L'Isola del sud in Nuova Zelanda è al centro dell'attenzione dei sismologi per una sequenza sismica che, inziata con il grande terremoto del 4 settembre 2010, ha presentato dei forti aftershocks fra i quali quello del 21 febbraio 2011, con oltre 100 vittime e gravissimi danni, e un altro nel giugno 2011. Anche il dicembre 2011 è stato caratterizzato da attività sismica piuttosto importante e giustamente la popolazione comincia ad essere stanca della situazione. Vediamo quindi di puntualizzare quello che sta succedendo.
In questi giorni si sta assistendo ad una nuova fase parossistica della sequenza sismica di Christchurch, in Nuova Zelanda, che segue la grande scossa del 4 settembre 2010, quando un evento a meccanismo trascorrente si è verificato lungo la Glendale Fault. Magnitudo molto elevata (7.1) ma pochi danni in quanto ha colpito una zona: un paio di feriti gravi, danni a sei ponti e a qualche edificio. La deformazione cosismica ha provocato lungo la faglia uno scorrimento massimo di 5 metri, davvero non poco.
In un Paese dalla storia molto recente da un punto di vista umano è evidente come non ci possa essere un record sismico storico paragonabile a quello italiano, ma solo negli ultimi 100 anni possiamo registrare in zona un evento a M 7.1 nel 1929, e due eventi, un M 6.7 e un M5.9, nel 1994 nella zona di Arthur's Pass, circa 50 km a NW di questo.
Ciononostante la carta dei forti terremoti avvenuti in “epoca storica” (cioè dalla colonizzazione inglese in poi) nel Paese dei Kiwi non è – come dire – rassicurante: 23 terremoti dal 1848 ad oggi con un significativo gap sismico nell'Isola del Sud di cui oggettivamente non conosco le caratteristiche geologiche se non che è il limite fra la zolla Pacifica e quella Australian: come ho evidenziato in un post sulla storia geologica della Nuova Zelanda, l'area manca di terremoti significativi recenti ma è lo stesso contrassegnato da frequenti eventi di bassa Magnitudo.
Ovviamente l'evento del 4 settembre ha dato luogo ad una serie di aftershocks (un termine generico ma più appropriato rispetto al termine usato in Italia di “scosse di assestamento”) fino a quando, il 21 febbraio 2011, una scossa meno intensa della prima ma scatenatasi proprio sotto Christchurch, ha fatto almeno 181 vittime e una imponente serie di danni, principalmente a causa di fenomeni di liquefazione del suolo. Questo forte aftershock ha segnato un cambiamento “epocale" dell'attività in quanto la rottura riguarda una faglia nuova e prima di allora sconosciuta ed è avvenuto con un meccanismo compressivo anziché trascorrente. Da notare che la buona qualità delle costruzioni, grazie all'emanazione ed al rispetto di buone norme antisismiche, ha evitato una strage ben peggiore. Una lungimiranza che applicata in Abruzzo ci avrebbe risparmiato molti lutti (e invece facciamo il processo agli scienziati).
Di questo secondo terremoto ho parlato in questo post. Un nuovo evento piuttosto forte lo abbiamo avuto il 13 giugno, con una M pari a 6. Oggi, dopo un periodo di relativa calma (oltre 20 scosse con M maggiore a 5 registrate da settembre 2010, proprio non poche ma come dicono gli inglesi “business as usual”, data la situazione) stiamo vivendo un momento di attività particolarmente intensa e il 23 dicembre abbiamo avuto due scosse, ben descritte da Chris Rowan di “Higly alloctonous”. Oggi ce n'è stata un'altra con una M=5 nella Pegasus Bay
La situazione sta diventando complessa soprattutto dal punto di vista della popolazione: che l'area fosse a rischio sismico era noto (e l'ho chiaramente evidenziato nell'introduzione del post sul terremoto di febbraio) e la legislazione si è dimostrata quasi adeguata alla bisogna, ma non c'era questa consapevolezza nella popolazione (o, meglio, non c'era l'abitudine a terremoti che vengono ad un ritmo “giapponese”), per cui anche Dave Petley su The Landslide Blog annota giustamente come ci possano essere dei problemi psicologici nella popolazione.
Come si evolveranno gli eventi? Senza ovviamente poter prevedere i terremoti, nel senso che è oggettivamente impossibile, nonostante le opinioni della magistratura italiana, prevedere un terremoto nel senso di dichiarate ora, intensità localizzazione e meccanismo focale di un a scossa futura, si può notare in questa carta come progressivamente gli eventi tendano a spostarsi verso oriente. In verde i terremoti fino al 22 febbraio, in rosso quelli fino al 13 giugno e in blu quelli successivi. Gli ultimi eventi, avvenuti tutti con epicentro in mare, sono perfettamente inquadrabili in questo trend.
Il GNS, il Servizio geologico della Nuova Zelanda (un commosso pensiero alle tragiche sorti del Servizio Geologico d'Italia), fornisce anche altri grafici interessanti, fra i quali c'è questo, nel quale si vede l'andamento cumulato del numero di terremoti a M uguale o superiore a 3 nell'area: si vede come la sequenza continui più o meno regolare con gli ovvi incrementi violenti dopo gli aftershoks principali e che quindi almeno per ora i ritmi sismici con i quali devono convivere gli abitanti rimarranno nell'immediato futuro più o meno gli stessi, con due considerazioni:
la prima è che se gli eventi continuano a spostarsi verso est si allontaneranno dalle .coste e che ci saranno effetti sempre minori sulla popolazione
la seconda è che continua ad esserci un rischio sismico elevato nell'area specialmente dovuto alle liquefazioni del terreno: anche una scossa che non passerà certo alla storia come la prima del 23 dicembre ha provocato locali accelerazioni dell'accelerazione cosismica molto intense, come vediamo dalla cartina qui sotto: alcuni valori, quelli in marrone, corrispondono ad una risposta
ATTENZIONE: proprio ora che sto scrivendo una seconda scossa con M di 5 ha colpito l'area, più o meno dove la precedente e quindi una decina di km a largo della costa, nella baia di Pegasus. Anche questa scossa, come quella che l'ha preceduta 4 ore fa quindi è situata nel margine orientale dell'area sismicamente attiva e quindi completamente in linea con le aspettative.
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