Le nuove tecnologie informatiche possono avere applicazioni nei campi più disparati e fornire dei dati a cui sarebbe impossibile arrivare senza (o, quantomeno, sarebbe estremamente difficile farlo). Una interessante applicazione (mettere dei microrilevatori in ciottoli fluviali per tracciarne il movimento) è alla base di una scoperta molto particolare, che si configura come una pietra miliare nella storia delle ricerche sulla geomorfologia fluviale: è stato dimostrato che una corrente più veloce erode in proporzione meno di una meno forte. Cioè, erode di più, ma meno di quanto sarebbe lecito aspettarsi. Da questo si capisce meglio perché un’asta fluviale abbia esattamente quelle dimensioni. La scoperta rivoluziona le previsioni dei modelli dell’aumento dell’erosione dovuta ai cambiamenti climatici in corso e futuri lungo le aste fluviali, ma deve anche farci riflettere (tanto per cambiare) sulla situazione del territorio in Italia.
Quando piove una parte della precipitazione si infiltra nel sottosuolo alimentando le falde acquifere. Questo quantitativo è variabile a seconda del tipo e dell’entità della precipitazione e delle condizioni della superficie, ma c’è una regola generale e cioè che maggiore è la pioggia, minore la percentuale di precipitazione che si infiltra nelle falde acquifere.
Ne segue che i bacini idrografici in qualche modo debbano stoccare (ma, soprattutto, smaltire quando non contengano laghi, lagune o paludi) l’acqua che vi piove. Le piene dei fiumi sono la conseguenza diretta di questo aspetto e la politica attuale in Italia di costruire delle casse di espansione serve proprio a tentare di laminare le piene stoccando in questi bacini artificiali parte delle acque risultato delle precipitazioni più forti e che in passato si sarebbero riversate nelle paludi.
I FATTORI CHE DETERMINANO L'EROSIONE DEI LATI DEI FIUMI E LA COSIDDETTA SOGLIA DI MOVIMENTO. La questione è capire come reagiscono i corsi d’acqua a questa situazione e, soprattutto, alle modifiche nella loro dinamica che seguiranno all’aumento delle piogge eccezionali e quindi, a cascata, del numero e delle dimensioni delle piene maggiori. Gli occhi quindi sono puntati sulle dinamiche di erosione e sedimentazione sul fondo e ai lati del fiume.
Per prima cosa dobbiamo introdurre il concetto della soglia di movimento dei sedimenti, ovvero la velocità della corrente necessaria per muoverli da dove sono.
È abbastanza intuitivo che più forte sia la corrente, maggiore è il peso dei sedimenti che possono essere trasportati: se troviamo delle ghiaie la corrente che li ha trasportati sarà stata più forte di quella che è stata in grado di farlo solo con dei granelli di sabbia. Il geologo si basa su questo quando, esaminando i sedimenti, fa delle ricostruzioni paleoambientali.
Per quanto riguarda invece la capacità erosiva, l’incisione dei materiali delle sponde e del fondo di un fiume è dovuta soprattutto all’abrasione provocata dai materiali trasportati dalla corrente sui materiali consolidati e dallo spostamento dei materiali provvisoriamente deposti sul fondo.
Naturalmente, oltre alla velocità della corrente contano altre variabili come per esempio quantità e qualità dei solidi trasportati, quanto sono erodibili i materiali che costituiscono le rive e il fondo e la forma stessa della sezione del corso d’acqua.
IL RAPPORTO FRA ENTITÀ DELLE PIENE E MOVIMENTO DEI CIOTTOLI. Un lavoro recente ha dimostrato una cosa un po' inaspettata e cioè che la relazione fra entità della piena e soglia di movimento non è lineare: in sostanza una corrente più veloce in proporzione erode meno di una meno forte. Cioè, erode ovviamente di più, ma meno di quanto sarebbe lecito aspettarsi. I risultati sono appena stati pubblicati su Science [1].
Nella regione di Portorico piove parecchio di suo: a San Juan, la capitale, in un anno medio cadono circa 1.600 mm di pioggia (e non per nulla l'isola è coperta da una estesa e rigogliosa foresta pluviale!). Ma in alcune zone, per questioni geografiche, uragani e tempeste tropicali forniscono le condizioni che permettono la formazione di flash flood di dimensioni eccezionali rispetto, per esempio, a quelle nostrane: anche 1.000 mm in 24 ore. Il record italiano mi risulta essere detenuto dal bacino del Fereggiano, a Genova, nel 2011 con poco meno di 500 mm in 24 ore.
A Portorico i ricercatori hanno studiato il bacino del fiume Mameyes, dove i flash floods sono comuni, mettendo 350 microrivelatori in altrettanti ciottoli delle dimensioni di un pompelmo e tracciandone i movimenti nei 2 anni successivi. È evidente come senza una tecnologia che consente di farlo, osservare come si spostano nel tempo 350 ciottoli di un fiume sia una cosa assolutamente impossibile.
Faccio notare inoltre che il termine italiano “bombe d’acqua” descriva un primo aspetto del fenomeno, la pioggia intensa in un tempo piuttosto breve, mente il termine anglosassone e scientifico “flash flood” insiste più sulle conseguenze della precipitazione e cioè sul repentino e drammatico aumento della portata di un corso d’acqua che ne consegue.
I movimenti dei ciottoli sono poi stati correlati con le misurazioni di un idrometro posto nelle vicinanze.
Lungo il Mameyes mediamente avvengono 20 piene all’anno capaci di muovere questi ciottoli ma, inaspettatamente, durante le piene più importanti (quelle seguite ai flash flood) i ciottoli non si muovevano molto di più rispetto a quelle ordinarie, nonostante valori di portata anche 100 volte superiori. Quindi, sebbene le precipitazioni estreme siano in grado di muovere una quantità di acqua incredibile, il loro contributo all’erosione è minore di quanto ci si potrebbe aspettare.
La cosa era piuttosto sorprendente e quindi il passaggio successivo è stato quello di capire se queste caratteristiche fossero tipiche dei ciottoli del Mameyes o, come più probabile, siano condivise anche degli altri fiumi.
Diagramma frequenza / entità del flusso. modificato da [1]:
- in alto: assoluti
- in basso: normalizzati per un migliore confronto
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Perciò, i ricercatori hanno preso i dati dell’USGS (il mitico servizio Geologico degli Stati Uniti) di alcune aste fluviali e dopo un lungo e attento esame, si sono resi conto di alcuni aspetti interessanti e inaspettati che riguardano fiumi in cui il trasporto di solidi da parte delle acque coinvolge anche la frazione grossolana a livello di ciottoli o di dimensioni ancora superiori:
- è molto difficile che il flusso superi valori capaci di sorpassare il valore della soglia di movimento dei ciottoli
- indipendentemente da quante volte all’anno la soglia viene passata e i ciottoli si mettono in movimento, c’è sempre un rapporto simile in tutti i fiumi fra il numero di piene totale e quello capace di muoverli
Per quanto riguarda soltanto gli eventi capaci di sorpassare la soglia di movimento dei ciottoli, i risultati sono i seguenti:
- il numero dei flussi capaci di sorpassare di una volta e mezzo la soglia di movimento è 100 volte inferiore al numero di quelli che la raggiungono
- il numero dei flussi capaci di passare di due volte la soglia è a sua volta 100 volte inferiore al numero di quelli che la passano di una volta e mezzo
LO STRETTO RAPPORTO FRA DIMENSIONI DELLE ASTE FLUVIALI E PIENE. Ma perchè succederebbe questo? Perché c’è in Natura un meccanismo che adegua le dimensioni del fiume alle loro necessità. In pratica la larghezza e la profondità delle aste fluviali si adegua per tenere la forza dell’acqua vicine al valore della soglia di movimento.
Quindi se una piena muove troppi sedimenti, il fiume eroderà i suoi lati e, di conseguenza, l’asta fluviale si allargherà.
Ma se il fiume si allarga e si approfondisce, allora diminuiranno le forze che premono sui lati e quindi la corrente si troverà presto sotto la soglia di movimento dei sedimenti.
Questi dati sono validi per fiumi dalla corrente capace di muovere i sedimenti di grandezza uguale o superiore ai ciottoli, ma probabilmente sono gli stessi che governano fiumi in cui la soglia di movimento è più bassa ed è quindi capace di muovere solo sabbie o argille. L’obbiettivo prossimo degli autori di questo studio è quindi quello di confermare il modello anche quando il meccanismo coinvolge masse di dimensioni minori di quelle del ciottolo.
Andando sul pratico, cosa possiamo dire e, cioè, quale sarà la reazione dei fiumi all’aumento della intensità le precipitazioni maggiori (cosa che purtroppo sembra assodato che avverrà)?
La buona notizia di questa ricerca è che gli scenari dei modelli di erosione nel futuro sono probabilmente sovradimensionati.
La reazione del territorio all’aumento degli eventi estremi avverrà in due stadi: all’inizio aumenteranno le alluvioni e l’erosione), ma il reticolo fluviale è destinato ad adeguarsi alla svelta perché i corsi d’acqua si allargheranno e quindi meno acqua passerà sulle superfici in erosione.
Quindi i modelli attuali sembra che stiano sovrastimando il problema: l'erosione aumenterà di sicuro ma a livelli inferiori a quello che si poteva supporre fino ad oggi, almeno dopo la fase iniziale di modifiche come risposta alla nuova situazione.
E IN ITALIA? Questa ricerca mette sul tappeto ancora una volta il problema dei fiumi in Italia, spesso confinati in arginature artificiali immodificabili o quasi (e, purtroppo, anche ristretti in maniera massiccia)
Gli interventi sulle aste fluviali sono stati spesso molto ingenti:
- le rettifiche hanno aumentato la velocità e ridotto le distanze fra le foci degli affluenti
- gli alvei sono stati spesso ristretti e confinati, senza tenere conto delle esigenze delle piene maggiori
- le bonifiche hanno impedito i “normali” straripamenti e lo stoccaggio delle acque di piena nelle zone paludose
È evidente che tutte queste operazioni non hanno tenuto conto delle necessità naturali, ma solo di quelle antropiche. Non solo, ma rettifiche e bonifiche avrebbero imposto un allargamento delle sezioni delle aste fluviali e non - come è successo - un loro restringimento.
Le conseguenze, in base ai risultati di questa ultima ricerca, sono che si rischia seriamente il superamento della soglia di movimento dei materiali che costituiscono i lati e gli argini, e l’erosione delle loro rive è un pericolo reale.
[1] Phillips e Jerolmack (2016): Self-organization of river channels as a critical filter on climate signals. Science 352, 694-697
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