sabato 26 settembre 2015

Scienza, partecipazione e cittadini: è possibile un coinvolgimento diretto dei cittadini nei programmi scientifici? Una proposta di Caffà - Scienza di Firenze per la "Citizen Science"



Come Associazione Caffè - Scienza di Firenze, inquadrata nella rete dei Caffè Scientifici italiani ed europei, io ed altri amici siamo impegnati in una divulgazione scientifica diversa in cui il dibattito è guidato dal pubblico e non dagli esperti, come avevo già illustrato in questo post. Crediamo molto in questo metodo che può servire anche per orientare l’Opinione Pubblica verso quello che è un corretto approccio scientifico alla realtà e alle decisioni che devono essere prese. In questi giorni stiamo discutendo di qualcosa che va ancora oltre, ossia la Citizen Science, termine che in italiano potrebbe essere tradotta come “i cittadini che fanno Scienza” (ma apriamo un contest per trovare la traduzione italiana migliore!). Che cos’è la Citizen Science? È la partecipazione del pubblico nella ricerca scientifica, in progetti che, coordinati da ricercatori professionisti, consistono nella raccolta e nella analisi di dati ed osservazioni da parte di cittadini che pur non essendo sono professionisti si offrono volontari per collaborare a questi progetti. Per mettere a fuoco questa serie di proposte, vorremmo usare lo strumento collettivo del Caffè - Scienza stesso, ed organizzare perciò un incontro aperto, in occasione del Festival della Scienza, a cui invitare tutti i soggetti che potrebbero essere coinvolti: enti di ricerca, ricercatori, blogger, associazioni di divulgazione scientifica e cittadini.
Per garantire la massima partecipazione, l’evento verrà mandato in streaming e si utilizzeranno vari metodi per permettere la partecipazione anche a distanza degli interessati.

di Franco Bagnoli e Aldo Piombino (Associazione Caffè - Scienza di Firenze)

La democrazia si basa sulla possibilità di fare scelte che abbiano un ampio consenso. Ma il mondo di oggi è molto complesso e spesso non è facile decidere su temi tecnici. Scelte energetiche (nucleare sì o no?), alimentari (OGM sì o no), mediche (procreazione assistita, screening genetico), sociali (migrazioni) sono solo esempi di temi che infiammano il dibattito, ma che spesso sono affrontati più a livello emotivo che razionale e critico (e il livello scientifico della discussione in molti casi è paurosamente basso). E quando è il livello emotivo a guidare il dibattito, concorrono (o addirittura dominano) interessi particolari (quelli che in caso di dibattiti su questioni che coinvolgono l’ambiente sono raccolti alla voce “sindrome NIMBY”) e interessi ideologici.

La prima dispensa della raccolta di scritti di Luigi Einaudi “Prediche inutili” si intitola “conoscere per deliberare” e focalizza la questione della conoscenza e delle scelte con queste parole:  
La conoscenza non si ottiene se invece del teorico o uomo di buon senso la ricerca del vero è affidata al dottrinario. Costui è un personaggio che possiede una dottrina, ed ha fede in quella. Egli non ragiona sul fondamento dei dati da lui conosciuti e della tanta o poca capacità di raziocinio ricevuta alla nascita da madre natura e perfezionata collo studio e colla esperienza. No; il dottrinario ragiona "al punto di vista". Prima di studiare, egli sa già quel che deve dire. Anche se non è iscritto ad alcun partito

Si sa che la Scienza almeno in linea teorica dovrebbe essere esente da pregiudizi di tipo ideologico e/o religioso (come da pregiudizi di tipo localistico) e fondarsi sui dati esistenti e sulla loro interpretazione. Anche se spesso è proprio il mondo scientifico ad essere diviso sul significato dei dati (se non addirittura sulla loro validità) e lo è di conseguenza sulle soluzioni da adottare, il rischio che tutti corriamo in questi casi è che la decisione venga presa con criteri che sono lontani dalla Scienza, oppure che sia delegata a “tecnici”, i famosi “esperti”, dalle cui decisioni nascono spesso quelli che vengono chiamati “conflitti ambientali” se riguardano, ad esempio, l’insediamento di una particolare infrastruttura in un territorio.

È quindi chiaro che i decisori debbano essere in grado di capire le cose sulle quali stanno per deliberare e che i cittadini debbano comprendere il perché e l’opportunità di queste decisioni. I decisori devono evitare di esprimersi esclusivamente per cercare “il consenso” specialmente quando il corpo elettorale che li dovrà giudicare userà più “la pancia” che “il cervello”.

IL TRASFERIMENTO DELL'INFORMAZIONE
DAL MONDO SCIENTIFICO E TECNOLOGICO ALLA CITTADINANZA

Certamente, per formare una opinione corretta, abbiamo bisogno di un supporto conoscitivo. Ma spesso questo trasferimento di conoscenza, quando c’è, avviene con la filosofia del “vaso vuoto”, secondo la quale i cittadini sono visti come persone che hanno un handicap che deve essere superato: la mancanza di conoscenza. Lo strumento per farlo è spesso quello del trasferimento: televisione, radio, giornali, conferenze, tutti canali essenzialmente unidirezionali, che - generalmente - tentano di semplificare le cose (talvolta forse troppo) e che in molti casi propongono direttamente una soluzione anziché illustrare le varie opzioni in merito oppure le espongono in maniera “non imparziale”.

Allo stesso modo tanti dei progetti che ricevono supporto economico pubblico (sia nazionali che europei) impiegano parte dei fondi per la “diffusione” dei risultati, ma questo avviene di nuovo in maniera monodirezionale: articoli divulgativi, siti WEB, gadget, materiale pubblicitario e magari qualche conferenza pubblica.

Un terzo aspetto si occupa invece dell’”umore” dei cittadini. Molte attività, soprattutto ma non solo, Il marketing commerciale, utilizzano indagini demoscopiche e sempre più spesso si parla di smart-cities e di collective awareness. Si tratta in genere di strumenti di indagine o di azione i cui risultati hanno spesso un risvolto sociale perché in qualche modo le reazioni degli intervistati possono influenzare le strategie di chi ha richiesto l'indagine. Ma anche in questo caso i cittadini sono spesso visti nel ruolo passivo di “target” o come “substrato”, e raramente come soggetti propositori.

Nel nostro Paese ci sono stati anche degli episodi di trasferimento monodirezionale spacciato per un interscambio di opinioni su una decisione da prendere, come il famoso “forum nucleare” prima del referendum del 2011, promosso dalle aziende coinvolte nel programma nucleare e in cui le opinioni contrarie a questo progetto subivano una moderazione molto pesante degli interventi.

UN APPROCCIO BOTTOM - UP NELLA PUBBLICA OPINIONE È POSSIBILE?

I Caffè - Scienza sono nati in parte per ovviare a questo problema, come si vede in questo filmato: 



Un Caffè - Scienza è una specie di anti-conferenza, in cui si tenta di far sì che il dibattito sia guidato dal pubblico, invece che dagli “esperti”. Ne avevo parlato dettagliatamente in questo post.   


Per questo scopo, si cerca di organizzare l’evento in un luogo dove i cittadini, più che gli esperti, si sentano “in casa” e quindi, se possibile: niente sale da conferenza ma piuttosto un pub, un caffè o anche un mercato. 
Anche la disposizione fisica del pubblico deve favorirne l’intervento: quindi bisogna mettere esperti e pubblico sullo stesso piano, incoraggiare le discussioni facendo sedere le persone attorno a dei tavolini, e magari offrire qualche bibita. La formula del Caffè - Scienza non è ovviamente unica: ci sono tanti esperimenti simili come “la Scienza al mercato” o “una pinta di Scienza”.

Il format di Caffè - Scienza è probabilmente più difficile da affrontare per “gli esperti”, sia perché devono parlare in “lingua corrente” e non nel gergo tecnico che usano con i colleghi, sia perché possono trovarsi davanti alle domande più varie. Però in questo modo si capiscono meglio i pensieri, le opinioni e gli aspetti della questione più vicini al pubblico e che talvolta possono essere diversi da quelli che gli esperti giudicano più interessanti.

Ma si può andare oltre: i cittadini possono essere chiamati a partecipare direttamente alla attività scientifica e anche, in qualche maniera, a guidarla. 
La maniera più semplice, è quella di agire come valutatori.  
Sarebbe molto più produttivo se coloro che ottengono fondi pubblici per le loro ricerche dedicassero parte del tempo e delle energie a incontrare il pubblico, e, nello spiegare cosa stanno facendo, ricevessero opinioni, suggerimenti e partecipazione. 
Per fare questo però c’è bisogno di una rete di collegamento tra ricerca e pubblico, compito che potrebbe essere svolto anche dal sistema dei Caffè - Scienza, che così potrebbero ricoprire un ruolo utile ed originale di mediatore tra il mondo della ricerca scientifica e tecnologica e la cittadinanza.

DALLE “SMART CITIES” AGLI “SMART CITIZENS”:
IL POSSIBILE COINVOLGIMENTO ATTIVO DELLA CITTADINANZA NELLA RICERCA

Oltre al ruolo di valutatori, i cittadini in prima persona potrebbero essere coinvolti nell’acquisizione dati e nell’elaborazione dell’intelligenza collettiva ed essere anche pronti a modificare l’azione a seconda degli stimoli ricevuti. 
Questo modo di agire rappresenterebbe un cambiamento epocale e anche in questo caso i Caffe - Scienza potrebbero svolgere un ruolo di raccordo tra progetti e popolazione.
Infine, gli enti di ricerca pubblici potrebbero, nello spirito degli “Science Shop”, mettersi al servizio dei cittadini, approfondendo in maniera scientifica le richieste “dal basso”, per esempio in tema di inquinamento, benessere, sicurezza, sia dal lato teorico (aumento della conoscenza scientifica della cittadinanza) che da quello pratico (risultati di indagini su particolari situazioni).
Di nuovo, c’è bisogno di strumenti collettivi per stimolare, affinare e gestire queste proposte. Il Caffè - Scienza potrebbe avere un ruolo centrale nella mediazione tra il mondo della ricerca e la cittadinanza.

Di questa proposta ci piacerebbe discutere a Genova in occasione del prossimo Festival della Scienza


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