle Amerinde.
Ma sicuramente l'altro aspetto
importante è proprio quello dell'aplogruppo X: nel post precedentemente citato ho fatto notare che la sua distribuzione di base è in Europa e Vicino Oriente ma che è sporadicamente presente in alcune popolazioni americane non strettamente collegate fra loro.
Non si sa di preciso quando questo aplogruppo si sia originato: proprio
a causa della sua rarità ci sono molte incertezze nel calcolo e il
valore medio (26.000 anni fa) oscilla attorno a una forbice di parecchie
migliaia di anni. Dovrebbe essere comparso in Medio Oriente, per poi
suddividersi qualche migliaio di anni dopo nei sottogruppi X1 (tipico ed
esclusivo dei Paesi Arabi) e X2, che si trova invece sparso per Europa, Paesi Arabi, Asia settentrionale e Americhe (questi dati sono stati
elaborati nel 2003). Da questo
lavoro comunque sembrerebbe che l'aplogruppo presente negli Altai (X2e)
non ha relazioni particolari con X2a (quello presente in America che appare differenziatosi
precocemente in una zona del Vicino Oriente.
L'aplogruppo X
potrebbe quindi essere stato una componente minore delle prime genti
colonizzatrici arrivate in America dopo l'ultimo massimo glaciale e
quindi anche questa caratteristica genetica sarebbe arrivato in
America dalla Beringia e non dalla banchisa atlantica.
Meno poetico ma più semplice. E
soprattutto così è più facile spiegarne la distribuzione in varie
popolazioni amerinde lontane tra loro e con un'età di divergenza fra
i vari ceppi molto più antica rispetto alla colonizzazione europea.
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