Il vulcanismo nel sistema solare è in genere il risultato della effusione di lave basaltiche, derivate dalla fusione parziale del mantello dei pianeti di tipo terrestre e di alcuni satelliti. Così avviene anche sulla Terra tranne che lungo le zone di convergenza fra placche dove si costruisce nuova crosta continentale, soprattutto con magmi a composizione più silicea. Sulla Luna sono noti alcuni esempi di probabile vulcanismo siliceo ma grazie ad osservazioni alla frequenza delle microonde è stato osservato per la prima volta un corpo magmatico intrusivo di importanti dimensioni sotto la superficie del nostro satellite.
una eruzione lineare in Islanda contrassegnata da una serie di fontane di lava lungo tutta la sua estensione |
ROCCE VULCANICHE SULLA LUNA E IN ALTRI CORPI DEL SISTEMA SOLARE. Potrà sembrare strano ma prima degli anni '60 per la comunità scientifica i crateri lunari erano soprattutto il risultato dell'attività vulcanica: solo gli studi successivi con le varie missioni (automatiche e umane) hanno rivelato che questi crateri erano invece in prevalenza il prodotto di impatti di altri corpi celesti.
Ciononostante sulla superficie lunare è acclarata la presenza di rocce vulcaniche. Si tratta essenzialmente di basalti, magmi a basso contenuto di silice ed alto contenuto di ferro e magnesio: coprono almeno il 16% del nostro satellite. Si deve notale però che sulla Luna difficilmente si trovano, come invece accade su Venere e Marte, dei veri vulcani, perché queste lave per la maggior parte derivano da eruzioni lineari: i magmi fuoriescono da fratture lunghe anche parecchi km in tutta la loro lunghezza (un po' come l’eruzione del Laki del 1883 in Islanda).
Anche in altri corpi del Sistema Solare fra le rocce magmatiche si rileva una netta dominanza di basalti: provengono dalla fusione parziale del mantello sottostante e la composizione del magma arrivato in superficie è abbastanza simile a quella del fuso iniziale.
Sulla Terra la situazione è più o meno identica negli oceani e nelle rare manifestazioni vulcaniche in mezzo ai continenti, mentre nelle aree di scontro fra le placche la situazione può essere diversa, in quanto esistono vulcani caratterizzati da magmi molto più silicei (noti genericamente come graniti: qui i due termini sono considerati sinonimi anche se in realtà ci sono parecchie sfumature e distinzioni. Parecchio diffuse ad esempio sono le granodioriti). In particolare in queste aree si possono formare i batoliti, estesi corpi intrusivi di rocce magmatiche silicee che alimentano le catene vulcaniche di arco magmatico: esempi attuali sono le Ande o la Catene delle Cascate e ci sono diversi batoliti fossili in molte catene montuose più vecchie, uno per tutti il batolite del Kohistan - Gangdese nell’Himalaya.
Sulla Luna la presenza di vulcani distinti come normalmente vediamo sulla Terra, e formati da lave con maggiore tenore di silicio è scarsa. Seddio et al (2015) hanno trovato 4 frammenti di roccia ad alto contenuto di silice nei campioni del regolite lunare riportati a terra dalla missione Apollo 12, attribuibili a colate laviche di composizione simile al granito, indicandone come fonte i duomi Gruithuisen, un insieme di tre alte montagne la cui morfologia (pendii ripidi, fino a 18–20°) e le loro specifiche caratteristiche di telerilevamento sono significativamente diverse e particolari rispetto alla generale morfologia lunare, suggerendone una formazione da eruzioni di lava altamente viscosa e quindi a chimismo siliceo (Ivanov et al 2016).
ORIGINE DEI MAGMI GRANITICI. La produzione di magmi più silicei richiede processi più complessi rispetto a quelli che nel Sistema Solare hanno prodotto magmi basaltici:
- la rifusione parziale di rocce a composizione basaltica (spannometricamente si può dire che più parziale è la fusione, maggiore sarà il contenuto in silice)
- il frazionamento cristallino dei liquidi basaltici durante la loro ascesa, con la parte ferrosa più pesante che rimane all’interno della crosta e quella silicea più leggera che se ne va in su
- un basso grado di fusione parziale del mantello
Questi processi (che ovviamente possono anche coesistere fra loro) determinano nei magmi più silicei anche una maggior concentrazione rispetto ai magmi basaltici dei cosiddetti “elementi incompatibili” (elementi che trovano male posto nei reticoli cristallini e quindi sono i primi a fuggire in caso di inizio di fusione) come diversi isotopi / elementi radioattivi come potassio-40, torio e uranio. E difatti i rari clasti granitici trovati nei campioni lunari contengono un'alta concentrazione di elementi radioattivi.
carta da Siegler et al (2023) con le anomalie termiche in cui si nota la vistosa anomalia che si trova sotto il Compton - Belkovich |
UN VULCANO LUNARE PARTICOLARE NELLA FORMA E NELLE EMISSIONI TERMICHE. Sulla faccia nascosta della Luna si trova il Compton–Belkovich, un vulcano dalla struttura simile a quella di una caldera terrestre.
Siegler et al (2023) hanno studiato la superficie lunare con nuovo strumento che lavora alle lunghezze d'onda delle microonde, montato sui satelliti cinesi Chang'E 1 e 2, che da diversi anni orbitano intorno alla Luna. Questo strumento é nato per rilevare anomali aumenti di temperatura dovuti ad una importante concentrazione di elementi radiogenici, legati come detto in precedenza, alla presenza di magmi più silicei. I dati hanno rilevato una sorgente anomala di microonde sotto il Compton-Belkovich, misurando un flusso di calore dall’interno della Luna di circa 180 mW m−2, un valore circa 20 volte quello di fondo che caratterizza gli altopiani lunari e oltre 8 volte quello misurato nel sito dell'Apollo 15. Questa scoperta implica la presenza sotto il vulcano di una fonte di calore estesa per un diametro di circa 50 km. L’uso delle microonde, in grado di mappare le temperature al di sotto della superficie della Luna è stato determinate: lavorando come è stato fatto finora con la radiazione infrarossa invece non sarebbe stato possibile distinguere un calore più superficiale da uno più profondo.
sezione E-W della anomalia termica (da Siegler et al 2023) |
DA COSA PROVIENE QUESTO CALORE? Per datare le strutture lunari si osserva la presenza di crateri da impatto e inbase alla craterizzazione è stato determinato che l'ultima eruzione nota di questo vulcano sia avvenuta circa 3,5 miliardi di anni fa (Shirley et al, 2016). Pertanto è assolutamente improbabile che il calore rilevato dai rilievi delle sonde Chang'E sia un sintomo della presenza sotto al vulcano di lava fusa. È quindi più plausibile che questo calore derivi dagli elementi radioattivi presenti all'interno di una roccia ormai solidificata e solo la presenza di un corpo granitico al di sotto del complesso vulcanico ne conterrebbe una quantità sufficiente per fornire questa anomalia nella temperatura.
Il quadro più logico che deriva da queste osservazioni suggerisce quindi la presenza di una antica camera magmatica a composizione granitica molto grande che alimentava il vulcano e rappresenta il vulcanismo lunare più simile a quellosiliceo terrestre mai trovato sulla Luna fino ad oggi. Si tratta di un vulcanismo parecchio anomalo per il nostro satellite e in generale, a parte la Terra, per i corpi del sistema solare. Forse è un pò piccolo per essere considerato un batolite ma le sue dimensioni sono piuttosto importanti anche in riferimento ad analoghi esempi di camere magmatiche sotto vulcani terrestri.
BIBLIOGRAFIA CITATA
Ivanov et al (2016). The lunar Gruithuisen silicic extrusive domes: Topographic configuration, morphology, ages, and internal structure. Icarus 273, 262-283
Seddio et al (2015). A. Silica polymorphs in lunar granite: implications for granite petrogenesis on the Moon. Am. Mineral. 100, 1533–1543 (2015).
Shirley et al (2016). Crater size– frequency distribution measurements at the Compton–Belkovich Volcanic Complex. Icarus 273, 214–223 (2016).
Siegler et al (2023). Remote Detection of a Lunar Granitic Batholith at Compton-Belkovich Nature
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