lunedì 22 luglio 2013

Terremoti di origine antropica 1: fracking, immissione ed estrazione di fluidi dal sottosuolo

Ci sono svariate modalità antropiche per produrre sismicità. Ne accennava anche Charles F. Richter in “Elementary Seismology”, la cui prima edizione è del 1958 (quando ancora che i continenti si muovessero non era ancora del tutto “pacifico”). In quel libro l'illustre sismologo americano parlava di terremoti dovuti al riempimento di bacini artificiali che così sollecitavano delle faglie presenti al di sotto della massa d'acqua (classico esempio, successivo alla stesura della prima edizione del libro, un terremoto in India nel 1967). 
Oggi la letteratura in materia è molto più completa e la casistica è ben più ampia. Le attività minerarie normali e lo sfruttamento di risorse idriche e di giacimenti di idrocarburi liquidi o gassosi sono state riconosciute come cause antropiche di terremoti. Un anno fa mi ero occupato specificamente del fracking e della questione della sismicità indotta: il fracking stesso ne produce, ma in generale di lieve intensità; invece la fonte principale di sismicità indotta è un'altra pratica molto discutibile dal punto di vista ambientale e cioè lo stoccaggio profondo dei liquidi usati per il fracking. Il caso classico è l'Oklahoma, dove la sismicità, oltre ad aumentare sensibilmente come numero di eventi, da micro è diventata macro.  
Volevo scrivere un post solo su questo argomento ma data la lunghezza oggi comincio parlando della sismicità indotta, lasciando altri aspetti di cui si è parlato in questi giorni nel mondo ad un post successivo, in particolare l'aumento della sismicità indotto da forti terremoti distanti. 

IL RECENTE AUMENTO DELLA SISMICITÀ NEGLI USA: CAUSE ANTROPICHE

La principale fascia sismica degli Stati Uniti è fra le Montagne rocciose e la costa pacifica. La zona centrale tra le Rocky e gli Appalachi, gli Appalachi stessi e la costa atlantica in teoria dovrebbero essere asismica o quasi. Invece sono ogni tanto sede di terremoti anche con M superiore a 5. il caso più noto è il terremoto di Nueva Madrid del 1811 tra Missouri e Arkansas, che con una magnitudo incerta, posta fra 7 e 8, ha raggiunto una intensità del X grado. Un altro caso è l'interno dell'Australia, dove negli ultimi decenni dei terremoti hanno interessato faglie che erano attive teoricamente prima di 500 milioni di anni fa.

Nel 1811 non c'era il fracking, né esistevano attività antropiche in grado di produrre scosse anche molto inferiori a quelle chi si registrarono nel Missouri. Ma negli ultimi anni la sismicità di basso livello è aumentata fortemente in aree come Oklahoma e Arkansas in corrispondenza dell'inizio delle attività di estrazione di gas dai gas – shales utilizzando il fracking.
La maggior parte degli eventi, comunque, e specialmente i più forti, non è da addebitare direttamente al fracking, ma si tratta di un “effetto collaterale”: l'assurda pratica di stoccare in profondità i liquidi inquinati del fracking, ma non solo quelli. E come si vede questa dal grafico qui accanto i terremoti con M superiore a 3 stanno drasticamente aumentando in questa vasta area per sua natura asismica o quasi. Un dato per confronto: tra il 1967 e il 2000 c'era una media di 21 eventi l'anno; ora siamo a più di 100! Arkansas, Colorado, New Mexico, Ohio, Oklahoma, Texas e Virginia sono gli stati più colpiti.

Secondo William Ellsworth, che ha scritto un articolo in proposito su Science, da cui è preso questo grafico, negli oltre 100.000 pozzi in cui è stato usato il fracking, sebbene questa attività produca intenzionalmente dei terremoti, ma con M minore di 1 e questa attività non ha mai provocato come effetto collaterale terremoti con M superiore a 2 (tranne in un caso, in cui si è avuto un 3.6. molte di queste scosse sono state percepite ma sono comunque insufficienti per fare danni). Il fenomeno è stato riportato sia diffusamente negli USA che nel Canada (2009 – uno sciame intenso nella British Columbia, lungo faglie esistenti ma precedentemente sconosciute) che in Inghilterra.

Invece lo stoccaggio dei reflui in profondità è una pratica a rischio di indurre terremoti più forti, proprio per la capacità di mettere in movimento faglie anche piuttosto vecchie. In USA ci sono circa 30.000 pozzi del genere (vengono usati anche per stoccare liquidi diverse da quelli usati per il fracking): non tutti sempre secondo Ellsworth sono pericolosi dal punto di vista sismico perchè lo sono esclusivamente quelli molto grandi e/o quelli che sono capaci di perturbare delle faglie, in particolare nel basamento paleozoico. Ovviamente non essendo oggetto di questo studio Ellsworth non parla dei rischi ambientali connessi a fracking e stoccaggio profondo.

INIEZIONE DI FLUIDI NEL SOTTOSUOLO: CASI STUDIATI

I problemi teorici sono:
- la distinzione fra terremoti naturali ed indotti è molto difficile e oggi l'unica via possibile è quella statistica: la presenza di terremoti in aree dove non venivano registrate normalmente delle scosse sismiche (il che per esempio pone problemi non tanto in aree come Ohio o Oklahoma, ma ad esempio in stati con una lunga storia sismica come la California)
- non tutti i 30.000 pozzi mostrano questo problema
- spesso i terremoti sono avvenuti ben dopo la fine dell'attività di reiniezione

Il primo esempio è degli anni '60 quando nella zona di Denver, normalmente asismica ma piena di faglie ormai non più in attività, una serie di terremoti hanno seguito l'iniezione in profondità di acque inquinate provenienti dalle attività di una base militare (ahia... qui c'è materia per i complottisti....). L'evento più importante ci fu nel 1967, quando venne raggiunta una M di 4.8; i sismi sono continuati fino al 1981. Interessante che la sismicità è progressivamente migrata per una decina di km dalla zona del pozzo.

Tra il 1969 e il 1973 una serie di esperimenti in un pozzo di iniezione di liquidi a scopo di estrazione di petrolio nel Colorado dimostrarono che l'attività sismica cessava una volta riportato sotto un determinato valore la pressione dei fluidi nel pozzo.

Anche un altro esempio viene dal Colorado: nella Paradox Valley esiste un acquifero salino: per evitare che queste acque vengano immesse nel Colorado, il livello di questa falda viene controllato e l'acqua reiniettata in un pozzo profondo. Si è registrato un forte livello di sismicità locale da quando sono iniziate queste operazioni, che oggi vengono controllate e temporaneamente sospese per riportare ogni volta la pressione ad un livello inferiore alla soglia di scatenamento dei terremoti.


I TERREMOTI DEL 2011 NEGLI USA CENTRALI E ORIENTALI

Numerosi terremoti fra Ohio, Arkansas e Texas avvenuti nel 2011 sono stati attribuiti a ripercussioni nel sottosuolo dell'iniezione in profondità di acque inquinate. Si tratta di eventi con M compresa fra 4 e 5.
Però in quell'anno ci sono stati 4 terremoti con M superiore a 5 nella Pennsylvania, in Oklahoma e al confine fra il Colorado e il New Mexico. Tutti questi eventi sono localizzati in aree dove sono operativi stoccaggi in profondità di liquidi inquinanti. Ora:
- i monti fra Colorado e New Mexico sono sede di attività sismica naturale
- sull'evento della Pennsylvania (M 5.8 del 23 agosto) ci sono dei grossi sospetti
- ma la relazione fra attività collaterali al fracking e sismicità in Oklahoma e Arkansas è praticamente certa

In particolare nell'Oklahoma (Lincoln County) tra il 5 e il 7 novembre 2011 sono avvenuti 3 sismi: il 5 novembre un 5.0. il 6 la scossa principale (5.7, con intensità fino al VIII grado della scala Mercalli) e un altro 5.0 il giorno 8. 
Il 2011 è stato anche l'anno a maggiore attività sismica (188 eventi); ipotizzo che ciò sia massimamente dovuto alle repliche della sequenza della contea di Lincoln

MECCANISMO DI INNESCO DEI TERREMOTI DA REINIEZIONE DI LIQUIDI

Le conclusioni di un team di geologi americani pubblicato su Geology il mese scorso non lasciano dubbi: la sequenza sismica del novembre 2011 in Oklahoma è stata innescata dalla reiniezione di liquidi nei pozzi per stoccarli. Questi liquidi hanno provocato un aumento della pressione dei pori delle rocce sottostanti, fino a vincere l'attrito lungo la superficie della faglia (da notare che le precedenti estrazioni di idrocarburi avevano di fatto azzerato questa pressione).

Si registra un fattore scatenante locale: a causa della geologia dell'area queste faglie delimitano dei blocchi fra i quali non c'è passaggio di liquidi e quindi è stato più facile aumentare la pressione.
Particolare di non trascurabile importanza è che la faglia attiva nel quaternario più vicina è a 180 km (una distanza vicina a quella che intercorre tra Milano e Bologna), quindi siamo in zona sufficientemente tranquilla. Si è mossa la Wilzetta Fault, che era attiva nel Carbonifero, quindi oltre 300 milioni di anni fa, all'epoca della formazione degli Appalachi. Chiaramente una faglia rimane pur sempre una zona di debolezza e quindi se qualcosa si deve muovere si muoverà proprio lungo una vecchia faglia. Anche nell'interno dell'Australia è così.
La faglia di Wilzetta è il cuore di un sistema di faglie che forma una trappola per gli idrocarburi: quest'area è sfruttata commercialmente da decenni. Tutta la microsismicità è associata a faglie preesistenti e un particolare di non trascurabile importanza è che nelle zone degli epicentri si collocano i pozzi di reiniezione di liquidi per il loro stoccaggio profondo. Quindi il sospetto che queste reiniezioni siano all'origine di questa sequenza sismica sono parecchi.

Un terremoto per iniezione di liquidi si innesca se la pressione nei pori aumenta fino a sorpassare una soglia critica oltre la quale questa pressione riesce a vincere l'attrito che tiene bloccata la faglia. Ricordo che negli anni '70 , in pieno ottimismo sulle potenzialità umane di governare la Natura, qualcuno pensava di impedire i forti terremoti iniettando liquidi nelle faglie per farle muovere prima che accumulassero una quantità distruttiva di energia elastica. Queste ricerche avevano il loro epicentro proprio negli USA.
È da notare il fatto che non ci sono stati terremoti durante la decompressione di queste rocce durante la fase di estrazione di idrocarburi.

QUESTIONI ANALOGHE IN EUROPA

Ci sono situazioni che fanno pensare anche a sismicità indotta da estrazione di idrocarburi in altre zone del mondo (per esempio un caso possibile lo abbiamo avuto in Olanda pochi mesi fa). Quanto all'Italia Franco Ortolani, che non è assolutamente un “bischero”, considera un terremoto con M 5.5 avvenuto a Caviaga, in Lombardia, nel 1951, come effetto delle coltivazioni di metano in atto in quel periodo. E ha spesso posto attenzione alla sismicità della val D'Agri che tuttavia non mi pare aumentata da quando hanno iniziato lo sfruttamento del petrolio lucano.

Per quanto riguarda la iniezione di liquidi si ricordano anche in Europa 3 eventi a M 3 avvenuti nei pressi di Basilea tra il 2006 e il 2007. in questo caso erano liquidi “tranquilli” usati a scopo geotermico. Il progetto è stato abbandonato.

Ellsworth nota che ci sono dei dubbi sul terremoto di Lorca, in Spagna, sempre del 2011 ma recentemente ho parlato con un geologo che si è occupato della subsidenza in quell'area e non ha accennato a cause antropiche del terremoto (mentre la subsidenza sì, ha forti radici antropiche nell'eccessivo sfruttamento delle falde acquifere). 
Di fatto la subsidenza naturale delle aree di pianura è oggi in tutto il mondo accelerata da eccessivi sfruttamenti dei corpi idrici del sottosuolo ma non si registra attività sismica dovuta a questo.
Ed è la dimostrazione che i guai maggiori sono quando si pompa nel sottosuolo e si aumenta la pressione dei fluidi lungo le faglie e non quando si estrae.

LE NUOVE PERPLESSITÀ SULL'ESTRAZIONE DI IDROCARBURI 
DA GAS – SHALES E OIL - SHALES

Insomma, fino a poco tempo fa le perplessità sul fracking erano soprattutto sulle possibili conseguenze dal punto di vista dell'inquinamento di acque ed aria, in particolare sul rischio di gravi contaminazioni delle falde acquifere sfruttate a scopi irrigui ed idropotabili.
È specialmente da questo punto di vista che l'Autorità del Potomac ha imposto una moratoria alle operazioni di fracking nelle aree coperte dal bacino di questo fiume che comprendono parti di ben 4 stati: Pennsylvania, New York, New Jersey e Delaware.
Oggi è stata definitivamente accertata un'altra minaccia e il problema maggiore è che ovviamente date le aree in cui si fa o si vuole fare fracking, dagli Usa all'Europa (Gran Bretagna, Polonia e Ucraina) alla Cina e all'Argentina normalmente le aree in cui si pensa di sfruttare i gas – shales non sono sede di attività sismica naturale e quindi la stragrande maggioranza degli edifici ivi presenti non è stata concepita per sopportare forti scosse di terremoto.
La questione ha portato alla ribalta il problema e quindi questa attività viene vista oggi molto male da molti dei residenti nelle zone interessate.

Non ho certezze in merito ma mi pare che almeno in Europa non dovrebbe essere ammesso lo stoccaggio in profondità dei reflui. Molto difficilmente questa pratica verrà vietata, ad esempio, in Cina o Argentina (la Cina ha importanti zone sismiche ma ben lontane dalle aree con gas - shales).
Dappertutto già eliminare lo stoccaggio profondo sarebbe un bel vantaggio, ambientale sismico e, viste le potenziali conseguenze, anche economico.
Ma ci sarà la volontà di imporre all'industria petrolifera un aggravio di costi negli USA? Molto, molto difficile.

Per l'Europa la situazione è in evoluzione. Ne parlerò prossimamente

5 commenti:

Gianni Comoretto ha detto...

Una nota importante. Non e' ad oggi chiaro quale sia l'intensità MASSIMA di questi terremoti artificiali. Ma si tratta in genere di terremoti leggeri, percepibili ma senza danni. Insomma, non cose tipo le scosse in Emilia.

Aldo Piombino ha detto...

Gianni ha ragione, ci si può solo limitare a vedere che per ora sono state raggiunte queste intensità e non è dato sapere se potranno verificarsi scosse di entità superiore.

Francesco Penno ha detto...

Rinunciare al fracking significa finire sotto il ricatto petrolifero dell'Iran e dei Paesi del Golfo. Tant'è che proprio il fracking potrebbe salvarci da un'evoluzione geostrategica infausta con il rischio di grandi conflitti. Questo breve articolo rappresenta un interessante punto di vista sull'argomento: http://www.defenceviewpoints.co.uk/articles-and-analysis/the-geopolitics-of-shale-gas

Il problema è quello di sviluppare un complesso di tecnologie innovative che permettano di ridurre l'impatto ambientale che comprende anche le perdite di metano nell'atmosfera.

Posso sbagliarmi, ma finora c'è stata poca trasparenza sia da parte dei governi che delle imprese, il contrario di quello di cui ci sarebbe bisogno.

Aldo Piombino ha detto...

la trasparenza delle industrrie petrolifere è uguale a zero... in US non hanno neanche l'obbligo di dichiarare quali sostanze immettono. Certo, l'indipendenza energetica è molto importante ma oggi le nazioni esportatrici di petrolio e di gas sono molte di più di quelle che erano negli anni 70
Il problema è che questa energia a basso costo rischia oltre che provocare disastri ambientali anche un rallentamento delle ricerche sulle rinnovabili... che ora non sono certo "l'alternativa" ma che se continua così non lo saranno mai (e quando fra 100 anni finirà il gas da gas- shales" che faranno?)

Francesco Penno ha detto...

La TRASPARENZA va conquistata e non è semplice perché esistono opposte forze che puntano sulla opacità oppure sulla mistificazione. Gli esseri umani fanno fatica a pensare al futuro, anche se è quello dei propri nipoti.

Le devo dare ragione: la disponibilità di risorse energetiche convenzionali (oil and gas shale, perforazioni in acque profonde, perforazioni in acque artiche, ecc.) può effettivamente distogliere l'attenzione dallo sviluppo di serie alternative.

C'è anche il rischio concreto che fra 100 anni, quando anche le nuove riserve di idrocarburi inizieranno a scarseggiare, si inizi a fare ricorso alla geotermia ad alta entalpia senza avere sviluppato tecnologie radicalmente innovative ed agli idrati. Fonti immense e a basso prezzo, ma rischi d'impatto ambientale ancora maggiori.