sabato 14 ottobre 2023

il punto sulle eruzioni freatiche anche in rapporto ai Campi Flegrei


la nube piroclastica prodotta dall'eruzione dell'Ontake
nel 2014, ripresa da un escursionista
La maggior parte degli studi sulla pericolosità vulcanica si concentrano sulle eruzioni magmatiche e sui fenomeni che le accompagnano. Tuttavia, eventi vulcanici pericolosi possono verificarsi anche senza l’intervento diretto di magmi. In particolare le eruzioni freatiche, che in genere derivano da riscaldamento e vaporizzazione di fluidi estremamente rapidi. Quindi nelle eruzioni freatiche svolgono un ruolo chiave i processi idrotermali (cioè le interazioni tra acqua, rocce, calore e gas magmatici) che interessano dei fluidi comunemente situati a livelli poco profondi sotto un vulcano. Da notare inoltre che per descrivere il fenomeno i termini eruzione freatica ed esplosione freatica sono più o meno usati in alternanza fra loro come sinonimi.

Le eruzioni freatiche interessano solo un'area limitata circostante la zona di origine e pertanto a causa della debole energia coinvolta possono sfuggire a rilevamenti non particolarmente accurati.
L'aggettivo freatico viene dal greco "frear" (pozzo) e quindi si riferirebbe alla falda acquifera più superficiale. Preso alla lettera, il termine indicherebbe quindi un evento causato dalla violenta espansione del vapore generato nella falda freatica, senza il coinvolgimento di altro. Però i fluidi coinvolti nelle eruzioni freatiche possono anche provenire da:
  1. percolazione verso il basso di fluidi meteorici in rocce calde o in un condotto caldo che quindi si scaldano.
  2. migrazione verso l'alto di fluidi vulcanici, inclusi gas, fluidi supercritici e fusioni, in un sistema idrotermale o una falda acquifera poco profonda
Le crisi freatiche sono spesso di lunga durata, con numerosi eventi esplosivi.


schema della eruzione dell'Ontake
da Sano et al (2015) 
TERMINOLOGIA. Barberi et al (1992) hanno classificato i fenomeni esplosivi che coinvolgono fluidi e non magmi in:
  1. eruzione idromagmatica: l’interazione esplosiva tra magma e acque superficiali (mare, lago, ghiacciaio); a differenza degli altri casi, le conseguenze di questo tipo di eruzioni possono essere risentite in aree estremamente vaste, in particolare quando l’interazione avviene con un ghiacciaio (basta ricordare l’eruzione in Islanda dell’Eyiafjiallayokull che nel 2010 interruppe per giorni il traffico aereo)
  2. eruzione freatomagmatica: l'interazione esplosiva tra falde acquifere sotterranee, freatiche e non, geotermiche e non con il magma
  3. eruzione freatica: l’esplosione di una sacca confinata di vapore e gas senza coinvolgimento diretto di magma (tutti i materiali espulsi sono frammenti di rocce preesistenti).
A loro volta Styx e De Moor (2018) definiscono due tipi di eruzioni freatiche:
  1. freato-vulcaniana: un sistema idrotermale più profondo alimentato da gas magmatici è sigillato e produce una sovrappressione sufficiente a provocare eruzioni esplosive. Questo è il caso dei Campi Flegrei, dove la falda geotermica è sigillata, da una spessa coltre di materiali impermeabili sovrastanti; in situazioni del genere i fluidi caldi possono risalire solo attraverso delle fratture. In altri casi le esplosioni possono essere innescate da una sovrapressione dovuta a improvvisi crolli che sigillano i canali che portano in superficie i vapori.
  2. freato-surtseyana: i gas magmatici arrivano dal basso a un sistema idrotermale che si trova vicino alla superficie, vaporizzandone l'acqua liquida.
Le eruzioni del primo tipo tendono ad essere più energiche delle eruzioni del secondo e alcuni sistemi possono produrre eruzioni di entrambi i tipi.

PRODOTTI E PERICOLI. I prodotti delle eruzioni freatiche formano solitamente depositi di caduta (cenere, fango e blocchi) la cui distribuzione è limitata alle immediate vicinanze del cratere (poche centinaia di metri). In rari casi i blocchi possono essere lanciati a una distanza fino a 1-1,5 km e in un numero limitato di casi si segnalano piogge di cenere fino a 5-7 km di distanza. 
I maggiori pericoli connessi con eruzioni freatiche sono:
  1. lo scarico di nubi di gas tossici o paralizzanti, come a Larderello nel 1282 con un numero incerto di vittime, e come in due esempi molto recenti: Dieng in Indonesia (1979, 149 vittime) e Nyos in Camerun (1986, oltre 1700 vittime)
  2. i proiettili che ricadono sul terreno, come accadde sull’Etna (1979, 8 morti), sull’Ontake in Giappone (2014, oltre 50 vittime - ne ho parlato qui) e White Island (Nuova Zelanda, 2019 – almeno 22 vittime).
  3. su vulcani con versanti a forte pendenza circondati da tufi non consolidati, la produzione di importanti colate di fango
PRECURSORI. Le eruzioni freatiche sono eventi improvvisi, e in genere arrivano senza essere accompagnati da precursori chiari, come successe nel 2014 all’Ontake in Giappone (Caudron et al 2022). Quindi i processi fondamentali legati alle fasi preparatorie sono poco conosciuti. Una ulteriore complicazione è che di norma si verificano durante i cosiddetti periodi di “unrest” di un sistema vulcanico (traducibile come agitazione): periodi di elevata sismicità e elevato flusso di calore che talvolta sfociano in una eruzione, il che rende difficile capire quali siano effettivamente i loro precursori specifici, fra tutti i sintomi presenti in una fase in cui un vulcano dà segni di attività.
Barberi et al (1992) hanno raccolto informazioni in letteratura scientifica su un totale di 132 eruzioni freatiche, 115 delle quali non sono state seguite da un'eruzione magmatica o freatomagmatica. Si tratta di un quadro molto incompleto perché mancano i dati di molte regioni vulcaniche e dove presenti la quantità dei dati disponibili non è certo esauriente al confronto degli standard attuali. Questo soprattutto per la scarsità di dati sulla microsismicità.
Nel lavoro non vengono espressi giudizi, lasciando le considerazioni sui possibili precursori a chi aveva descritto i fenomeni. Per cui in quel database solo in 18 casi mancano i fenomeni precursori, ma dato che la maggior parte dei precursori sono sismici, sull’articolo c’è molto scetticismo al riguardo: viene ritenuta molto arbitraria la definizione di precursori attribuita ad uno o più terremoti avvenuti giorni o settimane prima dell'evento sismico, dato il quadro sintomatico generale di una fase di unrest vulcanico e solo in 24 casi il tremore vulcanico si è verificato pochi giorni prima dell'eruzione.
Le fumarole potrebbero dare dei risultati migliori: non è raro infatti che siano osservati degli aumenti di portata e/o temperatura, interpretati come sintomi di un aumento di temperatura e pressione nella falda acquifera sottostante.

PREVISIONE DELLE ERUZIONI FREATICHE. Da tutto questo si ricava che è generalmente difficile prevedere i tempi e la dimensione probabile delle eruzioni freatiche a causa della assenza o della debolezza dei loro precursori specifici che in caso esistano sono oltretutto altamente localizzati (Maeda et al. 2015). Per questo il monitoraggio avrà maggiori probabilità di rilevare dei cambiamenti prima delle esplosioni se gli strumenti sono posizionati più vicino al condotto rispetto a quelli usati per le eruzioni magmatiche.
Styx e De Moor (2018) non sono a conoscenza di eruzioni freatiche formalmente e accuratamente previste e quindi i possibili precursori sono studiati a posteriori. Quelli che sembrano più promettenti sono:
  1. eventi sismici di periodo molto lungo: noti in letteratura come VLP, sono segnali sismici con periodi che vanno da diversi a decine di secondi. Si verificano nei vulcani attivi durante periodi eruttivi o anche in fase di quiescenza, ma fino ad oggi non esiste una chiara relazione temporale tra eventi VLP ed eruzioni freatiche. C’è poi un segnale sismico particolare, un tremore a bande: un segnale sismico insolito caratterizzato da periodi di tremore intervallati da periodi di quiescenza. La durata sia del tremore che dei periodi di quiescenza sono talvolta costanti, producendo uno schema sorprendente su un sismogramma
  2. la composizione dei gas fumarolici, in particolare H2S/SO2 e CO2/SO2, ma soprattutto un aumento di pressione e temperatura delle fumarole.
Quanto alla deformazione del suolo, è notoriamente comune prima delle eruzioni magmatiche, ma in molte eruzioni freatiche manca un sollevamento precursore, specialmente in quelle derivate da riscaldamento di una falda superficiale.
A proposito dell’Ontake, Sano et al (2015) osservano che il rapporto 3He/4He della stazione più vicina al cono è aumentato significativamente da giugno 2003 a un paio di mesi dopo l’eruzione avvenuta nel novembre 2014, mentre quelli delle stazioni più distanti non hanno mostrato cambiamenti apprezzabili. Inoltre un catalogo dei terremoti costruito manualmente per la regione sotto la cima del Monte Ontake mostra un aumento dei terremoti tettonici vulcanici e di lungo periodo (magnitudo < 1,0) a partire da circa 2 settimane prima dell’eruzione (Kato et al 2015). 
Invece non sono stati riconosciuti neanche a posteriori dei precursori della eruzione freatica del Mayon del 7 maggio 2013 nelle Filippine,  dove è stato solamente osservato un evento sismico di lungo periodo, che ha accompagnato l'evento (Maeda et al 2015).
A Kawah Ijen (Indonesia), noto per le sue lave blu a causa delle reazioni con composti di zolfo e White Island (Nuova Zelanda) le eruzioni freatiche sono avviate da un evento sismico di lungo periodo (VLP) situato a profondità basse tra 700 e 900 metri sotto il cratere regione, possibilmente innescata dal gas intrappolato all'interno del magma (Caudron et al 2018). Ma chiaramente questi eventi si scatenano troppo a ridosso dell’esplosione per poter essere utili a scopo previsionale.
Un’altra difficoltà è rappresentata dal fatto che ogni eruzione freatica è storia a se, per le diverse condizioni geologiche, morfologiche ed anche climatiche. Fare considerazioni generali valide dappertutto è parecchio complesso.

CAMPI FLEGREI. E veniamo alla applicazione pratica di tutto ciò nei Campi Flegrei. In circostanze normali, cioè su vulcani relativamente lontani da centri abitati, il pericolo per cose e persone è basso, mentre nelle zone densamente popolate come i Campi Flegrei sia l’emissione di gas che la ricadute di proiettili possono costituire eventi altamente pericolosi e nella situazione attuale non è possibile escludere che avvenga un evento del genere. 
Purtroppo come abbiamo visto la previsione di una eruzione freatica è difficile e i segnali precursori sono sempre stati notati “a posteriori” o troppo a ridosso dell’evento, altrimenti ad esempio le esplosioni in strutture vulcaniche come White Island in Nuova Zelanda e Ontake in Giappone che hanno a disposizione monitoraggi di buon livello sarebbero avvenute ad area chiusa per il pericolo e pertanto non avrebbero provocato vittime. Comunque la rete di monitoraggi intorno a Pozzuoli è sicuramente molto più estesa che altrove e per questo motivo mantengo un cauto ottimismo in proposito, perché è realistico pensare che verranno rilevate sia eventuali variazioni di pressione e portata delle fumarole, che dei segnali sismici a bande. 
A questo punto, siccome la comunità scientifica ha riconosciuto la possibilità che anche l'area dei Campi Flegrei venga investita da un fenomeno di questo tipo, mi auguro l'implementazione da parte dalla Protezione civile un protocollo per la mitigazione del rischio se verranno captati i possibili segnali precursori dell'evento. Ovviamente si tratta di possibili precursori e non della certezza che avvenga qualcosa del genere, tantomeno potrebbe essere nota a priori la sua possibile entità; mi auguro pertanto anche che in caso di falsi allarmi non si levino proteste o prese in giro sia degli evacuati che di osservatori a centinaia di km di distanza. 

BIBILIOGRAFIA

Barberi et al (1992). A review on phreatic eruptions and their precursors. Journal of Volcanology and Geothermal Research, 52,231-246

Caudron et al (2018). Anatomy of phreatic eruptions. Earth, Planets and Space 70:168 

Caudron et al (2022). Hidden pressurized fluids prior to the 2014 phreatic eruption at Mt Ontake. Nature Communications, 13, 6145

Maeda et al (2015). A phreatic explosion model inferred from a very long period seismic event at Mayon Volcano, Philippines. J Geophys Res Solid Earth 120, 226–242.

Sano et al (2015). Ten-year helium anomaly prior to the 2014 Mt Ontake eruption. Scientific Reports, 5:13069

Stix e de Moor (2018). Understanding and forecasting phreatic eruptions driven by magmatic degassing. Earth, Planets and Space 70:83

Per chi volesse approfondire l’eruzione dell’Ontake del 2016 c’è uno special issue di Earth, Planet e Space, disponibile a questo indirizzo.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Grazie delle sue accurate e preziose informazioni.