Ad evento appena avvenuto ho descritto sommariamente i primi interventi in corso da parte del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Firenze per il monitoraggio della frana del lungarno Torrigiani. Oggi, vorrei chiarire un pò la storia di quell'area e descrivere meglio quanto il dipartimento sta facendo per controllare l'evoluzione della situazione.
IL LUNGARNO TORRIGIANI. Come tutti ormai sanno, a Firenze il 25 maggio 2016 alle ore 6.15 il muro d’argine del Lungarno Torrigiani, in riva sinistra fra il ponte alle Grazie e il Ponte Vecchio, è stato interessato da un cedimento su un tratto di circa 200 m.
Il Lungarno Torrigiani risale alla seconda metà del XIX secolo, quando nell’ambito dei lavori per Firenze Capitale (1865-1871) le due sponde del fiume a monte del Ponte Vecchio vennero sistemate realizzando i lungarni. In riva sinistra si vede bene infatti che il vecchio itinerario di entrata in città dalla porta a San Niccolò passava dalle odierne via di San Niccolò e via dè Bardi, salendo in parte sulla collina proprio per la mancanza di spazio pianeggiante accanto al fiume.
Questi interventi migliorarono il decoro dell’area, chiudendo per sempre un’epoca di sviluppo disordinato delle sponde del fiume con sbarramenti, tiratoi, pescaie, mulini e gualchiere, più o meno abusivi, dandole, insieme ad un'altra serie di importanti interventi, un respiro più moderno e più adatto ad una capitale europea.
Il muro d’argine del lungarno è fondato su pali in legno.
I lavori furono coordinati dall’architetto/ingegnere Giuseppe Poggi e fra le opere sussidiarie fu compresa, approfittando della costruzione dei Viali dei Colli e del Piazzale Michelangelo, anche una messa in sicurezza della collina sovrastante alla città, interessata da una storica frana studiata persino da Leonardo da Vinci. In questo quadro il Poggi realizzò un sistema di drenaggio che sfocia in Arno proprio sotto il Lungarno Torrigiani attraverso una galleria di 5 metri.
Al di sopra della galleria del Poggi si trovano una condotta fognaria e diverse tubazioni dell’acquedotto: il lungarno Torrigiani è una zona nevralgica perchè in questo tratto la riva sinistra dell’Arno corre praticamente a ridosso della collina mentre a monte (prima del Ponte a San Niccolò) e dopo il Ponte Vecchio la pianura si allarga: per questo quindi proprio qui troviamo una particolare concentrazione dei sottoservizi che interessano la riva sinistra del fiume.
In questa immagine, che dimostra come l'Arno in questo tratto sia così vicino alla collina, vediamo a destra lo sbocco della galleria di drenaggio delle acque della collina stessa, realizzata dal Poggi.
L'EVENTO. La frana di questi giorni presenta diverse analogie con quella del 1965, che interessò, un pò più a valle e sempre in riva sinistra, un tratto del lungarno Soderini: nell’occasione furono mobilizzati 5000 metri cubi di terra e l’innesco del fenomeno è da addebitarsi a una rottura della tubazione idrica. In quell'evento il muro del lungarno crollò e ci furono una vittima e alcuni feriti.
Nel caso in oggetto si tratta di una frana di sponda, e non di una voragine di sprofondamento, come è stato erroneamente riportato da molte fonti.
A vedere le immagini viene da domandarsi dove fosse andato a finire il materiale mancante. In realtà di materiale mancante ce n'è poco. Infatti:
- il muro si è deformato in avanti per 1180 metri cubi
- il piano stradale è ceduto verso il basso per 1303 metri cubi
La differenza è quindi minima, 123 metri cubi, ed è imputabile a deformazioni sotto la superficie del fiume, compattazione della terra e a un po' di erosione e dilavamento.
La maggior parte del materiale è stato integralmente trattenuto dal muro d'argine che, spanciando, si è molto deformato, ma per fortuna non è crollato (e in quel caso nessuno avrebbe contestato di essere davanti a una frana...).
Quanto all'innesco, in fatti del genere è normale che sia colpa dell'acqua. Ma se e quale sia la condotta dell'acquedotto che ha provocato il guaio ci sono indagini in corso delle autorità competenti e non entro nel merito.
IL SISTEMA DI MONITORAGGIO. Come ho già scritto, fin dalla mattina stessa del dissesto, il Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Firenze, che è Centro di Competenza della Protezione Civile, ha installato un sistema di monitoraggio delle deformazioni, in continuo e in tempo reale, costituito da:
- un interferometro radar, che produce mappe di deformazione di tutto lo scenario osservato aggiornate ogni 5 minuti
- un scanner laser, con cui vengono prodotte a tempi prefissati dei rilievi digitali dell’intero scenario osservato
Nei giorni successivi il sistema è stato potenziato con altri strumenti che il dipartimento usa normalmente per il monitoraggio delle frane:
- una stazione totale robotizzata, che rileva ogni 15 minuti la posizione di una serie di prismi posizionati sul muro d’argine e sugli edifici retrostanti
- una serie di sensori, inclinometri e fessurimetri, posizionati sul muro d’argine e sugli edifici retrostanti.
Questo sistema opera all'interno di una rete wireless sul modo di quella che ho descritto a proposito della frana di Ricasoli.
in corrispondenza delle fratture perimetrali sul muro d’argine sono stati inoltre impiantati fessurimetri e spie a lettura manuale
INDAGINI GEOFISICHE. Volendo capire bene come sia la situazione sotto il lungarno Torrigiani, sono state avviate anche delle indagini geofisiche per l’esplorazione del sottosuolo. Quindi sono state eseguite delle analisi tomografiche (come in medicina una TAC) usando sia metodi sismici che geoelettrici.
Inoltre è stato usato anche un georadar, un sistema che legge con facilità strutture sepolte, dalle tubazioni di vario tipo ai muri.
I MOVIMENTI PRECEDENTI ALL'EVENTO. C'è poi un altro aspetto importante: tutte queste indagini servono per capire cosa succede ORA e quindi, come in tutti gli eventi del genere quando giungono inaspettati, in mancanza di segnali di rischio preesistenti (che dovrebbero consigliare un monitoraggio preventivo...) le strumentazioni sono installate dopo il fatto.
Sarebbe importante, invece, conoscere i prodromi dell’evento, sia dal punto di vista della ricerca scientifica che per le indagini che dovranno stabilire eventuali colpe. In particolare bisognerà in quelche modo stabilire quanto prima e quando sono iniziati i movimenti.
Ed è possibile farlo, come ho spiegato a proposito del crollo della diga del Fundao in Brasile, grazie alle immagini satellitari ottenute con radar interferometrici, che coprono gli ultimi 25 anni.
Diverse agenzie spaziali dispongono di satelliti che scattano queste immagini, come i Sentinel dell'ESA, l'Agenzia Spaziale Europea, il TERRASAR-X dell’Agenzia Spaziale Tedesca e anche i nostri COSMO SkyMed dell’ASI.
Grazie a queste immagini sarà possibile capire se sul tratto di lungarno crollato fossero già presenti dei fenomeni deformativi prima dell’evento di mercoledì scorso.
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