martedì 15 luglio 2025

Umkondia, Gondwana e il ruolo dei megacontinenti nella tettonica a placche


Umkondia: le liene rosse raffigurani
i dicchi della LIP di Umkondo
L’effetto più visibile della tettonica a placche consiste nel continuo muoversi fra di loro dei cratoni, aree stabili di rocce continentali la cui formazione risale ad almeno 2,5 miliardi di anni fa: i cratoni continuano a separarsi e scontrarsi, a volte ciclicamente (ad esempio Baltica, Laurentia e Siberia si sono ripetutamente divise e riavvicinate). Questi movimenti hanno anche determinato la formazione di supercontinenti o di agglomerati un po' più ridotti, che recentemente sono stati definiti megacontinenti. Il termine megacontinente riempie un “buco” nella nomenclatura, che ora è composta (in ordine di dimensioni crescenti) in microcontinenti – continenti – megacontinenti – supercontinenti.  È interessante da notare che la formaizone di un megacontinente precede quella di un supercontinente e come ora siamo nella fase di agglomerazione di un nuovo megacontiente prima che precederà la formazione di un nuovo supercontinente.

UMKONDIA, UN GONDWANA ANTE-LITTERAM. Se modifichiamo la data e i nomi, l’immagine qui accanto potrebbe assomigliare alla rappresentazione della Terra all'inizio del Paleozoico (circa 500 milioni di anni fa), quando Baltica (Europa settentrionale) e Laurentia (termine che nella tettonica a placche indica l’America Settentrionale) si stavano unendo in Euramerica (talvolta chiamata Laurussia), con la Siberia che stava per scontrarcisi, mentre a sud c’era un grande continente meridionale, corrispondente non solo al Gonwana che si è poi frantumato nel Mesozoico, ma ad una massa molto più grande che alcuni chiamano Pannotia (Powell et al 1995). 
Invece questa immagine è di circa un miliardo e 100 milioni di anni fa e mostra:
  • un continente meridionale (chiamato Umkondia) comprendente una grande parte delle masse continentali dell’epoca 
  • una serie di masse minori nell’emisfero settentrionale (che per l’appunto, come nel Paleozoico, erano Laurentia, Baltica e Siberia).
Poche centinaia di milioni di anni dopo questa massa si è fusa con quei continenti settentrionali e ha formato il supercontinente di Rodinia. Quindi per certi versi Pangea e Rodinia hanno una storia di amalgamazione abbastanza simile.

sezione di una Large Igneous Province: in quelle più antiche
 non si vedono più le lave (in verde) ma l'erosione ha portato a giorno
le parti più profonde con lave solidificate all'interno della crosta
LA LARGE IGNEOUS PROVINCE DI UMKONDO COME TRACCIA DI UN MEGACONTINENTE DI UN MILIARDO DI ANNI FA. Ho parlato spesso delle Large Igneous Provinces (LIP), enormi serie magmatiche, dell’ordine delle centinaia di migliaia se non di milioni di km cubi di magmi, che si mettono in posto in tempi geologicamente brevi. 
Le LIP degli ultimi 530 milioni di anni sono anche chiaramente correlate con le estinzioni di massa (più o meno importanti) e costituiscono in genere immense coperture basaltiche, anche se ne conosciamo alcune con magmi più silicei (Bryan (2007). 
Ovviamente, fra le LIP oceaniche solo quelle più recenti di 200 milioni di anni possono essere ancora visibili sul posto a causa del continuo riciclarsi della crosta oceanica. Invece sui continenti ci sono tracce di LIP antichissime.
Le LIP dell’ultimo mezzo miliardo di anni mostrano soprattutto la loro parte superiore, le lave, con spessori che possono ampiamente sorpassare i 1000 metri, mentre a causa dell’erosione quelle più antiche evidenziano soprattutto la loro parte crustale più profonda, cioè i dicchi che hanno alimentato le colate subaeree. 
Ed è appunto il caso della LIP di Umkondo: una serie di lavori, di cui l’ultimo è Choudhary et al (2025), hanno identificato una serie di dicchi vulcanici coevi (1110 milioni di anni) in Africa, America Meridionale, India e Antartide, che vengono uniti nella Grande Provincia Magmatica di Umkondo. 
Questa è pertanto una prova dell’unione a quell’epoca di una serie di cratoni: Africa di NW, Kalahari e Congo in Africa (nel cratone del Congo è compreso anche il São Francisco in Sudamerica), Bundelkhand in India, Amazonia in America meridionale e Terra della Regina Maud in Antartide. Questi cratoni costituivano una massa continentale piuttosto grande, possibilmente il risultato dell’aggregazione poco tempo prima di due blocchi, uno più piccolo composto da Amazonia e Africa Occidentale e uno un po' più grande comprendente Kalahari, Congo, India e Antartide Occidentale. Siccome si tratta di una massa continentale che univa una percentuale significativa di tutti i continenti, siamo davanti ad un Megacontinente il quale, siccome è stato riconosciuto grazie alla Large Igneous Province di Umkondo, è stata chiamata Umkondia.
Oltre alla LIP di Umkondo anche i dati forniti dal paleomagnetismo attestano le posizoni dei cratoni compresi in Umkondia.

Possiamo anche notare che al contrario delle LIP dell’Atlantico centrale e Settentrionale e di quelle circumafricane, che hanno preceduto l’apertura degli oceani Atlantico e Indiano, la LIP di Umkondo non è stata il prodromo di una separazione fra masse continentali, come del resto non lo sono state neanche i basalti del Deccan o i Trappi della Siberia, 

i megacontinenti nella storia della Terra, passata e futura, da Wang et al (2020)

MEGACONTINENTI E SUPERCONTINENTI: ho appena detto che Umkondia è un megacontinente. Cosa vuol dire? 
I continenti sono frammenti formatisi durante la fase di disgregazione di un supercontinente nei cratoni che precedentemente lo avevano costruito.
Wang et al (2020) definiscono un megacontinente come l’amalgamazione di più cratoni in una massa di estensione importante rispetto al totale delle masse continentali, la quale successivamente sarà il nucleo proncipale di un supercontinente. Il megacontinente diventa quindi un ampio sottoinsieme del supercontinente successivo. 
Il nuovo termine quindi si aggiunge alle altre definizioni nella gerarchia dei continenti: 
  1. supercontinente (ad esempio, Pangea)
  2. megacontinente (ad esempio, Gondwana)
  3. continente (ad esempio, Africa)
  4. microcontinente (ad esempio, Sardegna-Corsica).
I MEGACONTINENTI DELLA STORIA DELLA TERRA. Nella figura qui sopra sono raffigurati gli ultimi tre cicli di amalgamazione dei supercontinenti (Pangea, Rodinia e Columbia): la cosa interessante è che tutti e tre sono stati preceduti, ciascuno di circa 200 milioni di anni fa, dall'assemblaggio di un megacontinente simile al Gondwana dell’inizio del Paleozoico, e quindi la formazione di un megacontinente ha sempre costituito il precursore geodinamicamente importante per l'amalgamazione dei supercontinenti. 

1. NUNA E COLOMBIA: grazie ad una serie di prove è stato ipotizzata la presenza circa 1750 milioni di anni fa di un supercontinente, il cui nome è oggetto di dibattito: Nuna o Columbia? Wang et al (2020) provano a dirimere questa questione indicando il supercontinente come Columbia e definento come Nuna il suo megacontinente precursore. In particolare Nuna sarebbe il megacontinente risultante dall’unione di Baltica e Siberia con Laurentia (termine con cui si indica il Nordamerica), quest’ultima assemblatasi poco tempo prima attraverso l'orogene Trans-Hudsononiano (Hoffman, 1988). Nuna era quindi paragonabile per dimensioni ai megacontinenti successivi e la sua formazione precedette quella del supercontinente Columbia di circa 200 milioni di anni fa.

2. UMKONDIA E RODINIA. La formazione di Rodinia è contrassegnata soprattutto dall’orogene di Grenville e si colloca a circa 900 milioni di anni fa. Dunque Umkondia è stato il suo megacontinente precursore.

3. GONDWANA E PANGEA. L'amalgamazione del Gondwana iniziò già circa 750 milioni di anni fa e si completò completamente intorno ai 520 milioni di anni fa (Collins e Pisarevsky, 2005). La collisione di Gondwana e Laurussia (Laurentia-Baltica-Avalonia) per formare infine la Pangea a circa 350 milioni di anni fa (Torsvik et al, 2012) implica quindi che l'assemblaggio del megacontinente Gondwana alla fine del Precambriano precede l'accorpamento del supercontinente Pangea di circa 170 milioni di anni fa (Fig. 2). 

OGGI: L’EURASIA COME UN MEGACONTINENTE? Il processo che da Umkondia e Gondwana ha rispettivamente portato a Rodinia e Pangea è simile: un continente meridionale che va a scontrarsi con una massa continentale settentrionale. La situazione odierna invece vede una situazione in cui il megacontinente è a nord, come per l'assemblaggio di Columbia a partire da Nuna: si tratta dell'Eurasia, già oggi ma soprattutto lo sarà quando l’Africa si sarà definitivamente saldata ad essa.
L'assemblaggio dell'Eurasia è iniziato con la fascia orogenetica dell’Asia centrale che unì il Kazakistan, la Siberia e altri terranes circa 250 milioni di anni fa (ne ho parlato qui). Successivamente, con l’orogenesi degli Urali, a questa massa si è unita anche Euramerica e nacque la Laurasia. Oltre al “nucleo fondativo” (Siberia, Baltica e Laurentia) la Laurasia contiene all’interno altre masse continentali, una serie di blocchi che si sono nel tempo frammentati dal Gondwana e in seguito amalgamati con essa tra la fine del Paleozoico e il Mesozoico, ad esempio Cina settentrionale, Cina Meridionale, Avalonia, terreni Galatiani e Cimmerici (Stampfli et al, 2013)
Successivamente lo scontro fra Gondwana e Laurasia tra Carbonifero e Permiano ha dato origine alla Pangea. Laurasia e Gondwana sono rimaste unite per pochissimo tempo e i due continenti si sono separati di nuovo con l’apertura della Tetide occidentale e orientale. A sua volta il Gondwana poi si è frammentato praticamente all’improvviso nel Cretaceo, mentre nel Terziario inferiore la Laurasia ha perso Laurentia (diventando Eurasia) e ha acquisito l’India. Oggi alla Laurasia si sta aggiungendo l’Africa, a parte la Somalia.

l'agglomerazione del nuovo futuro supercontinente
a partire dal megacontinente formato da Eurasia e Africa

AURICA O AMASIA: IL SUPERCONTINENTE PROSSIMO VENTURO? L'Eurasia quindi può essere considerata come un nuovo megacontinente? La risposta è affermativa. Ma il nuovo megacontinente potrebbe essere il precursore di un nuovo supercontinente? Secondo Duarte et al (2016) si: questo scenario è stato proposto basandosi su ricerche sull’Oceano Atlantico, che potrebbe essere invaso da subduzioni vicine e che potrebbe addirittura già avere al suo interno una zona di convergenza fra Eurasia ed Africa tra le Azzorre e Gibilterra (si tratta della spiegazione più realistica per terremoti come quello di Lisbona del 1755). 

le subduzioni che stanno invadendo
le coste dell'oceano Atlantico (Duarte, 2016)
Questa nuova zona di convergenza con relativa subduzione rappresenta l’invasione nell’Atlantico della zona di convergenza Alpina e Appenninica (considerando la seconda una conseguenza della fine della prima in un regime di compressione che continua). Inoltre nell’Atlantico ci sono altre due zone di convergenza e subduzione (i Caraibi e l’arco delle Sandwich meridionali) che potrebbero anche essi “invadere” l’Atlantico).
Duarte et al (2016) ipotizzano poi che la stessa cosa possa succedere nell’oceano Pacifico e quindi entro 250 milioni di anni (quindi 200 milioni di anni dopo l’unione di Africa ed Eurasia) si potrebbe creare un nuovo supercontinente. Ci sono diverse possibilità per questo nuovo supercontinente che in base ad alcune differenze nella sua possibile amalgamazione viene chiamato alternativamente Aurica o Amasia (Davies et al, 2018).

BIBLIOGRAFIA

Bryan (2007). Silicic Large Igneous Provinces. Episodes 30(1), 20-31

Davies et al (2018). Testing different scenarios for the next supercontinent gathering. Global and Planetary Change 169, 133–144

Duarte et al (2016). The future of Earth’s oceans: consequences of subduction initiation in the Atlantic and implications for supercontinent formation. Geological Magazine 155 /1, 45-58

Hoffman (1988).  United Plates of America, The Birth of a Craton: Early Proterozoic Assembly and Growth of Laurentia. Annual Review Of Earth And Planetary Sciences 16:543-603 

Powell et al (1995) Did Pannotia, the latest Neoproterozoic southern supercontinent, really exist?: Eos (Transactions, American Geophysical Union), Fall Meeting,76,46, p.172


Stampfli et al (2013). The formation of Pangea. Tectonophysics 593 (2013) 1–19

Wang et al (2020). The role of megacontinents in the supercontinent cycle Geology, v. 49, p. 402–406


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