venerdì 22 agosto 2025

La logica "normale" e quella dell'UCAS (Ufficio Complicazioni Affari Semplici)


È un periodo di ferie in cui anche io mi prendo un pò una pausa. E allora, esulando dalla Geologia e da cose vicine, voglio raccontarvi qualcosa che va "oltre" la Scienza che racconto di solito, sperando che poi gli amici comunicatori e psicologi mi possano spiegare perché la mente umana alle volte partorisce mostri e/o si dimentica provvedimenti semplici che come nel caso che vi racconto avrebbero evitato un disastro. Se in genere alla iutiùb iunivèrsiti si presentano soluzioni semplici a problemi complessi, che ovviamente non funzionano, succede talvolta nel mondo reale che a volte burocrati o tecnici burocratizzati partoriscono sulla carta delle soluzioni complesse (o addirittura impossibili) quando la soluzione del problema sarebbe semplicissima (addirittura nel caso che vi presento basterebbe imporre di premere un pulsante). Questo succede troppo spesso ed è talvolta fonte di guai, come appunto nel caso che vi racconto adesso.

Vorrei farvi notare un classico esempio di UCAS (Ufficio Complicazioni Affari Semplici) a proposito non di comunicazione istituzionale scientifica o altro, ma in un caso tecnico in cui un volo pindarico di qualcuno ipotizzò l’implementazione di un sistema assurdo facendo ipotizzare una soluzione complessa da realizzare per risolvere un grave (anche se raro) problema, quando invece la sua risoluzione sarebbe di una semplicità devastante consistendo, appunto, nel premere un bottone.
Siamo nelle ferrovie, dove l'UCAS burocratico è spesso attivo contribuendo ad ingessare la circolazione e/o a rendere troppo cari i trasporti che utilizzano i binari.

L'INCIDENTE FERROVIARIO DI TRENTO DEL 20 AGOSTO 2025. La questione prende corpo dall’incidente ferroviario avvenuto il 20 agosto 2025: un treno merci che era fermo all'interno dello scalo di Roncafort, posto a nord della stazione di Trento, è partito da solo in discesa senza personale a bordo, sfruttando la pendenza della linea, fino a quando non si è scontrato a bassa velocità con un regionale che saliva verso Bolzano.
Alla fine è andata quasi bene:
  • il treno regionale procedeva a bassa velocità perché il sistema di gestione della linea aveva rilevato la presenza di un treno nel tratto successivo, e quindi non era possibile per il regionale avanzare oltre il segnale che avrebbe incontrato di lì a poco; 
  • quanto al treno merci sfuggito, anche la sua velocità era bassa e per fortuna le locomotive dall’altro lato, quindi il muso dell'elettrotreno si è scontrato con l’ultimo carro e non con le due pesanti E 412 che avrebbero trainato il convoglio verso il Brennero.

1. LE POSSIBILI CONCAUSE DELL'INCIDENTE

Ovviamente quando succede una cosa del genere, classificabile come un Epic Fail ci sono delle concause che si sommano:

1. IL CONVOGLIO. In particolare ieri la cosa che apparve ovvia è che il convoglio fosse "sfrenato" (vedi NOTA 1) (altrimenti non sai sarebbe mosso da solo per la pendenza)
  • è probabile che non ci fosse personale sulla locomotiva (non si capisce come mai una locomotiva possa “decidere di muoversi da sola” senza essere fermata se il personale è a bordo)
  • secondo alcune ricostruzioni è possibile che sul treno fosse in corso la prova-freno (prima di partire su un convoglio deve sempre essere fatta questa prova per accertarsi che il sistema frenante funzioni senza problemi)

Queste due considerazioni sono “probabili” perché ovviamente c’è una inchiesta in corso, ma rappresentano - diciamo così - lo scenario più probabile, ma c'è anche la possibilità che per qualche motivo il convoglio si sia sfrenato da solo (per esempio per guasto al freno e mancato posizionamento delle apposite staffe di interfaccia fra rotaia e ruota, precauzione in genere fondamentale che dovrebbe essere sempre eseguita. Attendiamo la conclusione dell'inchiesta ricordando che ora come ora l'unica certezza è quella di un treno che si è mosso da solo in discesa.  
NB: per le ultime agenzie erano state avviate le procedure per la partenza del treno, che quindi non sarebbe stato, almeno da quel momento in stazionamento nello scalo.  


2. LA DISPOSIZIONE DEI DEVIATOI. La cosa sicura, invece, è che la coppia di deviatoi (NOTA 2) di collegamento fra la linea e lo scalo era configurata in deviata, cioè consentiva il passaggio dalla linea allo scalo, perché l'ultimo movimento lungo quegli scambi è stato una entrata da Trento di una LIS (locomotiva isolata) e non era stato ancora ripristinata la configurazione normale: se invece i deviatoi fossero stati in configurazione normale avrebbero consentito ad un treno di proseguire lungo la linea e al treno sfuggito al controllo di fermarsi in un binario tronco realizzato appositamente per queste evenienze (noto appunto come tronchino di salvamento)
Nello schema, modificato dal sito www.segnalifs.it vi faccio vedere le due configurazioni:
  • nella configurazione A, quella “normale” i treni passano regolarmente sul binario “pari”, quello per i treni provenienti da Trento in direzione Bolzano. Se lo scambio 1 è in posizione normale, è in posizione normale anche lo scambio 2: in questo caso se un treno nello scalo sfuggisse al controllo lo scambio 2 in posizione normale lo dirigerebbe nel binario tronco. A quel punto il convoglio al limite sfonderebbe il respingente finale ma non invaderebbe la linea. Questo binario che inizia dal deviatoio 2 è appunto chiamato “tronchino di salvamento”
  • nella configurazione B sia lo scambio 1 che lo scambio 2 sono in deviata, consentendo l’entrata nel raccordo di un treno proveniente da Trento o l’ uscita di un treno diretto verso Trento e oltre
Ovviamente in linea ci sono anche altri due deviatoi per consentire ad un treno diretto verso Trento di andare sull’altro binario della ferrovia, il “dispari” , quello che normalmente compete ai treni diretti verso sud.
La stessa situazione si trova dall’altro lato dello scalo, quella verso Bolzano / Brennero.

lo scontro dei due treni: la scarsa deformazione evidenzia
la bassa velocità a cui è avvenuto
CRONACA DI UN EPIC FAIL. Siamo quindi davanti ad un classico epic fail, dovuto al sommarsi di due circostanza sfavorevoli: 
  • un treno che inizia a muoversi da solo in discesa in uno scalo
  • la disposizione dei deviatoi per la quale il convoglio è potuto entrare in linea anziché dirigersi nell'apposito tronchino di salvamento. 
Annoto poi che:
  • se il treno fosse stato in stazionamento e non a fare le prove di partenza, allora la mancanza delle staffe di interfaccia ruota-rotaia costituirebbe una terza circostanza sfavorevole.
  • e che per somma di sfortuna i deviatoi sarebbero stati rimessi in posizione normale pochi minuti dopo per consentire il passaggio del regionale. 
2. IL VULNUS NON RISOLTO CHE HA PROVOCATO L'INCIDENTE 
E LE SUE POSSIBILI SOLUZIONI FANTASIOSE O SEMPLICI

Ma è questo il vulnus: per prassi i deviatoi, compresi quelli di ingresso a uno scalo come Roncafort, rimangono nella stessa posizione fino a quando non si presenta la necessità di muoverli per consentire il passaggio di un treno che debba andare nell’altra direzione. Resta da capire a questo proposito quanto tempo è passato tra il momento in cui la locomotiva isolata è entrata nello scalo e il momento in cui il treno merci ha iniziato a muoversi da solo

UNA LOGICA DISPOSIZIONE DI SICUREZZA. È chiaro ed evidente che una disposizione logica di sicurezza sarebbe quella di:
  • tenere sempre per principio i deviatoi che consentono la comunicazione fra linea e raccordo nella condizione normale (configurazione A)
  • usare la configurazione B soltanto nel ristretto lasso di tempo in cui serva la comunicazione fra linea e raccordo
  • ripristinare immediatamente la configurazione A appena un convoglio ha utilizzato il raccordo, senza aspettare che diventi necessario ripristinarla 
In questo modo un qualsiasi treno che per errore di manovra o altro si muovesse nello scalo verso la linea finirebbe sul tronchino di salvamento senza quindi entrare nella linea.

ECCO LA PROPOSTA ASSURDA DI CUI VI PARLO. Potrà sembrare strano, ma questa disposizione non esiste!  E qui viene il bello: quando succede un incidente, entra in campo DIGIFEMA, l’ufficio per le investigazioni ferroviarie e marittime del ministero; DIGIFEMA interviene facendo indagini anche su incidenti non ferroviari (anche per le funivie, per esempio). Le sue indagini servono a raccomandare delle azioni volte a prevenire nuovi incidenti del genere (un pò quello che succede a livello internazionale nel trasporto aereo). 
Ebbene, nella discussione su questo incidente sul forum di ferrovie.it è venuto fuori che dopo un analogo incidente successo anni fa DIGIFEMA abbia emesso delle raccomandazioni un pò (oddio.. un pò..) fantasiose ed assurde, proponendo la realizzazione di apparati senzienti che dovrebbero capire da soli (a) quando un treno o anche un solo carro va in fuga in linea a farsi una gita autonoma, (b) dare l'allarme, (c) bloccare gli altri treni, (d) chiudere eventuali passaggi a livello e persino (e) “avvisare i viaggiatori sulle banchine delle stazioni". Insomma, mancava solo l'intervento del raggio traente dell'Enterprise di James Kirk. Ovviamente un qualcosa macchinosissimo e tutto da inventare.

un moderno banco per regolare la circolazione di Rete Ferroviaria Italiana
da cui vengono impostati gli itinerari dei treno impostando i deviatoi nella direzione giusta 
ED ECCO IL RIMEDIO SEMPLICE. Ma la cosa "fantastica" è che mentre Rete Ferroviaria Italiana sbandiera l'utilità dei tronchini di salvamento per prevenire fughe accidentali (imponendone la realizzazione anche in casi di dubbia utilità di cui evito di parlare per non annoiarvi), come ho appena detto non ha appunto mai emesso la semplicissima norma che preveda  di ripristinare la configurazione “normale” immediatamente dopo il passaggio di un treno in una comunicazione tra una linea e un raccordo, senza aspettare che diventi  necessario perchè sulla linea deve passare un treno!

Dalla prassi di lasciare stare le cose in attesa che serva modificarle e dalla mancanza di questa disposizione ne consegue il rischio che nel momento del bisogno, come è successo ieri, il treno “fuggito” vada in linea e non nel tronchino di salvamento, perché ancora non si era verificata la necessità di riportare il deviatoio in posizione normale (lo avrebbero fatto presto, comunque, altrimenti il regionale per Bolzano si sarebbe infilato anche esso nello scalo…)
Fra parentesi le fughe accidentali sono ormai impossibili con treni in linea grazie ai sistemi automatici che sovrintendono la marcia dei treni e dei quali in Italia siamo stati i primi a dotarsi e possono succedere solo in casi come questo o pochi altri, con evidente errore umano, come per esempio a Paderno quando i macchinisti scesero dal treno dimenticandosi di frenarlo: in quel caso c'era già l'itinerario pronto e quindi quando il treno partì da solo il sistema di bordo ha visto il convoglio andare nella direzione giusta e quindi non è intervenuto.

3. LA MORALE DELLA FAVOLA E CIOÈ  L'UCAS  IN AZIONE:
IMMAGINARE SOLUZIONI COMPLESSE QUANDO PER RISOLVERLE BASTEREBBE UNA COSA SEMPLICE

Insomma, mi chiedo (e chiedo agli amici comunicatori e psicologi) perché per risolvere un problema del genere si ipotizzino dei futuribili metodi complicatissimi quando per impedire incidenti basterebbe semplicemente e banalmente obbligare chi di dovere a “premere un pulsante” appena il treno è passato sul raccordo fra una linea e uno scalo….
Inoltre si può pure notare come il sistema ipotizzato (e ovviamente caduto nel dimenticatoio) sarebbe costosissimo e servirebbe solo ad avvisare di un problema in corso, mentre la soluzione “premere un bottone” evita direttamente, e a costo zero, che il problema si ponga!!!

Mi piacerebbe che qualcuno mi spiegasse - scientificamente - perché da un lato la mente umana partorisca mostri quando c'è una soluzione semplicissima davanti ed evidente (soluzione complessa a problemi semplici) e perchè dall'altro ci sono tanti aficionados delle soluzioni semplici a problemi complessi


NOTA 1: in ferrovia “sfrenato” vuol dire che nessun sistema (umano o automatico) tiene fermo il treno
NOTA 2: i deviatoi sarebbero banalmente gli scambi, ma in ferrovia si chiamano così

mercoledì 6 agosto 2025

No, non c'è una "caverna" suborizzontale ai Campi Flegrei, ma una frattura subverticale (peraltro come spesso succede nei vulcani)


Allora, riguardo alla notizia di ieri sui Campi Flegrei, siccome non mi fidavo molto dei comunicati stampa (in particolare quella della “cavità orizzontale” prospettata da tanti non mi tornava un gran chè), tantomeno di quello dell’Università di Pisa dove evidentemente parlare di “frattura subverticale” sarebbe stato troppo difficile, ho preferito andare subito a vedere l’articolo originale (Rapagnani et al, 2025). Ebbene, come dice il riassunto dell’articolo, si tratta di una “frattura inclinata, piena di gas, attiva da almeno 7 anni, che collega il serbatoio in espansione con i processi fragili superficiali e le fumarole superficiali” (inclinata, non orizzontale). 

Ma andiamo con ordine.
Iniziamo dicendo che al solito i media (e purtroppo non solo i siti acchiappaclick che la sparano grossa di loro) si sono scatenati e no, non c'è assolutamente dopo questa scoperta un aumento delle possibilità di una eruzione. Per chi lo dice si possono ipotizzare 3 patologie di informazione:
  • parla di cose che non sa e non intende (molto facile)
  • non ha capito nulla (possibile) 
  • esagera mentendo sapendo di mentire (e purtroppo amche questa è una posizione possibile)
  • dobbiamo inoltre considerare una somma di queste possibilità, in percentuali variabili
la tomografia sismica di Giacomuzzi et al (2024)

QUADRO GENERALE DEI CAMPI FLEGREI. La fonte di deformazione dell'attuale stato di agitazione della caldera flegrea è stata localizzata a circa 4 km sotto il centro di Pozzuoli, in corrispondenza del maggiore sollevamento. Grazie ai tanti terremoti che investono l’area, vari metodi geofisici hanno fornito diverse ricostruzioni del sottosuolo dei Campi Flegrei, che concordano “in generale” ma differiscono in alcuni particolari. Quella che giudico più attendibile è la tomografia sismica di Giacomuzzi et al (2024). Per chi volesse approfondire ne ho parlato in questo post. Recentemente hanno fornito un quadro abbastanza simile De Landro et al (2025). Sostanzialmente la situazione è questa:
  • una zona caratterizzata da una anomalia a bassa velocità delle onde sismiche che suggerisce la presenza di fluidi geotermici in stato supercritico
  • uno strato di roccia al di sopra di essa a bassa permeabilità e alta resistenza a 1,5–2 km di profondità
In particolare lo strato a bassa permeabilità è quello che fa nascere i problemi, perché impedisce la propagazione verso l'alto dei fluidi che vengono dalla camera magmatica (o da più sotto); questo causa la sovrapressurizzazione delle formazioni sottostanti, e da qui la deformazione (il bradisismo che sta innalzando Pozzuoli e i suoi dintorni). Ho parlato qui di come hanno ben spiegato la situazione Danesi et al (2024): un aumento della pressione provoca un inarcamento delle rocce soprastanti, che sua volta provoca terremoti che (ri)aprono delle fratture, lungo le quali i gas del sistema idrotermale riescono a risalire: in questo modo la pressione nel sistema diminuisce e il suolo smette di risalire o quasi. Ma poi le fratture si richiudono perché i fluidi vi depositano il loro elevato contenuto minerale e quindi la pressione nel sistema ricomincia a rialzarsi e riprende il sollevamento.

alcuni esempi di onde a lungo periodo che si sovrappongono
alle normali onde dei terremoti vulcano-tettonici
OSCILLAZIONI PARTICOLARI ALL’INTERNO DEI SISMOGRAMMI DEI TERREMOTI FLEGREI. Lo stillicidio di terremoti vulcano-tettonici a cui stiamo assistendo adesso nell’area flegrea, con la popolazione comprensibilmente preoccupata (li ho provati anche io quando sono stato lì a lavorare una settimana, e vi assicuro che è una cosa tutt’altro che piacevole) produce onde sismiche normali.
Questi terremoti sono di tipo vulcano-tettonico, cioè sono dovuti al movimento lungo delle faglie, che però anziché da un campo di stress regionale come i terremoti tettonici normali è dovuto a un campo di stress indotto dalla deformazione in corso nella caldera.

In realtà i vulcani però possono fornire anche delle onde sismiche a periodo più lungo rispetto ai terremoti tettonici e vulcano-tettonici. Sono generalmente attribuite alla presenza di fratture riempite da fluidi magmatici o idrotermali. 
Spiego in breve per i non addetti: fisicamente tra i parametri di un’onda (come appunto una onda sismica) ci sono la frequenza e il suo inverso, il periodo. Nei vulcani, oltre a quelle normali (sia prodotte all'interno del sistema che fuori da esso)  troviamo delle onde sismiche caratterizzate da un periodo ben più lungo di quello che caratterizza le onde dei terremoti tettonici, note come LP (Long Period) e VLP (Very Long Period). Questi segnali particolari rappresentano la risposta dinamica di una frattura riempita di fluidi al transito di onde sismiche generate da una rottura fragile che si verifica altrove.

in bianco le aree da dove provengono i segnali VLF, ben diverse
dalle aree interessate dai terrmoti vulcano-tettonici 
Rapagnani et al (2025) riportano per la prima volta nei Campi Flegrei delle oscillazioni VLP (Very Long Period): per farlo hanno utilizzato i sismogrammi dei 136 terremoti a M maggiore dei Campi Flegrei degli ultimi anni (ovviamente tutti vulcano-tettonici), osservando come molti di questi, indipendentemente dalla loro posizione ipocentrale, siano accompagnati da un chiaro segnale a lungo periodo. Non è stato semplice evidenziare questi segnali VLP perché:
  • se i terremoti vulcano-tettonici iniziano molto chiaramente, non c’è un inizio chiaro dei segnali VLP e quindi è difficile individuarne la sorgente
  • il loro segnale è mascherato dalle onde dei corrispondenti terremoti vulcano-tettonici

L'ORIGINE DI QUESTI SEGNALI A LUNGO PERIODO. Ma da dove provengono questi segnali VLP? La loro ampiezza massima è costantemente osservata nelle stazioni situate a Pozzuoli e quindi l’area di origine si trova più o meno da quelle parti. 
Sono stati selezionati 14 segnali VLP associati a terremoti vulcano-tettonici in diverse aree della caldera, avvenuti dal 2018 al 2025, con profondità comprese tra 2,3 e 4,2 km. 
Nella figura qui accanto vediamo gli epicentri della sismicità a Pozzuoli, con i tensori colorati (i cosiddetti “beach ball”, che fornisco informazioni sul tipo di terremoto):
  • si notano 3 zone di massima sismicità con epicentri in cui i tensori dello sforzo sono colorati: quella a Pozzuoli, quella nel golfo e quella nei dintorni del Monte Nuovo (che penso sia una estensione della fascia sismica del golfo). 
  • i sono poi dei tensori in bianco, che rappresentano gli epicentri dei terremoti a lungo periodo. Questi ultimi epicentri sono lontani dalle zone a massima sismicità vulcano-tettonica.
Per Rapagnini et al (2025) i segnali VLP provengono da una sorgente attiva negli ultimi 7 anni, che molto probabilmente è rappresentata da una frattura piena di fluido. La sua localizzazione media è approssimativamente al di sotto di Pozzuoli e dell'area della Solfatara, come si vede nell'immagine sottostante. 
Tramite l’analisi degli eventi VLP gli Autori suggeriscono che la fessura sia subverticale, lunga circa1000 m, larga 650 e spessa circa 35 cm.
Non è quindi una caverna orizzontale come qualcuno ha scritto, e dopotutto la presenza di fratture di questo tipo nelle aree vulcaniche è comune.
Nessun allarmismo dunque. Semplicemente un ennesimo miglioramento delle conoscenze scientifiche.

A sinistra la carta degli epicentri delle onde VLP
a destra la sezione, dove si evidenzia la frattura che produce le onde VLP  



BIBLIOGRAFIA

questo post si riferisce soprattutto a:
Rapagnini et al (2025). Coupled earthquakes and resonance processes during the uplift of Campi Flegrei caldera. Communications Earth and Environment (2025) 6:607


ALTRI LAVORI CITATI:

Danesi et al (2024) Evolution in unrest processes at Campi Flegrei caldera as inferred from local seismicity Earth Planet. Sci. Lett. 626 (2024) 118530

De Landro et al (2025) 3D structure and dynamics of Campi Flegrei enhance multi-hazard assessment Nature Communications, (2025)16:4814

Giacomuzzi et al (2024). Tracking transient changes in the plumbing system at Campi Flegrei Caldera Earth Planet. Sci. Lett. 637 (2024) 118744


sabato 2 agosto 2025

I terremoti di Kamchatka - Isole Curili del 1952 e del 2025 hanno interessato lo stesso settore


Visto che l’epicentro del terremoto M 8.8 del 30 luglio 2025 è molto vicino a quello del M 9.0 del 4 novembre 1952, la domanda che mi ero posto (anzi, che ci siamo posti in diversi) è stata: “i due terremoti hanno interessato lo stesso segmento oppure il terremoto del 1952 è partito da lì ma la rottura ha interessato il segmento più a nord?
La risposta era intuibile dato che il segmento dall'epicentro verso NE della subduzione sotto la penisola di Kamchatka è molto corto, in quanto si ferma all'intersezione con la subduzione delle Aleutine, e quinid una Magnitudo del genere a partire come punto di rottura dall'epicentro del 1952 era improbabile. Ma siccome nella Scienza contano i dati e non le idee è meglio avere i dati in mano, ed era quindi giusto trovare della bibliografia, con la quale è stato facile ricostruire la situazione (per esempio: Bath e Benioff, 1958):quindi i due megathrust hanno interessato a 73 anni di distanza lo stesso segmento della zona di subduzione Kamchatka - Curili, dove la placca pacifica scorre alla velocità di 80 mm/anno sotto la placca Nordamericana (si, è la placca nordamericana, non euroasiatica). 
Quindi dei 6 terremoti più forti mai registrati a livello mondiale dai sismografi, due riguardano lo stesso segmento, quello di Kamchatka meridionale – Isole Curili.
La cosa che salta all'occhio è che gli epicentri degli eventi più forti sono concentrati in un'area ristrettissima immediatamente a largo delle coste sudorientali della penisola. Lì c'è anche una concentrazione di eventi un pò più deboli (relativamente, visto che si parla di scosse con M superiore a 6). Questo anche se parlare di "epicentro" (e cioè di una geometria puntiforme) per eventi del genere è scorretto, dato che il movimento è molto esteso: diciamo che per "epicentro" si indica la proiezione sulla superficie terrestre del punto da dove inizia e si propaga la rottura.


La carta qui sopra presenta la sismicità attuale a scala maggiore. 
Qui a destra l'area direttamente colpita, . 
Sono indicati con dei rombi gli epicentri dei terremoti M 7.5 del 20 luglio (verde) e M 8.8 del 30 luglio (giallo).
Le repliche del 20 luglio (in verde) occupano un segmento lungo 150 km. 
Probabilmente in quel segmento anche le repliche dal 30 luglio in poi sono aftershocks del terremoto del 20. Questo perché si trovano a NE dell'epicentro del 30 luglio ma nell'area investita il 20 luglio.
Quindi escludendo quella zona, dall'epicentro del 30 luglio l'area colpita dalle repliche veso SW è lunga circa 500 km, in linea con la Magnitudo registrata. 


IL TERREMOTO M 9.0 DEL 4 NOVEMBRE 1952. Volendo mettere i dati nel GIS, se per quelli attuali basta estrarli dall’Iris Earthquake Browser, invece quelli degli anni ‘50 si trovano nel database dei “Significant Earthquakes” di USGS. Purtroppo non esistono files geografici e allora inserirli è stato lungo e anche un po' noiosetto, perché mi è toccato riportarli tutti manualmente su dei files CSV…
I dati USGS dei “significant earthquakes” di quegli anni per quell'area partono da una Magnitudo minima di 6.3, quindi nulla ci dicono su eventi a Magnitudo inferiore, ma già questi terremoti sono talmente tanti da fornire un quadro chiaro del segmento interessato dalla sequenza. Come ho già evidenziato, l’epicentro è più o meno lo stesso. 
Nella carta, in aggiunta a quella precedente, sono segnate in arancione le repliche con M 6.3 e oltre fino al 31 dicembre dell’anno successivo. Si vede che il segmento interessato è lo stesso, con l’unica differenza che è un po' più lungo, il che è logico, vista la Magnitudo maggiore.

Il record sismico dell’USGS offre altre considerazioni:
  • il terremoto del 4 novembre 1952 non sembra essere stato anticipato come quello del 2025 da un importante foreschock (anche se, ricordiamoci, il registro dell’USGS che ho consultato potrebbe essere lacunoso, mancando di sismi a M inferiore a 6.3 e quindi potrebbe mancare qualcosa con Magnitudo inferiore). Nel catalogo USGS l’evento precedente al 4 novembre1952 è il M 6.8 del 22 giugno 1952 alle isole Curili, E questo porta ad un’altra cosiderazione interessante:
  • i pallini bianchi evidenziano una sequenza sismica iniziata giusto un anno prima, con il terremoto M 7.0 del 6 novembre 1951 alle isole Kurili. Ebbene, sembra proprio che la sismicità a seguito del megathrust del 1952 si concluda dove inizia l’area interessata dalla sequenza del 1951.
  • Inoltre, altra curiosità che penso abbia solo ed esclusivamente un valore statistico, è che tra il 26 e il 31 ottobre 1952, quindi nei giorni immediatamente precedenti al megathrust, l’area a largo della costa di Honshu è stata colpita da uno sciame sismico (sciame perché le Magnitudo sono paragonabili) con ben 6 eventi a M compresa fra 6.3 e 6.5 

QUANTO DURERANNO LE REPLICHE? Un terremoto con una Magnitudo del genere sarà ovviamente seguito da una coda lunga, dove eventi a M superiore a 6 saranno da cosiderare normali almeno per un anno e mezzo. 
Dato però che possiamo ritenere il terremoto del 1952 quasi un gemello di quello del 30 luglio, la figura a sinistra illustra l’andamento del rilascio della deformazione riportato in Bath e Benioff (1958) per i 1000 giorni successivi limitatamente agli eventi con M uguale o superiore a 6, dove ogni trattino verticale è un terremoto (in effetti il catalogo dei Significant Earthquakes riporta diversi eventi anche nel 1953 e 1954). 
Si vede come il rilascio sia stato abbastanza continuo per i primi 100 giorni, dopodiché è diminuito sensibilmente per i successivi 900.
Da ultimo notiamo che il segmento a N di quello interessato da questi terremoti fino all’intersezione con la fossa delle Aleutine negli ultimi decenni non ha prodotto terremoti con M superiore a 6.5 per una fascia lunga poco meno di 200 km. La domanda è se si tratta di un gap sismico o no, ma la lunghezza del segmento è decisamente minore e quindi la Magnitudo potenziale si colloca intorno a 7.5 secondo la tabella di Wells e Coppersmith (1994). 

SITI CONSULTATI 

Iris Earthquake Browser: https://ds.iris.edu/ieb/index.html

USGS – Significant Earthquake: https://earthquake.usgs.gov/earthquakes/browse/significant.php

BIBLIOGRAFIA CITATA

Bath e Benioff (1958). The aftershock sequence of the Kamchatka earthquake of November 4, 1952. Bulletin of the Seismological Society of America, 48, 1-15.

Wells e Coppersmith (1994). New Empirical Relationships among Magnitude, Rupture Length, Rupture Width, Rupture Area, and Surface Displacement. Bulletin of the Seismological Society of America, Vol. 84, No. 4, pp. 974-1002