giovedì 23 novembre 2017

I "nuovi" vulcani scoperti nel Tirreno, le conseguenze scientifiche della scoperta e riflessioni sui media



C’è stato molto clamore intorno alla "scoperta" di una serie di vulcani nel Tirreno e, ovviamente, a questo si è affiancato il solito terrorismo mediatico. Premettendo che come ho già scritto nel passato i lati del Tirreno pullulano di vulcani, ho virgolettato "scoperta" perché in realtà i ricercatori sono andati dove era giusto andare a cercare: se era accertato che il Palinuro e il Glabro fossero dei vulcani, c’era bisogno di definire meglio la geologia dell’area e in particolare definire con maggiore  le altre alture di quella catena, che erano sicuramente altri vulcani. Quindi le novità di questo lavoro sono essenzialmente tre: l’aver definito con esattezza quanti vulcani ci sono nella catena del Palinuro, averli sommariamente descritti tutti e aver fornito una ipotesi piuttosto fondata sul perché di questa attività vulcanica, con una ricaduta delle riflessioni molto valida a livello mondiale. Quanto alla possibilità che il Palinuro sia ancora attivo, come paventato da molti, non mi pare possano esserci, allo stato attuale, certezze in materia. Anzi, mi pare proprio il contrario.


L'arretramento verso SE del piano di subduzione sotto il Tirreno, da [10*
I LIMITI DELLE SUBDUZIONI E LE CONSEGUENZE DEL LORO ARRETRAMENTO. Gli slab sono le parti di crosta terrestre che nelle zone di scontro fra placche rappresentano la crosta della placca "perdente", che va in subduzione, cioè che scende nel mantello. La subduzione non è per sempre, né nel tempo (ad un certo punto inizia, ma prima o poi finisce di esistere o perché l’oceano interposto fra due continenti si chiude o perché cambiano le condizioni geodinamiche) e neanche nello spazio (non esiste una linea continua di subduzioni: prima o poi si arriva al suo lato estremo, dove finisce).
Inoltre durante il suo ciclo di vita la posizione sulla superficie terrestre rispetto al mantello della linea dove la placca inizia la sua discesa varia, normalmente in direzione opposta a quella verso la quale scende. L’arretramento della linea di subduzione, noto come rollback, comporta nella zona interessata dal fenomeno una diminuzione della pressione nella crosta e nel mantello superiore e quindi una risalita del mantello sottostante; la decompressione innesca la formazione e la risalita di magmi e la formazione di un bacino marginale dietro l’arco magmatico. Questo succede soprattutto quando il piano di subduzione è rivolto verso ovest, come lungo la costa pacifica dell’Asia e nel Mare Tirreno, che è nato a causa dell’arretramento dell’arco Calabro – Peloritano.
Una subduzione dal punto di vista spaziale finisce lungo un cosiddetto STEP, Subduction-Transform Edge Propagator (distanziatore del lato della subduzione).
Gli STEP sono sede di vulcanismo a causa delle interazioni fra il margine del piano di subduzione e il mantello circostante, specialmente in caso di roll-back. 


Nella carta dell'Iris Earthquake Browser si vede il progressivo aumento
di profondità dei terremoti che dimostra la presenza dello slab in subduzione
STEP E ROLL-BACK NEL TIRRENO. Una situazione del genere è caratteristica del Tirreno, dove lo slab in subduzione sotto l’arco calabro - peloritano, oltre ad avere subito un forte arretramento, visibile nella immagine si trova isolato:

  • a nord non esiste infatti niente del genere sotto l’Appennino meridionale e centrale: per trovarne uno si deve arrivare all’Appennino Settentrionale sotto la  Corsica e la Toscana. Sul perché i due slab siano separati fra loro da diverse centinaia di km di gap, ci sono varie ipotesi. Per esempio uno strappo laterale [1] o una faglia trasforme [2]
  • anche a ovest tra Sicilia e Sardegna lo scontro fra Africa ed Europa non dà sismicità profonda

Vediamo chiaramente nell’immagine lo slab sotto il Tirreno segnalato dal progressivo approfondirsi della sismicità in direzione NW. Ne ho parlato in questo post.
Riepilogando, il bacino di retroarco del Marsili è caratterizzato da una crosta di tipo oceanico spessa 10–12 km e l’asse di apertura corrisponde alla struttura del Marsili, orientata NNE–SSW. Ha iniziato ad aprirsi a NW dell’arco calabro – peloritano circa 2 milioni di anni fa a causa dell’arretramento di questo. Dopo una prima fase, caratterizzata da velocità fino a 3 cm/anno il movimento ha iniziato a rallentare fino a fermarsi circa 1 milione di anni fa: oggi il bacino del Marsili non solo non si estende, ma al contrario la sua parte meridionale è in compressione come dimostrano le velocità GPS [3]: Sicilia e Calabria hanno una forte componente di movimento verso nord o NE nei confronti dell’Europa stabile, mentre se continuasse l’arretramento dell’arco Calabro dovrebbero muoversi verso sudest. Il bacino dovrebbe sostanzialmente avere in questo sistema di riferimento un movimento nullo o quasi: il fronte compressivo nella piattaforma continentale tirrenica davanti all’isola ne è una conferma [4]. 
La linea di Palinuro e la linea Tindari - Letojanni da [6]
L’arco delle Eolie, che a nord di Stromboli comprende diversi vulcani la cui cima è sotto il livello del mare, è una struttura dell’ultimo milione di anni ed è messo in posto sulla crosta continentale.
L’espansione del bacino del Marsili è avvenuta grazie alle due faglie STEP che lo delimitano e che arrivano anche sulla terraferma:
  • la prima, diretta NNW - SSE è chiamata in letteratura con nomi diversi; comprende il tratto Tindari -  Letojanni, è una trascorrente destra e attraversa l’arco eolico nel suo tratto centrale
  • la seconda è diretta E-W, passa per la catena sottomarina del Palinuro e del Glabro (e quindi viene chiamata linea di Palinuro) per poi finire sulla terraferma in Calabria settentrionale, dove è nota come linea di Sangineto. Questa seconda linea è anche il limite settentrionale del bacino del Marsili: a nord di essa c’è la crosta continentale appenninica spessa tra 25 e 30 km (quindi abbastanza sottile per essere crosta continentale)

Tra queste due faglie, quindi, l’intero sistema dell’arco calabro – peloritano è stato traslato verso SE come nella figura messa all'inizio. Queste due faglie rispondono ad una logica globale: gli STEP infatti sono spesso delle vecchie faglie già esistenti nel continente posto dietro la zona di subduzione [5] e sicuramente la Tindari – Letojanni lo è in quanto prosegue come bordo della scarpata ibleo – maltese (in buona sostanza: è un’altra applicazione delle “cicatrici litosferiche” di cui ho parlato diverse volte).
La Tindari – Letojanni  è sempre attiva, come dimostrano le velocità GPS divergenti tra un lato e l’altro e la frequente attività sismica nella zona del Golfo di Patti e Capo d’Orlando. 
La Palinuro – Sangineto mostra una attività sismica sporadica nel tratto a mare ma in terraferma non mi pare così evidente adesso né dagli eventi sismici né dagli spostamenti delle stazioni GPS.


La catena del Palinuro, da [6]: si nota la netta divisione
fra la parte occidentale e quella orientale 
I VULCANI DELLA CATENA DEL PALINURO. Sicuramente non è un caso che entrambe queste faglie ospitino vulcani: la Tindari – Letojanni Lipari, Vulcano e sua Maestà l’Etna, la Palinuro – Sangineto quelli della catena del Palinuro – Glabro, la cui attività data tra 800 e 300 mila anni fa.
Il lavoro di cui si è molto parlato in questi giorni [6] ha esaminato con attenzione la parte coperta dal mare dello STEP settentrionale, dove era certo che la fascia allineata E-W e lunga 90 km e larga 20 fosse un susseguirsi di edifici vulcanici [7]. La novità è che Cocchi & C sono riusciti nell’impresa di catalogarli tutti in modo chiaro e completo.
Come si vede dall’immagine, presa da [6] la catena presenta circa a metà una discontinuità e quindi gli edifici sono divisi in un gruppo occidentale (la parte del Palinuro) e in un gruppo orientale (la parte del Glabro). I coni maggiori sono contornati anche da coni ausiliari che comunque fanno riferimento a questi edifici principali (ce ne sono almeno 80). I due gruppi di vulcani sono anche morfologicamente distinti:
IL GRUPPO OCCIDENTALE consta di 8 stratovulcani molto alti. Alcuni e mostrano una cima subcircolare e piatta a profondità che vanno da 84 a 130 m. Quindi alcuni di loro emergevano sopra il livello del mare durante le fasi glaciali a basso livello marino.
La forma di questi vulcani fa presumere che il magma sia risalito lungo fratture estensionali allineate in direzione della catena e quindi riflettano una sorta di espansione in direzione nord – sud perpendicolare alla linea tettonica; in effetti i dati, in particolare le indagini sulle anomalie magnetiche, suggeriscono che la messa in posto dei magmi sia stata controllata dalla geometria delle fratture. Annoto che le anomalie magnetiche alle volte sono molto minori di quello che dovrebbero essere a causa della alterazione delle rocce, per cui una magnetizzazione forte è indice della presenza di rocce vulcaniche, mentre la magnetizzazione debole può corrispondere sia a rocce sedimentarie che a rocce vulcaniche alterate. Il trend di fratture inoltre è perfettamente coerente con l’ipotesi che la catena di vulcani sia impostata lungo una faglia trascorrente
IL GRUPPO ORIENTALE è formato da 7 vulcani ed è caratterizzato da altezze molto minori. Le anomalie magnetiche sono molto meno intense. L’interpretazione più logica è che la minore altezza dei vulcani orientali rifletta minori dimensioni degli edifici vulcanici. In alternativa la magnetizzazione è minore perché si tratta di lave molto alterate o perché in quella zona la temperatura è più alta ed è vicino il punto di curie, la temperatura al di sopra della quale scompare la magnetizzazione delle rocce. La modellizzazione preferisce questa ultima ipotesi

IL LAVORO SULLA CATENA DEL PALINURO DIMOSTRA L'IMPORTANZA GENERALE DEGLI STEP. La cosa che ci insegnano i due STEP che circondano il bacino del Marsili è che i 2700 km3 di volume dei vulcani della catena del Palinuro sono superiori sia agli 856 del Marsili che anche ai 2550 km3 di quella delle Eolie, inclusi i vulcani sottomarini.
Quanto all’origine dei magmi, i vulcani della catena del Palinuro insieme a caratteristiche tipiche dei prodotti di arco magmatico tipici delle Eolie, mostrano in più delle significative componenti più profonde che evidenziano la risalita di mantello originariamente posto sotto la parte più vicina al vecchio oceano del continente africano.
Questo dimostra che gli STEP possono mostrare in un’area ristretta una frequenza e una quantità di attività vulcanica superiore a quella media che caratterizza i sistemi di arco magmatico in generale, perché su di loro si addensa la risposta del mantello sottostante durante un arretramento di un fronte di subduzione.


MEDIA ITALIANI E PERICOLOSITÀ POTENZIALE DEL PALINURO. C’è poi la questione della pericolosità attuale di questi vulcani, aspetto che, ovviamente, è stato esaltato dai vari siti internet alla ricerca di click facili.
Qual’è il rischio teorico di questi vulcani celati dalle profondità del Tirreno? Fondamentalmente la possibilità che su questi vulcani si producano delle frane che inneschino degli tsunami (il caso dello tsunami di Stromboli del 30 dicembre 2002 riguarda una frana subaerea ma è un ottimo esempio). Chiaramente un vulcano sottomarino attivo è più rischioso di uno spento, e le frane in un edificio del genere potrebbero verificarsi comunque, a prescindere che si sia attivo o spento.
Parlando di eventi su vulcani attivi, quelli della catena del Palinuro sono tutte caldere con all’interno duomi di lava e, naturalmente, in caso di eruzione la formazione di una nuova caldera potrebbe provocare dei problemi. La domanda che pongo è se nella storia umana ci siano tsunami indicativamente attribuiti a tali cause. Mah, io non ne conosco neanche uno (potrei comunque essere smentito su questo). 
Oltretutto che fra questi vulcani ce ne sia almeno uno attivo non è assolutamente sicuro. Anzi, se di possibili eruzioni del Palinuro si parla, questo, a quanto mi risulta,  si limita a notizie giornalistiche (soprattutto su siti acchiappa – click) e i dati a disposizione parlano di attività vulcanica interrotta almeno 300.000 anni fa. Inoltre non ci sono evidenze che l'attività idrotermale a cui sono dovuti i depositi ricchi di solfuri che abbondano nei fianchi del vulcano persista anche oggi, in quanto tali depositi sono spesso coperti da sedimenti [9]


Le velocità GPS dimostrano che le velocità GPS divergono lungo la linea Tindari - Letojanni
mentre quella di Sangineto non mostra una significativa influenza. da [3]
D’altra parte se lo STEP della  Tindari – Letojanni è ben attivo (come dimostrano sia i dati GPS che l’attività sismica), la dorsale Palinuro – Glabro è marcata da attività sismica molto minore. Una campagna in cui sono stati messi in posizione dei sismografi sul fondo marino tra il 17 e il 28 marzo 1987, ha evidenziato una certa microsismicità in corrispondenza dell’Alcione (un vulcano sottomarino della catena delle Eolie) e, particolare importante, sotto il “monte Diamante”, che in realtà è il Palinuro [8]. E questo potrebbe essere un segnale da verificare.
Fra gli eventi sismici ho trovato solo il meccanismo focale dell’evento M 3.8 del 28 agosto 1992, che conferma il movimento trascorrente sinistro. Andando sulla terraferma non mi consta che la linea di Sangineto sia contrassegnata da valori discordanti delle velocità GPS o da attività sismica particolare (tantomeno da trascorrenze), ed è ben poco probabile poter riferire alla presenza di questa linea l’attività sismica intorno al Pollino.
Però data l’inerzia del sistema – mantello, ci potrebbe ancora esserci qualche fenomeno residuo, anche se PERSONALMENTE sono piuttosto scettico al riguardo nonostante quella leggera attività sismica evidenziata nel 1987 e la probabile presenza sotto la parte orientale della catena (e quindi non sotto al Palinuro, ma al Glabro) di una zona anomalmente calda.
Un po' poco, francamente, per creare l’allarme diffuso da parecchi siti alla ricerca di facili click…
Poi tutto può essere, per carità. Ma non ci sono attualmente dati sufficienti per affermare che il Palinuro sia un vulcano attivo.
E se stessi da quelle parti, mi preoccuperei di più di vivere \ studiare \ lavorare \ passare il tempo libero in una struttura sicura in caso di terremoto, frana o alluvione, eventi infinitamente MOLTO più frequenti di uno tsunami innescato da una eruzione di un vulcano sottomarino….

[1] Wortel and Spakman (2000) Subduction and slab detachment in the Mediterranean-Carpathian region: Science, 290, 1910–1917
[2] Rosenbaum et al (2008) Kinematics of slab tear faults during subduction segmentation and implications for Italian magmatism: Tectonics, v. 27, TC2008–doi:10.1029–2007TC002143.
[3] Farolfi and Delventisette (2016) Contemporary crustal velocity field in Alpine Mediterranean area of Italy from new geodetic data GPS Solutions DOI 10.1007/s10291-015-0481-1
[4] Sani et al (2016) Insights into the fragmentation of the Adria Plate Journal of Geodynamics 102, 121–138

[5] Nijholt and Govers (2015), The role of passive margins on the evolution of Subduction-Transform Edge Propagators (STEPs), J. Geophys. Res. Solid Earth, 120,7203–7230,
[6] Cocchi et al (2017) Volcanism in slab tear faults is larger than in island- arcs and back-arcs Nature communications DOI: 10.1038/s41467-017-01626-w
[7] Passaro et al. (2010) DTM-based morphometry of the Palinuro seamount (Italy, Eastern Tyrrhenian Sea): geomorphological and volcanological implication. Geomorphology 115, 129–140
[8] Soloviev et al (1990) Microearthquakes in the Tyrrhenian Sea as revealed by joint land and sea-bottom seismographs Marine Geology 94, 131-146
[9] Ligi et al (2014) Mapping of Seafloor Hydrothermally Altered Rocks Using Geophysical Methods: Marsili and Palinuro Seamounts, Southern Tyrrhenian Sea Economic Geology 109,2103–2117
[10] Gvirtzman e Nur (2001) Residual topography, lithospheric structure and sunken slabs in the central Mediterranean Earth and Planetary Science Letters 187,117-130



7 commenti:

zoomx ha detto...

Ma un campione di lava proveniente da uno di questi vulcani? Le 4 immagini del ROV prese ad Enotrio sono le prime che ho mai visto, per il resto sempre batimetrie, rilievi gravimetrici magnetici e sonar.

Anche i vulcanetti nel Canale di Sicilia sarebbero da vedeere visto che sono stati attivi in tempi storici neanche tanto lontani.

Aldo Piombino ha detto...

c'è qualche dragaggio da cui hanno ricavato delle analisi ma non ho mai visto foto

punteruolorosso ha detto...

Salve dottor Piombino, la trascorrenza sulla tindari Letojanni non potrebbe essere associata a una prosecuzione del movimetvrrso sud-est del blocco calabro-peloritano? E qual è la relazione fra questa linea e la scarpata di Malta?

Aldo Piombino ha detto...

1. in questo momento è evidente che rispetto all'Europa stabile la componente nord della Sicilia a W del golfo di Patti sia maggiore di quella dell'arco calabro. Insomma, la Sicilia va più verso nnord della Calabria rispetto al'Europa stabile
2. su questo.... la scarpata potrebbe essere la prosecuzione dello STEP, ma ci sono altre due linee candidate... il sistema jonico e la Etn - alfeo.
l'unica cosa che posso dire adesso è... "stay tuned"....

punteruolorosso ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
punteruolorosso ha detto...

Grazie. E riguardo ai terremoti compressivi del tirreno occidentale, quali sono le placche in gioco? Il blocco ibleo maltese comprende gli iblei e risale fino al Belice. E la Sicilia settentrionale? Appartiene a Europa? Nella spinta verso il tirreno, quale delle placche va giù?

Aldo Piombino ha detto...

1. Lla Sicilia settentrionale e la sua piattaforma "premono" sulla crosta del tirreno
2. no... la "falda di Gela" occupa solo la parte sudorientale dell'isola
3. la sicilia settentrionale appartenva o a Europa o (come penso io) ad una piccola area continentale che era posta nell'oceano che divideva Europa e Africa (alKaPeCa o placca ediomediterranea)
4. in questo momento i movimenti nella piattaforma continentale della sicilia settentrionale sono per lo più trascorrenti. É un regime tettonico piuttosto recente e quindi non si vede ancora bene. Ma è il motivo per cui i vulcani delle Eolie a ovest di lipari non sono più attivi