Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana; e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento; ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l'amore, sono queste le cose che ci tengono in vita.
Nonostante siano parole di un film decisamente interessante (L'attimo fuggente), questa pretesa superiorità della poesia mi sta veramente antipatica...
Per i letterati la LORO poesia e' la cosa piu importante e le scienze sono cose specialistiche che non concorrono alla formazione culturale. La morte di Neil Armstrong ci ha fornito diversi esempi. A proposito, quanti sono in grado di capire la differenza fra Scienza e Tecnologia?
Non lo nego che la loro sia Poesia. Ma perche non ammettere che per qualcun altro possa essere poesia la formazione delle montagne, le varie forme di vita e come si sono evolute, come gli atomi formano molecole, le stelle, il corpo umano etc etc?
E questo senza pretendere che quanto a me interessa debba per forza interessare a tutti e tantomeno che sia la cosa più importante per l'umanità, come per qualcuno le poesie scritta da se o altri uomini (che, peraltro, ben vengano!)
Ora, succede che anche chi si diletta con la scienza si diletti pure con l'arte. Peccato non sia viceversa...
In Italia questo fenomeno è più acuto che altrove, e nonostante che Benedetto Croce e l'idealismo siano (per fortuna) passati di moda (almeno, quando negli anni 79 ero al liceo si diceva così, non sono molto aggiornato in questo campo) la sua eredità, assieme a quella di Giovanni Gentile, permea ancora fortemente il sistema formativo e
molti, sia pure su posizioni filosofiche non certo idealiste, rimangono dell'idea crociana che «mettere innanzi alla Storia una sezione di “paleostoria”, magari
preceduta da un'altra di storia “della Natura” o di storia “della Terra”, non solo non vivifica l'intelletto».
Insomma, che le Scienze siano una cultura di serie “b”.
Ho visto lo speciale del TG1 in memoria di Neil Armstrong. Al di là dei miei ricordi personali (ero ancora un bambino di meno di 10 anni, ma per esempio mi ricordavo a memoria gli equipaggi delle varie missioni Apollo, come mi ricordo l'apprensione per le sorti dell'Apollo 13 e spesso i miei disegni a scuola erano sulle imprese spaziali), quello che ho visto stasera mi fa riflettere sul dannato rapporto che c'è soprattutto nel nostro Paese fra i letterati e la Scienza.
Fra i diversi intervistati era abbastanza ovvio l'entusiasmo di astronomi, ingegneri spaziali, astronauti. Però su tutti mi hanno colpito le parole riferite di un filosofo e la testimonianza di una storica.
Non ricordo esattamente le parole del filosofo, ma la sostanza era che “la Scienza ci porta sempre più lontano dalla Terra”. Io penso che un pensiero del genere sia una fesseria totale. Peggio ancora la storica, la quale ha raccontato che si stava talmente annoiando da andarsene dalla casa in cui una compagnia entusiasta di amici si era riunita per assistere all'evento, trasmesso in una diretta TV che per quei tempi e con i mezzi tecnici di allora, fu un avvenimento di portata eccezionale. Ovviamente non capiva il perchè di tutto questo entusiasmo.
A parte che il non succedere niente era molto relativo, date le varie fasi dell'avvicinamento all'allunaggio, fa abbastanza specie che trattasi di una storica, cioè una appartenente alla categoria letteraria con più puzza sotto il naso.
Per la cronaca mio nonno, che all'epoca aveva 78 anni, rimase tutta la notte a vedere la diretta, insieme ad un vicino di casa; è stato un più che discreto elettrotecnico, ma anche un patito di musica, di letteratura e di storia.
Ma vediamo altre perle.
Scrive un "filosofo": Mentre la televisione trasmetteva l’allunaggio, mi colpì l’entusiasmo pressoché unanime di contestatori e contestati, di anticonformisti e conformisti (in effetti
l'interesse per l'allunaggio fu un qualcosa di molto trasversale in un'epoca di forti contrapposizioni ideologiche, al confronto delle quali quelle odierne fanno ridere...ndr). Alcuni anni prima, non so quale imbecille, dopo aver elencato dal piccolo schermo le “eccelse” mete a cui scienza e tecnologia ci avrebbero
permesso di accedere entro tempi brevi, concluse osservando: «Ora si tratta di stabilire se l’uomo dovrà accettare di rimanere un piccolo uomo in un grande universo, o se sceglierà di essere un grande uomo in un piccolo universo». Quale bestialità!
Qualunque persona, dotata di un minimo di capacità filosofica, può benissimo comprendere come la conoscenza universale non possa essere racchiusa entro le categorie quantitative del “grande” o “piccolo”; ridurre la conoscenza entro tali angusti confini equivale alla pretesa di svuotare l’oceano con un ditale,rinnegando l’unica vera Conoscenza, per la quale solo l’Assoluto conosce l’Assoluto. Non si tratta quindi di “diventare” questo o quello, bensì di svelare l’Essere che si È. Basta la semplice logica per far cadere la prosopopea acefala dello scientismo moderno.
Ma siamo nell’Era Oscura: al toro del Dharma è rimasta una sola zampa sana e l’intelligenza degli uomini si è ridotta di tre quarti; le facoltà intellettuali si sono talmente atrofizzate da indurre i più a scambiare il peggiore tra gli inferni come un paradiso e la decadenza estrema come progresso ed evoluzione. L’uomo fisico è costituito di aria, acqua, terra, fuoco ed etere ed è vincolato alla Terra che lo nutre col suo cibo. Per tale uomo la Terra rappresenta lo “stato dell’Essere” imprescindibile, al quale appartiene. Violentare una simile realtà significa produrre
una tecnologia tanto sofisticata quanto effimera, dagli effetti collaterali devastanti per la vita sul pianeta.
Sono perfettamente d'accordo sulla questione degli scempi che oggi stiamo facendo, come anche che stiamo entrando in un'era molto oscura (illuminismo e positivismo appartengono ad un passato in cui si sperava per l'umanità in un po' più di razionalità). Ma se gli scempi sono colpa di una tecnologia e di un benessere arrivati prima di una coscienza ambientale, l'età molto oscura è proprio quella in cui ci vorrebbero ricacciare alcuni filosofastri del genere qui sopra.
Io francamente preferisco la mia inquinata Terra ma dove grazie a Scienza e Tecnologia si vive più a lungo e meglio...
o forse era meglio la “bella civiltà contadina di un tempo” dove la gente faceva figli come conigli, dei quali figli molti morivano entro 2 anni dalla nascita o erano costretti a prendere i voti religiosi per sopravvivere? Un periodo in cui una persona di 50 anni era già vecchio?
Poi qualcuno gli dovrebbe spiegare che nel corpo umano di acqua ce n'è,ma che la sua divisione degli elementi è stata un pochetto modificata dalla Scienza....
E veniamo al mio amico Popinga che su Facebook riporta una considerazione di Oriana Fallaci. La riprendo in toto.
Il trentanovenne Neil Armstrong, che in italiano vuol dire Braccioforte, ha un nome non gli si addice, soprattutto per via della faccia che è dominata da un nasino all’insù, dispettoso, e da una bocca a salvadanaio, maligna, dove il labbro superiore è invisibile perché troppo sottile. Le guance sono infantili, rotonde. Gli occhi sono
piccoli, azzurri, e di rado si piantano con decisione nei tuoi. La pelle è rosea, lentigginosa. I capelli, color biondo carota, cortissimi. E anche se scendi al corpo che è lungo, irrobustito da faticosi esercizi in palestra, concludi che il tutto è decisamente antipatico.
Io, quando lo conobbi cinque anni fa, me ne sentii respinta e molta gente m’ha detto d’aver provato la medesima cosa. Anche a causa della sua timidezza che è enorme e che egli combatte con l’arroganza. Per un nulla arrossisce, vampate di calore gli salgono dal collo alle tempie dove le vene si gonfiano in
cordoncini paonazzi, e ogni volta che questo avviene Neil Armstrong si arrabbia e più si arrabbia più diventa sgarbato. Allora, per rimediare, sorride. Ma è un sorriso così smarrito, così sforzato, che riesce solo a complicare le cose, ad aumentare il suo imbarazzo che si traduce in una voce stridula come la voce di una donna bizzosa. V’è un che di femmineo, in Neil Armstrong. Di indifeso, di debole.
Dichiara un suo amico: «Certo che gli piacciono le donne. Ma la sua unica donna è sua moglie. Dove trovò il coraggio di averla? Non lo trovò, fu Janet a conquistarlo. Janet ha un temperamento virile». Tale premessa non deve trarti in inganno, indurti a credere che Neil Armstrong nasconda una qualsiasi dolcezza. Chiunque te lo descriverà come «a cold, calculating guy. Un tipo freddo, calcolatore». Il suo modo di pensare e di vivere è rigido quanto una operazione aritmetica, tutto in lui è calcolato come dentro un computer e fra i cinquantadue astronauti americani è colui che più di ogni altro possiede le virtù del robot. Vale a dire assenza di passioni, ordine e legge,
controllo, nessuna fantasia.
Se l’umanità del futuro sarà un esercito disciplinato di creature asettiche, cervelli elettronici, Neil Armstrong è già il futuro. Niente lo interessa fuorché volare, conoscere le macchine che servono a volare. Niente lo seduce
fuorché la tecnica necessaria ad andare sulla Luna, e la Luna stessa per lui non è che uno strumento per applicare quella tecnica. Apprenderai dalla sua biografia che imparò a guidare l’aereo prima dell’automobile, che si laureò molto presto in ingegneria
aeronautica, che divenne subito pilota collaudatore e che all’infuori di ciò non fece mai altro. Non lesse mai un romanzo o una poesia,non ammirò mai un quadro, non andò mai a un concerto, non si formòmmai un’idea politica, non trasse mai piacere da qualcosa che non fosse un’elica o un reattore. Il suo unico hobby, quello cui dedica
ogni domenica, ogni vacanza, sai qual è? Il volo planato. Sicché parlare con lui è una sofferenza che sfiora l’incubo. Io, che l’ho visto più volte in questi anni, non sono mai riuscita a stabilire con lui un contatto che assomigliasse a un contatto umano, a farlo mai indulgere a un attimo di cordialità, di curiosità, di calore ,ammenoché non pronunciassi le parole Mercury, Gemini’, Apollo, LM.
Immagino che Armstrong non si scusò con la Fallaci perchè non lesse mai un romanzo o una poesia, non ammirò mai un quadro, non andò mai a un concerto, non si formò mai un’idea politica, non trasse mai piacere da qualcosa che non fosse un’elica o un reattore
(ma sarà vero?, non lo so...) Si vede anche in questo la superiorità di cui si sentono armati i letterati.
Perchè diavolo alla Oriana le dava noia che qualcuno provi piacere con la tecnologia del volo? Ci si affranca dallo stato di bestie brutali solo con la filosofia e con i romanzi?
Ma ancora più divertente ed esemplificativo è il commento a questo post da parte di un amico di Popinga: Scusate, ma a me è piaciuto proprio tanto e temo che sia stato pure verissimo - inutile dire che alla luna della NASA preferiamo quella dei poeti. Certo, per occuparsi di scoprire tutto ciò in un Neil Armstrong qualsiasi,
occorrevano gli occhioni della Fallaci; e un ego smisurato e prepotente che permettesse di piantargli le pupille nelle pupille da lasciarlo nudo sull'orlo del precipizio. Non che ci voglia molto, peraltro, con i soggetti così, se non ci si picca di immotivata soggezione.
Non lo conosco abbastanza da giudicare per un verso o per l'altro e,sinceramente, tendo a pensarlo come un meccanismo della macchina del potere, che di solito ha bisogno di cervelli programmabili e prevedibili: avevano bisogno di un incosciente coraggioso e motivato, come quando si va alla guerra. Incoscienti che troppo spesso ci si affanna a definire eroi eccellenti. O Asperger, se intervengono psichiatri altrettanto zelanti.
Simpatico il discorso e soprattutto il concetto iniziale. Per cui ho chiesto di
specificare se quando dice che PREFERIAMO la luna di poeti a quella della NASA si da del plurale maiestatis o e' convinto di parlare per l'umanita'? E in caso affermativo l'ho pregato di contare almeno una eccezione (ne è stata registrata immediatamente una seconda)
Trovo questo atteggiamento degli umanisti semplicemente arrogante (siamo NOI a decidere cosa sia bello e voi dovete darci retta), e a quanti si lamentano per lo spreco di risorse investite in missioni spaziali ed attività scientifiche in generale, rispondo, limitatamente all'Italia, che ci sarebbero soldi sprecati allora anche in tanti premi letterari,m mostre del cinema, fondazioni ed enti lirici.
Sui quali però non ho mai sentito dire da parte dei soloni del “non si sprecano soldi per la scienza” che sono spese inutili anche queste...
Ah, a scanso di equivoci, visto che ho citato quei pozzi senza fondo che sono gli enti lirici (o come si chiamano oggi), annoto che mentre rimettevo a punto questi appunti per dargli un volto leggibile ho ascoltato il Concerto Imperatore op.73 di Beethoven e la quarta sinfonia di Mahler, inframmezzati dalle musiche di scena per il Sogno di una notte di mezza estate di Mendelssohn... E che all'Opera ci vado volentieri.
Sapete... chi parla di Scienza e ne vede la poesia, trova gusto a studiare la Natura, ma riesce anche ad ascoltare musica, leggere la Divina Commedia o una elegia di un poeta latino o visitare una mostra d'arte.
Se succedesse anche il contrario ci sarebbero meno no-tav, meno proteste contro gli inceneritori, meno idiozie scritte su terremoti e meno fans di apprendisti stregoni millantatori di previsioni sismiche tipo Giuliani, che nel popolo dei letterati abbondano...
5 commenti:
Che devo dirti, Aldo. Un applauso dal profondo del cuore!
Cesare, ti ringrazio della stima...
ciao, giusto per dire che anch'io ti leggo volentieri.
Max.
ringrazio tutti per la stima...
Per me sei stato molto leggero, ma hai sollevato un tema attualissimo.
Recentemente i matematici hanno fatto incursione nella filosofia per risolvere con la matematica alcune domande rimaste irrisolte per lungo tempo. Ebbene un paio di persone che conosco che studiano filosofia erano contrariate da ciò: "perché il matematico deve fare il matematico, cosa c'entra lui con la filosofia? Io non voglio studiare matematica".
Molte persone incontrano professori incompetenti e iniziano a covare un odio per qualcosa che non capiscono: la matematica. E di conseguenza tutto ciò che ne deriva. Non lo vedono come un esercizio di logica, ma come un atto tecnico, una mera ripetizione di alcuni passi che ti portano da qui a li.
Nei discorsi che hai riportato vedo ignoranza, la tipica ignoranza di chi non sa di ciò di cui parla!
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