giovedì 9 febbraio 2012

Una terribile disgrazia, i risultati della non consultazione dei geologi e una ridicola scusa

Il problema del dissesto idrogeologico si ripropone periodicamente ad ogni evento alluvionale per poi essere dimenticato dall'opinione pubblica quando un nuovo fatto si impone nelle cronache. Su questo vi voglio raccontare un episodio che dimostra l'ignoranza in fatto di Scienze della Terra anche da parte dei cosiddetti “decisori". Quando alla mancata prevenzione si aggiunge l'irresponsabilità di chi anziché chiedere scusa propone come causa una origine che neanche a Paperopoli ci avrebbero pensato, ci sarebbe da ridere. Se non fosse che per l'incuria e/o l'ignoranza è morta una persona.

Le cause che provocano dissesti sono da ricercare certamente nella fragilità del territorio, nella modifica talvolta totale degli equilibri idrogeologici lungo i corsi d’acqua e nella mancanza di interventi di manutenzione da parte dell’Uomo. Le aree acclivi montane, sono spesso lasciate al degrado per l’abbandono o peggio, per negligenza di chi, preposto al controllo, non fa il suo dovere o non ha le capacità tecniche per comprendere la pericolosità di certi luoghi. E questo che vi sto raccontando è un chiaro esempio di mancato controllo e/o mancata manutenzione.

Una strada a mezza costa è una ferita al pendio, ferita che necessita di essere curata di continuo con grande attenzione. Il giorno 16 settembre del 2006 è successo un fatto rappresentativo di tutto questo, lungo la strada statale n°12 dell’Abetone e del Brennero, in località Tistino, nel territorio del Comune di San Marcello Pistoiese. Nei giorni precedenti aveva piovuto parecchio e proprio le piogge sono state la causa di una frana: un masso di grandi dimensioni ha sfondato il parabrezza di una automobile che passava in quel momento. Per il guidatore purtroppo non c'è stato niente da fare.

Gli accertamenti che si svolsero nei giorni successivi attribuirono l’evento ad una imprevedibile e tragica fatalità. L'accertamento tecnico relativo alla causa ancora in corso, portò ad un anno dall'inizio del contenzioso, a chiamare in causa la figura del Geologo. Fu così che, dopo una serie di ricostruzioni sul punto probabile di distacco del masso e varie possibili distanze percorse dal masso che potevano chiamare in causa responsabilità diverse, al primo esame della pendice da parte dei geologi, fu subito chiaro che la piccola "valletta" da cui si era mosso il masso, altro non era che una vecchia nicchia di frana: la morfologia non lasciava dubbi ed era ovvio che questo fosse un caso classico di masso rotolato lungo il pendio di una zona in frana. 
E già qui c'è da fare una prima riflessione: c'è voluto un anno per rendersi conto che in un caso di caduta massi era necessario il contributo di un geologo e non bastavano più o meno veritiere modellizzazioni numeriche prodotte da ingegneri?

La frana era iniziata con un crollo, avvenuto sicuramente prima dell'inizio del XX secolo e nicchie similari sono riportate sull'antica cartografia IGM. Come non ci sono dubbi che i movimenti siano ancora attivi: le acque piovane e di ruscellamento con la loro azione erosiva provocano l’instabilità dei fianchi della frana, comportando tuttora evidenti rischi per chi transita lungo la sottostante strada statale, specialmente nei periodi piovosi. La notevole pendenza del versante e la presenza di ciottolami e detriti vari sulle sue pendici hanno contribuito in passato a causare numerosi crolli, di limitate dimensioni. E che quella zona sia soggetta a fenomeni del genere ce lo dice la toponomastica: il rilievo soprastante si chiama “Poggio delle Calanche”, sottolineando le caratteristiche erosive che contraddistinguono questa località.

Un'altra dimostrazione che questa frana era nota lo certificano le rimanenze di piccoli muretti a secco in pietrame che, sebbene ampiamente diroccati, sono ancora ben riconoscibili; questi muretti sostenevano terrazzamenti troppo stretti e bassi per essere stati costruiti per uso agricolo ed è quindi scontato che la loro funzione fosse quella di moderare la pendenza del fondo della nicchia.Si tratta di una vecchia opera di presidio ormai dimenticata e costruita secondo le disponibilità ed i criteri di un tempo seguendo comunque una stringente logica: se si modera la pendenza si attenua l'erosione e si evita il più possibile il rischio di caduta delle pietre più grosse contenute nella massa detritica.
Purtroppo oggi a causa dell'incuria questi muretti sono divenuti un rischio per chi transita dalla statale perchè, non curati, si stanno mobilizzando e sono essi stessi fonte di sassi che cadono verso la strada.

Una ventina di anni fa, l’ente gestore della strada statale, l’ANAS, mise in opera una rete parasassi sul tratto di versante che terminava proprio al limite con questa nicchia di frana, senza, evidentemente, accorgersi di questa particolare zona fragile e quindi procedere con la messa in sicurezza. Questa è stata una gravissima negligenza (o un tragico errore?) da parte dell'ANAS perchè questa serie di evidenze avrebbe dovuto consigliare attenzione. Siamo pertanto davanti a enormi responsabilità da parte dell'Ente gestore della strada che ha portato alla morte un ignaro automobilista di passaggio. Possibile che un Ente come l'ANAS, non abbia nel suo servizio Tecnici qualificati per diagnosticare queste problematiche territoriali? Ed è possibile che ancora oggi niente di tecnicamente corretto sia stato fatto per mitigare i rischi a distanza di cinque anni dal tragico evento ad eccezione di alcune modeste palizzate realizzate con tronchi di albero, limitate alla parte più vicina alla statale e di discutibile utilità?

La cosa diventa ancora più grave se si pensa che c'è in questo momento una causa in corso. Mi chiedo se sia possibile che l'ANAS non faccia niente perchè altrimenti qualcuno potrebbe concludere che facendo i lavori certifichino di essere in torto.
Però, volendo dimostrare a dispetto di ogni evidenza la propria innocenza, occorre per forza trovare un capro espiatorio a cui addossare la colpa della tragedia, e all'ANAS si arrampicano sugli specchi per trovarlo. Ebbene, di chi è la colpa della caduta del masso? Mah, direte, la frana, ovvio!
Eh, no... Per l'ANAS non è così: sostiene che il sasso si sia staccato per l'azione di un ungulato, probabilmente un cinghiale. 


Qui entra in gioco, tragicamente, la mancanza di cultura geologica, altrimenti una idiozia del genere non l'avrebbero neanche pensata. Chi credono di prendere in giro così? Non certo il sottoscritto, nè i geologi che hanno specificamente studiato il caso. È gravissimo che persone pagate con le tasse dei cittadini non facciano quello che devono fare per proteggerli, ma è semplicemente intollerabile da parte degli stessi prendere in giro a questa maniera la comunità e, soprattutto, una famiglia così gravemente colpita da un lutto dovuto semplicemente all'incuria, alla irresponsabilità o alla mancanza di conoscenze geologiche di chi ha diretto le opere di manutenzione.

La mancanza di Cultura Scientifica è normale in un Paese di letterati, dove nello spirito di Benedetto Croce la Scienza e la Tecnologia sono culture di serie B. Se eravamo un Paese più evoluto nessuno avrebbe osato tirare fuori una spiegazione del genere.

Attendendo in qualche rivista scientifica specialistica di etologia un articolo sul perchè i cinghiali si divertano a scagliare massi di 120 kg di sotto da un pendio, non ci resta che sperare nel Tribunale. Sarebbe troppo sperare nelle dimissioni di chi ha provocato questa tragedia, siamo in Italia, non in Gran Bretagna dove un ministro si dimette per una multa non pagata....

1 commento:

Anonimo ha detto...

modellizzazioni numeriche prodotte da ingegneri

Eccolo qui il problema.
Non si tratta solo della non consultazione del geologo ma della consultazione di un ingegnere al suo posto.
Non esiste professione che non abbia visto invaso il proprio campo di competenze dall'ingegnere di turno. E contrariamente a quanto pensano i più ignoranti, l'ingegnere non è un tuttologo in grado di occuparsi di tutto per il solo fatto di firmarsi Ing.
Se in passato i vari ordini e associazioni professionali avessero cercato di opporsi a questo andazzo invece di stringere accordi con l'ordine degli ingegneri per spartirsi i lavori tanti problemi non sarebbero mai nati.