L'Oscillazione Artica è alla base di un fenomeno molto interessante successo negli ultimi 10 anni, la redistribuzione delle correnti superficiali dell'Oceano Polare Artico; ciò ha impedito il possibile scioglimento di parte dei ghiacci lungo il bordo artico dell'America Settentrionale, minati dalla diminuzione della potenza dell'anticiclone del Mare di Beaufort grazie all'apporto delle acque provenienti dai grandi fiumi siberiani.
L'Oscillazione Artica è un gioco della pressione atmosferica che si riflette pesantemente sulla situazione meteorologica nell'Emisfero Settentrionale ed è una caratteristica scoperta piuttosto recentemente, negli anni '80. In pratica se nelle zone artiche c'è bassa pressione ci sarà mediamente alta pressione tra i 37 e i 45 gradi di latitudine nord; viceversa ad una alta pressione nelle zone artiche corrisponde una zona di bassa pressione alle medie latitudini.
Il valore dell'Oscillazione Artica è un indice che lega i due valori medi della pressione ed è questo indice che governa l'andamento delle correnti; un suo valore positivo è determinato da basse pressioni artiche e alte pressioni alle medie latitudini: in questo caso il gioco delle correnti tende a mantenere l'aria fredda a nord. Se invece il valore è negativo (alte pressioni nell'Artide e basse pressioni alle medie latitudini) la gelida aria settentrionale invade l'Europa e l'America Settentrionale, come si vede in questa figura tratta dal sito del “National Snow and Ice data center”.
L'indice varia in maniera piuttosto casuale, ma è molto importante per le previsioni meteorologiche. La cosa strana è che se l'indice governa il tempo non è detto che a valori estremi dell'indice corrispondano condizioni meteo estreme ed è fonte di grandi diversità nello scostamento dalle temperature medie all'interno dei continenti. Ad esempio in una fase positiva gli USA meridionali sono più caldi del solito, mentre a Terranova fa ancora più freddo del solito (come me, pensavate forse fosse solo colpa di “El Niňo” o di “La Niňa”????).
Vediamo qui accanto il valore della Oscillazione Artica in questi ultimi mesi aggiornato a ieri 5 gennaio 2012: il valore è positivo e davvero questo autunno è stato straordinariamente mite perchè l'aria artica è rimasta lì dov'era. Però il suo valore in questi gionri sta diminuendo molto rapidamente ed è previsto un forte calo nei prossimi giorni. Potrebbe quindi voler dire che sta per venire un'ondata di freddo polare? Vedremo.
All'Oscillazione Artica si affianca quella dell'Atlantico Settentrionale, che lega la pressione alla latitudine dell'Islanda con quella all'altezza delle Azzorre.
C'è anche un'altra grandezza nota come AMO, l'Oscillazione Atlantica Multidecadale che però, oltre ad avere tempi di modifica molto più lenti, si riferisce alle temperature dell'acqua marina e non alla pressione atmosferica ed è quindi cosa diversa e serve a cose diverse.
L'Oscillazione Artica però potrebbe avere una importanza molto maggiore a livello climatico per il futuro perchè forse a causa del riscaldamento globale (di cui non voglio parlare in questo momento) sembra si comporti da motore di una riorganizzazione della circolazione marina nell'Oceano Polare Artico, il che potrebbe non essere un buon segno anche se per adesso non c'è stato un incremento particolare del rischio legato a questo fenomeno.
Una ricerca della NASA e dell'Università dello stato di Washington ha notato che negli ultimi anni è un po' cambiato il destino delle acque che i grandi fiumi siberiani portano in mare nella breve estate artica.
Occorre innanzitutto per capire la situazione dotarsi di una carta dell'Oceano Polare artico, perchè su planisferi normali ci si capisce poco. Si vede molto bene dal basso in senso orario Groenlandia, Artico Canadese, Alaska, Siberia e Scandinavia. Questo oceano è formato da due bacini separati da una serie di dorsali che corrono tra la Groenlandia e la Jacuzia.
Si vedono bene due fiumi siberiani, l'Ob il cui bacino corrisponde più o meno a quella fascia verde ad Est degli Urali e lo Jenisei che è quella linea verde ancora più a Est. Non si riesce ad apprezzare la posizione del terzo grande fiume siberiano, la Lena, che sfocia ancora più a Est.
L'apporto dell'acqua fluviale, più fredda e meno salata, è determinante per la conservazione della calotta glaciale: le acque salate tendono a favorire la loro fusione mentre quelle più dolci tendono ad impedirla perchè essendo più leggere formano un a intercapedine fra i ghiacci e le acque più calde. L'acqua di questi fiumi fino ad una decina di anni fa rimaneva nel lato euroasiatico dell'Oceano.
L'Oscillazione Artica nell'ultimo periodo è stata fortemente positiva (pressione bassa a nord) e questo ha fatto sì che i venti prevalenti, con l'aria fredda rimasta confinata alle alte latitudini, hanno condotto queste acque nell'altro lato dell'oceano, lungo le coste canadesi, mentre fino a poco tempo fa restavano sul margine euroasiatico.
La scoperta è avvenuta sfruttando il satellite IceSat e i due satelliti della costellazione Grace che hanno potuto apprezzare le differenze di densità fra l'acqua oceanica e quella dolce proveniente dai fiumi che si è letteralmente ammassata lungo la costa americana del Mare di Beaufort. C'è stata quindi una forte variazione della salinità, diminuita nel lato americano, aumentata in quello euroasiatico. il che potrebbe avere gravi riflessi nella distribuzione dei ghiacci. Quindi i ghiacci del versante americano godono da questo punto di vista di una ottima salute anche se stavano correndo un grave rischio perchè si è indebolito l'anticiclone semipermanente del Mare di Beaufort: un indebolimento di questa figura atmosferica senza l'apporto delle acque dolci siberiane avrebbe significato una grossa crisi dei ghiacci (ed infatti la molla che ha fatto scattare questo studio è stata la presenza di acque meno salate in questo bacino rispetto a quelle previste con i valori della pressione atmosferica nell'area). E un forte scioglimento dei ghiacci avrebbe rischiato di provocare un “evento di Heinrich”, cioè un forte afflusso di acque fredde nell'Atlantico settentrionale. In una situazione del genere seiste il rischio di blocco o attenuazione della circolazione termoalina e quindi una grave crisi climatica mondiale dato che questo è il miglir sistema per alterare il ciclo di redistribuzione del calore operato dalle correnti marine.
La perdita di ghiacci nella zona euroasiatica comporta invece minori problemi a scala globale.
Una facile osservazione è questo fenomeno è una ulteriore, forse inaspettata, complicazione per lo studio delle oscillazioni dei ghiacci artici presenti e future di cui va tenuto conto nei modelli e nelle ricerche.
Una avvertenza finale: in tutto questo il riscaldamento globale c'entra eccome perchè altera il sistema della circolazione e della pressione atmosferica.
1 commento:
Proprio un paio di giorni fa Jeff Masters ha postato nel suo sito un interessante articolo sull'attuale e recente situazione:
Arctic Oscillation
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