venerdì 9 gennaio 2015

L'impossibile raffronto fra l'eruzione attuale del Bardarbunga e la gigantesca eruzione del Laki del 1783


L'eruzione in Islanda del Bardarbunga, che proprio in questi giorni forse si stia concludendo (ma non è detto), ha scatenato la fantasia (se non peggio) di gente che l'ha paragonata a quella del Laki del 1783. Ora, siamo d'accordo che i quantitativi di materiali sono ingenti, ma un confronti fra le conseguenze possibili di questa eruzione e quella del XVIII secolo sono semplicemente improponibili, tale è la differenza nelle dimensioni di questi due eventi. Scrivo questo post nella speranza che nessuno spari più scemenze come quelle che ho letto anche su siti seri.... L'eruzione del Laki provocò enormi danni in Islanda e decimò raccolti, animali e uomini; ma è stata importante anche a livello mondiale: le difficoltà patite dall'agricoltura a causa delle influenze sul clima degli anni successivi sono fra gli eventi che hanno portato alla rivoluzione francese. L'eruzione del Bardarbunga per adesso ha avuto come massima conseguenza, il divieto ad uscire di casa a persone con difficoltà respiratorie non in tutta Europa come nel 1783, ma solo in villaggi distanti poche decine di km dalla zona delle colate.



In molti articoli si leggono dei paragoni piuttosto fuorvianti tra l'eruzione del Bardarbunga in corso in questi mesi e quella del Laki del 1783.
Riassumiamo quello che è successo e sta succedendo in Islanda.

L'ERUZIONE ATTUALE DEL BARDARBUNGA

Sabato 16 agosto è iniziata una forte attività sismica a qualche km di profondità sotto questo vulcano, nascosto dal Vatnajokull, il più grande ghiacciaio europeo, sismicità che testimoniava la risalita di magmi dal profondo del mantello. Dopo qualche giorno la sismicità ha iniziato a spostarsi verso NE perché il magma si è aperto la strada nella crosta, incuneandosi lungo una frattura sotterranea per quasi 40 km nel sistema di fratture detto Trollagigar, che collega il Bardarbunga all'Askja, un altro vulcano della zona. Lo spessore di questo canale che il magma ha formato è inferiore al mezzo metro. 
Quando il magma è arrivato lungo il sistema dell'Askia evidentemente ha trovato la strada bloccata ed è arrivato in superficie il 9 settembre, formando una eruzione lineare che dura ancora oggi (e non si sa quanto durerà ancora: giorni? mesi? Anni?). In questi giorni l'attività sta rallentando ma non è detto che si tratti della conclusione dell'eruzione, potrebbe essere solo una momentanea attenuazione. Per adesso è stato emesso oltre 1 km³ di magma e le lave coprono un'area di 83,11 km²

Un altro effetto di questa eruzione è la continua subsidenza della caldera dell'apparato centrale del vulcano, arrivata ad una trentina di metri, accompagnata da una sismicità continua: si registrano giornalmente terremoti che raggiungono magnitudo piuttosto elevate (a stasera 48 eventi con M uguale o superiore a 5 dall'inizio dell'attività, che è stato contrassegnato dai due sismi più forti, 5.7 il 26 agosto e 5.6 il 27). 
Quindi c'è il timore che alla fine la caldera collassi. Francamente era una ipotesi che se in estate trovavo poco veritiera, oggi mi pare più realistica di 4 mesi fa, anche se difficilmente avremo un collasso totale: il rischio maggiore è che lo svuotamento di una camera magmatica possa far crollare la zona  soprastante, con un collasso parziale.

L'ERUZIONE DEL LAKI DEL 1783 E IL CONFRONTO CON IL PRESENTE

Di eruzioni lineari l'Islanda ne ha viste parecchie, lungo fratture che si dipartono dagli apparati centrali dei vulcani. Una l'ha prodotta proprio il Bandarbunga, 8000 anni fa, ed è stata quella che ha prodotto la maggiore quantità di magma in una eruzione singola dell'Olocene: 21 km cubi.
Le lave di quell'evento coprono quasi 1000 km quadrati in direzione SSW, lungo un altro sistema di fratture che si diparte dal Bandarbunga, il Thjorsarhraun.

E ora veniamo a quell'evento lineare molto importante in Islanda del 1783/84 evocato in questi giorni, l'eruzione del Laki, che ho studiato a fondo per un lavoro che dovrebbe uscire fra un po' di tempo. Vorrei quindi farvi alcuni confronti fra queste due eruzioni, per dimostrare che chi sparge notizie catastrofiche su quanto sta avvenendo oggi o di vulcani capisce ben poco o, peggio, è in malafede (mi riferisco in particolare ai vari siti complottisti e bufalai), in quanto i volumi non sono minimamente paragonabili

1. dopo 2 mesi nel 1783 si erano già messi in posto 12 km3 di basalti contro il circa 1 km3 di basalti di oggi (all'epoca l'attività fu molto intensa per i primi 4 mesi, gli altri 4 hanno contribuito ben poco alla somma dei prodotti emessi dall'eruzione)

2. alla media attuale per immettere in atmosfera i quantitativi emessi dal Laki IN 4 MESI ci vorrebbero quasi 10 anni di attività del Bardarbunga: il Laki emise infatti oltre 122 milioni di tonnellate di SO2, raffreddando il clima per gli anni successivi; il Bardarbunga ha emesso un milione scarso di tonnellate di SO2 rispetto a oggi... Un quantitativo impercettibile rispetto al caso precedente...

3. anche se non fu una eruzione esplosiva, il rilascio di gas provocò nel 1783 fontane di lava alte parecchie centinaia di metri e una colonna di materiali alta 13 km e quindi l'SO2 è andato direttamente nella stratosfera; i gas emessi dal Bardarbunga non hanno avuto questa capacità e poca, pochissima SO2 è andata nella stratosfera

4. Il biossido di Zolfo nella stratosfera provoca un raffreddamento globale, ma nella bassa atmosfera è un gas – serra. Quindi se effetto ci sarà, sarà esattamente l'opposto di un raffreddamento

5. a dimostrazione della differenza nelle dimensioni, nel 1783 la nube sulfurea portò problemi respiratori in tutta l'Europa centrale e settentrionale dopo appena 10 giorni dall'inizio dell'attività. Oggi abbiamo solo qualche villaggio ai cui abitanti è stato sconsigliato uscire di casa...

Per cui qualsiasi ipotesi che disegna per i prossimi anni scenari simili a quelli provocati dal Laki risulta assolutamente fuori luogo.

LA NUBE TOSSICA DEL 1783 E LA VELOCITÀ DELLE INFORMAZIONI IN PROPOSITO

E ora parliamo della nube tossica, descritta stupendamente da Benjamin Franklin, all'epoca a Parigi in missione diplomatica per conto del governo degli USA: durante alcuni dei mesi estivi dell'anno 1783 quando il riscaldamento provocato dagli effetti dei raggi solari avrebbe dovuto maggiormente riscaldare queste regioni, c'era invece su tutta l'Europa e gran parte del Nordamerica una nebbia costante. Questa nebbia era permanente, secca e sembrava che i raggi del Sole fossero impotenti a dissiparla. Ma non solo, i raggi solari passati nella apposita lente, non erano neanche in grado di bruciare un foglio di carta. 
Aggiunse inoltre di provare un continuo bruciore agli occhi. 
Il 1783 è stato anche l'anno a massima mortalità in Inghilterra, Francia e Olanda tra il 1700 e il 1800, fra il 10 e il 30% al di sopra delle medie mensili dell'epoca; colpisce soprattutto l'elevato numero di decessi in estate, stagione normalmente caratterizzata da un tasso di mortalità minore.

Le numerose testimonianze scritte di vari osservatori su questo fenomeno consentono di ricavare con buona precisione la circolazione atmosferica di quei mesi e i tempi di arrivo della “nebbia secca” in varie località europee  (1): la foschia sulfurea arrivò prima in Francia ed in Italia che in Inghilterra: l'inizio dell'attività è dell'8 giugno; tra il 14 e il 18 raggiunse Francia, Italia, Germania e aree limitrofe e solo dopo il 20 l'Inghilterra. Da notare che se a Oslo arrivò il 21, un giorno prima di Londra, la costa norvegese del Mare del Nord, a 200 km di distanza, era stata già colpita il 10 del mese. È evidente dalle date la forma e l'andamento dell'anticiclone che in quel mese ha insistito sull'Europa. 

Il primo ad attribuirla ad un vulcano islandese (anche se, ovviamente, non poteva essere noto di quale vulcano si trattasse) sembra essere stato un naturalista francese, Mourgue de Montredon, che espose le sue conclusioni all'Accademia Reale di Montpellier, parlando di  “un fenomeno raro, che ha colpito l'ammirazione dell'osservatore istruito e la sorpresa e il terrore nel volgo, sempre pronto a spaventarsi per dei fenomeni atmosferici che non sono familiari: una nebbia oscurò il cielo dal 17 giugno al 22 luglio suscitando i timori che immaginiamo per il raccolto. Questi vapori erano molto bassi”. Montredon annotò anche che c'era puzza di zolfo e informò che a Copenaghen seccò l'erba dei prati ed erano cadute la maggior parte delle foglie degli alberi.  

È estremamente interessante notare come le notizie su questo fenomeno, che ne dimostrano l'eccezionalità e l'importanza, si siano diffuse con estrema rapidità per quei tempi in cui non c'era neanche il telegrafo: il rapporto di Montredon è del 7 agosto 1783: erano passati appena due mesi dall'inizio dell'attività e le notizie erano anche pouttosto precise. 

(1)Thordarson et al (2003). The Laki and Grimsvotn eruptions in 1783 - 1785: a review and a re-assessment J. Geophys. Res. - Atmos. 108 (33 - 54).






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