giovedì 30 settembre 2021

l'eruzione del Cumbre Vieja: quadro tettonico e vulcanologico e perchè la cosiddetta "nube tossica" è una favola


Mentre l’eruzione in Islanda continua imperterrita modificando pesantemente il paesaggio al suo intorno ma è abbastanza ignorata dai media europei, l’eruzione del Cumbre Vieja alle Canarie godo di ampia copertura a causa della sua spettacolarità e dei seri danni che sta provocando. Ovviamente non manca una componente emozionale a proposito del rischio tsunami che potrebbe essere generato da una frana lungo l’acclive margine del vulcano, per non parlare della questione "nube tossica". A causa della complessità del tema ho in programma di scrivere due post, il primo – questo – su un inquadramento geologico e vulcanologico dei magmi delle Azzorre e spero di avere il tempo di scrivere anche un post specifico sul rischio – frane. Perchè occorrerebbe mettere un attimo in ordine le cose e dare una informazione corretta in materia. Come occorre accennare alla questione dei rischi provocati della “nube tossica”, sia pure brevemente perché la cosa non meriterebbe che un commento marginale: no, per questa eruzione non pioverà acido solforico da cielo, tantomeno l’aria diventerà irrespirabile, almeno a distanza. 

il moto parallelo del vulcanismo di Madeira e delle Canarie,
modificato da 
Geldmacher et al 2005
Le Isole Canarie formano insieme alle Isole Selvagen e alle montagne sottomarine a NE (Lars, Anika e Dacia), una dorsale di origine vulcanica lunga 800 km e larga 450 km la cui età decresce da NE (∼68 Ma, Lars Seamount) a SW; per questo viene interpretato come la traccia di un punto caldo sottostante nel mantello, come la parallela dorsale di Madeira rappresenta la traccia di un altra e vicina risalita di materiale dal mantello.
Il basamento su cui si è formata la traccia degli hotspot è la crosta oceanica giurassica messasi in posto all’epoca dell'apertura dell'Oceano Atlantico centrale, 180-200 milioni di anni fa, mentre la zona di transizione oceano-continente sembra essere situata ad est delle Isole Canarie sulla base di studi sugli xenoliti del mantello litosferico (Neumann et al., 2004). Il movimento della placca sopra il punto caldo è lento (<2 cm/anno) e di conseguenza, rispetto ad esempio ai vulcani hawaiani l’attività tende ad essere più longeve nella singola isola; inoltre alle Canarie – sempre rispetto alle Hawaii – la rigidità maggiore della crosta oceanica sottostante limita la velocità di subsidenza e quindi queste isole rimangono emerse molto più a lungo rispetto all’analogo pacifico. Altra differenza è che sono contemporaneamente attivi vulcani in isole diverse e lontane fra loro.

i magmi della provincia magmatica circum-mediterranea – da Lustrino (2010)
QUADRO VULCANO-TETTONICO. Il magmatismo delle Canarie rappresenta il vertice sudoccidentale della vasta regione interessata da un magmatismo anorogenico proveniente dal mantello, inquadrato nella provincia della CiMACI (Circum-Mediterranean Anorogenic Cenozoic Igneous) (Lustrino 2010), centrato sul Mediterraneo e diffuso fra Europa, Anatolia Africa sahariana e la parte dell’oceano Atlantico antistante. Questo vulcanismo è legato alla presenza di TUZO, una fascia di risalita dal mantello che nel mesozoico ha provocato la frammentazione del Gondwana intorno all’Africa (Torsvik et al, 2006) e dovrebbe essere, dopo la parentesi dell’apertura e della chiusura della Tetide e quindi dell’orogenesi alpina, la continuazione di quel magmatismo che ha interessato la stessa area nel Permiano, provocando per esempio la formazione del batolite sardo – corso e silano, nelle Alpi dei massicci cristallini alpini come il Monte Bianco e altre vulcaniti sparse nel versante meridionale della catenai e soprattutto – al limite Carbonifero / Permiano – dei magmi della Large Igneous Province dello Skagerrak (ricordo che dal punto di vista paleogeografico tutta l’attuale Europa era all’epoca a latitudine inferiore). Per chi volesse approfondire, su TUZO e i magmi permiani ho scritto 3 post nel 2015: 
Annoto che rispetto alla (peraltro magistrale) sintesi di Lustrino non sono d’accordo solo sull’Etna, che considero invece, analogamente ad altri Autori, strettamente legato al margine della subduzione della crosta oceanica dello Ionio sotto il Tirreno e quindi tutt’altro che anorogenico (Farolfi, Piombino e Catani 2019).

la formazione di una catena di isole vulcaniche
dovute al passaggio della crosta ocenica
sopra un punto caldo del mantello
I MAGMI DELLE CANARIE E LA LORO ORIGINE. L'attività magmatica alle Canarie è dominata dalle lave basaltiche; sono presenti anche in minore quantità sia composizioni più differenziate che, all'opposto, rocce ultrabasiche. Da un punto di vista petrologico ci sono delle tholeiiti (nelle isole orientali come Lanzarote), ma soprattutto i prodotti constano di basalti alcalini e dei loro differenziati. Da notare che, per esempio a Fuerteventura, il più antico complesso vulcanico è intruso da filoni a basso contenuto di silice: sieniti, nefeliniti e addirittura carbonatiti. 
Abbiamo visto che il magmatismo delle Canarie deriva da un punto caldo, un pennacchio dove la risalita di materiale del mantello peridotitico ne provoca la fusione parziale a causa della decompressione e dalla temperatura più alta del normale. Tuttavia, il tasso di produzione di magma è inferiore rispetto alla media degli hotspot di questo tipo. 

In particolare non sembra che ci siano serbatoi magmatici poco profondi di lunga durata. A La Palma le analisi mineralogiche e geochimiche evidenziano questo processo di messa in posto delle lave (Thiele et al, 2020):
  1. i magmi si accumulano e cristallizzano parzialmente all'interno di serbatoi profondi e longevi nel mantello superiore a profondità compresa fra 20 e 30 km
  2. successivamente si portano per un periodo di tempo molto più breve (settimane o mesi) nel mantello superiore o nella crosta inferiore a 10–15 km di profondità
  3. infine migrano verso l'alto lungo fratture che si propagano velocemente per eruttare  
Per Gurenko et al (2011), altre analisi geochimiche e mineralogiche di altro tipo hanno evidenziato che nel mantello che fra le componenti del mantello che origina i magmi di Madeira c’è anche una una crosta subdotta nel mantello più giovane di 1 miliardo di anni, mentre alle Canarie ci sono anche una crosta subdotta ancora più vecchia e un contributo proveniente dalla litosfera subcontinentale africana. 
Immagino che i resti della crosta più giovane contenuti nei magmi di Madeira provengano da quella che è andata in subduzione durante l’orogenesi Varisica, durante lo scontro fra Euramerica e Gondwana, uno dei contributi fondamentali per la formazione della Pangea. Infatti nell’episodio importante precedente, la formazione del supercontinente di Rodinia, la collisione fra Amazonia e Baltica è avvenuta in un’area che, in termini geografici attuali, è posta più a nord di questa (Cawood et al 2016).

L'ISOLA DI LA PALMA. La Palma, lunga circa 50 km è una delle isole più giovani dell'arcipelago delle Canarie e quella più a nord-ovest. Le serie vulcaniche si sono messe in posto in successione sopra un basamento costituito dai resti di una montagna basaltica sottomarina del Pliocene (~ 4–2 Ma – direi i resti di un un grande vulcano a scudo) che affiorano ancora nel'area della caldera del Taburiente (o, meglio sono riaffiorati a causa dell'evento calderico). I vulcani constano in una successione di edifici sub-aerei: da nord a sud Garafia (~ 2-1,2 Ma), sul quale si è parzialmente impostato il Taburiente (1,2–0,56 Ma), Bejenado (0,56–0,49 Ma), e quello attule, il Cumbre Vieja (0,56 Ma ad oggi), uno dei più attivi delle Canarie. Si nota quindi una propagazione verso sud del vulcanismo, in armonia con uno scorrimento della placca sottostante verso nord.
Il vulcano attuale, di forma allungata orientata N-S, risale a circa 125.000 anni. Le eruzioni degli ultimi 7.000 anni hanno formato una ampia serie di coni di cenere e crateri lungo l'asse. Le colate laviche sono invece alimentate da fenditure e scendono rapidamente verso il mare approfittando della forte pendenza, come è successo nel 1585, 1646, 1712, 1949 e 1971.
Ciascuno di questi edifici vulcanici è separato da quello che lo circonda da discordanze molto importanti, generalmente legate a eventi di crollo di grandi edifici. Ad esempio il Garafia dovrebbe essere crollato a sud-ovest a ~ 1,2 Ma, formando una grande depressione che è stata rapidamente riempita dal Volcán Taburiente, lungo il quale il vulcanismo è migrato verso sud, estendendo il fianco meridionale dell'edificio e formando una cresta allungata, orientata a N-S. Questa cresta collassò verso ovest poco più di 500.000 anni fa, dopo di che inizio la formazione del Bejenado. In seguito, continuando come si è visto a migrare verso sud il vulcanismo, ha iniziato a formare il Cumbre Vieja. 
L'isola di La Palma è ancora in una fase di costruzione degli scudi, ed è stato ipotizzato che il lato occidentale dell'isola si trovi su una preesistente zona di debolezza che può nucleare rotture. Ma di questo parlerò in un secondo post.

La questione frane e tsunami merita appunto un post che mi impegno a scrivere nonostante il periodo incasinatissimo. Ma ceneri e presunta nube tossica meritano un accenno veloce, visto quello che si legge in giro.

esempio di carta della distribuzione delle emissioni di SO2 in Islanda
CENERI E – SOPRATTUTTO – NUBE TOSSICA. Le ceneri dell’eruzione stanno provocando la – non certo inaspettata – chiusura intermittente dell’aeroporto di La Palma. Quanto alla nube di acido solforico che sta provocando più titoloni che altro, occorre precisare alcune cose. Innanzitutto l’unica nube del genere che ha fatto dei danni (e parecchio grossi…) è quella generata dall’eruzione del Laki in Islanda nel 1783: la descrisse Benjamin Franklin, che era a Parigi in missione diplomatica. Ma lì si è trattato di 12 km cubi di lave in due mesi, un quantitativo devastante. Già qualcuno (e non in Islanda, particolare significativo) ha tentato di fare delle correlazioni tra quella eruzione e quella del Bardarbunga del 2014; ho descritto in questo post la micidiale eruzione del 1783 e il perché quella del 2014 non avrebbe provocato nulla (solo in aree estremamente limitrofe alla colata lavica c’era una concentrazione discreta di gas). 

L’eruzione attuale in Islanda nella penisola di Reykjanes ha dato e sta dando qualche problemino in più perché rispetto a quella del Bardarbunga in questa eruzione si mettono in posto magmi più primitivi, cioè magmi che non sono rimasti a lungo in una camera magmatica: durante la residenza dei magmi in un serbatoio a bassa profondità, i gas tendono ad uscire dal fuso e a risalire. Quindi le lave che eruttano successivamente ad una permanenza a bassa profondità in un serbatoio hanno un tenore di gas minore rispetto a quelle che risalgono senza fermarsi o quasi, come succede ora in Islanda dove proprio per la risalita rapida da grande profondità del magma i gas sono molto maggiori e il servizio meteo islandese aggiorna in tempo reale la situazione. Ma nessuno, con quantitativi di magma e di gas maggiori che a La Palma invoca la fine di Reykjavik, posta a poche decine di km da Fagradalsfjall.

Carta del tenore atmosferico di SO2 di Copernicus. L'unità di misura
è diversa  (e meno "immediata") che in Islanda
Per quanto riguarda l’eruzione di La Palma la “nube” esiste. O, meglio, in aria c’è una certa concentrazione di SO2 atmosferico. Ed è ovvio dato il tipo di magma che le emissioni di gas (principalmente H2O, CO2 e SO2) siano abbondanti. Non ho dati reali sulle emissioni, e quindi il quadro dal vulcano in questo momento che posos fare è qualitativo e non quantitativo, ma la concentrazione massima di SO2 sull’Europa è di circa 0,1 grammi al metro cubo. Insomma… niente di particolare. Per fare dei danni con i gas vulcanici a distanza dal centro eruttivo occorrono quantitativi ben maggiori, cioè ci vuole una eruzione tipo quella islandese del 1783…. e questo si può notare dal raffronto delle scale della carta islandese e di quella dell'ESA, dove purtroppo la concentrazione è segnalata con due unità di misura e due scale completamente differenti: in Islanda il colore "verde" va da 0 a 350 microgrammi al metro cubo. Quella del CAMS - Copernicus è abbastanza astrusa dal punto di vista divulgativo (il numero di molecole di SO2 contenute in una colonna atmosferica), ma traducendo in microgrammi al mero cubo la concentrazione indicata dall'ESA si vede che il massimo (900 molecole per metro cubo), dovrebbe corrispondere ben meno di 100 microgrammi al metro cubo e quindi con la legenda islandese tutta l'Europa sarebbe in "verde" (salvo abbia commesso una bestialità più che aver eseguito un calcolo).
Se in Islanda nessuno si preoccupa un gran chè per i gas dell'eruzone in corso al  Fagradalsfjall, perchè preoccuparsi in Italia per un quantitativo così basso proveniente dalle Canarie? Dopodichè: tutti questi allarmi sono dati da vari media. Avete visto un esponente del mondo scientifico ad inviarli?
Sono stufo di sentire queste sciocchezze....

PS: Se comunque a migliaia di km dalle colate non ci sono problemi, ma neanche a qualche decina, è probabilmente non troppo igienico portarsi vicino alle colate, specialmente nella zona in cui queste raggiungono il mare, perchè tra la lava calda e l'acqua marina potrebbero innescarsi delle reazioni che portano alla formazione di gas "non simpatici" (ricordo che in mare circa il 3% del peso è formato da ioni disciolti). Comunque, appunto, allontanandosi dalla colata il rischio decade velocemente... 

Barker et al 2015 The magma plumbing system for the 1971 Teneguía eruption on La Palma, Canary Islands Contrib Mineral Petrol (2015) 170:54 DOI 10.1007/s00410-015-1207-7

Cawood et al 2016 Linking collisional and accretionary orogens during Rodinia assembly and breakup: Implications for models of supercontinent cycles Earth and Planetary Science Letters 449 (2016) 118–126 

Farolfi, Piombino e Catani 2019 Fusion of GNSS and Satellite Radar Interferometry: Determination of 3D Fine-Scale Map of Present-Day Surface Displacements in Italy as Expressions of Geodynamic Processes Remote Sens. 11, 394; doi:10.3390/rs11040394

Geldmacher et al 2005 New 40Ar/39Ar age and geochemical data from seamounts in the Canary and Madeira volcanic provinces: Support for the mantle plume hypothesis Earth and Planetary Science Letters 237/1–2 85-101

Gurenko et al 2013 A composite, isotopically-depleted peridotite and enriched pyroxenite source for Madeira magmas: Insights from olivine Lithos 170-171, 224–238

Lustrino (2010) What ‘anorogenic’ igneous rocks can tell us about the chemical composition of the upper mantle: case studies from the circum-Mediterranean area. Geol. Mag. 148(2), 304–316.

Neumann et al, 2005. N-MORB crust beneath Fuerteventura in the easternmost part of the Canary Islands: evidence from gabbroic xenoliths. Contributions to Mineralogy and Petrology 150, 156–173

Thiele et al 2020 Dyke apertures record stress accumulation during sustained volcanism. Scientific reports  10:17335

Torsvik et al. 2006 Large igneous provinces generated from the margins of the large low-velocity provinces in the deep mantle Geophys. J. Int. 167, 1447–1460


 

3 commenti:

Unknown ha detto...

Articolo sicuramente tecnico ma molto interessante e rassicurante.
Grazie!

Anonimo ha detto...

Grazie Aldo, ottimo articolo. Attendo la seconda parte.
Andrea Mozzetti

zoomx ha detto...

Adesso anche Vulcano sta dando dei segnali, abbiamo dei VLP, un aumento di temperatura delle fumarole associato anche ad un cambiamento della composizione con aumento della parte di CO2. Piccole deformazioni rilevate dalla rete GPS.
https://ingvvulcani.com/2021/10/01/cosa-succede-a-vulcano/
La Protezione Civile ha cambiato il lovello di allerta da verde a giallo.