Vorrei entrare nella querelle vesuviana
di questo giorni nella quale, tra stupidaggini e travisamenti vari, la gente si è davvero preoccupata per la diffusione di "non notizie" o "notizie completamente sballate" che confondono fra loro filoni
diversi, in special modo la previsione a breve e i possibili scenari eruttivi. Credo di aver capito cosa sia successo: qualcuno ha preso un articolo di qualche anno fa e ha preso fischi per fiaschi. La notizia si è diffusa e comprensibilmente molte persone che hanno letto di una eruzione imminente hanno subissato l'Osservatorio Vesuviano di telefonate e E-mail. A causa di tutto questo all'Osservatorio si sono rotti le scatole e hanno emesso un comunicato piuttosto condivisibile che riporto con qualche commento in più.
Inizio ricordando la geologia dell'area
napoletana che è piuttosto complessa ma sostanzialmente comprende:
- un basamento metamorfico paleozoico che formava nel mesozoico e parte del terziario il substrato del margine continentale adriatico
- un basamento metamorfico paleozoico che formava nel mesozoico e parte del terziario il substrato del margine continentale adriatico
- i sedimenti carbonatici (calcari e
dolomie) della Piattaforma Campana mesozoici e cenozoici
- i sedimenti recenti marini, palustri
etc etc e i prodotti dell'attività vulcanica
Dopo il can - can mediatico su un presunto risveglio del Vesuvio un comunicato a firma del “Direttore
dell'Osservatorio Vesuviano” ha cercato di mettere in chiaro la
situazione. Pubblico in versione integrale con alcuni commenti e considerazioni le "Precisazioni del Direttore dell'Osservatorio Vesuviano in merito alle notizie diffuse da alcuni media sullo stato del Vesuvio", con alcuni miei commenti.
Ieri ed oggi numerosi cittadini
hanno telefonato alla nostra Sala Monitoraggio, diversi di loro
evidentemente turbati da quanto appreso, per segnalare notizie
allarmanti sui nostri vulcani
provenienti da alcune testate
giornalistiche e TV. Per questo ritengo doveroso fare le
precisazioni seguenti. A tutti ribadisco che l’Osservatorio
Vesuviano, sezione di Napoli dell’INGV, è l’unico Ente che
rileva e studia sistematicamente e con continuità i dati di
monitoraggio delle aree vulcaniche campane: Vesuvio, Campi Flegrei ed
Ischia, ed emette periodicamente Bollettini che contengono tutte le
informazioni rilevanti, nonché le eventuali variazioni di attività,
su questi vulcani. I nostri Bollettini sono disponibili a tutti,
perché pubblicati nelle sezioni specifiche di questo sito web.
Sottolineo l'importanza del lavoro
dell'Osservatorio Vesuviano, che non nasconde nessun dato, né
potrebbe farlo perché si tratta di una delle zone più monitorate al
mondo.
Dispiace soprattutto quando viene accusato ingiustamente. Mi ricordo quando ci fu la storia del gas emesso dalle acque del golfo a causa del guasto ad un depuratore, con gente che aveva deciso che si trattava di attività vulcanica pericolosissima mentre "davanti al rischio di eruzione che fanno all'Osservatorio? Se ne stanno zitti!". O quando venne fuori che “ci sono delle zone calde sul Vesuvio e l'OV non dice niente” (e le fumarole sennò che fanno? Raffreddano la roccia circostante?)
L'unica cosa sicura è che in questo agosto fra siti
internet, social network e giornali ci si sono messi in diversi a creare
confusione, specialmente perché vengono mischiati insieme diversi
filoni e cioè:
1. il monitoraggio del rischio di
eruzione a breve termine da parte di Vesuvio o Campi Flegrei
2. la descrizione di possibili scenari
eruttivi
3. i piani di emergenza
4. le operazioni di perforazione a scopo scientifico ai
Campi Flegrei
5. le perforazioni a scopo geotermico
Questo succede alle volte
involontariamente, per pura ignoranza scientifica. Purtroppo in altri casi ciò viene fatto in modo più volontario (e totalmente
irresponsabile) da media o curatori di pagine di social network
pronti a fare confusione per quattro click o per farsi notare.
Il comunicato prosegue così:
Pertanto, ogni informazione sullo
stato dei vulcani campani che non provenga da canali ufficiali
dell’INGV potrebbe riportare l’opinione personale di qualche
singolo ricercatore, italiano o straniero, oppure di qualche
giornalista, politico o semplice cittadino, ma non riflette in alcun
modo la visione ufficiale dell’INGV che, come si è detto, è
l’unico Ente che rileva e studia in maniera continua, sistematica
ed in tempo reale, lo stato dei vulcani.
I cittadini quindi, e gli stessi
giornalisti, se desiderano avere notizie certificate ed aggiornate
sullo stato dei vulcani campani, possono consultare il presente sito
web o rivolgersi ai Colleghi di turno presenti in Sala Monitoraggio
24/24 h oppure (per questioni particolarmente importanti e/o per
concordare interviste) alla Segreteria di Direzione nelle ore
lavorative (i rispettivi numeri telefonici sono riportati nella
sezione ‘contatti’ di questo sito). Il nostro Istituto è sempre
disponibile ad informare correttamente ed a rispondere a qualunque
domanda dei cittadini e dei media,relativamente allo stato dei nostri
vulcani.
Qui invece si fa soprattutto notare a chi ha scritto e
strascritto in questi giorni un concetto fondamentale:
l'Osservatorio Vesuviano ci dice cosa sta succedendo in questo
momento e ipotizza scenari PRATICI per l'immediato futuro, cioè è
pronto ad allertare chi di dovere nel caso i monitoraggi presentino
anomalie significative.
Ed è anche vero che non solo nessuno meglio dell'OV è in grado di assolvere a questo compito, ma anche che chiunque pensi di sostituirsi all'OV scrivendo di eruzioni in arrivo si sbaglia e di grosso. Ottima al
proposito l'idea del corso di
formazione continua per giornalisti: "Il rischio vulcanico in
Campania...". Mi chiedo quanti di quelli che hanno scritto in
questi giorni lo abbiano frequentato.
Non so se ci siano programmi
simili per la cittadinanza, secondo me utili.
Annoto che ci sono tanti articoli di ricerca che
prendono in considerazione scenari possibili di cui probabilmente chi
lavora all'osservatorio tiene conto. Ma è un'altra cosa dal
monitoraggio!
Nello specifico, a commento delle
notizie diffuse ieri ed oggi da alcuni media e che hanno
evidentemente causato ansia e preoccupazione in una parte di
popolazione, si rileva quanto segue:
1) Non esiste alcun lavoro
pubblicato dalla rivista ‘Nature’ a firma congiunta dei
Ricercatori citati dai media in questione;
2) Il Vesuvio è un vulcano attivo,
come i Campi Flegrei ed Ischia, quindi non c’è bisogno di alcuna
nuova ‘scoperta’ per sapere che prima o poi potrà eruttare;
possibile eruzione che però non è sicuramente imminente, visto che
non c’è alcun segnale che distingua l’attuale attività da
quella degli ultimi 71 anni, ossia quiescenza;
3) Il fatto che esista una sorgente,
laminare, di magma tra 8 e 10 km di profondità che alimenta tutta
l’area vulcanica campana non è stato scoperto dai Ricercatori
citati bensì da chi effettuò, tra il 1994 ed il 2001, gli
esperimenti di tomografia sismica al Vesuvio ed ai Campi Flegrei (tra
cui il sottoscritto); è un fatto talmente noto che anche il numero
di Settembre di Focus, nel suo articolo sui nostri vulcani, lo rende
graficamente nella figura principale; e non ha alcuna implicazione
allarmistica: semplicemente, nei primi anni del 2000, riuscimmo a
definire, come forma e come profondità, la sorgente magmatica di
alimentazione primaria dei vulcani campani;
4) I 20 o 30 cm di sollevamento di
cui si riferisce non sono relativi al Vesuvio bensì all’area dei Campi Flegrei, e sono stati accumulati in più di 10 anni. Il Direttore
Non so chi sia stato il primo giornale (o sito) a partire con la questione, ma in sostanza il titolo è: Napoli, allarme dei geologi: «Vesuvio pronto a nuova eruzione».
A lanciare l'allarme sarebbero stati due vulcanologi italiani, Giuseppe Mastrolorenzo e Lucia Pappalardo che, in uno studio pubblicato su “Nature”, avrebbero parlato di una sacca magmatica a una profondità di 10 chilometri tra il Vesuvio e i Campi Flegrei, che potrebbe risalire in superficie dando luogo a una eruzione.
Siamo davanti ad una perla della serie “sai che novità”!. Sotto Napoli c'è una camera magmatica calda
(e – di conseguenza – la presenza di liquidi magmatici)? Ma va???
chi l'avrebbe mai detto... (anche se è giusto ogni tanto
ricordarlo, non si sa mai...) E sono diversi i siti dove si parla di questo come una novità clamorosa... "scoperto un lago di magma sotto Napoli!" è il titolo "medio" che si trova in rete.
Altrettanto da “sagra dell'ovvio” il concetto che il Vesuvio prima o poi possa ricominciare ad eruttare. Secondo alcune ricerche ci vorrà parecchio tempo, ma fare previsioni sui vulcani è molto difficile, specialmente per quanto riguarda il futuro.
Altrettanto da “sagra dell'ovvio” il concetto che il Vesuvio prima o poi possa ricominciare ad eruttare. Secondo alcune ricerche ci vorrà parecchio tempo, ma fare previsioni sui vulcani è molto difficile, specialmente per quanto riguarda il futuro.
Vediamo allora cosa hanno detto i due
ricercatori incriminati. Innanzitutto penso che gli articoli si riferiscano ad un lavoro del 2012 degli studiosi citati (che avevo già letto), in cui veniva confermato anche su base
geochimica quanto già si sapeva dall'analisi tomografica, e cioè la presenza di una unica
camera magmatica comune per entrambi i vulcani, a una profondità
compresa fra 6 e 10 km (1). Nella bibliografia a corredo
dell'articolo sono inseriti i lavori precedenti a cui si riferisce il
direttore dell'OV nel punto 3 del comunicato e cioè che si
tratterebbe di una camera magmatica, più larga che alta grossomodo
situata nell'interfaccia fra le rocce metamorfiche ed i calcari (cosa
geologicamente molto verosimile). Quindi gli autori non si
attribuiscono minimamente la paternità dell'idea come afferma il comunicato.
Quanto all'attribuzione a Nature c'è
un grosso equivoco in cui il giornale e il direttore dell'OV sono caduti: non è su questa rivista ma su Scientific Report, rivista
satellite della prima che però si trova sul sito di Nature, come si
vede dal link che porta all'articolo.
La novità che venne proposta nel 2012
e di cui manco si parla è un'altra: è
possibile che in questa camera ci sia una forte differenziazione dei
componenti, per cui la sua parte superiore contiene molto materiale
leggero e pieno di gas. Di conseguenza non si può escludere che i
sintomi di una eruzione compaiano a distanza molto ravvicinata,
diciamo un paio di giorni e non di più.
In pratica, se la mia versione è corretta, il primo a scrivere (successivamente ampiamente copiato) ha capito che ci può essere una eruzione imminente perchè ora ci sarebbe del magma liquido che prima non c'era e ha confuso il termne "improvviso" con il termine "imminente".
Il Mastrolorenzo e la Pappalardo citano come modello l'eruzione di un vulcano molto cazzuto e cioè il Rabaul in Papua Nuova Guinea, dove segnali di una possibile eruzione esistevano da diversi anni (l'area si stava sollevando dal 1973!) e per questo era intensamente sorvegliato (2): il 18 Settembre 1994 il Rabaul produsse un evento piuttosto significativo dopo 51 anni di quiete, le cui prime avvisaglie si sono avute meno di un giorno prima (Qui trovate una descrizione sommaria di quello che è successo).
In pratica, se la mia versione è corretta, il primo a scrivere (successivamente ampiamente copiato) ha capito che ci può essere una eruzione imminente perchè ora ci sarebbe del magma liquido che prima non c'era e ha confuso il termne "improvviso" con il termine "imminente".
Il Mastrolorenzo e la Pappalardo citano come modello l'eruzione di un vulcano molto cazzuto e cioè il Rabaul in Papua Nuova Guinea, dove segnali di una possibile eruzione esistevano da diversi anni (l'area si stava sollevando dal 1973!) e per questo era intensamente sorvegliato (2): il 18 Settembre 1994 il Rabaul produsse un evento piuttosto significativo dopo 51 anni di quiete, le cui prime avvisaglie si sono avute meno di un giorno prima (Qui trovate una descrizione sommaria di quello che è successo).
In quel caso le autorità riuscirono ad
evacuare lo stesso la popolazione secondo un piano prestabilito, ma
si trattava di 30.000 persone non di diversi milioni.
Annoto che questo è il solo evento da
me conosciuto che abbia avuto sicuramente una evoluzione così rapida
(forse il parossismo del Sinabung nel 2014 ha avuto caratteristiche
simili, ma anche in questo caso c'era quantomeno un livello di attenzione).
Quindi nell'articolo su Scientific Report gli Autori non
si sono minimamente sognati di dire che il Vesuvio o i Campi Flegrei presentino ora come ora il rischio di una eruzione imminente come sembra
dagli articoli sulla stampa, ma semplicemente che ci possano essere dei tempi di
preavviso di una eruzione molto più brevi di quanto comunemente
ipotizzato.
E, come al solito, si confonde la
previsione degli scenari possibili con le previsioni a breve termine
basate sui monitoraggi.
Quanto ai piani di emergenza: per smentire dicerie varie basterebbe appenderli negli edifici pubblici, nelle scuole, nelle sedi di associazioni quali circoli, parrocchie, partiti etc etc.
(1) Pappalardo
e Mastrolorenzo 2012: Rapid differentiation in a sill-like magma
reservoir: a case study from the Campi
Flegrei caldera
Scientific Reports 2 Article number:712
(2012) 10.1038/srep00712
(2) Davies 1995: the 1994 eruption of
Rabaul volcano -
a case study in Disaster Management. UNDP Office,
Port Moresby
(3) Macedonio et al. (2014) Sill
intrusion as a source mechanism of unrest at volcanic calderas,
J.
Geophys. Res. Solid Earth, 119,
doi:10.1002/2013JB010868.
1 commento:
Essendo ormai anziano ho assistono ad un innumerevole serie di fini del mondo. La prossima mi sembra che sia prevista per il 23 settembre. Dunque non do molto peso ai catastrofisti. La catastrofe imminente, però, fa notizia e fa vendere.
Il problema dell’area di Napoli è soprattutto di tipo urbanistico. La visione urbanistica dovrebbe guardare almeno 100-200 anni avanti, tempo in cui è molto probabile che si assista ad un’eruzione dei Campi Flegrei e - forse - anche del Vesuvio.
Purtroppo in Italia si pensa troppo a ieri e poco o nulla a domani.
Il contrasto fra gli allarmi eccessi dei catastrofisti e l’inazione di chi sarebbe preposto a delineare le line dello sviluppo urbanistico e industriale è stridente. Tanto più che ogni evento che distrugge abitazioni e imprese ha costi per il sistema economico che vanno ben al di là di quelli degli edifici distrutti. Infatti bisogna considerare i costi dei rifugiati e la perdita delle attività economiche che fanno di ogni catastrofe naturale (cosa c’è di naturale nell’umana insipienza?) un fattore recessivo più o meno severo a seconda della gravità dei danni e dell’importanza economica dell’area colpita. Si tratta di danni che possono richiedere decenni per essere assorbiti.
Ovviamente sarebbe necessario pensare a ridurre l’enorme pressione demografica favorendo il trasferimento di persone e attività economiche verso aree non a rischio. Purtroppo, si continua a costruire.
Aggiungo che, riguardo al progetto denominato Scarfoglio per lo sfruttamento geotermico dei CF, ho trovato molto interessante l’Osservazione della prof. Tiziana Vanorio in data 31/072015 nell’ambito della valutazione di impatto ambientale ( http://www.va.minambiente.it/it-IT/Oggetti/Documentazione/1542/2486?pagina=2#form-cercaDocumentazione ).
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