mercoledì 30 settembre 2009

Supervulcani

La foto è un panorama della "Long Valley Caldera", un supervulcano.
In questi giorni ha fatto molto rumore la scoperta del supervulcano paleozoico di Lanzo e sui supervulcani ne sono state dette parecchie, spesso inesatte. Innanzitutto i “supervulcani” attuali sono veramente pochi e non ce ne sono stati tanti, almeno nella storia recente della Terra. Per fortuna nessuno ha ancora scritto che possa rientrare in funzione. Ma aspettiamo: prima o poi qualche sito di "misteri" o di "scienze alternative"lo farà di sicuro.
Ma cosa sono in realtà i supervulcani? La storia della loro scoperta è molto interessante. I ricercatori si sono imbattuti in depressioni circolari simili a quelle delle caldere, ma molto più grandi.

Le caldere si formano quando la camera magmatica contenente la roccia fusa sotto ad un vulcano si svuota, provocando così il collasso del terreno soprastante, non più sostenuto al di sotto dalla pressione del magma. Non ci sono dubbi sul fatto che sia un evento traumatico: la maggior parte dei vulcani produce ceneri, che si distribuiscono nelle loro vicinanze e sono molto preziose per chi studia la geologia o la paleontologia del quaternario perchè forniscono livelli databili e correlabili fra un affioramento ed un altro. Ricordo in Italia le celebri “Ciampate del Diavolo”. Quando invece un'eruzione vulcanica forma una caldera le conseguenze escono dall'ambito locale perchè le quantità di polveri in gioco sono molto maggiori e la violenza dell'esplosione le può scagliare ad altezze tali da permettere loro di espandersi ovunque sopra la Terra: la maggior parte di questi collassi sono infatti registrati persino nelle carote estratte dalle calotte glaciali.
Inoltre non tutte le polveri ricadono molto velocemente, per cui si forma uno strato di nuvole che impedisce, o quantomeno disturba, l'irraggiamento solare. Le conseguenze sul clima globale della Terra possono essere disastrose: per esempio l'esplosione del Tambora nel 1815 provocò in Europa l'anno senza estate. L'eruzione del Toba in Indonesia 75.000 anni provocò una grave crisi climatica mondiale che perdurò diversi anni. In Italia le caldere “classiche” sono quelle dei vulcani laziali, come quella riempita dal lago di Bolsena.

Che queste depressioni molto grandi fossero in relazione con fenomeni vulcanici oltre che per la loro forma fu chiaro per quello che le circondava: enormi depositi di tufi, spessi anche più di 400 metri (quindi 4 volte più alti del Duomo di Firenze, tanto per dare un'idea) che mostravano chiaramente di non essere una successione di materiali deposti da più fasi eruttive, ma di essersi formati nel corso di un singolo episodio vulcanico
Come ordine di grandezza, se la Caldera del Tambora ha un diametro di circa 5 km e quella di Bolsena oltre 10, nei supervulcani si passano i 60. Questo spiega gli incredibili spessori di tufi in quanto area della caldera e volume di ceneri sono drammaticamente superiori: un cerchio di 60 kilometri di diametro ha un'area 4 volte maggiore di uno di 30 e quasi 150 volte maggiore di uno di 5 kilometri!

Le caratteristiche delle eruzioni dei supervulcani sono state delineate studiando i cristalli di zircone e la loro età, che hanno due caratteristiche sorprendenti: sono molto recenti, di età di poco precedente a quella delle eruzioni che hanno formato i tufi che li contengono, e mostrano una composizione isotopica dell'ossigeno tipica della superficie terrestre e non delle profondità da cui provengono questi magmi.
Un contributo fondamentale nello studio dei supervulcani è stato dato dalle caratteristiche degli zirconi: si è scoperto che il magma, oltre ad una componente profonda, è formato anche da lave che sono il risultato della fusione della crosta provocata dai magmi mantellici, a causa della elevata quantità di calore che hanno trasportato. Quindi gli zirconi hanno ereditato la composizione isotopica dell'ossigeno delle rocce crustali, in cui è evidente l'apporto dell'acqua piovana che percola nella crosta.
Il fenomeno non è limitato ai supervulcani: non è difficile vedere un magma basaltico molto caldo provocare la fusione, parziale o totale, della porzione di crosta adiacente o soprastante. Ne risultano sia una mescolanza fra i due magmi, sia province vulcaniche con una spiccata bimodalità dei magmi, uno profondo e uno crustale (la provincia magmatica toscana ne è un classico esempio). Qui la differenza è soprattutto quantitativa.
Per quanto riguarda le datazioni degli zirconi, si vede chiaramente che c'è tutta la gamma di età comprese tra l'arrivo sotto la crosta del magma basaltico e l'esplosione che ha formato la caldera.
Il dato è molto interessante anche per capire lo stato attuale di un supervulcano, analizzandone la composizione dei gas fumarolici. Un rapporto fra Ossigeno 16 e Ossigeno 18 tipico della crosta significa che il magma sottostante è “maturo” . Se la percentuale di Ossigeno 18 aumenta, vuol dire che da sotto è in arrivo una nuova iniezione di magma, con il rischio di una nuova esplosione.

L'eruzione di un supervulcano è un processo abbastanza semplice: una enorme bolla di magma arriva verso la superficie e fonde una parte della crosta sottostante. al di sopra del magma la pressione rigonfia la crosta soprastante sulla quale di conseguenza si formano delle fratture, specialmente lungo un anello che corrisponde alla parte esterna del rigonfiamento. Le fratture arrivano alla camera magmatica e innescano la risalita di magmi e si formano lungo questo anello vari centri eruttivi. Le fratture aumentano di numero e di dimensione fino a che la crosta al loro interno diventa un cilindro isolato dal resto della crosta che lo circonda. A questo punto, ovviamente, i cilindro non riesce a rimanere al suo posto e quindi collassa. Il collasso provoca lo svuotamento istantaneo della camera magmatica, con l'emissione della tipica enorme quantità di tufi, ignimbriti e quant'altro.
Da notare che anche nelle caldere di normali dimensioni come quella del Rabaul in Nuova Guinea succede che crateri avventizi (o piccoli edifici polifasici) si formino esattamente sul bordo della caldera che è oltretutto una fascia nella quale si concentra la sismicità.
Lo schema tratto da Wikipedia e che si riferisce alla Long Valley caldera è piuttosto chiaro.

Quali sono i supervulcani attuali? Il più noto è Yellowstone, nel Wyoming. Una spettacolare successione di supercaldere che si sono formate sopra un pennacchio di magma proveniente dal mantello. La successione delle caldere nel tempo fa vedere il movimento della placca nordamericana al di sopra del pennacchio da quando 15 milioni di anni fa incominciò l'attività: all'epoca il pennacchio era sotto l'odierno Idaho.

Negli Usa c'è anche la Long Valley Caldera, tra la California e il Nevada. Questa caldera è responsabile, 760.000 anni fa, della produzione dei Bishop Tuffs, che raggiungono i 200 metri di spessore. Nella foto si apprezza l'enormità di questo cratere: l'asse maggiore del lago è di circa 50 kilometri. Dovrebbe rappreserntare una delle ultime fasi dell'attività vulcanica del Great Basin, un'area tra California, Nevada e Arizona caratterizzata da assottigliamento della crosta. Anche qui è presente il dualismo fra uno o più magmi di origine mantellica e altro materiale proveniente dalla fusione della crosta indotta da questi magmi profondi. Ma ancora ci sono forti dubbi sulle cause che hanno provocato l'assottigliamento crustale e l'arrivo dei magmi.

La maggior parte degli altri supervulcani sono invece ben inquadrabili nel classico meccanismo dei vulcani di arco magmatico, in cui i magmi sono uno degli effetti della dinamica di due zolle che si scontrano. E' il caso del già citato Toba, in Indonesia. Si calcola che 75.000 anni fa abbia emesso quasi 3.000 kilometri cubici di materiale (!). Tanto per dare un'idea della sua grandezza, il lago si vede chiaramente guardando sul PC una foto da satellite dell'intera isola di Sumatra. Ladepressione, di forma molto ellittica, ha gli assi rispettivamente di quasi 100 e quasi 30 kilometri ed è il risultato di almeno 3 se non 4 caldere adiacenti, formatesi tra 1.2 milioni di anni fa e oggi. L'esplosione maggiore è appunto quella avvenuta 75.000 anni fa. L'attività continua anche ai giorni nostri.

C'è poi il Taupo in Nuova Zelanda. La foto ne molstra il lago. Ha provocato la più grande eruzione degli ultimi 5000 anni, datata al 181 DC. Il Taupo presenta una attività piuttosto continua. Circa 22.600 anni fa produsse oltre 1000 kilometri cubici di materiale, formando una caldera di oltre 30 kilometri di diametro. Mi viene in mente una coincidenza: questa datazione è molto vicina a quella dell'ultimo massimo glaciale.

Questi sono i 4 supervulcani principali. Ma ci sono altri vulcani candidati ad entrare nella lista. Uno è italiano: i Campi Flegrei. Ma ci sono anche altri possibili esempi in Kamchatka, Aleutine e Giappone. Secondo alcune fonti anche Krakatoa potrebbe nascondere un supervulcano. Un'altra area con diversi candidati pooteebbe essre il Sudamerica
Ci sono poi le classiche leggende metropolitane che da quando c'è la Rete si diffondono velocemente. Secondo alcuni persino sotto il St.Helen ci sarebbe un supervulcano. Peccato per questi fantasiosi autori che le camere magmatiche si vedano con la tomografia sismica...

4 commenti:

Marco Fulvio Barozzi ha detto...

Complimenti, non ho altro da aggiungere. Yellowstone è sopra un hotspot?

Aldo Piombino ha detto...

Grazie.
le "tracce" parlano chiaro: c'è un hotspot e bello grosso. Ma non capisco come mai sia venuto fuori solo 15 milioni di anni fa. E siccome neanche gli americani stessi hanno ancora capito molto su come sia venuta fuori la provincia magmatica del great basin, sono in buona compagnia....

luposelvatico ha detto...

Urca, dov'è che si possono trovare notizie sul supervulcano paleozoico di Lanzo?

Aldo Piombino ha detto...

l'articolo principale è su Geology di questo mese, ma occorre la sottoscrizione per leggerlo.
comunque sul sciencedaily o altri siti scientifici c'è qualcosa. Si trova pure in italiano sui quotidiani: mi ricordo di un articolo on-line su "la stampa".